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giovedì 6 novembre 2014

Colpo di Vespa, fa confessare Renzi: "Alle urne in primavera? No, ma..."

Matteo Renzi a Bruno Vespa: "Niente elezioni anticipate, anche se a me converrebbero"




Sono già partite le anticipazioni sul prossimo libro di Bruno Vespa, Italiani voltagabbana. Dalla Prima guerra mondiale alla Terza repubblica, sempre sul carro del vincitore", edito da Mondadori. E, come sempre, non mancano le sorprese. A partire dalle parole del premier, Matteo Renzi, che ha toccato diversi punti dell'agenda politica, a partire dalle possibili elezioni anticipate. Un'ipotesi, quella delle urne, sempre negata ma che stuzzica l'uomo da Rignano sull'Arno.

Elezioni sì o no? - "A me converrebbe portare a casa il consenso, fortissimo, delle elezioni europee, per individuare un gruppo dirigente più vicino e più fedele - ha spiegato il premier - tuttavia, se vogliamo rispettare gli interessi degli italiani, non possiamo cambiare verso a 300 deputati. Dobbiamo cambiare il Paese: niente elezioni anticipate", ha ribadito Renzi, che ha inoltre aggiunto: "Se nei prossimi otto mesi facessimo la metà di quello che abbiamo fatto nei primi otto, avremmo vinto game, set e match. Con fisco, giustizia, pubblica amministrazione, riforma costituzionale e legge elettorale, avremmo cambiato definitivamente l'Italia". Insomma, niente voto anche se gli "converrebbe". Una frase che può sembrare una mezza confessione.

Una donna al Quirinale - Il premier ha parlato anche di un possibile Quirinale "in rosa": "La successione ad un gigante come Napolitano, non è un problema di genere", ha affermato Renzi, che apre quindi ad una possibile donna presidentessa della Repubblica: sarebbe la prima volta nella storia del Paese. "Mi auguro che per scegliere il garante delle istituzioni, la prossima volta si spengano i telefonini e si accendano le antenne, per capire quale figura serva davvero all'Italia". La scelta sarà fatta in accordo con il centrodestra? "Sulle grandi scelte di quadro, istituzionali - apre Renzi - è sempre auspicabile la più ampia convergenza possibile".

Investimenti, quanto è "sexy" l'Italia Le pagelle di fondi sovrani e finanzieri

Investire in Italia, le pagelle dei big della finanza: cosa funziona e cosa invece no




Un indice che misura quanto è "sexy" l'Italia, almeno per chi nel Belpaese vorrebbe investire. Si tratta dell'AIBA-Index, elaborato da Aibe, l'Associazione delle Banche estere operanti in Italia, che ogni sei mesi misura l'attrattività dell'Italia nel mondo. Una ricerca, realizzata nel mese di ottobre da Ispo ricerche che ha coinvolto gruppi di private equity, fondi sovrani di investimento esteri, investitori internazionali, studi legali e multinazionali. Il risultato? Il quadro migliora, l'Italia è un poco più "sexy", ma restiamo ben lontani dall'eccellenza.

Segnali di vita - Lo studio, presentato nella sede della Stampa estera a Milano, evidenzia come oggi l'AIBE Index è pari a 38 punti su una scala da 0 a 100 (0=nessuna attrattività e 100=massima attrattività). Un valore ancora basso, ma in crescita di 5 punti. Se a marzo 2014, nella prima edizione dell’osservatorio, l’immagine del nostro Paese era molto polarizzata sulle criticità del sistema, oggi si assiste ad un “cambiamento di verso”: rispetto a sei mesi fa, infatti, l’Italia appare (relativamente) più attrattiva. Nel confronto internazionale il nostro Paese si posiziona sempre in fondo alla graduatoria e viene tra l’altro sopravanzato dalla Spagna, che fa un balzo significativo nelle percezioni degli intervistati. Saldamente in testa permangono Stati Uniti, Germania e Gran Bretagna che supera la Cina.

