Visualizzazioni totali

domenica 26 ottobre 2014

Nave africana in arrivo, incubo Ebola alla Spezia

Nave africana in arrivo, incubo Ebola alla Spezia


di Gianpaolo Iacobini 



Mercantile in arrivo dalla Sierra Leone, il prefetto ligure scrive al governo: "Confiniamo l'equipaggio a bordo". In porto arriva un mercantile dall'Africa. E il prefetto scrive al ministro Alfano: «Confinare a bordo l'equipaggio per prevenire ogni possibile rischio d'infezione».

Il pericolo si chiama Ebola. A Milano il chirurgo Paolo Setti Carraro e l'ostetrica Chiara Moretti, rimpatriati in Lombardia dopo aver lavorato in Sierra Leone, sono stati messi precauzionalmente in quarantena. Alla Spezia già si scruta l'orizzonte per tenere d'occhio la minaccia. Il protocollo predisposto dalla Regione Liguria seguendo le indicazioni del ministero della sanità prevede «rigide misure di controllo per coloro i quali hanno soggiornato in Guinea, Liberia, Sierra Leone, Nigeria e Congo nei 21 giorni precedenti». Ed è bastato quel numero, unito ai colori della bandiera battuta dal bastimento atteso al molo, per far scattare l'allerta.

L'8 novembre in rada getterà l'a
ncora una nave sorvegliata speciale dal momento in cui, il 23 ottobre, è salpata dalla Sierra Leone. Meno di tre settimane, dall'Oceano Atlantico al mar Ligure. Un periodo troppo breve per poter escludere con certezza che tra i marinai ve ne possa essere qualcuno portatore di un virus che può esplodere nell'arco di 21 giorni dal contagio. Attivato il piano di sicurezza, poiché evidentemente il dubbio non trovava risposta nelle procedure adottate, il prefetto Giuseppe Forlani ha scritto al ministro dell'interno per ottenere «ragguagli sulle precauzioni aggiuntive da adottare». A destare preoccupazione, «la libera circolazione in città dei marinai, che potrebbe costituire un pericolo per la popolazione». Per questo, qualora dovesse essere concesso l'ingresso in porto, il prefetto sarebbe pronto a disporre «il confinamento a bordo dell'equipaggio fino al momento in cui sarebbe da considerarsi del tutto fuori pericolo dal virus Ebola». E per non lasciare nulla al caso, verrebbero impartite prescrizioni particolari «circa il trattamento delle acque di zavorra, lo scarico dei rifiuti e delle acque nere».

Tutto chiaro, tutto pronto per fronteggiare eventuali emergenze? A giudicare la vicenda col metro della trasparenza, qualche perplessità sorge. L'Autorità Portuale si sfila: «Noi non c'entriamo. Delle questioni di sicurezza si occupa la Guardia Costiera». In Capitaneria lo schema non cambia: «Stiamo seguendo la cosa», dicono dall'Ufficio Comando, «ma la guida delle operazioni è nelle mani della Prefettura». Un salto in via Vittorio Veneto, dalle parti dell'Ufficio territoriale di governo, non aiuta a spazzar via le perplessità. «È stato attivato il protocollo sanitario previsto per situazioni del genere», confermano dall'Ufficio di Gabinetto. Ma quando il dialogo si sposta sulla lettera inviata dal prefetto al Viminale, sulla conversazione cala il gelo della riservatezza: «Ci sono contatti in corso col ministero, ma al riguardo non rilasciamo dichiarazioni».

Insomma, impossibile saperne di più. A sentire la Regione, in ogni caso nessun problema: «Sono stati individuati 38 posti letto idonei a garantire adeguate condizioni di ricovero: a Genova 13 al San Martino, 2 al Galliera e 3 al Gaslini. Poi 13 a Sanremo, 3 a Savona e 3 alla Spezia». C'è però chi non si fida. «Pochi giorni fa - ricorda il consigliere regionale leghista Edoardo Rixi in un'interrogazione urgente depositata mercoledì - un importante sindacato di infermieri che operano al San Martino ha dichiarato che se fosse ricoverato il primo malato di Ebola il rischio sarebbe di operare senza tute protettive appropriate e solo con laconiche linee guida».

Non resta che attendere l'8 novembre e confidare, italicamente: io speriamo che me la cavo.

