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domenica 21 maggio 2017

Il ritorno di Ratzinger, terremoto in Vaticano: l'uomo con cui fa la guerra a Bergoglio / Guarda

Antonio Socci: ritorna Ratzinger e vuol decidere chi conta in Vaticano


di Antonio Socci



Il ritorno di Benedetto XVI (che forse non ha mai lasciato il papato): questa è la sensazione di molti cattolici. Sono bastati due suoi sorprendenti interventi per provocare la rabbia dell'attuale establishment bergogliano e - dall'altra parte - l'entusiasmo dei tanti credenti (smarriti e confusi) che ora riconoscono finalmente la voce del vero pastore.

Tre settimane orsono, in un messaggio al convegno sul suo pensiero politico voluto dal Presidente della Repubblica della Polonia e dai vescovi di quel Paese, Benedetto XVI aveva centrato «una questione essenziale per il futuro del nostro Continente», cioè «il confronto fra concezioni radicalmente atee dello Stato e il sorgere di uno Stato radicalmente religioso nei movimenti islamistici». Papa Ratzinger aveva affermato che questa tenaglia fra laicismo (o ateismo marxista) e islamismo, due concezioni sbagliate, «conduce il nostro tempo in una situazione esplosiva, le cui conseguenze sperimentiamo ogni giorno. Questi radicalismi esigono urgentemente che noi sviluppiamo una concezione convincente dello Stato, che sostenga il confronto con queste sfide e possa superarle». Era un evidente richiamo al suo storico discorso di Ratisbona che - non a caso - aveva fatto infuriare un certo laicismo di casa nostra e un certo mondo islamista.

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Inoltre in queste ore è stato reso noto un altro intervento di Benedetto XVI che sta provocando un vero terremoto in Vaticano. Ha infatti scritto una post-fazione al libro del card. Robert Sarah, "La forza del silenzio" (Cantagalli), e con ciò - ha osservato Riccardo Cascioli - «scende direttamente in campo a difesa del cardinale Robert Sarah che, come prefetto della Congregazione per il Culto divino, è stato ormai isolato ed emarginato dalle nuove nomine di papa Francesco, e pubblicamente smentito nel suo indirizzo dallo stesso Papa Bergoglio».

Sulla liturgia - che apparentemente interessa solo gli specialisti, ma invece nella Chiesa è l'essenziale, il cuore della sua vita e l'espressione vera della sua dottrina - si starebbe per scatenare un attacco finale di tale gravità che Benedetto XVI ha ritenuto di esporsi in prima persona per scongiurarlo. Ne va della Chiesa stessa, dunque a mali estremi, estremi rimedi. Papa Ratzinger "blinda" così il card. Sarah, lo definisce un vero «maestro spirituale» e conclude: «Con il cardinal Sarah la liturgia è in buone mani».

IRA «PROGRESSISTA» - Quanto dirompente sia questo intervento lo si capisce dalla reazione sdegnata del teologo Andrea Grillo, un perfetto rappresentante della rivoluzione bergogliana. Grillo parla di «un vero e proprio incidente. Come se Ratzinger avesse, improvvisamente, rinunciato alla rinuncia e volesse influenzare le decisioni del suo successore». Dopo un attacco pesantissimo a Sarah, il sopra citato teologo si lancia direttamente contro Benedetto XVI, che definisce polemicamente «vescovo emerito» e non «papa emerito». Grillo tuona così: «La mossa (di Benedetto XVI, ndr) appare tanto più grave se, nel frattempo, si sta preparando un inevitabile e salutare avvicendamento all'incarico di Prefetto. Una sorta di "difesa in extremis" di un Prefetto ormai esautorato.

Una cosa è certa... la interferenza che un intervento di questo tipo esercita sul libero esercizio della autorità del successore costituisce una interferenza grave e una alterazione degli equilibri ecclesiali. La scelta di discrezione e di umiltà, del tutto necessaria a chi esercita una "rinuncia all'esercizio del ministero" sembra in tal modo profondamente incrinata». Insomma: sono furibondi.

