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martedì 13 giugno 2017

ESCLUSIVA POZZUOLI - ELEZIONI AMMINISTRATIVE 2017 La parola al Prof. Dott. Marco Plutino

Intervista al Prof. Marco Plutino



di Gaetano Daniele



Prof. Dott. Marco Plutino
Docente in Diritto Costituzionale Università di Cassino

Professore l’altro ieri si è votato. Abbiamo letto tante analisi. Manca la nostra.

Va bene, non voglio sottrarmi a questo rito.

Chi ha vinto e chi ha perso.

Le analisi ovviamente convergono su alcuni dati innegabili. E’ andata decisamente male ai Cinque Stelle, benino a Pd e al centro-destra se unito. Ma il diavolo, come sempre, sta nei particolari.

Cioè?

Cioè bisogna scendere più a fondo. Questo è solo il pelo dell’acqua.

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Facciamolo.

Allora si potrebbe iniziare dicendo che la strategia dei partiti di consentire la moltiplicazione delle liste civiche può portare alla vittoria ma ha un prezzo molto alto. Non mi riferisco al fatto che a conti fatti il primo partito è il Pd con il 16% dei voti nazionali. No, chiaro che è un dato sottostimato. E neanche parlo delle difficoltà di sindaci sostenuti da dieci e più partiti in consiglio. Nel modello locale questo elemento ha un peso molto relativo. Mi riferisco alle conseguenze sistemiche per tutto il paese. Il livello locale è ormai quasi completamente autonomo dal livello nazionale. Un’Italia neo-feudale. 

Infatti i leader hanno girato pochino.

Diciamo pure niente. Un po’ per la pausa di personalizzare le elezioni, che è rimasta dopo il referendum del 4 dicembre, un po’ perchè oggettivamente la presenza dei leader non rappresenta un valore aggiunto, se non forse per Lega e Movimento Cinque Stelle.

Si è parlato di buona salute del Pd, salvo alcune realtà, e del centro-destra.

Ho letto analisi che non condivido appieno. La salute del centro-destra sarebbe in una coalizione ammucchiata con la Lega. Alle amministrative può andare, a livello nazionale molto meno, almeno come credibile prospettiva di governo. Invece il centro-destra al Sud non va bene. Sarà anche una riprova che la Lega è importante ma alle elezioni politiche senza Sud non si va da nessuna parte. E comunque non è solo il fattore Lega ma anche una questione interna al centro-destra. In Campania il centro-destra praticamente non esiste più, salvo qualche roccaforte. Erano tutti duelli tra sindaci di sinistra-sinistra, centro-sinsitra, sinistra, trasfughi e così via. Sono venuti meno i notabili cui Berlusconi lasciava mano libera (i Cosentino, i Nespoli, ora Cesaro e così via). Chi è rimasto è passato dall’altra parte, così come i trasfughi del Pd sono rimasti a sfidare il Pd. E’ tutta una cosa Pd contro tutti o tutti alleati del Pd. Naturalmente questo spesso sfigura anche le espressioni locali del Pd o comunque le formule di governo. Ma questo dipende da due fattori: la curiosa teorizzazione del partito “a porte aperte”, cioè il partito-taxi, e il modello del sindaco basato su elezione diretta e premio, dove l’esigenza suprema della vittoria al primo turno incentiva ammucchiate: una forma di reazione preventiva al rischio del cappotto al secondo turno ad opera delle ammucchiate contrapposte. Alla fine resta solo il sindaco, e poi è tutto un blob. Anche per questo le riconferme non sono più tanto scontate come nei primi anni.

I Cinque Stelle però non sembrano in grado di inserirsi in questi giochi per vincere.

Anche perché rifuggono dalle ammucchiate e quindi la dimensione locale non è per loro, non solo - come si dice - per lo scarso radicamento ma per l’assenza di una politica di alleanze. Quindi la variabile è una sola: se l’amministrazione funziona viene confermata, altrimenti il sindaco uscente non stravince ma arranca e lì possono vincere anche i Cinque Stelle, con una ammucchiata anti-Pd, se riescono a imporsi come seconda forza al primo turno. Perciò sindaci pur bravissimi, come Figliolia a Pozzuoli, non hanno voluto rischiare con quella che si chiama in politologia la coalizione minima necessaria. Necessaria e sufficiente per vincere. Rischio troppo alto, anche alla luce dell’incognita rappresentata dal voto di opinione M5S. Poi, alla luce dei fatti, quel sindaco ha stravinto e possiamo dire che la coalizione fosse troppo ampia. Ma nessuno vuole sperimentare l’effetto Fassino.