Cosa piace, cosa no - Nonostante l’Italia non riesca a guadagnare un maggiore appeal rispetto ai competitor, il giudizio sugli specifici aspetti di attrazione mostra un miglioramento generalizzato delle percezioni. Persistono però criticità strutturali specie sui costi impropri dell’operare in Italia e sulle scoraggianti incertezze interpretative del quadro normativo/burocratico, in appesantimento. La sovrapposizione di vincoli normativi, l’incertezza interpretativa, i tempi della giustizia, unitamente al carico fiscale, sono gli aspetti più urgenti di intervento. Nello specifico, la qualità delle risorse umane si mantiene al vertice della graduatoria degli aspetti più attrattivi, insieme con la solidità del sistema bancario, che registra un incremento significativo dei giudizi positivi (+17 punti percentuali). Crescono l’attrattività riguardo alla flessibilità e al costo del lavoro (rispettivamente +14 e +11 punti percentuali) e, anche se meno, la stabilità politica (+5 punti).

Cosa deve fare l'Italia - Tutto questo si traduce sia in un aumento della percezione di attrattività del Paese, sia nell’impressione dell’esistenza di una nuova e più efficace strategia per l’attrazione dei capitali esteri (almeno secondo la maggioranza relativa). Le priorità di intervento per l’Italia suggerite dagli operatori esteri sono quelle che il Governo tenta di perseguire con l’alleggerimento del pesante carico normativo/fiscale, la flessibilità del mercato del lavoro, i tempi della giustizia civile. Le grandi riforme "made in Renzi", dunque, sembrano convincere almeno in parte gli intervistati. La politica delle privatizzazioni, però, divide il panel: solo metà del campione ritiene che essa contribuirà ad aumentare l’attrazione dell’Italia. Più scettico è il giudizio sulla spending review: i due terzi degli intervistati sostengono che non avvicinerà gli investitori stranieri. Fortemente criticato lo stop allo sviluppo delle reti infrastrutturali per la digitalizzazione. Quasi la totalità del panel, tra gli elementi critici, indica l’alto costo dell’energia come un fattore strutturale frenante.

Riforme, subito - Il presidente di Aibe, Guido Rosa, spiega che "per gli investitori esteri l’Italia presenta più debolezze (finanziamento del debito pubblico, arretramento infrastrutturale, ritardi nelle liberalizzazioni e privatizzazioni) che aspetti di competitività, pur nel leggero miglioramento della percezione di attrattività. È allora necessario attuare le riforme strutturali, come segno di una nuova visione strategica; avere il coraggio di attuare le privatizzazioni ed affidare agli investitori esteri assieme all’imprenditoria italiana il ruolo di fattore di ripresa. La migliore percezione del mercato del lavoro unitamente ai giudizi sulla validità delle riforme intraprese, incoraggiano il Governo a proseguire nella politica di attuazione degli strumenti previsti dal così detto “Jobs Act” e dalle altre riforme. In questo modo le attese degli operatori internazionali potranno trasformarsi in percezioni positive del nostro sistema paese.

Lo zio: "Ho raccomandato Matteo" Renzi, una spintarella da 48 milioni

Lo zio di Matteo Renzi: "La Ruota della Fortuna? Lo raccomandai io a Mike Bongiorno"




"In principio fu il Quizzy", sintetizza Il Fatto Quotidiano con grande enfasi. Il quotidiano della premiata ditta Padellaro-Travaglio, ieri, mercoledì 5 ottobre, è monopolizzato dagli estratti del libro L'intoccabile, Matteo Renzi, di Davide Vecchi. Nel mirino, il premier. E i dettagli a cui dà spazio il Fatto sono quelli relativi allo zio materno di Matteo, Nicola Bovoli. L'uomo, ai tempi, aveva un contratto con Fininvest, abitava a Milano 2, conobbe Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri. Per affari, certo. Ma per Il Fatto diventa una sorta di Patto del Nazareno ante litteram, uno spunto su cui ricamare per far aleggiare il sospetto di indicibili accordi tra il Cavaliere e l'uomo da Rignano sull'Arno.

