Il governo vuole tagliare pure gli autogrill
di Claudio Antonelli
Batosta in arrivo per le aree di servizio e tutte le società che vi lavorano: dai distributori di carburante a chi fornisce la ristorazione. Il governo, per mano di Maurizio Lupi e di Federica Guida, si appresta a una rivoluzione del panorama autostradale che porterà alla chiusura di circa il 30% delle aree di sosta. Tutte quelle considerate non profittevoli. L’atto di indirizzo della ristrutturazione è datato 29 gennaio e i tempi di attuazione sono brevi. Entro il 2015 le aeree di servizio con meno di 2 milioni di fatturato nel settore «oil» potranno essere chiuse, purchè la distanza dall’autogrill più vicino non superi i 50 chilometri (oggi è di 29). Si potrà procedere ad accorpare i medesimi servizi erogati in diverse aree di sosta purchè entro i 100 chilometri di distanza, per i rifornimenti di carburante, e 150, per il cibo e la ristorazione. Che non sono pochi. Inoltre secondo il governo oltre alla razionalizzazione della rete potrà essere rivista anche la modalità di resa dei servizi. I concessionari autostradali avranno la possibilità di mettere macchinette «pre pay» per il carburante o «vending machine» per chi ha bisogno di fare sosta e prendersi un caffè. Quindi, niente bar dove trovare la brioche appena sfornata.
Certo la crisi è crisi. Tra il 2011 e il 2013 le 469 aree di servizio hanno perso una media di 35% di fatturato e le società di ristorazione in piazzola almeno il 15. Ed è da qui che nasce l'idea di lanciare un piano aree di servizio. Il quale non va, però, a toccare i rapporti tra concessionarie autostradali ed erogatori di servizi. Tutte le compagnie petrolifere, come le società che si occupano del food retail, pagano alle concessionarie royalties fissate anni fa. Sarà un miglioramento del servizio? Presto dirlo. Ciò che stupisce molti analisti è che le modalità di assegnazione e i costi non cambiano. Sembra solo prevista una scure. Per questo le associazioni di categoria Faib Conferesercenti, Fegica Cisl e Anisa Confcommercio hanno parlato di «privilegi e rendite agli amici» oltre che di «occasione mancata» di vera riforma del sistema. Secondo le tre associazioni l’atto di indirizzo «per un verso ha perso la grandissima occasione di dimostrare, in nome del prevalente interesse generale, che gli imprenditori delle concessioni non si possono servire di un bene pubblico come se fosse di loro esclusiva proprietà».
In più, i 18 mesi di proroga per le sub- concessioni delle aree sarebbero secondo le tre associazioni una conferma di una volontà politica di mantenere un sistema privo di meccanismi premianti. «Si tratta di un provvedimento», si legge in una nota diffusa tramite agenzia, «che consente ai concessionari di aggiustarsi i propri interessi prodotti da posizioni di privilegio». Basti pensare che «dal 2002 al 2008, le royalty pretese e incassate dai concessionari sulle vendite dei carburanti presso le aree di servizio sono aumentate dalle vecchie 25 lire al litro agli ancora attuali 18 centesimi».
In sostanza - sempre a detta di chi si oppone al provvedimento - la crisi erodeva margini da un lato, mentre le percentuali destinate ai concessionari aumentavano. Così come le tariffe degli automobilisti. Resta il fatto che la necessità di ristrutturare la rete dei servizi appare sempre più impellente. Agli automobilisti interessa il servizio finale: migliore e meno costoso. Vedremo come andrà a finire. Intanto, i distributori annunciano sciopero.
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