Effetto Fassino?

Effetto Fassino. Governi benino ma te ne vai a casa, come accadde al povero Fassino. Capitò nella tempesta perfetta ma, ripeto, fu un ballottaggio e al primo turno fece l’errore di andare con poche liste (quattro in tutto) non riuscendo a chiudere la partita. E’ vero che lo tsunami del Movimento Cinque Stelle è passato, ma M5S resta forte. Inoltre è un movimento anti-politico che prende di mira soprattutto i fallimenti della politica nazionale, quella che si occupa di globalizzazione, europa, migranti, pensioni, lavoro. I sindaci fanno un altro mestiere e la gente lo sa.

Mi ha incuriosito che lei diceva che prenderanno molti voti alle politiche. Lo dice sulla base di questa analisi generale?

Ho qualche elemento in più, di prima mano. Non mi pare se ne sia parlato a livello nazionale. Leggere bene i dati va bene. Seguire uno spoglio però è un’attività a cui ogni politologo non dovrebbe mancare. Sinceramente non so se l’analisi dei flussi possa arrivare a tanto, ma vedere le schede una ad una fa emergere dato che l’analisi dei flussi può non essere in grado di rilevare. L’analisi dei flussi parla di aggragati con dati fermi, le schede hanno - diciamo - una loro vita individuale, ed io ho visto che perfino dove la gente è soddisfattissima dell’amministrazione comunale c’è una voglia notevole di votare Cinque Stelle.

Da cosa si desumerebbe?

Le faccio un esempio di prima mano. Il sindaco della mia città, una città media, quindi non semplicissima da governare è in pratica il sindaco più votato d’Italia. Un sindaco rieletto (andrebbe fatta questa distinzione, perché essere rieletti non è più tanto semplice), quindi giudicato su quello che ha fatto. Ha superato il 70%. Dove c’è buongoverno non vince l’antipolitica. Ok?

Giusto. Quindi?

E quindi il Movimento Cinque Stelle, praticamente inesistente sul territorio, ha preso due consiglieri comunali (dei quattro dell’opposizione) e quasi il 10%. Non è una cosa difficle da spiegare? Capisco una percentuale fisiologica attorno al 3% o massimo al 5%, ma il di più è esattamente l’ombra nazionale che investe la dimensione locale. E da quel che vedo, non a caso, si registra al Sud molto più che al Nord, dove le percentuali del M5S sono effettivamente più basse sia per il minore malcontento sia per la maggiore forza del centro-destra. Non vorrei esagerare, ma mi sfuggono le ragioni per votare i Cinque Stelle nel comune dove risiedo, se non per un rispettabile sentimento di partito. Ma non a caso hanno preso poche preferenze individuali quindi sarebbe pur sempre voto di opinione, un’opinione che è sempre più intesa come sostregno attivo e appartenenza.  Una gran quantità di elettori ha voluto dare uno dei due voti a loro. O solo al Presidente, il classico voto disgiunto a loro favore, se prevaleva nel cittadino la dimensione personalistica del voto al consigliere. O alla sola lista, e qui balza l’assenza frequente di indicazioni di preferenze, se - come appariva ragionevole dopo cinque anni di buona amministrazione - si voleva esprimere un voto al bravo sindaco uscente. Ad esempio il loro candidato sindaco ha preso, se non ricordo male, 600 voti più della lista: un quarto di voti in più, proprio dove era meno sensato votare un sindaco loro. Ciò vuol dire solo che in un comune in cui le indicazione di preferenza ai consiglieri rasentano il 90%, il sindaco più votato d’Italia, forse il miglior sindaco campano in questo momento, è stato sacrificato da quei cittadini. Oppure, ripeto, è avvenuto anche l’inverso, il disginto a favore del sindaco uscente: voto la lista M5S pur riconoscendo che il sindaco merita la riconferma. Nessuna altro partito può vantare dinamiche simili. Per me sono segnali politici nazionali. Il M5S è quindi andato male ma non è tutto, se si legge tra le righe.