249 mld in tasse e burocrazia Macigno sulle nostre imprese

249 mld in tasse e burocrazia Macigno sulle nostre imprese


di Raffaele Binelli 



Cgia: tra tasse, contributi previdenziali e burocrazia le imprese italiane sopportano un costo annuo enorme. Immaginate di avere un macigno posizionato sopra la vostra automobile. Voi al mattino vi svegliate, fate colazione, uscite di casa e, mettendo in moto la vostra macchina, andate a lavoro. 

Ma sopra di voi c'è quel macigno che blocca tutto. L'auto si sposta ma fa una fatica pazzesca. Quasi non si muove. Quel macigno è formato da tasse, contributi previdenziali e burocrazia: l'auto è+ rappresentato dalle imprese italiane, che ogni anno sono costrette a sopportare un costo di 248,8 miliardi di euro. Un peso enorme, in grado di bloccare ogni slancio. Un peso che, a conti fatti, non ha eguali nel resto d’Europa. A dirlo è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre, che ha stimato il contributo fiscale e i costi burocratici che le nostre imprese si fanno carico ogni anno. "In nessun altro Paese d’Europa - segnala Giuseppe Bortolussi segretario Cgia - viene richiesto un simile sforzo fiscale. Nonostante la giustizia civile sia lentissima, il credito sia concesso con il contagocce, la burocrazia abbia raggiunto livelli ormai insopportabili, la Pubblica amministrazione rimanga la peggiore pagatrice d’Europa e il sistema logistico-infrastrutturale registri dei ritardi spaventosi, la fedeltà fiscale delle nostre imprese è massima".  

Le aziende italiane contribuiscono al gettito fiscale nazionale per oltre 110 miliardi di euro, secondo una stima fatta tenendo conto delle metodologie utilizzate da Eurostat; in questo importo, però, mancano alcune tasse "minori", come il prelievo comunale sugli immobili strumentali e altri "piccoli" tributi locali. Che messi tutti insieme contribuiscono a dare peso al macigno di cui parlavamo prima.  Complessivamente questa voce ammonta ad almeno 12,5 miliardi di euro. "Inoltre - dice la Cgia -, vanno aggiunti anche i contributi a carico delle imprese versati per la copertura previdenziale dei propri dipendenti, una cifra che stimiamo in circa 95 miliardi. Complessivamente le imprese italiane subiscono un peso tributario e contributivo pari a 217,8 miliardi (anno 2012). Se allo sforzo fiscale aggiungiamo altri 31 miliardi di euro che, secondo la presidenza del Consiglio dei Ministri, sono i costi amministrativi che le Pmi italiane patiscono ogni anno per districarsi tra timbri, certificati, formulari, bolli, moduli e pratiche varie, l’ammontare complessivo del carico fiscale e burocratico sale a 248,8 miliardi di euro: una cifra che solo a pensarci fa tremare i polsi".

Un altro utile esperimento si può fare disaggregando la voce tasse: "Scopriamo - rileva l’analisi della Cgia - che l’imposta che produce il maggior gettito per le casse dello Stato è l’Ires: l’imposta sui redditi delle società garantisce all’Erario quasi 33 miliardi all’anno. L’Irpef versata dai lavoratori autonomi, invece, pesa ben 26,9 miliardi, mentre l’Irap in capo alle imprese private garantisce un gettito di 24,4 miliardi. Infine, segnaliamo l’importo dei contributi previdenziali versati dagli autonomi: altri 23,6 miliardi. Al nostro sistema delle Piccole e medie imprese la burocrazia costa quasi 31 miliardi. Per ciascuna di queste imprese si stima che il peso economico medio sia di circa 7.000 euro".

Salta subito all'occhio una cosa: "Trentuno miliardi di euro - sottolinea  Bortolussi - corrispondono a circa 2 punti di Pil: una cifra raccapricciante. Di fatto la burocrazia è diventata una tassa occulta che sta soffocando il mondo delle Pmi".

Il Pd si spacca in diretta tv

Il Pd si spacca in diretta tv: scontro Bindi - Serracchiani

di Libero Pennucci 




La Bindi: "È una contromanifestazione imbarazzante". Il vicepresidente dei Dem: "Rosy non capisce quello che sta succedendo". Due piazze (una fisica, l'altra virtuale), due popoli, due modi di intendere la politica, due differenti visioni. Ma uno stesso partito. Il Pd. Quel Pd che oggi fornisce un esempio plastico, visivo e televisivo della sua somposizione. Da una parte la piazza della Camusso, della bandiere rosse, dei pensionati e di quelli che dicono no al renzismo. Dall'altra, alla Leopolda di Firenze, a poco più di 280 chilometri di distanza, un'ora e mezza di Frecciarossa, va in scena l'apoteosi del renzismo. 