Tutta la verità - Ma, dicevamo: "In principio fu il Quizzy". Già, perché il signor Bovoli fu l'inventore del telecomando con cui gli spettatori dell'allora Fininvest potevano partecipare ai quiz direttamente da casa. In molti se lo ricorderanno: ai tempi costava 39.800 lire. Insomma lo zio di Renzi aveva una qual certa familiarità con i programmi del Biscione, con i quiz. E con Mike Bongiorno. Tutti si ricorderanno la celeberrima presenza di Matteo Renzi a La Ruota della Fortuna, una partecipazione che gli valse 48 milioni di euro. Ed è proprio sul quiz del compianto Bongiorno che lo zio del premier rivela uno dei particolari più interessanti: Matteo era un raccomandato. Lo afferma lo zio senza giri di parole.

"Mike era in tensione..." - "Io lavoravo con Mike dal 1987 - spiega in un'intervista a Davide Vecchi -. Nel 1994, quando Matteo partecipò alla trasmissione, eravamo amici. Mike un giorno mi confessò di essere in tensione: non riusciva a trovare un concorrente che spiccasse, così gli proposi Matteo, sostenendo che era un ragazzo vispo. Mike mi disse di fargli la selezione e lo prese subito; sì, lo segnalai io", rincara. L'inventore del Quizzy aggiunge poi di aver avuto "un contratto in esclusiva per cinque anni da 200-300 milioni di lire alla settimana" con Fininvest. Conobbe anche Silvio Berlusconi: "Dal punto di vista politico non condividevo nulla, ma come imprenditore era un genio". Quindi rivendica importanti risultati ottenuti per il gruppo del Cav: "Avevo piazzato la tombola Bingo su Sorrisi e Canzoni (...). Consideri che con quel giochino portammo le vendite di Sorrisi al record di tre milioni di copie".

mercoledì 5 novembre 2014

Retroscena dello scontro Renzi-Ue Cosa rischia davvero l'Italia

Ue, Juncker contro Renzi: "Non siamo una banda di burocrati, altrimenti ti bocciavamo". Spettro procedura sull'Italia




Juncker contro Renzi, guerra fredda a Bruxelles con lo spettro della procedura d'infrazione contro l'Italia. Matteo Renzi furioso aveva avvertito: "Non mi farò dettare la linea dai tecnocrati di Bruxelles". Pronta la risposta dell'ex premier lussemburghese Jean-Claude Juncker, fresco presidente della Commissione Ue: "A Renzi dico che non sono il capo di una banda di burocrati: sono il presidente della Commissione Ue". "Sono sempre stato convinto che i Consigli europei servano per risolvere i problemi, non per crearli - aggiunge Juncker -. Personalmente prendo sempre appunti durante le riunioni, poi sento le dichiarazioni che vengono fatte fuori e spesso i due testi non coincidono". Un incidente diplomatico, o forse qualcosa di più, che complica non poco la trattativa obbligata tra Palazzo Chigi e Bruxelles sul tetto a debito e deficit. Renzi (che su Facebook replica: "Chiedo rispetto per l'Italia, lo meritiamo") ha bisogno della sponda di chi, solo a parole, giura di voler combattere, ma se l'atteggiamento di Juncker e della Commissione Ue resterà così gelido, si preannunciano guai grossi per l'Italia. Anche perché proprio da Bruxelles arrivano numeri da incubo sul futuro economico dell'Italia. 

