Ballottaggi, le sconfitte pesanti del Pd: Renzi alla resa dei conti con Bersani e la vecchia guardia
Uno choc. O meglio, un risveglio traumatico dopo una notte di bagordi. Matteo Renzi e il "suo" Pd hanno accolto con stupore e rabbia i risultati dei ballottaggi. Se è vero che il risultato complessivo è buono, con 19 Comuni vinti (8 al centrodestra, uno al Movimento 5 Stelle), è vero anche che il premier puntava come suo solito al record tondo di 20 successi. E soprattutto quell'unica vittoria grillina, a Livorno, con Marco Ruggeri battuto dall'ingegnere aerospaziale Filippo Nogarin, pesa come un macigno. Nella città toscana dove è nato il Partito comunista, e dove da 68 anni governava senza soluzione di continuità la sinistra, è finito l'effetto Europee, che pure il 25 maggio aveva lasciato il segno: quando si è votato per Strasburgo, il Pd trainato da Renzi aveva preso il 53%, quando si è votato per il sindaco i dem si sono fermati al 46%. Qualcosa vorrà pur dire. E pesa la sconfitta di Padova, dove il centrodestra di nuovo unito con il leghista Bitonci ha superato Ivo Rossi. Stesso discorso a Perugia, altra roccaforte rossa espugnata da Forza Italia e i suoi alleati.
I bersaniani sconfitti - Tre ko che il Pd renziano scarica sulle spalle dell'apparato, dei rottamati, dei vecchi dirigenti insomma. "Perdiamo dove siamo chiusi, dove ha prevalso la logica del vecchio. Vinciamo dove ci siamo presentati con nuovi volti e nuovi programmi", è la linea dei fedelissimi del premier. Il riferimento è un po' a Livorno (più o meno, sono le stesse parole usate dal grillino Nogarin per spiegare il clima che si respirava in città) ma soprattutto a Padova, dove Ivo Rossi era il candidato "naturale" di un bersaniano Doc come Flavio Zanonato. Non è un caso che a tirare la volata al delfino dell'ex ministro nel governo Letta sia stato Pierluigi Bersani, con tanto di video-spot "Vota Rossi" girato direttamente a cena in casa di Zanonato e postato su Twitter. Renzi, invece, è rimasto alla larga, non si è fatto mai vedere dalle parti del Brenta. Tanto che Rossi, uomo della continuità in una città che dal 1993 ha vissuto all'ombra del centrosinistra, ha dovuto ammettere sconsolato: "Si perde da soli...". E pure Perugia, feudo rosso da decenni, è sfuggita e il dito dei renziani è puntato contro il candidato Wladimiro Boccali, cuperliano e sindaco uscente
Verso il repulisti - Alla fine hanno pesato i dissidi interni, le faide tra correnti, la logica del "noi contro voi" dove "noi" sono i renziani e "voi" i bersaniani, dalemiani e compagnia rottamanda. E ora si apre la contesa anche a livello nazionale, una resa dei conti al veleno anche se è Renzi stesso a frenare: non si può rischiare di spaccare il Pd proprio ora che stanno per arrivare riforme pesanti come quelle della Pubblica amministrazione e il decreto anti-corruzione. A meno che proprio l'emergenza Expo e Mose non porga al premier l'occasione di un repulisti.
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