Quello che più li "disturba" è anzitutto la netta presa di posizione pubblica di papa Ratzinger a difesa della liturgia cattolica: un vero "non possumus". Pronunciato da chi ha il munus petrino, cioè da chi, nel suo ultimo discorso pubblico, disse testualmente: «La mia decisione di rinunciare all'esercizio attivo del ministero non revoca questo».

Poi irrita che Benedetto XVI mostri la statura spirituale del card. Sarah, che per certi versi ricorda Karol Wojtyla (infatti anche lui, nel suo Paese, si oppose coraggiosamente alla dittatura rischiando di persona).

Oltretutto Sarah - che è nato povero e viene da un villaggio africano, quindi dal vero Terzo Mondo - non ha nessuna cedevolezza di fronte alla demagogia di sinistra e al populismo bergogliano sull'emigrazione: «La Chiesa - ha scritto Sarah - si è gravemente sbagliata per quanto riguarda la natura della sua vera crisi, se pensa che la sua missione essenziale sia di offrire soluzioni a tutti i problemi politici in materia di giustizia, di pace, di povertà, di accoglienza dei migranti, ecc trascurando l'evangelizzazione».

Benedetto XVI cita un altro pensiero del card. Sarah sulla preghiera e sulla sua intensa esperienza del silenzio. Poi il "papa emerito" commenta: «Queste frasi (del card. Sarah, ndr) rendono palese ciò di cui vive il cardinale, ciò che dà alle sue parole la loro profondità interiore. Da questa posizione privilegiata, egli può vedere i pericoli che minacciano di continuo la vita spirituale, anche dei sacerdoti e dei vescovi, e che quindi mettono pure a repentaglio la Chiesa stessa, nella quale non è raro che la Parola venga rimpiazzata da una verbosità che diluisce la grandezza della Parola». Chi è che nella Chiesa oggi rimpiazza la Parola di Dio con la sua verbosità? Si può capire meglio proseguendo la lettura di Benedetto XVI: «Vorrei citare solo un passo (di Sarah) che può diventare un esame di coscienza di ogni vescovo: "Può succedere che un sacerdote buono e pio cada rapidamente nella mediocrità una volta elevato alla dignità episcopale, preoccupandosi solo del successo mondano. Sopraffatto dal peso dei doveri che incombono, preoccupato del potere, dell'autorità e delle necessità materiali del suo ministero, gradualmente esaurisce le energie". Il cardinal Sarah è un maestro spirituale che parla dal profondo del silenzio con il Signore, dalla sua unione interiore con Lui, e per questo ha davvero qualcosa da dire a ognuno di noi».

Al recente Sinodo sulla famiglia, Sarah si è espresso duramente contro la "rivoluzione" di Kasper (sponsorizzata da Bergoglio): «Affermo dunque con solennità che la Chiesa d' Africa si opporrà fermamente a ogni ribellione contro l'insegnamento di Gesù e del Magistero». I cardinali che al Sinodo sostennero l'insegnamento di sempre della Chiesa, sulla via di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, rappresentano oggi per i cattolici la vera voce della Chiesa.

LE DUE COLONNE - Uno dei loro maggiori esponenti, il cardinale Carlo Caffarra, che è fra i firmatari dei "Dubia" relativi all' Amoris laetitia, proprio ieri ha tenuto un discorso potentissimo al Rome Life Forum, incontro internazionale prolife alla vigilia della Marcia per la vita di oggi a Roma. Il card. Caffarra - vero pastore e uomo di grande spessore teologico - ha lanciato un allarme altissimo richiamando addirittura l'Apocalisse, lo scontro finale fra Cristo e Satana, ma proiettandolo sul tempo presente. Ha spiegato che «due sono le colonne della creazione»: la sacralità della vita umana e «l' unione coniugale tra uomo e donna, luogo in cui Dio crea nuove persone umane "a sua immagine e somiglianza"» («È la legge della cooperazione umana al governo divino Dio celebra la liturgia del suo atto creativo nel tempio santo dell' amore coniugale»).