Uno scontro politico ma anche personale, che esplode in un confronto mediatico tra due donne del Pd: Rosy Bindi e Debora Serracchiani. Un battibecco pirotecnico tra le due signore democratiche che si trasforma in un affresco perfetto della faglia che attraversa e spacca largo del Nazareno. 

La Bindi è in collegamento con Skytg 24 e motiva la sua partecipazione alla manifestazione di piazza San Giovanni, il simbolo e il cuore pulsante della sinistra rossa e sindacalista. La Serracchiani è, ovviamente, a Firenze a festeggiare il quinto capodanno renziano. "È una contromanifestazione imbarazzante. È la prima manifestazione del post Pd, per andare oltre se stesso. Si capisce fin troppo", attacca ad alzo zero al Bindi. "Rosy non capisce cosa sta succedendo qui a Firenze, c’è grande ignoranza su cosa stiamo facendo. Qui c’è tantissimo Pd. Certo ci sono tanti imprenditori, ma ci sono tanti consiglieri del Pd", replica il vicesegretario dei Dem.

Ma Rosy non molla e insinua: "Sta succedendo che una grande parte della dirigenza del partito si sta riunendo da un’altra parte per fare cose importanti. Perchè non lo fanno nella casa del partito? Vuol dire evidentemente che c’è un altro progetto". E accusa: "Io do la fiducia ad un governo che dibatte in una sede dove prende finanziamenti da imprenditori che restano fuori dal Pd. Pensa che quelle politiche non influenzino poi le azioni di governo?". Quindi lascia il partito? Assolutamente no. "Io resterò a fare la mia battaglia perchè sono una cofondatrice di questo partito - spiega la Bindi -. Continuerò a porre i problemi che ho posto: voglio verificare se il fatto che il programma del partito e del governo viene elaborato in quella sede impropria, condiziona o meno l’azione del governo. Sono un parlamentare eletto dal popolo con un preciso programma. Voglio vedere se questo programma viene influenzato in sede non proprie". La crisi del Pd va in diretta tv. 

sabato 25 ottobre 2014

Renzi, annuncio bomba: "Ecco quando lascio da premier"

Leopolda, Matteo Renzi: "Da premier faccio al massimo 2 mandati, lascio nel 2023"




"Al massimo faccio due mandati come premier. Nello spirito della Leopolda. Massimo 2023". L'annuncio lo ha dato Matteo Renzi dalla Leopolda, dando inizio ai lavori pomeridiani della seconda giornata della kermesse fiorentina. Una posizione quasi grillina per il premier che in ogni caso è in politica da vent'anni, avendo cominciato nel Ppi a metà anni Novanta proseguendo poi con la scalata a presidente della Provincia di Firenze, sindaco e, dal gennaio 2014, presidente del Consiglio. La legislatura naturale finirebbe nel 2018, e lo stesso Renzi ha sempre ribadito di volerla portare a termine in maniera regolare, senza il ricorso alle urne anticipate (minaccia peraltro spesso agitata sotto il naso dei contestatori, soprattutto interni al Pd). Ora l'annuncio dell'auto-rottamazione, ma con calma: si tratterebbe comunque di 30 anni in politica, poco meno di quanti ne hanno trascorsi ad alto livello gente come D'Alema e Veltroni. Rottamazione sì, allora, ma con calma. 