Quindi è ancora forte. 

Senza dubbio. Innanzitutto non ha civiche e alleati. E’ un partito con una forte identità, che è il suo pregio e limite. Infatti anche in questo disastro, sul piano di una mera contabilità di sindaci e ballottaggi, si consolidano come secondo partito perché Pd e vecchio personale del Pdl donano sangue alle civiche. Dubito però che cresceranno una leva di amministrratori capaci. Il loro è un progetto nazionale, anche se nasce come proposta di democrazia dal basso. Se falliscono a livello nazionale non resterà nulla a livello locale, perché quel voto di cui ho detto, un voto di opinione, sparirà. La mia idea è molto chiara: non hanno le caratteristiche di mentalità politiche adatte a governare bene. Sono integralisti, moralisti, complottisti, studiano poco anche perché cercano solo conferme, hanno troppi preconcetti. Sono tratti di psicologia collettiva fondativi del movimento.

Quindi le prossime elezioni saranno la madre di tutte le battaglie?

Intendiamoci. Anche se per loro sarà più difficile che nel 2013, perché allora Berlusconi era stordito. Ora è sempre meno credibile ma si è ripreso da quel biennio orribile e deciso a dar battaglia. Più del Pd è Berlusconi la variabile per tenere bassi i Cinque Stelle. Cinque stelle che esistono per i fallimenti degli altri partiti ma anche e soprattutto perché Berlusconi ha sequestrato il centro-destra e la destra è implosa. Una situazione anomala. Poi i Cinque Stelle hanno una grande contraddizione.

Quale? 

Nascono come non partito contrario ai partiti, ma non possono più restare troppo diversi né diventare simili agli altri. La risposta sarebbe semplice: diversi per quel che serve al paese. Ma è proprio quello che hanno di meno: la competenza per governare. Sul quel piano sono veramente diversi. Peggiori, precisamente.

Addirittura.

Mi segua. Lasciamo pure stare i casi di malgoverno dei Cinque Stelle. Riflettiamo su questo turno di amministrative e traiamo la conclusione dalla mia analisi. Se le persone non si sognano di prenderli sul serio nella realtà locali dove, almeno potenzialmente, sono conosciuti, cittadini tra cittadini, come potrebbero invece essere affidabili a livello nazionale, con una scala di problemi ben diversi, con la necessità di una classe dirigente, ovviamente, ben altrimenti attrazzata e allo stato sostanzialmente imperscrutabile? Mistero. Però intanto i cittadini prenotano il voto a loro per le politiche. L’italiano è fatto così. Però è un campanello d’allarme. 

LA SPACCATURA "Colpa di Grillo, è solo un..." I 5 Stelle? Scordateli così: da Casaleggio parte il siluro

M5s, la crisi di nervi. I fedelissimi di Casaleggio accusano Grillo: "Un casinaro"



Grillini sull'orlo di una crisi di nervi, o forse oltre. Dopo le comunali deludenti, dentro al Movimento 5 Stelle è partito il processo di tutti contro tutti. Sotto accusa sono finite le sindache Virginia Raggi e Chiara Appendino, molti contestano la gestione immatura di Luigi Di Maio, troppo concentrato sulla legge elettorale e poco sul territorio e i programmi. Il big emiliano Massimo Bugani, molto vicino a Gianroberto e Davide Casaleggio, sostiene che la causa dei pessimi risultati sia nel limite di doppio mandato che obbliga i 5 Stelle a candidare perfetti sconosciuti. Un dogma sacro, per molti grillini duri e puri.

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Ma il termometro della crisi schizza alle stelle quando si parla di Casaleggio Junior e Beppe Grillo. Il leader sul blog prova a ribaltare la frittata: "Gongolate sulla fine del Movimento, ma vi illudete. Noi in crescita, lenta ma costante". La verità è che secondo i fedelissimi di Casaleggio addossano le responsabilità proprio sul comico-capopopolo, definito come riporta Il Giornale "il casinaro che ha portato a questo crollo, magari prevedibile, ma non per questo ingestibile". Sotto accusa i metodi di selezione dei candidati, con al centro il pasticciaccio di Genova. E in questo senso è significativa la telefonata, di cui riferisce sempre Il Giornale, tra Davide Casaleggio e Alice Salvatore, la "leader" dei 5 Stelle in Liguria. Una telefonata piuttosto gelida.

