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lunedì 29 settembre 2014

Serie A, il Napoli vince col Sassuolo: 1-0, Callejon "salva" Rafa Benitez

Serie A, il Napoli vince col Sassuolo: 1-0, Callejon "salva" Rafa Benitez






Un Napoli più concreto e con meno turnover è tornato con merito al successo, vincendo al Mapei Stadium 1-0 contro il Sassuolo, nell'anticipo dell'ora di pranzo del quinto turno di Serie A. Di Callejon, su assist di Higuain al 28' il gol che ha deciso la sfida. La squadra di Rafa Benitez, a rischio panchina, è apparso più attento in fase difensiva e per la prima volta nella stagione l'estremo difensore azzurro non ha subito reti, pur tremando in un paio di occasioni nel corso della ripresa. Bene ad inizio gara gli ospiti, crollati fisicamente e anche mentalmente (per la "paura di vincere") nell'ultimo quarto d'ora della partita. Da rivedere, invece, il Sassuolo, che anche oggi è sembrato "molle" durante le battute del primo tempo, per poi ritrovarsi soltanto verso la fine delle ostilità.

Benitez respira - Nei padroni di casa, privi dello squalificato Berardi e dell'indisponibile Floro Flores, mister Eusebio Di Francesco ha puntato inizialmente sul consueto 4-3-3, schierando Gazzola, Cannavaro, Acerbi e Peluso a protezioni di Consigli; Brighi, Magnanelli e Taider in mediana e il trio composto da Zaza, Sansone e Floccari in avanti. Negli ospiti, con la rosa al completo, Benitez ha mandato i campo i migliori con Zuniga, Albiol, Koulibaly e Britos in difesa, davanti a Rafael; David Lopez e Gargano in mezzo e Callejon, Hamsik e Insigne a sostegno di Higuain. Al 28' Koulibaly ruba palla a Zaza e serve Hamsik, assist d'oro per Callejon e vantaggio ospite. Nella ripresa il portiere del Sassuolo Consigli è bravo a respingere una conclusione velenosa di Insigne. Poi, via via, il Napoli è scomparso e il Sassuolo ha preso coraggio. Al 17' il neo entrato Missiroli, dopo un tocco di Zaza, sfiora il palo calciando dal limite. Al 38' è Pavoletti di testa a mancare clamorosamente il pari mentre due minuti arriva la traversa di Peluso su deviazione di Zuniga. Per una volta, però, non è il Napoli a dover recriminare sulle occasioni perse. In classifica, gli azzurri salgono a quota 7 punti, -8 dalle capoliste Juventus e Roma che negli anticipi di sabato hanno battuto rispettivamente l'Atalanta (3-0 a Bergamo, doppio Tevez e Morata) e il Verona (2-0 all'Olimpico, Florenzi e Destro).

Auto piomba sui tavolini di un bar Morti quattro giovanissimi Tra le vittime il fratellino del pirata

Salerno, auto piomba su avventori bar: 4 morti




Quattro giovani tra i 14 e i 21 anni hanno perso la vita dopo essere stati investiti da un’auto a folle velocità a Sassano, nel salernitano. A quanto si apprende i giovani del posto si trovavano nei pressi di un bar, nelle vicinanze di una rotatoria in frazione Silla, quando una BMW nera è sbandata perdendo il controllo e li ha travolti. L’impatto è stato molto violento e i giovani sono morti sul colpo. Sul luogo della tragedia sono in corso i rilievi dei carabinieri del Reparto operativo e della compagnia di Sala Consilina, oltre ai vigili del fuoco del locale distaccamento. Il conducente della BMW, un 22enne del posto, è stato ricoverato in ospedale ma le sue condizioni non sarebbero gravi. I giovani uccisi dall’auto sbandata improvvisamente si trovavano all’esterno di un bar. Tra le vittime anche il fratello 14enne del pirata della strada e i due figli del proprietario del bar. Il conducente, che sarebbe risultato positivo all'alcol test, è stato arrestato con l'accusa di omicidio colposo.

Rimpasto e tre uomini nel governo: pazza idea del Cav per Forza Italia

Forza Italia, l'idea di Silvio Berlusconi: rimpasto di governo e tre uomini fidati nel governo




Forza Italia resterà all'opposizione, costruttiva ma pur sempre all'opposizione. Lo ha ribadito Silvio Berlusconi intervenendo telefonicamente a un convegno azzurro organizzato a Perugia dall'europarlamentare Antonio Tajani. Parole che vogliono ricucire il possibile strappo con la fronda più anti-renziana del partito, guidata da Raffaele Fitto: "Sul lavoro saremo coerenti, non possiamo dire no alle riforme che vogliamo - ha spiegato il Cavaliere -, ma restiamo alternativi al governo". Mano tesa, dunque, ai falchi fittiani che vorrebbero una rottura dell'asse con il premier: "Ho letto di presunti screzi in Forza Italia - ironizza Berlusconi -, mi pare che siano altri i partiti divisi". Chiaro riferimento al Pd, che su Jobs Act e articolo 18 rischia una scissione vera e propria. 