Un milione in piazza contro il governo: con la Cgil a protestare c'è pure mezzo Pd

Cgil, un milione in piazza contro il governo, a protestare contro il Pd c'è pure il Pd




Sono un milione i manifestanti scesi in piazza per la manifestazione organizzata dalla Cgil a Roma contro il Jobs act. Lo riferiscono fonti vicine agli organizzatori. In piazza pure la minoranza del Partito Democratico. Da una parte la Leopolda dall'altra Piazza San Giovanni e Stefano Fassina parte all'attacco: se la legge delega sul lavoro non sarà profondamente modificata "il mio voto non ci sarà. Qui - ha aggiunto Fassina - c'è un pezzo importante del popolo democratico che non capisce e non condivide una deriva che non aiuta il lavoro". Fassina ha pure sottolineato come questa non sia una manifestazione contro il governo ma al contrario per lo sviluppo e per il lavoro. Dalla stessa parte della barricata, seppur su due piani diversi, il il segretario generale della Cgil ammonisce Susanna Camusso "Nessuno, neanche questo governo, potrà cancellare la voce del lavoro. Ci rivedremo nelle piazze e negli scioperi. Noi non abbiamo paura della memoria: al lavoro e alla lotta", ha aggiunto.

Camusso - "La giornata di oggi non è solo una fermata - ha detto il segretario durante il suo intervento - . La Cgil è pronta a continuare la sua protesta per cambiare il Jobs act e la politica di questo governo anche con lo sciopero generale". La leader della Cgil ha aggiunto: "Si sappia alla Leopolda e a palazzo Chigi che noi non deleghiamo a nessuno le questioni del lavoro". E poi ancora: "Nessuno in buona fede può dire che togliere l'articolo 18 serva per la crescita. Non è un totem ideologico, ma una tutela concreta. È un diritto che deve essere esteso a chi non ce l'ha" ha aggiunto Camusso che ha bocciato la manovra varata dal Governo: "Il rigore dell'Unione europea continuerà a mantenere il paese nella stagnazione, la legge di stabilità non cambia verso, non è sufficiente a cambiare strada".

Placare gli animi - "Spero che ci sia l'attenzione del governo ad ascoltare e a correggere quei due provvedimenti che non aiutano l'economia, il lavoro, e nemmeno il governo sono due eventi che sottolineano una grande vitalità dentro il centrosinistra, anche se su fronti opposti, semmai da iscritto al Pd, avverto una vita di partito troppo arida": così Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, ha commentato oggi a Viterbo l’evento politico del giorno in un'intervista pubblica nel contesto di "Panorama d’Italia". "Sinceramente mi ha colpito la parola 'invitato'. Chi invita, ammette di star chiamando qualcuno in quella che considera casa sua, non casa di tutti. Ma questo non depone male per la Leopolda. Ci vogliono semmai tante Leopolde". Quanto alla Cgil, "ha in questa fase storica una grande occasione, riscoprire gli interessi generali del Paese e lasciare la più recente posizione difensiva dettatagli forse dalla crisi". 

Landini - "Mi sembra una manifestazione bella, enorme, che dimostra che sulle questioni sociali ed economiche del lavoro il Governo non ha il consenso del Paese" ha detto invece il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, durante il corteo. «Il governo deve fare i conti con questa, che non è una semplice manifestazione di protesta. Abbiamo proposte molto concrete» ha aggiunto Landini.

Civati - Il competitor per antonomasia di Matteo Renzi sul versante lavoro Pippo Civati ha rincarato la dose, ammettendo che "chi manifesta oggi non lo fa contro il governo, ma contro politiche che sono sbagliate. Il problema - ha spiegato -  è capire se un premier di centrosinistra che abolisce l'articolo 18 come voleva fare Berlusconi, se il controllo a distanza o il precariato di Poletti sono un problema o se sbaglio io» ha concluso. 

Caivano (Na): Ecco i veri responsabili dello sfascio della nettezza urbana!

Caivano (Na): Ecco i veri responsabili dello sfascio della nettezza urbana!


di Simone Monopoli 


Dott. Simone Monopoli

I cittadini di Caivano devono sapere che i gravi disservizi nel settore della nettezza urbana (strade piene di rifiuti, caditoie intasate ecc. ecc..) sono il frutto delle scelte scellerate di chi ha gestito il Paese (Caivano) negli ultimi vent'anni, cioè del centrosinistra e dei governi da esso sostenuti (come nel caso dell'ultima amministrazione Falco, Udc-Pd). Prima che fosse costituita l'IGICA, il servizio era svolto da dipendenti comunali con una spesa molto contenuta. Poi il centrosinistra, con la costituzione dell'IGICA, privatizzò il servizio con una spesa 10 volte più elevata. Col passare degli anni l'IGICA, divenne quell'inutile carrozzone che tutti abbiamo imparato a conoscere (a nostre spese), un serbatoio di assunzioni clientelari (80 dipendenti) e consigli d'amministrazione lottizzati. 