Caserta: La Cantante professionista Marianna Miry a "Pomeriggio 5 di Barbara D'Urso"

 Continuano i successi di Marianna Miry che il 16 Giungo sarà ospite a "Pomeriggio 5 di Barbara D'Urso" con l'organizzatore Avella




di Gaetano Daniele





La Cantante professionista, Marianna Miry, dopo le ultime partecipazioni VIP, tra le quali Sanremo "Una voce per sognare", e dopo il grandissimo successo ottenuto a Roma al "Festival degli Artisti", classificandosi prima, grazie all'Agenzia Morelli e Formia, ritorna sulla scena. E questa volta volando a "Pomeriggio 5 di Barbara D'urso". L'appuntamento attesissimo è previsto per il 16 Giungo con l'organizzatore Avella. 

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EX PRIGIONIERO Liberato Saif, il figlio di Gheddafi: in Libia feste in piazza

Liberato Saif, il figlio di Gheddafi: in Libia feste in piazza


di Mirko Molteni



Dopo sei anni di prigionia il secondogenito del defunto dittatore libico Muhammar Gheddafi è stato liberato dai miliziani delle brigate Abu Bakr Al Siddiq che controllano con altri gruppi la città di Zintan, a sudovest di Tripoli.

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Ancora giovane, 45 anni, Saif Al Islam Gheddafi potrebbe così ritrovare un ruolo nella stabilizzazione politica del paese, dato che fonti della BBC britannica lo davano ieri sera già arrivato a Tobruk, dove ha sede il parlamento rivale che contesta al governo di Tripoli del presidente Fayez Al Serraj la fragile autorità su una Libia sempre divisa.

Il comunicato diramato nella notte fra sabato e domenica su ordine del capo delle brigate Al Siddiq, Al Ajmal Al Atiri, sostiene che il rilascio è avvenuto fin da venerdì: "Saif è completamente libero e confermiamo che ha lasciato subito Zintan il giorno 14 di Ramadan, ossia il 9 giugno". Così a Saif sono state date ore preziose per dirigersi a Tobruk di nascosto, prima della notizia. La decisione sarebbe dovuta "a un' amnistia approvata dal parlamento di Tobruk", ma sembra non condivisa da altre brigate del Consiglio militare di Zintan, fra cui la brigata Sawaiq, la Qaaqaa e la "Brigata Civica", che parlano di "collusione e di tradimento dei martiri".

Potrebbe però essere un gioco delle parti poiché è un fatto che le brigate di Zintan sono alleate del parlamento di Tobruk e della principale forza militare a esso legata, quel ricostituito Esercito nazionale libico comandato dal generale Khalifa Haftar, che ha la sua roccaforte in Cirenaica. Le brigate di Zintan avevano catturato Gheddafi Junior fin da novembre 2011, un mese dopo l'uccisione del padre, mentre tentava di fuggire in Niger attraverso il deserto.

Lo hanno tenuto in cella rifiutandosi sempre di consegnarlo al malfermo governo di Tripoli, a maggior ragione dopo che, il 28 luglio 2015, i tripolini lo hanno condannato a morte in contumacia, individuando in lui il più politicamente preparato, quindi il più pericoloso, fra i figli del dittatore. Quelli di Zintan, insomma, se lo sono finora tenuto stretto, vivo e vegeto, come fosse un bel conto in banca da gestire politicamente. E ora, man mano che il loro alleato Haftar, per conto dei deputati di Tobruk, avanza e conquista sempre nuove basi, è venuto il momento di "investire" quel capitale.