La trasformazione dell' aborto in un diritto, sancito da tutti sistemi giuridici (un miliardo di aborti in un arco di tempo di 20/25 anni) «è la demolizione della prima colonna» della creazione per cui la vita umana è sacra. L'altra demolizione, afferma Caffarra, è la cancellazione del matrimonio come «unione legittima dell'uomo e della donna, fonte della vita» per una liquidità di forme che non riconoscono più l' ordine maschio/femmina della creazione.

Così Caffarra tratteggia un drammatico crinale della civiltà umana: il crinale in cui ci troviamo oggi. Con Benedetto XVI e questi cardinali si torna a sentire la voce vera della Chiesa.

VOLTATI. GUARDA. ASCOLTA. Narrazioni contro il cancro del seno perché le donne escano dal silenzio

Narrazioni contro il cancro del seno perché le donne escano dal silenzio


di Martina Bossi


'Tumore del seno': tre parole che fanno paura e che cambiano la vita, soprattutto se ad esse si accompagna un aggettivo, 'metastatico', che sembra quasi essere una condanna a morte senza appello. Ancora oggi le donne che ricevono la diagnosi di tumore al seno metastatico - caratterizzata dalla diffusione della neoplasia dal seno ad altre zone del corpo, come ossa, fegato, polmone o cervello - non trovano l’ascolto e l’assistenza di cui hanno bisogno, quasi fossero invisibili agli occhi dei media. In Italia si presume siano circa 30mila le donne con tumore al seno in forma avanzata o metastatica ed è per ribadire l’importanza di garantire loro il diritto alla migliore qualità di vita possibile, l’accesso alle migliori terapie innovative oggi disponibili, la continuità o il reinserimento lavorativo nasce 'Voltati. Guarda. Ascolta. Le donne con tumore del seno metastatico' campagna nazionale di sensibilizzazione promossa da Pfizer in collaborazione con Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e Europa donna Italia, per sconfiggere paure e tabù attraverso la forza del racconto diretto della malattia. Nell’ambito di questa campagna, da oggi, le donne italiane con tumore al seno metastatico possono esprimere e condividere sentimenti ed emozioni attraverso il racconto della propria esperienza con la malattia che sarà caricato sul sito voltatiguardaascolta.it per essere poi diffuso in forma non solo scritta, ma anche orale, grazie alla voce narrante di tre attrici professioniste.

La campagna sarà articolata in due fasi; la prima, dedicata alla raccolta delle storie che le pazienti saranno invitate a scrivere e caricare sul sito voltatiguardaascolta.it, si concluderà il prossimo 15 luglio. Nella seconda fase, tre delle storie pervenute, che secondo il parere di una giuria meglio si presteranno a essere veicolate in forma scritta e orale, oltre a essere accessibili sul web insieme alle altre, saranno diffuse attraverso la pubblicazione in volumetti stile ‘Millelire’ ed eventi di piazza in alcuni capoluoghi italiani, organizzati intorno ad un’installazione di grande visibilità. Michela Andreozzi, Emanuela Grimalda e Daniela Morozzi, attrici familiari e riconosciute dal grande pubblico grazie alla loro partecipazione a serial televisivi di successo, avranno il compito di leggere e interpretare le tre storie nel corso degli eventi di piazza e attraverso passaggi radiofonici.