I rapporti con gli alfaniani - Ma sull'agenda politica del Cav non ci sono solo le riforme. C'è un quadro più ampio che vorrebbe Forza Italia dentro il governo, in un'ottica di riunione dei moderati e dei centristi che a Berlusconi non dispiace affatto. Si tratta però di capire come e quando concretizzarla. Fallita infatti la cosiddetta "operazione Lassie", che avrebbe voluto ricondurre all'ovile un pezzo di parlamentari del Nuovo Centrodestra, sarebbe ancora in piedi la strategia opposta: portare cioè nella squadra dell'esecutivo alcuni uomini fidatissimi di Berlusconi. Impossibile che siano di Forza Italia, più facile che vengano proprio da Ncd o dai moderati già nell'orbita di Renzi.

La strategia di Berlusconi - Il piano è chiaro: giocare sul probabile rimpasto di governo successivo alla nomina di Federica Mogherini in Europa. Si libererebbe il posto alla Difesa con conseguente effetto domino su altre posizioni, sottosegretariati compresi. E' lì che gli azzurri vorrebbero piazzare qualcuno. Il Corriere della Sera butta là tre nomi: esponenti alfaniani e centristi con cui il Cav avrebbe contatti costanti. Sono Renato Schifani, storico forzista pidiellino che nel 2013 ha seguito Alfano. Lui per ora respinge le avances di ritorno tra gli azzurri, ma sullo scenario alternativo ancora tace. Poi 'è Tonino Gentile, senatore calabrese di Ncd silurato ai Trasporti (era già stato nominato sottosegretario) e costretto alle dimissioni con l'accusa di aver fatto pressioni per bloccare le rotative dell'Ora della Calabria. Il terzo papabile sarebbe Mario Mauro, big forzista anche in Europa, da sempre "cerniera" tra Alfano e Berlusconi e tentato di spostare i suoi Popolari per l'Italia un po' più a destra. Una partita lunga, in cui a vincere potrebbero essere in tanti. Ma occhio, perché i rischi sono altrettanti: gli ultimi sondaggi danno Ncd e Udc tra il 3,7 e il 5,5%, come ricorda il Corriere. Ed è su questo punto che Berlusconi si fa forza: fino a quando i moderati continueranno a sostenere Renzi, perdendosi nella sua ombra?

Un flop le primarie in Emilia Il Pd perde un terzo dei votanti

Emilia Romagna, un flop le primarie Pd




Saranno state le polemiche conseguenti allo scandalo sui rimborsi irregolari in Regione. O il momento opaco del governo Renzi. Fatto sta che in Emilia Romagna l'affluenza alle primarie per la scelta del candidato Pd alla successione di Vasco Errani alla guida della regione "rossa" per eccellenza ha subito un vero e proprio tracollo rispetto a precedenti edizioni delle consultazioni democratiche. A scegliere tra Stefano Bonaccini e Roberto Balzani erano andati alle 17, in tutta la regione, appena 41.816 elettori, il 34% dei 122mila votanti alla stessa ora delle primarie per i parlamentari del 30 dicembre 2012.

Un flop annunciato, soprattutto a causa del percorso travagliato di queste primarie, in bilico fino a meno di dieci giorni dal voto, e sulle quali è pesata per giorni l'ombra delle inchieste sulle "spese pazze" dei consiglieri regionali. 

L'ultimatum di Domnica al capitano-amante: "Hai sei giorni per dire la verità sulla Concordia"

L'ultimatum di Domnica: "Schettino, hai sei giorni per dire la verità"





Domnica Cemortan torna a farsi viva. La moldava che era in plancia di comando nella maledetta notte del naufragio della Costa Concordia all’Isola del Giglio lancia un ultimatum al comandante Francesco Schettino. E' il 24 settembre quando, come riporta il settimanale "Oggi", sulla sua pagina Facebook scrive in inglese: "Francesco Schettino, ti do sei giorni per dire la verità su quello che è successo immediatamente dopo aver dato l’annuncio di abbandono della nave. Solo sei giorni!". Domnica non aggiunge altro. Ma lascia intendere che al processo non è stato detto tutto.