E' troppo presto per dire quale contributo, volente o nolente, potrebbe dare Saif nella capitale alternativa Tobruk, ma intanto il suo avvocato Khalid Zaidi ha assicurato poche ore fa: "Saif ha una sua propria strategia per arrivare alla riconciliazione nazionale e giocherà un ruolo decisivo in questa fase, al quale sarà incoraggiato dalla sua grande popolarità". In effetti non sono pochi i libici che rimpiangono almeno la stabilità dell'epoca di Gheddafi. E anche il momento internazionale aiuta, poiché Tobruk e Haftar si sono schierati negli ultimi giorni anch'essi contro il Qatar, esattamente come il loro grande protettore, l'Egitto alleato dell' Arabia Saudita, accusando l'emirato del Golfo Persico di sostenere le milizie jihadiste che seminano ancora il caos, specialmente i gruppo salafiti, ma anche i rivali di Tripoli.

L'Egitto ha negli ultimi mesi aumentato, insieme alla Russia, il suo appoggio ad Haftar, tanto che aerei da caccia egiziani F-16 affiancano i pochi ma ancora efficienti Mig-23 libici su basi al confine della Cirenaica.

Con l'appoggio dell'aviazione del Cairo, Haftar sta riprendendo il Sud desertico del Fezzan e la zona di Sirte. E se si congiungerà ai miliziani di Zintan circonderà Tripoli, rendendo ridicolo il riconoscimento di ONU e UE a Serraj come leader della Libia, mentre controlla a malapena la capitale. Guardando agli altri figli di Gheddafi, resterebbe latitante, ancora in Libia, il 34enne ex-ufficiale Khamis, dato più volte per morto, ma senza prove.

Tre, Muhammad, Hannibal e l'unica femmina, Aisha, sono rifugiati in Oman, insieme all'adottiva Hanna. Mutasim e Saif Al Arab sono stati uccisi, mentre l'ex-calciatore Saadi è in prigione a Tripoli.

Toh, Morgan sputtana Saviano "Sapete cosa usa in diretta?" Il dettaglio che nessuno vede

Morgan svela Saviano: "Usa il suggeritore, io no perché so di cosa parlo"


di Gianluca Veneziani



Che siano amici no, non lo si può proprio. Si sono ritrovati entrambi nello stesso programma - per l'appunto "Amici", di Maria De Filippi - ma interpretano due modi opposti di essere e apparire (in televisione). Marco Castoldi, in arte Morgan, è un intellettuale prestato alla musica, un artista colto e autentico, che parla senza fronzoli, usa la bocca meglio per parlare che per cantare, e dicono la usi meglio perfino del naso Roberto Saviano è un tuttologo prestato alla scrittura e alla tv, un ottimo attore di se stesso che interpreta una parte, che "ruba" quando scrive (almeno così la pensava il "Daily Beast", accusandolo di plagio), che legge quando parla, e non sempre pensa mentre comunica. Se Morgan è un uomo capace di esprimere in chiave intellettuale una cosa pop, Saviano è uno che riduce in chiave pop gli argomenti più intellettuali. Il primo nobilita le cose infime, il secondo trasforma roba "alta" in frasette buone per i Baci Perugina.

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Due così non si possono pigliare (se non per capelli, che Saviano tra l'altro nemmeno ha). A maggior ragione se l'uno, cioè Roberto, si è preso la scena dell'altro, cioè di Marco, sempre nel programma della De Filippi. E Morgan, avvezzo a dire le cose come stanno, non riesce davvero a sopportarlo. Così, in un'intervista su Linkiesta, rivela che ad Amici «Saviano parla col gobbo. Io dentro di me dicevo, volevo gridargli: "Levategli il gobbo! Levategli il gobbo!". Chissà che cavolo avrebbe detto senza gobbo.

Io non ho mai avuto il gobbo perché so sempre di cosa parlo. Al massimo ho la gobba, quello sì. Ma il gobbo almeno no». Il gobbo, dunque. Vale a dire uno schermo sul quale scorre il testo da declamare. Un intellettuale che parla col gobbo è come un cantante che canta in playback: inautentico. Non sai se è veramente bravo, o sta soltanto recitando un ruolo. Non sai se quello che dice è farina del suo sacco, o roba che si limita a leggere e ripetere. Uno usa solo il labiale, l'altro emette suoni, ma la sostanza è la stessa. Quello che viene fuori non gli esce dal cuore o dall'anima. È artefatto.

