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sabato 29 aprile 2017

"Macron gay, l'ammissione". Occhio, gira questa foto L'attacco (omosessuale) senza precedenti / Guarda

"Macron gay, l'ammissione". Occhio: in Francia gira questa foto. L'attacco....



"Macron gay". Da giorni in Francia si parla dei gusti sessuali del candidato centrista alle Presidenziali (e grande favorito) Emmanuel Macron e della sua doppia vita. L'ex socialista da anni fa coppia fissa con Brigitte, di quasi 30 anni più anziana di lui, e sarebbe proprio questa "la prova" della sua omosessualità. Una follia che però quelli della rivista gay francese Garçon sembrano aver preso sul serio. O perlomeno la copertina-provocazione lascia intendere così: una bel fotomontaggio di Macron in versione giovane palestrato e nudo, e sotto il titolo che è tutto un programma, "Coming out", cioè ammissione. Di omosessualità, ovviamente. Che l'abbiano pensata gli hacker russi che, secondo i sostenitori di Macron, sarebbero gli artefici di una campagna mediatica getta-fango per favorire Marine Le Pen al ballottaggio?

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Morti e malati, allarme epidemia I medici non sanno che cosa sia Horror: come si trasmette il virus

Virus sconosciuto: 11 morti e 9 contagiati in Liberia



Non è ebola. I primi test di laboratorio, almeno, lo avrebbero escluso. Ma è altrettanto letale: 11 persone sono già morte e altre 9 sono state infettate e versano in gravi condizioni. La cosa più allarmante è che il morbo che le ha uccise e infettate è del tutto sconosciuto ai patologi. Dà forti dolori di stomaco e mal di testa, ma non si sa cosa sia. Le vittime e le persone contagiate sono tutte in Liberia. Campioni di sangue, ha spiegato il responsabile dei servizi medici della Liberia, Francis Kateh, sono stati inviati al centro per il controllo delle malattie infettive (CDC) degli Stati Uniti. Il sospetto è che la malattia si trasmetta attraverso il semplice contato fisico. Nel 2013 la Liberia, assieme alle vicine Sierra leone e Guinea, era stata colpita dall'epidemia di ebola che in tre anni (fino a dicembre 2016, quando è stata dichiarata debellata) ha ucciso 11mila persone.

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"Dice bugie, com'è andata" Sulla casa di Montecarlo l'immobiliarista sputtana Fini

Casa di Montecarlo, Fini smentito dall'agente sul valore dell'immobile



Mercoledì a "Porta a Porta" l'ex presidente della Camera Gianfranco Fini, indagato per riciclaggio, è tornato a ribadire che il famoso appartamento monegasco di boulevard Princesse Charlotte 14, donato ad An dalla contessa Colleoni, era stato venduto al giusto prezzo: 300mila euro. Perchè era in condizioni fatiscenti.

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Peccato che l'importante agente immobiliare romano Filippo Apolloni Ghetti, intervistato nel pieno del caos sulla "casa di Montecarlo" il 23 settembre 2010 da "Il Giornale" avesse dichiarato che l'appartamento valeva tra 1,2 e 1,3 milioni di euro. Una versione che l'agente, di simpatie aennine, ha ribadito al quotidiano "Il Tempo", ricordando l'incontro avuto di persona con Fini (allora leader di An) ai tempi della vendita dell'immobile. "All' epoca mi convocò direttamente Fini nel suo ufficio per fare una chiacchierata. Poi scoprii che la chiacchierata era tutta incentrata sulla casa di Montecarlo. E quando gli dissi che il valore dell' appartamento della Colleoni era quello, 1,3 milioni, lui con l' interfono chiamò qualcuno che apostrofò con fare spocchioso: 'Ma che mi avete detto? Qui c' è Apolloni Ghetti e mi dice che la casa vale di più'".

Lo stesso Apolloni Ghetti racconta di essersi offerto di acquistarlo subito per un milione di euro, ma Fini rifiutò perchè non ritenne opportuno fare affari con un membro del suo partito. Salvo poi, scrive sempre Il Tempo, acconsentire alla vendita della casa per 300mila euro a una società offshore dietro la quale la procura di Roma ha poi scoperto nascondersi il cognato e la moglie di Fini, e i soldi del "re delle slot" Francesco Corallo. I fratelli Tulliani hanno poi rivenduto l'immobile a un cittadino svedese nel 2015 per 1,3 milioni di euro.