Successivamente, governi appoggiati dal centrosinistra, hanno fatto fallire l'IGICA, poi si sono inventati Energia e Ambiente, anch'essa mandata in fallimento. Poi è iniziata la stagione degli affidamenti diretti senza gare con un costo del servizio fino a sei milioni di euro. 

I cittadini di Caivano con le loro tasse hanno dovuto mantenere questo inutile ma concreto sciagurato carrozzone. La Giunta Falco, sostenuta attivamente dal Partito Democratico, non è mai riuscita a realizzare una gara europea per l'affidamento di questo servizio. Evidentemente ci sono stati interessi grossi che hanno impedito che giungesse a una gestione trasparente. 

Nel frattempo però, è stata chiusa l'isola ecologica e sequestrati gli automezzi della ditta che svolge il servizio per aver liquidato l'area di Via Rosselli. Come se tutto ciò non bastasse, attraverso il Network, vagheggiano improbabili ronde di volontari per presidiare il territorio. Questi sprovveduti, oltre a mettere in pericolo l'incolumità di qualche malcapitato cittadino che accogliesse il loro sventurato appello, non sanno che questo servizio è già svolto in molti comuni viciniori dal personale dell'Arpac e che il comune di Caivano (come al solito!) non ha provveduto a stipulare un accordo in merito..... forse perchè (più perchè che forse), chi ci ha governato fino a qualche mese fa aveva altri interessi.. QUOS DEUS PERDERE VULT......

New York, dottore positivo all'ebola. Medici in quarantena in Lombardia

New York, dottore positivo all'ebola. Medici in quarantena in Lombardia


di Lucio Di Marzo 



The Gutter, la sala da bowling a Brooklyn dove Spencer si trovava mercoledì sera

Di ritorno dalla Sierra Leone, al momento stanno bene e non hanno sintomi. Negli Usa positivo un medico che ha lavorato in Guinea. 

È ritornato negli Stati Uniti sei giorni fa, dopo un periodo in Guinea con Medici senza frontiere (Msf).

Un medico, Craig Spencer, è stato ricoverato ieri con il sospetto che avesse contratto il contagio da ebola ed è al momento la quarta persona a cui è stato confermato il contagio nel Paese.

Spencer è stato ricoverato giovedì mattina, quando aveva mostrato i primi sintomi dell'ebola, con la febbre sopra i 39° e diarrea. Si trova al momento in isolamento al Bellevue di Manhattan, centro newyorchese designato per i casi di contagio di questo tipo. Recintato il suo appartamento ad Harlem.

Prima del dottore, altre tre persone erano state ammesse in ospedale negli Stati Uniti. Thomas Eric Duncan, considerato il paziente zero e poi morto in un ospedale texano e due infermiere parte dell'equipe che lo ha curato.

La commissaria alla Salute di New York, Mary Bassett, ha aggiunto che due amici di Spencer e la fidanzata sono stati messi in quarantena per precauzione, ma che al momento nessuno dei due mostra sintomi del virus. Chiusa, ancora per precauzione, una sala da bowling dove l'uomo si trovava mercoledì sera.

Nei giorni precedenti a giovedì, Spencer aveva anche preso la metropolitana. Secondo la Bassett, la possibilità che la corsa in metro costituisca un rischio è "vicina allo zero". L'ebola è infatti contagiosa soltanto una volta che i sintomi si siano presentati.

Intanto il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, ha annunciato oggi che gli aiuti stanziati dall'Unione Europea saliranno a un miliardo di euro.

Quarantena in Lombardia
Due medici che si trovavano in Sierra Leone sono rientrati in Italia e in via precauzionale, secondo le procedure standard in questi casi, sono stati messi in quarantena nelle loro abitazioni, entrambe in Lombardia. Un chirurgo e un'ostetrica, i due collaborano con l'associazione Cuamm, medici con l'Africa. 

Sebbene non siano entrati in contatto diretto con i malati di ebola e al momento stiano bene, sono tenuti sotto osservazione. Il protocollo stabilito dalla Asl prevede che gli sia misurata la temperatura corporea più volte al giorno. Una febbre sopra i 38,6° è uno dei sintomi che si presentano nei malati d'ebola. Potrebbero uscire di casa, se tutto andrà bene, tra il 5 e il 10 novembre.