L'avvocato Risponde
(Spazio settimanale dedicato all'avvocato risponde)
Avvocato Mario Setola (Foro di Napoli) |
Gentilissimo Giovanbattista,
Veda, ai sensi dell'articolo 7 Codice Civile, norma che tutela il diritto al nome, la persona che possa risentire pregiudizio dall'uso che altri indebitamente fanno del proprio nome, può chiedere giudizialmente la cessazione del fatto lesivo, salvo il risarcimento del danno, come diritto all'uso esclusivo del proprio nome, è protetto con la cosiddetta azione di usurpazione che si potrebbe esperire contro contro chi usi indebitamente il nome di altri nelle seguenti ipotesi;
a) Per identificare sè, attribuendosi la rinomanza acquisita da altri;
b)Per indicare una cosa, scegliendo come marchio di un prodotto per esempio il nome di una persona;
c) Per fare comunque indebito uso del nome altrui; In quest'ultimo caso pacifica Giurisprudenza ha affermato che "l'uso non autorizzato del nome altrui costituisce una illecita lesione sia del diritto di cui all'articolo 7, che dell'identità personale e comporta pertanto il risarcimento del danno" (ex plurimis Trib. Milano 2 Marzo 2000). L'azione di usurpazione mira ad ottenere dal Giudice una sentenza che ordini la cessazione del fatto lesivo, e di tale sentenza può altresì essere ordinata dal Giudice la pubblicazione in uno o più giornali. Fondamentali in casi del genere a la pubblicità. Non è "appagante" in alcuni casi infatti la cessazione del fatto lesivo in se, ma fondamentale è la precisazione che l'evento è stato interrotto e che c'è stata la condanna dell'autore dello stesso fatto lesivo. Non occorre che la persona lesa provi di avere subito un danno. In casi simili basti infatti dimostrare che il nome sia stato usurpato e che il fatto appaia suscettibile di recargli un pregiudizio, anche non economico, ossia che sussista il vero pericolo di generare nelle persone una qualche forma di confusione. Questo affinchè cessi il fatto lesivo e possa essere condannato l'autore. Diverso è leggermente più complesso è il caso in cui si voglia chiedere anche una sorta di risarcimento danni. Per ottenere inoltre il risarcimento de quo infatti, occorrerà invece provare, oltre al dolo o la colpa dell'autore della violazione, il pregiudizio effettivamente subito secondo la disciplina del fatto illecito ex. art. 2043 del Codice Civile. Ai fini pratici, evengo al suo caso di specie le suggerisco di diffidare la ditta, presso cui prestava la sua attività lavorativa, a perpetrare tale condotta lesiva significando loro che, in difetto, adirà l'autorità giudiziaria. Qualora inoltre, ritengo che da tal fatto lesivo sia a lei derivato, in modo concreto, anche un danno (sia patrimoniale che non), potrà ottenere dall'autorità giudiziaria - adempiendo all'onere della prova a suo carico - anche il risarcimento. Le ricordo che il danno (risarcibile) va calcolato non solo per quello che si definisce danno emergente il danno cioè conseguenza diretta dell'eventuale illecito/inadempimento ma anche per il lucro cessante, cioè per il mancato guadagno conseguente all'illecito/inadempimento (per rimanere nel caso precedente, il mancato guadagno lavorativo derivante dalla mancata appetibilità alle sue prestazioni da parte di altra azienda che la riteneva ancora nella pianta organica di quella società).
Cordiali Saluti
Avvocato Mario Setola - Iscritto all'ordine degli Avvocati di Napoli al n. AA0233492 -
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