Allora la vera grande differenza tra Morgan e Saviano è tra il cercare di fare arte e l'essere artefatti. Per fare arte, non devi porti limiti etici, di galateo, di buon gusto o di buon senso, non devi aderire alle mode o al politicamente corretto, né seguire scalette e schemi prefissati. Anzi, devi cercare di violarli. Come ha fatto Morgan che, proprio per questo atteggiamento sopra le righe, spesso stonato rispetto al coro dominante, è stato eliminato dalla trasmissione. Viceversa, per costruire un bel discorsetto, devi dire quello che la gente si aspetta di sentire, compiacere il pubblico ed essere con lui accondiscendente, non puoi mettertelo contro, devi elogiarlo e fargli credere che la tua cultura sia alla sua portata. E magari recitare una pappardella ben confezionata.

Se sei Morgan puoi permetterti di distribuire pillole di Sergio Endrigo, e dire alla gente che nessuno ci ha mai capito un cazzo di lui e delle sue canzoni. Se ti chiami Saviano, invece, ti metti a pronunciare frasi di Anna Achmatova «poetessa che conosciamo in quattro», come dice Morgan, e convincere il tuo pubblico che chiunque potrebbe leggere e comprendere i suoi versi. Il primo prende fischi, il secondo applausi. Ma il difficile, a volte, è sapere dire cose che vengano fischiate.

VIZI ‘CAPITALI’ Un morto da fumo ogni 6 secondi “Ma quanto è difficile smettere…”

Un morto da fumo ogni 6 secondi “Ma quanto è difficile smettere…”


di Eugenia Sermonti



Mai come nel processo di cessazione dal fumo e quindi nel percorso di guarigione da quella che è una vera e propria dipendenza (sia fisica che psicologica) è necessaria non solo una stretta alleanza terapeutica, ma la formazione di un paziente esperto nella gestione del suo percorso. I pazienti che affrontano un percorso di cessazione hanno bisogno di politiche, strutture e strategie di supporto. Solo l’1 per cento smette senza alcun aiuto, con grande fatica e alto rischio di ricadute; queste ultime sono infatti pari al 97 per cento. Il fumo uccide una persona ogni sei secondi, per un totale di oltre 80 mila decessi l’anno, di cui il 25 per cento, di età compresa tra i 35 e i 65 anni. Eppure a questi dati viene data minore rilevanza e dignità di quelli che riguardano ad esempio i decessi per incidente stradale, circa 3500 l’anno, o la meningite che ha causato 629 morti totali nel triennio 2013-2016. I morti da fumo sono ignorati, dimenticati e lasciati soli anche quando vorrebbero guarire dalla propria dipendenza. Secondo il Ministero della Salute nel nostro Paese il fumo è la prima causa di mortalità e morbilità evitabile con un costo che si aggira intorno all’8 per cento della spesa sanitaria totale, cioè un totale di spese ospedaliere di oltre 500 euro l’anno per ciascuno degli oltre 11 milioni di tabagisti. Un numero da abbattere di almeno il 10 per cento entro il 2018 come stabilito dal 'Piano Nazionale della Prevenzione 2014 - 2018'.

PERCHÉ È IMPORTANTE INTEGRARE LA VITAMINA D?

Recenti studi hanno rilevato una diminuzione dei livelli di Vitamina D nella popolazione europea. Le principali cause? Minore esposizione al sole ed impoverimento della dieta.



