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venerdì 21 novembre 2014

Così il governo ha speso i nostri soldi Voce per voce i conti in tasca a Renzi

Renzi, ecco come il governo ha speso i soldi

di Franco Bechis 


La spending review non c’è più. E dopo il calcio nel sedere dato a Carlo Cottarelli, si capisce anche perché Matteo Renzi arrivato a palazzo Chigi si è subito romanizzato: il suo inglese è un po’ casereccio, e così nei suoi primi mesi di governo ha sperimentato la "spending de più", che con l’originale farà pure rima, ma procede nella direzione opposta. Secondo i numeri ricavabili dalla banca dati Siope nei primi nove mesi del 2014 la spesa corrente del governo centrale è ammontata a 218,15 miliardi di euro. Fra il primo gennaio e il 30 settembre del 2013 invece era stata di 214,7 miliardi di euro. Invece di ridursi di 7-8 miliardi di euro è aumentata di 3,5 miliardi. Una variazione che percentualmente non è enorme (+1,58%), ma lo diventa per il fatto che ribalta tutte le previsioni: avrebbe dovuto esserci il meno davanti a una cifra significativa.


Tutt’altro che scontate le variazioni di spesa anche dando un’occhiata approfondita ai vari capitoli di bilancio. Perché la realtà racconta una storia assai diversa da quella dipanata in questi mesi attraverso slides, conferenze stampa e interviste dello stesso presidente del Consiglio. Ad esempio la spesa per il personale del governo è significativamente aumentata quest’anno, superando in nove mesi i 400 milioni di euro solo per competenze fisse e premi di risultato, contro i 332 milioni spesi l’anno precedente (in un periodo in cui sono stati premier prima Mario Monti e poi Enrico Letta). Ma non solo è schizzata in alto, è pure peggiorata in qualità. Sono infatti aumentate del 63,61% le competenze fisse, vale a dire gli stipendi base garantiti ai dipendenti, mentre si sono ridotti del 50,61% (più che dimezzate quindi) le componenti variabili dello stipendio legate al risultato come i premi produzione. Con Renzi quindi meno meritocrazia e più filosofia burocratica. Il contrario dei suoi slogan.


GETTONI DI PRESENZA
Sempre in tema di personale anche alcuni altri capitoli tradizionalmente legati al taglio dei costi della politica hanno avuto ben altro destino. È aumentata del 32,81% la spesa per incarichi speciali alle dipendenze del governo, e sono addirittura quintuplicati i gettoni di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni governativi, visto che la spesa è passata da un milione e 58 mila euro del 2013 a 5 milioni e 603 mila euro nel 2014. Clamoroso pure il dato sui buoni pasto: nei primi nove mesi del 2014 si sono spesi per quelli garantiti ai dipendenti dei ministeri 40,2 milioni di euro. Nello stesso periodo dell’anno precedente la spesa era stata di 25,1 milioni di euro: è dunque cresciuta senza una ragione chiara del 60 per cento. Renzi offre così un assist clamoroso a chi ha sempre pensato che a Roma l’unico sport praticato nel palazzo fosse quello del “magna-magna”, con gran rumore di mascelle. Riporta indirettamente al capitolo del personale anche un’altra spesa per collaborazioni professionali esterne: quella per servizi di interpretariato e traduzioni, che è quasi raddoppiata passando da 1,8 milioni di euro del 2013 a 3,33 milioni di euro. Può avere inciso la scarsa propensione per le lingue di alcuni nuovi protagonisti del governo, ma anche l’inizio del semestre europeo a guida italiana che ha occupato tre dei primi nove mesi dell’anno. Ancora nel capitolo del personale di Stato due altre spese che hanno un andamento assai curioso: quella per l’assistenza medico-sanitaria e quella per l’assistenza psicologica e religiosa. A guardare le cifre c’è da pensare che con l’avvento del renzismo al potere i dipendenti pubblici abbiano acquistato una salute fisica di ferro, ma sono sprofondati in crisi psicologiche o mistiche. Fatto sta che si spende il 7,60 per cento di meno in assistenza medica, mentre è aumentata del 28,56% la spesa per assistenza psicologica e religiosa.

CARTA CANTA
Sorpresina anche nel capitolo dei consumi intermedi dello Stato: proprio con l’arrivo di un presidente del Consiglio che sembrava attratto solo dal virtuale (web e social network), è cresciuta a dismisura la spesa per l’acquisto di carta e di prodotti di cancelleria. Entrambe sono più che raddoppiate: quella di acquisto di carta è cresciuta del 135,74%, quella per la cancelleria poco meno: +120,84%. Scontato invece il taglio delle mazzette di giornali, vista la scarsa simpatia che il presidente del Consiglio ha per la carta stampata: la riduzione in nove mesi è stata del 5,66%. Fra i consumi di Stato aumenta quasi dell’11% la spesa per telefonia (6 milioni di euro in più), ma scende del 4,13% quella per la bolletta elettrica. 

Nel capitolo dei trasferimenti ancora cifre che nessuno si sarebbe atteso. Con Renzi lo stato litiga di più con fornitori e cittadini comuni, e perde: la spesa per contenzioso è lievitata del 53,58% con i fornitori e del 16,72% con i cittadini. Ma i grandi numeri colpiscono soprattutto per i trasferimenti agli enti locali e agli organi costituzionali. Renzi non ha perso occasione per rivendicare il taglio delle province. Una bugia grossa come una casa: le province costavano l’anno prima quando c’erano 503,2 milioni di euro in nove mesi. Quest’anno che sono sparite costano nello stesso periodo al contribuente italiano 518,8 milioni di euro, e cioè 18,5 milioni di euro più di prima. Bella operazione. Sono aumentati i trasferimenti dello Stato anche alle Regioni (+3,09%) e soprattutto ai Comuni (+46,66%) a cui la manovra per il 2015 però darà una gran sforbiciata. Prendono più soldi anche Camera, Senato e la stessa presidenza del Consiglio, e invece di tagliare i costi della politica, il nuovo premier ha sforbiciato i trasferimenti a famiglie (-0,34%) e alle imprese (-20,30%).

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