Deficit e debito, previsioni fosche - Al di là delle indiscrezioni, ciò che rimane è la sconcertante previsione della Commissione Ue, secondo cui la recessione in Italia, quest'anno, sarà del -0,4% (-0,3% per il governo) con una lieve ripresa, nel 2015 stimata in un +0,6% del Pil (in linea con il Def) e nel 2016 dell’1,1%. Lo stime risultano quindi dimezzate se le si confronta con quelle di maggio che indicavano per l'anno prossimo una crescita dell' 1,2%. Ancora peggio il quadro riguardante il debito che nel 2015 raggiungerà un picco storico passando dal 132,2% del Pil per il 2014 al 133,8%, per poi scendere al 132,7% nel 2016. L'unica replica registrata, a difesa del premier Renzi, al momento è quella del sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi: "Nessuno dice che Juncker sia un tecnocrate, ma è bene per l’Italia e l’Europa che non dia troppo ascolto ai tanti tecnocrati che lo circondano. L’Europa, non solo l’Italia, paga le scelte passate dell’Unione, segnate da una fede cieca in automatismi di bilancio che hanno prodotto danni per tutti".

La minaccia di Bruxelles - Juncker contro Renzi e numeri tremendi: fare due più due diventa esercizio scontato. La somma dei due fattori dà come risultato il ritorno dello spettro della procedura d'infrazione contro l'Italia. Non per il 2014, perché ancora vale la "sospensione" dovuta alla recessione. Ma per il 2015, quando la sia pur flebilissima ripresa ci sarà (+0,6%), il governo italiano non avrà più alibi su taglio strutturale di deficit e debito. Per questo motivo, essendo chiamato a rispettare il taglio del deficit strutturale dello 0,5% e del fabbisogno almeno dello 0,7%, Renzi potrebbe essere costretto dall'Ue a una manovra correttiva devastante per le tasche italiane. Le alternative non sono più confortanti: clausole di salvaguardia e aumento dell'Iva automatico oppure procedura per debito eccessivo. Cioè, un'Italia sorvegliata speciale se non addirittura commissariata da Bruxelles. 

Cena a Milano per finanziare Renzi: ecco chi gli ha dato due di picche

Pd, cena di autofinanziamento da mille euro a posto. Ma c'è chi ha dato il due di picche a Renzi




È "vicina al sold out" la cena di autofinanziamento organizzata dal Pd a Milano per giovedì 6 novembre e che sarà replicata il giorno dopo a Roma. L’appuntamento nel capoluogo lombardo è per le 20.30 al The Mall, nel nuovo quartiere di Porta Nuova Varesine, dove è atteso anche il premier, Matteo Renzi. Quasi tutti assegnati, quindi, i 500 posti disponibili al costo di mille euro ciascuno: a quanto si apprende, tra i commensali, una larga maggioranza è alla sua ’prima volta' di finanziamento del partito, pur avendo avuto in qualche caso già contatti con il Pd. L'ospitalità è affidata a 50 volontari.

Il due di picche - Non ci saranno, invece, gli stilisti Dolce e Gabbana, invitati dal segretario metropolitano del partito, Pietro Bussolati. Oggi lo stesso Bussolati si è giustificato sostenendo che, in realtà, «non è stato inviato loro alcun invito formale. Più che altro era una boutade». Eppure Il segretario dem di Milano, il 29 ottobre scorso, chiedendo pubblicamente scusa ai due stilisti da parte del Pd li aveva invitati alla cena di autofinanziamento del partito sollecitando a "fare altrettanto" a chi aveva causato la rottura, vale a dire l'assessore alle Attività produttive del Comune di Milano, Franco D'Alfonso. Bussolati aveva provato così a ricucire i rapporti tra Milano e Dolce e Gabbana dopo le dichiarazioni dell'assessore (che aveva sottolineato l'opportunità di non concedere spazi pubblici agli "evasori") e la reazione stizzita dei due che sono arrivati a promettere la restituzione dell'Ambrogino d'oro dopo aver incassato l'assoluzione da parte della Cassazione dall'accusa di evasione fiscale. "Qualcuno dovrebbe chiedere scusa - aveva detto Bussolati -. C'e' stato un po' di accanimento contro di loro. Ho chiesto scusa a nome del Pd e invito chi dovrebbe farlo a fare altrettanto. Li ho inoltre invitati alla cena di autofinanziamento del partito, che vedra' anche la partecipazione del premier". Ma pare che sia stata tutta una boutade.

Clamoroso a Ballarò, Brunetta show contro Giannini: "Adesso non mi fai parlare ma ieri quando mi hai chiamato..."