La dipendenza da tabacco è riconosciuta come una malattia, sia nella classificazione internazionale delle malattie dell’Oms (ICD-10) che nel ‘Manuale di Diagnostica Statistica’ dell’Associazione Americana Psichiatrica (DSM-IV). Condivide con le altre dipendenze gli stessi meccanismi neurochimici di base. La nicotina è il più importante componente che può determinare dipendenza dal tabacco, perché causa a livello biomolecolare una serie di alterazioni che portano il fumatore ad una crescita progressiva e inarrestabile delle sigarette fumate mediante: aumento numerico dei recettori nicotinici; alterazione dei meccanismi di autoregolazione della volontà; modificazioni delle funzioni cellulari e alterata percezione del piacere. Occorre inoltre abbattere lo stigma sociale che vede il fumatore ‘causa del suo male’ e responsabile delle proprie disgrazie. Fumare è una scelta sottovalutata quando da giovanissimi si accende la prima sigaretta e le maglie della dipendenza si chiudono strette intorno al fumatore. Come sottolinea il professor Alberto Siracusano, direttore della Scuola di Specializzazione in Psichiatria dell'Università di Roma Tor Vergata: “Particolarmente a rischio è l’esposizione fetale alla nicotina e la trasmissione transgenerazionale delle modificazioni epigenetiche che ne conseguono. Sebbene la maggior parte dei fumatori voglia smettere i tentativi sono spesso destinati a scarso successo se non pianificati e messi in atto all’interno di strategie integrate, come dimostrato da numerosi studi prospettici (Cummings e Carpenter, Lancet 2017). Smettere di fumare senza una assistenza professionale adeguata non è semplice per vari motivi: il fumo si configura come una addiction, una dipendenza comportamentale vera e propria, ed esiste una vulnerabilità neurobiologica in termini di sensibilità e reward colinergico in alcune aree cerebrali. Un approccio integrato, medico, psichiatrico e motivazionale, è necessario per liberarsi da questa dipendenza”.

Tra coloro che hanno smesso di fumare anche un illustre testimone: “Ho smesso di fumare da solo, grazie alla mia determinazione, nei primi sei mesi di vita di mio figlio, perché mi sentivo in colpa. Quando lo guardavo, il piacere della sigaretta passava, perché pensavo che gli stavo sottraendo dei giorni di vita col papà. Ma questa non è una esperienza comune a tutti i fumatori: c'è chi vorrebbe smettere, ma non ce la fa, chi ha provato e poi è ricaduto, chi non ci pensa proprio. Rimuovere il fattore di rischio evitabile, come lo definisce il Ministero della Salute, è un obiettivo importante di sanità pubblica, che richiede interventi mirati, basati sulle evidenze. Le strategie devono essere diversificate per evitare che nuove persone, giovani in particolare, comincino a fumare, e chi è fumatore, possa avere il supporto del Ssn in termini di servizi e prestazioni per smettere. Il fumo non è bello, anche perché purtroppo chi poi si ammala di patologie correlate anche a questo rischio, vive uno stigma pesante", ha dichiarato Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale dei Diritti del Malato di Cittadinanzattiva.

I risultati dell'indagine condotta dall'associazione di pazienti francesi Ffaair (Federation Francaise de Association et Amicales de Malades Respiratoires) riporta che il 70 per cento dei fumatori prova a smettere da 4 a 9 volte. Si è visto invece che percorsi di cessazione strutturali sono più efficaci e più a lungo termine. Secondo il rapporto dell'associazione francese Ffaair sull’uso del tabacco condotto su 352 tabagisti con malattie respiratorie, la Bpco è il problema più rappresentativo con il 46 per cento dei soggetti, seguita dalla sindrome delle apnee notturne (con il suo corollario di rischi a carico del cuore) per il 43 per cento e il 20 per cento che sviluppa asma. Mentre il 77 per cento ha almeno una malattia concomitante, come ipertensione (37 per cento) obesità (22 per cento) elevati a livelli di colesterolo (li ha 1 su 5) a cui seguono problemi cardiaci (16 per cento) diabete (15 per cento) e depressione (13 per cento). Nel 68 per cento dei casi i medici di fronte alla diagnosi di malattie respiratorie hanno suggerito di smettere di fumare, ma senza proporre strategie né tantomeno procedere ad un follow-up sul paziente. La stessa percentuale di soggetti ha riferito di essersi sentita sola quando ha deciso di smettere di fumare, non sapendo esattamente come farlo. Quando la volontà non basta le persone cercano aiuto, ma 4 su 10 ritengono che i costi finanziari siano una barriera molto alta al loro proposito di salute. Per la metà dei soggetti intervistati (51 per cento) la decisione di dire basta al fumo è coincisa con la diagnosi della patologia respiratoria.