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Solo il 5-10 per cento dei 50 mila nuovi casi annui di tumore al seno è in fase metastatica al momento della diagnosi, ma circa il 30 per cento delle pazienti cui è stato diagnosticato un tumore al seno in fase precoce dovrà poi affrontare questa evoluzione. Sebbene non esista ancora una cura risolutiva per questo tumore, le terapie mirate di ultima generazione sono oggi in grado di bloccare o rallentare la progressione della malattia garantendo al contempo una buona qualità di vita. «Quando si parla di tumore al seno metastatico bisogna ricordare che ci riferiamo a differenti sottogruppi di tumori che differiscono per caratteristiche biopatologiche, trattamenti e sopravvivenze globali mediane - afferma Stefania Gori, direttore di oncologia dell'Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar in provincia di Verona - proprio alla luce di queste differenze, è essenziale che ogni donna con tumore al seno metastatico possa avere accesso al trattamento più appropriato, inteso come l’integrazione di terapie sistemiche antitumorali, radioterapiche e chirurgia, in base alle caratteristiche specifiche del tumore, alle sedi metastatiche, ai sintomi clinici».

Anche alla luce delle nuove prospettive terapeutiche, la campagna 'Voltati. Guarda. Ascolta.' nasce per vincere il senso di rassegnazione di fronte a una malattia che quasi sempre colpisce le donne nel pieno della loro vita sociale e lavorativa, invitando media, istituzioni, professionisti sanitari e tutti i cittadini a occuparsi delle pazienti e delle loro esigenze, per valorizzarne tutto il potenziale sociale e lavorativo. «L’idea di promuovere una più ampia e profonda conoscenza del tumore metastatico attraverso le storie di malattia nasce dall’esperienza molto positiva di un progetto di medicina narrativa che portiamo avanti in Pfizer dal 2011, consapevoli del grande valore sociale e terapeutico della narrazione - afferma Alberto Stanzione, direttore di oncologia di Pfizer in Italia - siamo convinti che solo dall’ascolto diretto delle pazienti sia possibile comprenderne veramente le esigenze e poter quindi offrire loro risposte concrete al bisogno di salute e qualità di vita di cui hanno diritto». «Questa campagna determinerà una maggiore attenzione da parte del mondo in cui viviamo nei confronti delle donne con tumore al seno metastatico - osserva Fabrizio Nicolis, presidente della Fondazione Aiom - promuovere la diffusione di informazioni su questa particolare fase della malattia consente da un lato di far emergere i bisogni assistenziali, psicologici, relazionali e lavorativi di queste pazienti, dall’altro rende loro più consapevoli dei risultati oggi ottenibili con i trattamenti antitumorali disponibili e in arrivo, aiutandole ad affrontare meglio la loro condizione».

Secondo una recente indagine condotta da Gfk-Eurisko per Europa Donna, in Italia l’età media delle donne con tumore al seno metastatico è di 54 anni; circa il 30 per cento ha meno di 45 anni e una vita affettiva, relazionale e familiare molto intensa. La maggioranza è sposata e la metà ha un figlio ancora minorenne, il 40 per cento lavora. «Proprio perché si tratta di persone ancora giovani e socialmente, professionalmente e sessualmente attive, sulla vita di queste donne la malattia ha un impatto ancora più rilevante - afferma Rosanna D’Antona, presidente di Europa donna Italia - Per il 66 per cento delle intervistate la malattia interferisce in modo consistente con lo svolgimento delle normali attività quotidiane, percentuale che sale al 70 per cento in riferimento all’attività lavorativa. La malattia e la terapia influiscono anche sulla vita affettiva e sessuale e a soffrirne in modo ancora più importante sono le donne più giovani tra i 35 e i 45 anni». Emarginazione e senso di solitudine caratterizzano in genere il vissuto quotidiano delle pazienti: «convivere col tumore al seno metastatico significa avere l’esistenza limitata e scandita da una malattia per la quale al momento non vi è la prospettiva della guarigione ma che grazie alle nuove terapie è possibile oggi cronicizzare - afferma Domenica Panaccione, membro della commissione sul tumore al seno metastatico di Europa donna Italia - il peso fisico e psicologico di una tale condizione nella quotidianità è a dir poco logorante e la paziente si sente subito emarginata socialmente, sola, alienata. Le relazioni affettive, in primis quelle della sfera familiare ed amicale, diventano complicate poiché il cancro metastatico colpisce non solo la malata ma tutto il nucleo che la circonda».