Dopo aver dato l’annuncio di abbandono della nave, quel tragico 13 gennaio 2012 Schettino sarebbe salito al ponte 11 della Concordia proprio con Domnica e il maitre Ciro Onorato, per controllare la dritta della nave. "Ma cosa siamo andati a fare lassù?" dice Domnica. "Il comandante dice che doveva controllare il lato a dritta della nave, quello verso l’isola. Siamo sicuri che la racconti giusta? Per vedere le condizioni della Concordia non aveva bisogno di salire al ponte 11. Poteva farlo uscendo dalle alette sulla plancia comando, che sono fatte apposta per avere una visione sull’esterno della nave". Il suo ultimatum scadrà il 30 settembre e fino a quel giorno non intende parlare. Mancano ancora due giorni.

Detrazioni fiscali: ecco cosa salta sopra i 30mila euro di reddito

Renzi toglie 80 euro a 5 milioni di italiani

di Antonio Castro


Detrazioni fiscali nel mirino di Renzi e Padoan? L’ipotesi comincia a circolare con particolare insistenza e con preoccupanti dettagli. L’idea allo studio prevede di ridurre il rimborso fiscale in base al reddito del richiedente. Sopra i 30mila euro lordi l’anno, il rimborso fiscale che oggi è del 19%, scenderebbe al 17%, forse più in basso. A dire il vero sia il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, con i tecnici del Tesoro, da tempo stanno studiando il “malloppo Ceriani”, il monitoraggio (“tax expenditures”) di tutte quelle deduzioni e detrazioni fiscali che rimborsano il contribuente ma riducono l’incasso per l’Erario.

Per il momento sembra (?) essere stata accantonata l’idea di aggredire, per fare cassa, anche le detrazioni per lavoratori dipendenti (che si esauriscono a 55mila euro lordi): assegni per coniuge e figli a carico, intervento giudicato “socialmente e politicamente delicato”, tanto da aver sconsigliato qualsiasi variazione. Anzi si pensa di aumentare la detraibilità per famiglie numerose (poche). Anche per rispondere al Vaticano. Solo l’altro ieri la Conferenza dei vescovi (Cei), ha chiesto al governo di fare qualcosa «di concreto a favore» proprio delle famiglie. E limare le buste paga di chi ha familiari a carico sembra un’ipotesi repentinamente archiviata anche perché l’eventuale prelievo verrebbe immediatamente percepito (busta baga di gennaio).

Meglio quindi, sembra questa la riflessione politica, agire su altri fronti. Ovvero sui rimborsi fiscali 2015 (relativi ai redditi e alle spese del 2014). L’idea di base è quella adottata per concedere il bonus 80 euro, ma in senso opposto e penalizzante: tracciare una riga (soglia) oltre la quale i rimborsi fiscali diminuiscono progressivamente all’aumentare del reddito.

Tosare il ceto medio - Per avere un qualche ritorno in termini di risparmi, però, la soglia da prendere in considerazione deve scendere pericolosamente, andando ad aggredire chi ricco non è: l’ipotizzata soglia dei 30mila euro lordi individua una platea di contribuenti (sono 5,5 milioni) che può contare su uno stipendio mensile pari a circa 1.800 o più euro (per 13 mensilità).

Tax day il 15 ottobre - La Legge di stabilità 2015 si incammina rapidamente verso la presentazione europea (entro il 15 ottobre dovrà essere depositata a Bruxelles). Il Pil rivisto al ribasso per il 2014 e il 2015 certo non aiuta neppure il gettito fiscale. E a Via XX Settembre i tecnici stanno facendo girare i cervelloni per scovare parte dei 20/22 miliardi che serviranno per passare l’esame europeo e dare stabilità ai conti pubblici del prossimo anno. Si sta valutando (e Padoan lo ha detto chiaramente anche nell’intervista concessa a la Repubblica di mercoledì scorso), dove intervenire: la Legge di stabilità «prenderà in considerazione anche le tax expenditures, cioè deduzioni e detrazioni. A priori non ci sono voci che non vengono esaminate. Il che non vuol dire tagliare, ma valutare. Sarà una questione di scelte politiche».