Ballarò, Renato Brunetta contro Massimo Giannini: "Ieri mi hai invitato piagnucolando e ora..."




"Ieri mi hai invitato piagnucolando, e oggi non mi fai parlare e ho tutti contro...". Renato Brunetta sgancia la bomba e Massimo Giannini, imbarazzato, abbozza. A Ballarò doveva essere la sera di Matteo Renzi e della sua "intervista esclusiva" (che poi, diciamo la verità, per il premier le interviste sono abitudine quotidiana) e invece a rubare la scena è stato il deputato di Forza Italia. Ospite in studio insieme all'altro "irregolare" Pippo Civati (non a caso non sono mancate singolari sintonie anti-renziane tra l'azzurro e il senatore del Pd), Brunetta ha letteralmente dato spettacolo. Primo momento caldo quando Giannini ha dato la parola a un gruppo di pensionati contestatori del governo. L'esordio però è stato tutto dedicato a Brunetta, "uno che si è rottamato da solo". Scatta la bagarre, con il volitivo Renato che contrattacca e aizza: "Dimmi, compagno, dimmi". Ma è in studio, da Giannini, che si gioca la vera partita. Quando l'ex vicedirettore di Repubblica lo incalza, Brunetta si arrabbia: "Mi hai fatto tre domande, ora do tre risposte". E quando viceversa gli viene tolta la parola, l'ex ministro della Funzione pubblica esplode rivelando il succoso retroscena sul suo invito.

Manovra contro l'Italia: i falchi vogliono far fuori Draghi

Bce, le voci su Mario Draghi: i governatori "falchi" in rivolta




L'Europa e quella manovra a tenaglia contro l'Italia. Nelle stesse ore in cui il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker ha attaccato frontalmente il premier Matteo Renzi ("Non siamo una banda di burocrati, altrimenti vi avremmo già bocciato", con replica da Palazzo Chigi "l'Italia merita rispetto"), da Francoforte spuntano voci di una fronda dei banchieri contro il presidente della Bce Mario Draghi. 

Le trame dei falchi contro Draghi - A rilanciare i rumors è l'autorevole agenzia britannica Reuters, secondo cui i banchieri nazionali sarebbero "infastiditi dal fatto che Draghi abbia fissato un target di aumento del bilancio della Bce subito dopo che il consiglio che governa la politica dell'istituto si era accordato proprio per non rendere pubblico alcun dato". "Ora tutto quello che facciamo - è la versione di una fonte - è valutato sulla base dell'obiettivo di aumentare il bilancio di mille miliardi (di euro)... Ci ha creato un problema". La contestazione sotterranea verso Draghi arriva in un momento cruciale per la sopravvivenza dell'Unione europea. Mercoledì andrà in scena la tradizionale cena dell'Eurotower, dove i falchi potrebbero esternare la loro opposizione. Seguirà la riunione del direttivo, possibile luogo ufficiale dello scontro. E tra qualche mese Draghi potrebbe dover assumersi la responsabilità di azioni di politica monetaria più audaci di quelle già prese (per esempio, decidere di acquistare titoli di debito sovrani) per contrastare crisi economica, deflazione e stagnazione. 

"Mario fa tutto da solo" - Un fronte, questo, già difficilissimo per l'opposizione di molte banche nazionali, a cominciare da quella tedesca. Non a caso, molti governatori contestano a Draghi una condotta troppo "personalistica", "poco collegiale" ed esuberante dal punto di vista della comunicazione. "Mario è più riservato (rispetto al suo predecessore Jean-Claude Trichet, ndr)... e meno collegiale. I governatori nazionali qualche volta si sentono tenuti all'oscuro, fuori dal giro", spiega un veterano della Bce alla Reuters. "Jean-Claude era solito consultare e comunicare di più. Lavorava un sacco per creare consenso". Un po' le stesse critiche che tanti, anche a Bruxelles, sono pronti a sottoscrivere sostituendo però il soggetto: non più Mario, ma Matteo.