Ong, rissa Grasso-Di Maio L'attacco spietato al grillino: e lui lo gela con tre parole

Immigrazione, Grasso attacca Di Maio: "Hai lacune in diritto...", il grillino replica: "Non le accetto da te"



È scoppiato il botta e risposta tra il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, e il presidente del Senato, Piero Grasso, dopo la denuncia pubblica del procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, sulla sospetta collusione tra le Ong e i trafficanti di immigrati. A favore delle Ong sono scesi in campo il premier Paolo Gentiloni e il ministro della Giustizia, Andra Orlando, che ha invitato il magistrato a "far parlare gli atti giudiziari". Fuori dal coro dei ministri è stato Angelino Alfano, a favore del procuratore catanese. A fare eco però al pensiero dominante nel governo, ci hanno pensato i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Piero Grasso.

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Un vero e proprio "accanimento", ha scritto Di Maio su Facebook, contro Zuccaro: "Il governo ha iniziato una crociata contro il Procuratore di Catania Zuccaro e ha chiesto di farsi spalleggiare dai due Presidenti delle Camere - Boldrini e Grasso - che dovrebbero essere due cariche al di sopra delle parti e che invece hanno deciso di prendere parte alla fiera dell'ipocrisia sulle Ong. Da queste persone non accetto lezioncine sulla responsabilità delle cariche istituzionali!".

A stretto giro, sempre su Facebook, ha risposto Grasso mettendo i panni del docente: "Caro Luigi - ha scritto - sei giovane, ma faresti bene a ricordarti che a tutte le età si può e deve imparare. Hai già dimostrato più volte di avere grosse lacune, in storia, geografia e diritto: qualche lezione ti sarebbe utile".

La replica non si fa attendere da parte del grillino che ha preso di petto l'attacco del presidente del Senato: "Continuano gli attacchi. Il presidente del Senato Grasso dice che sul caso Ong ho qualche lacuna e ho bisogno di qualche lezione. Caro Grasso, io non smetto mai di imparare nella vita, ma dal suo partito che prendeva soldi dal business degli immigrati non ho proprio nulla da apprendere. Anni e anni di magistratura eppure le è sfuggito".

Tulliani a Dubai, la verità: "Protetto in Parlamento", chi non lo fa tornare qua

Tulliani in "esilio" a Dubai, la verità: ecco perché i politici italiani....



L'esilio dorato di Giancarlo Tulliani a Dubai? il cognato di Gianfranco Fini ha chi lo protegge nel Parlamento italiano. In realtà sono tanti gli italiani nella stessa situazione di Tulliani, indagato per la oscura vicenda della casa di Montecarlo e sulla cui testa pende un mandato di cattura per riciclaggio: ci sono, per esempio, l'ex onorevole Amedeo Matacena e il costruttore ligure Andrea Nucera (ad Abu Dhabi).

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Il governo italiano non ha ancora firmato la ratifica del trattato stipulato 2 anni fa con gli Emirati arabi per il rientro dei latitanti. La motivazione ufficiale è "garantista": negli emirati vige ancora la pena di morte. Certo, nelle commissioni parlamentari però la voglia di accelerare le pratiche e fare pressioni sull'esecutivo non è tanta dal momento che per vie dirette o indirette molti parlamentari sono stati, in quanto avvocati, coinvolti dalle vicende di alcuni "esiliati".

Quei test missilistici falliti Ipotesi-choc: chi c'è dietro i flop di Kim (non gli Usa)

Test missilistici falliti, in Corea del Nord si fa largo la pista del sabotaggio interno



Sono 75 i test missilistici eseguiti in Corea del Nord da quando Kim è diventato presidente. Nessun Paese al mondo, nello stesso intervallo di tempo, ne ha tentati altrettanti. Di questi, 58 sono riusciti, 17 invece sono falliti, tra i quali gli ultimi due. Quello del giorno di Pasqua e quello di oggi. Sulle cause di questi fallimenti si fanno ipotesi le più diverse. Certo, la prima ipotesi è quella dell'errore di progettazione o di lancio dei vettori KN-17.