Il tesoretto - E vediamo chi rischia: oltre 19 milioni di contribuenti chiedono ogni anno allo Stato il rimborso fiscale. Secondo i dati del ministero dell’Economia la "spesa complessiva sulla quale i contribuenti hanno potuto applicare la detrazione del 19% ammonta nel 2011 a 28.826 miliardi di euro, con un risparmio d’imposta di 5.477 milioni". Sono quasi 14 milioni i contribuenti che stanno sotto la soglia dei 30mila euro lordi di reddito. E, secondo simulazioni realizzate dagli economisti de lavoce.info "la riduzione di ogni punto percentuale della detrazione produce un incremento del gettito di 288 milioni di euro". E ancora: "Nel 2012 la detrazione del 19% ha fatto risparmiare a ogni contribuente mediamente 282 euro di Irpef. La riduzione di un punto percentuale della spesa detraibile comporta, pertanto, un aumento d’imposta medio di 15 euro". Sempre stando ai dati del Mef oltre i 30mila lordi sono annoverati circa 5 milioni e mezzo di contribuenti che godono sia delle detrazioni da lavoro dipendente (che si esauriscono oltre i 55mila euro di reddito lordo), sia delle detrazioni e deduzioni Irpef.

Scippo retroattivo - Se è vero che un lavoratore che incassa 300mila euro lordi l’anno (sono 40.615 quelli che che stanno in questa fascia di reddito) può serenamente sopravvivere anche senza parte del rimborso fiscale (694 euro quello medio), il problema è che un intervento retroattivo sui redditi e le spese 2014, violerebbe lo Statuto dei contribuenti. In teoria non si potrebbe cambiare le regole del gioco retroattivamente. Però è stato già fatto (governo Letta), con la “clausola di salvaguardia” introdotta nel 2014. Clausola che prevede proprio questo tipo di intervento per risistemare i conti: se non ci saranno tagli alla spesa - ha confermato Padoan alla Camera ad agosto - i contribuenti saranno chiamati a sopportare un aggravio fiscale di 3 miliardi di euro a partire dal 2015, con cifre poi crescenti. La legge di stabilità 2014 prevede già un intervento (sollecitato pure dal Fmi), per avviare "la revisione delle agevolazioni e detrazioni fiscali", tanto da "garantire 3 miliardi nel 2015, 7 nel 2016 e 10 nel 2017". Per farlo, però, Renzi dovrà approvare un decreto (Dpcm) entro il 15 gennaio per tagliare, eventualmente, proprio dove indicato dal suo predecessore.

Renzi piange: "I poteri forti vogliono farmi fuori, ma io non mollo"

Articolo 18, Matteo Renzi: "Vogliono farmi fuori ma non mollo". D'Alema: "E' istruito da Verdini e Berlusconi"




"L'Italia non è un paese finito", ha detto Matteo Renzi nel suo video-messaggio "aereo" di ritorno dagli Stati Uniti. La speranza di parte del Pd e della sinistra più radicale, però, è che a essere finito sia il suo governo. Sabato sono arrivati i messaggi chiari e tondi di Cgil e minoranza interna. Il segretario generale Susanna Camusso ha ribadito che se la riforma del lavoro sarà attuata per decreto dell'esecutivo allora sarà sciopero generale. Dal canto suo, Pippo Civati ha annunciato che se il premier toccherà l'articolo 18 allora il Partito democratico sarà a fortissimo rischio scissione. 

Messaggio ai poteri forti - Renzi ha chiaro che i movimenti intorno al Jobs Act, con tutte le minacce e le prevedibili ritorsioni, sono indirizzati non tanto al merito quanto agli equilibri politici, e dalle pagine di Repubblica in una lunga intervista a Claudio Tito parte al contrattacco: "I poteri forti vogliono sostituirmi? Ci provino ma non mollo". Suggestivo però che dal Corriere della Sera, non tenero con il premier nell'ultima settimana, ci sia un'altrettanto ampia intervista al suo diretto avversario interno, Massimo D'Alema: "Matteo è istruito da Berlusconi, Verdini e dai vecchi di Forza Italia". Non male, come assist per la mediazione.

D'Alema: "Articolo 18? Un favore all'Europa" - "Renzi è in difficoltà con Bruxelles. Per questo vuole abolire l'articolo 18", è l'attacco di D'Alema, che punta il dito sull'operazione che vuole condurre alla modifica dello statuto dei lavoratori, anche a costo di rompere con la minoranza del Pd: "Sull'articolo 18 - spiega - è in atto un'operazione politico-ideologica che non corrisponde a nessuna urgenza, non esiste un'emergenza legata alla rigidità del mercato del lavoro". Rompere con la minoranza interna e il sindacato, sospetta D'Alema, sarebbe un modo per "lanciare un messaggio all'Europa e risultare così affidabile a quelle forze conservatrici che restano saldamente dominanti. Spero che Renzi si renda conto che una frattura del maggior partito di governo non sarebbe un messaggio rassicurante".