FONTI MILITARI Corea del Nord, giallo nei cieli "Lanciato un proiettile non identificato". Cos'è?

Corea del Nord, l'allarme: "Lanciato un proiettile non identificato"



La Corea del Nord ha lanciato un "proiettile non identificato", riporta una fonte militare di Seul. Il proiettile è stato lanciato da un luogo vicino Pukchang, un’area dove Pyongyang ha tentato, senza riuscirci, il lancio di un altro missile lo scorso mese. La Yonhap News Agency ha detto che quello di oggi non dovrebbe essere un missile balistico intercontinentale, citando una fonte anonima. 

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BOOM LA MARCIA DEI FIGHETTI "Sapete dove dovete mettere gli immigrati?" La fucilata di Vittorio Feltri: uccisa la sinistra

"Sapete dove dovete mettere gli immigrati....?"


di Vittorio Feltri



Quelli della sinistra non hanno mai capito niente dell'Italia. Lo dimostra il fatto che non sono riusciti a governarla per più di 24 mesi. Romano Prodi col suo Ulivo profumato di incenso è stato due volte presidente del Consiglio e in entrambe le circostanze è durato un paio di anni, poi si è dovuto dimettere essendogli crollata addosso la maggioranza.

Un tentativo lo ha fatto pure Massimo D'Alema. Anche lui ha resistito poco tempo. Fu costretto a cedere il timone ad Amato, prima craxiano, quindi opportunista e pronto a saltare qualsiasi fosso. Di Monti è nota la mesta vicenda. 

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Di lui si ricordano tre cose: il loden, le tasse e la mancata spending review. Egli rimase al comando un annetto. In seguito arrivò Bersani, ma non ebbe fortuna: i grillini lo mandarono a defecare. Discese dal cielo democristiano Letta, il nipote, e alcuni mesi più tardi fu scalzato da Renzi, sostituito dal mite Gentiloni, asservito alle banche, tanto è vero che ha regalato 8 miliardi al Monte dei Paschi di Siena, l'istituto di credito gestito con le terga dai suoi compagni del Pd.

Nel giro di alcuni lustri i progressisti hanno dimostrato platealmente di essere incapaci di guidare anche una carriola, figuriamoci Palazzo Chigi. Il che dovrebbe bastare a convincere gli italiani a non votarli più. Ma non sarà così in quanto gli avversari della sinistra sono spariti nelle nebbie della stupidità. La prossima battaglia elettorale sarà la comica finale. I signorini del Pd e i loro sodali si stanno portando avanti per perdere consensi. Basti pensare che oggi scendono in piazza a Milano con l' intento di favorire l'immigrazione, persuasi che le migliaia di neri e di islamici giunti nel nostro Paese non siano sufficienti a garantirci la felicità. È incredibile.

I suddetti signorini affermano che i profughi sono una ricchezza per la Patria e reclamano nuovi arrivi. Promettono festosa accoglienza e integrazione, case, assistenza e lavoro per gli stranieri. Premono perché si abbattano i muri e si costruiscano ponti. Mentre almeno il 70 per cento dei nostri concittadini è esasperato a causa delle invasioni barbariche, i bamba milanesi, con in testa il sindaco Sala, sfilano in corteo affinché i famosi barconi intensifichino il trasporto nella penisola di sfigati, che poi siamo obbligati a mantenere nelle nostre città già abbastanza infestate. Siamo al paradosso. Coloro che ci amministrano, invece di risolvere il drammatico problema delle immigrazioni di massa, fanno il diavolo a quattro per aggravarlo, e minacciano di portare a termine il progetto suicida, addossando al popolo l' onere di finanziare la folle operazione.