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Dopo il fallimento di Pasqua si era fatta largo l'ipotesi di un sabotaggio da parte degli Stati Uniti, eseguito con atti di cyber-war o sistemi "sconosciuti" in grado di interferire sulla traiettoria di lancio. Ma nelle ultime ore si sta facendo largo una terza possibilità: quella del sabotaggio interno, che farebbe parte di una guerra di propaganda con l'intento di mettere in difficoltà l'immagine di Kim agli occhi del suo stesso popolo quale leader "infallibile". Voci che potrebbero essere confermate da quelle su una gigantesca indagine interna promossa dallo stesso leader nordcoreano per scoprire i responsabili dei ripetuti fallimenti.

RICERCA Anche dal caffè una protezione contro il cancro della prostata?

Anche dal caffè la protezione contro il cancro della prostata?


di Laura Fusillo



Un altro componente tipico dello stile di vita italiano andrebbe ad aggiungersi alla già lunga lista di elementi che contribuiscono a fare degli italiani uno dei popoli più ‘in salute’ al mondo. Questa volta tocca al caffè. Una ricerca, condotta dal Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’Irccs Neuromed di Pozzilli in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e l’Irccs Istituto Dermopatico dell’Immacolata di Roma, mostra come la popolare bevanda, se consumata più di tre volte al giorno, possa abbassare il rischio di ammalarsi di cancro della prostata. E il dato sull’azione antitumorale del caffè viene confermato anche in laboratorio. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica International Journal of Cancer, punta a fare chiarezza in un campo fino ad oggi ancora molto dibattuto: il ruolo del caffè in relazione al carcinoma prostatico e, specificamente, l’azione della caffeina. Alcuni studi recenti, sia inglesi che americani, avevano suggerito un effetto protettivo della popolare bevanda.

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“Negli anni recenti sono stati condotti diversi studi a livello internazionale - spiega George Pounis, ricercatore greco presso Neuromed e primo autore del lavoro - ma le evidenze scientifiche disponibili erano considerate insufficienti per trarre conclusioni, e in alcuni casi i risultati apparivano contraddittori. Il nostro scopo, così, è stato quello di ampliare le conoscenze in modo da fornire una visione più chiara”. Il lavoro scientifico parte dall’osservazione, durata in media quattro anni, di circa settemila uomini residenti in Molise e partecipanti allo studio epidemiologico Moli-sani. “Analizzando le abitudini relative al consumo di caffè - spiega Pounis - e mettendole a confronto con i casi di cancro alla prostata che si sono verificati nel corso del tempo, abbiamo potuto evidenziare una netta riduzione di rischio, il 53 per cento, in chi ne beveva più di tre tazzine al giorno”. A questo punto i ricercatori hanno cercato conferme testando l’azione di estratti di caffè su cellule tumorali prostatiche coltivate in laboratorio. Sono stati provati, in particolare, sia estratti contenenti caffeina che decaffeinati. Proprio i primi hanno mostrato la capacità di ridurre significativamente la proliferazione delle cellule cancerose e la loro capacità di metastatizzare. Un effetto che in larga parte scompare con il decaffeinato.

“Le osservazioni in laboratorio - dice Maria Benedetta Donati, responsabile del Laboratorio di medicina traslazionale - ci permettono di dire che l’effetto benefico osservato tra i settemila partecipanti è molto probabilmente dovuto proprio alla caffeina, più che alle numerose altre sostanze contenute nel caffè”. “Dobbiamo tenere presente - commenta Licia Iacoviello, capo del laboratorio di Epidemiologia Molecolare e Nutrizionale - che lo studio riguarda una popolazione del Molise, che quindi beve caffè rigorosamente preparato all’italiana, cioè con alta pressione, temperatura dell’acqua molto elevata e senza l’uso di filtri. Questo metodo, diverso da quelli seguiti in altre aree del mondo, potrebbe determinare una maggiore concentrazione di sostanze bioattive. Sarà molto interessante approfondire questo aspetto. Il caffè è parte integrante dello stile alimentare italiano, che, ricordiamolo, non è fatto solo di singoli cibi, ma anche del particolare modo di prepararli”.