Una larga quota di fumatori è interessata a smettere ma non riceve proposte concrete: il 52 per cento semplicemente si arrangia, al 27 per cento vengono prescritti i prodotti sostitutivi a base di nicotina e al 10 per cento farmaci, mentre il 7 per cento riceve una qualche forma di supporto psicologico come colloqui motivazionali. Solo il 15 per cento ha riferito di aver cercato e ricevuto supporto medico mentre il 64 per cento non ha ricevuto alcuna assistenza professionale sanitaria. “I fumatori sono ormai stigmatizzati quasi ovunque e sperimentano una mancanza di supporto e un forte senso di solitudine e abbandono che rappresenta un ostacolo al proposito di superare la propria dipendenza; paura delle ricadute, perdita di motivazione e precedenti tentativi falliti insieme al timore di prendere peso sono i maggiori deterrenti a smettere di fumare mentre sono considerati positivi avere un professionista sanitario di supporto al programma di cessazione e l'accesso ai farmaci che oggi in Francia sono a carico del Ssn” commenta Biagio Tinghino, presidente della società italiana di tabaccologia (Sitab).

ASL GLOBAL DAY Due ruote per la Sla: impresa benefica di due ciclisti siciliani

2 ruote per la Sla: l'impresa benefica di due ciclisti siciliani


di Matilde Scuderi



Assistenza adeguata in grado di garantire una buona qualità della vita e sostegno continuativo alla ricerca scientifica: sono bisogni indispensabili per gli oltre 400 mila individui con sclerosi laterale amiotrofica (Sla) nel mondo - di cui più di 6 mila risiedono nel nostro paese - ed è proprio su questi bisogni che punta i riflettori la Giornata mondiale sulla Sla di mercoledì 21 giugno. Promossa dalla Federazione internazionale delle associazioni dei pazienti (International alliance of Als/Mnd associations), la Giornata vedrà la partecipazione dell'Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica (Aisla), unico membro italiano, e di altre 67 associazioni di tutto il mondo. La federazione internazionale sarà impegnata in una campagna sui social network che vuole celebrare l’alleanza e la collaborazione tra tutte le figure impegnate nella lotta alla Sla: il tema della campagna è 'Cheers to a world free of Als/Mnd' ovvero 'Brindiamo a un mondo senza la Sla'.

SOLARI E BORSA DA SPIAGGIA PUPA: UN AMORE A PRIMA VISTA

I solari: efficaci, sicuri, pratici per un’abbronzatura veloce e duratura. La borsa: capiente, comoda e super... 



Ricercatori, volontari, medici, infermieri e malati di Sla insieme ai loro amici e familiari saranno invitati a brindare all'alleanza contro la malattia, ai progressi relativi alla ricerca scientifica, alla tutela dei diritti dei malati e alla prospettiva di un futuro senza la Sla, nella speranza che i passi avanti nell’individuazione delle cause della malattia portino presto a terapie efficaci. La campagna sarà un'occasione per sensibilizzare e invitare a sostenere l'associazione con una donazione. Aisla porterà avanti la campagna sui suoi profili twitter @aislaonlus e sulla pagina facebook @AISLA. Anche l’International Alliance of Als sarà attiva su twitter @ALSMNDAlliance e facebook @TheIntlAlliance Per tutti l’hashtag è #ALSMNDWithoutBorders. Tra le iniziative più importanti in programma, 'l’impresa' di 2 cicloamatori, amici di Aisla, Totò Trumino di Piazza Armerina (Enna) e Luciano Caruso, di Catania, che sono partiti oggi da Lisbona e percorreranno 800 kilometri fino a Santiago di Compostela dove arriveranno proprio il 21 giugno. L’idea del viaggio è nata dall’incontro tra i due cicloamatori e Michele la Pusata, consigliere nazionale di Aisla, malato di Sla e volontario dell’associazione da molti anni a Barrafranca (Enna).

I ciclisti indosseranno una maglia di Aisla per far conoscere la malattia e i diritti delle persone che ne sono colpite. Alla fine del viaggio le bandiere di Aisla saranno lasciate nella cripta di San Giacomo all’interno della Cattedrale di Santiago di Compostela e al Santuario della Madonna di Fatima. Al viaggio parteciperà anche un gruppo di pellegrini a piedi, guidati da Salvatore La Pusata, fratello di Michele La Pusata, che percorrerà i 321 km da Oviedo a Santiago.