Dato che la gente non è scema come i progressisti, se ne guarderà bene dal dare il suffragio a questi fighetti animati dal proposito di ricevere le orde di extracomunitari nelle periferie che scoppiano e sono ai limiti della sopportazione. Sia chiaro, se i partecipanti alla marcia pro africani sono generosi al punto da volerli sul nostro territorio, non ci opponiamo. A una condizione: se li portino a casa loro, in corso Venezia, in San Babila, in via Manzoni e li facciano accomodare in salotto o in camera da letto. Non osino parcheggiarli al Lorenteggio o a Lambrate.

Obama (in Italia) faccia di tolla: combatte la povertà? Dove dorme, quanto spende

Barack Obama e Michelle in vacanza in Toscana nel resort da 15mila euro a notte



Buonconvento è un tranquillo paesone a mezz'ora da Siena, disteso in mezzo alle colline in posizione strategica per quei turisti che vogliono perdersi nelle Crete o in una bottiglia di Brunello della vicina Montalcino. Due chicche, il Museo della Mezzadria e quello di Arte Sacra, il paese era sosta obbligata sull'antica via Francigena, ed è qui che nel 1313 muore Enrico VII, ancora non chiaro se di veleno o di malaria.

Dante aveva indicato il fresco imperatore del Sacro Romano Impero come la grande speranza per cambiare la travagliata Europa di quei tempi, e di quella scomparsa improvvisa il Sommo Poeta restò scornato.

Ora, a due passi da Buonconvento, è appena arrivato in villeggiatura Barack Obama, un altro che il mondo avrebbe dovuto cambiarlo ma non pare che ci sia riuscito. Però non raccontiamogli la storia di Enrico, anche se dubitiamo che riuscirebbe a rovinargli il soggiorno da favola che gli hanno organizzato. Dopo il meeting a Milano di pochi giorni fa sul cibo e sulla povertà, l'ex presidente Usa è tornato in Toscana ospite di Borgo Finocchieto, un villaggio trecentesco riportato a clamoroso splendore e trasformato in resort extra lusso dal suo proprietario, l'ex ambasciatore americano in Italia John Phillips, amico di lunga data di Obama e nominato proprio da lui.


Borgo trecentesco - Il nonno di Phillips si chiamava Filippi, la nonna Colussi, ed erano originari delle Marche. Emigrata negli Usa a inizio secolo scorso, la famiglia cambia nome in Phillips ma John non perde le radici: nel 1969 fa tappa in Italia durante il suo primo viaggio europeo e rimane folgorato, tanto da tornare nel Belpaese una cinquantina di volte prima dell'incarico diplomatico (2013-2016). Avvocato di grido, decide di prendersi casa in Italia e, dopo decine di proprietà visitate, capita a Finocchieto nell'autunno 2000.

«L'ho comprato in un momento di esuberanza irrazionale», racconta. In quel momento, il borgo è totalmente diroccato, le 21 famiglie che ci abitavano fino agli Anni 60 avevano trasformato l'antica cappella in un granaio e un trattore arrugginito scordato in mezzo alle erbacce bloccava la vista: «È il posto più silenzioso che abbia mai visitato». Phillips trova la sua America e con la moglie Linda Douglass (corrispondente della ABC) si lancia nell'ambiziosa avventura, sulla scia dei tanti statunitensi che nella zona hanno portato soldi, occupazione e, perché no, amore autentico per questa terra: come John Mariani, che con Ezio Rivella ha lanciato il Brunello nel mondo; o come Richard Parsons, ex Ceo di Time Warner, consulente economico dello stesso Obama e padrone della tenuta Il Palazzone.

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A cena da Bottura - L'investimento iniziale di Phillips è circa 10 milioni di dollari. Dopo anni di lavoro, seguendo (speriamo) le norme di restauro dei Beni Culturali italiani (l'area è sotto vincolo), Finocchieto è oggi un gioiello che vale 30 milioni, fra cotto toscano, travertino, alti soffitti con travi in legno ed archi in pietra, mobili d'epoca, bagni da mille e una notte. Chi come Obama decide di soggiornare e occupare tutto il borgo (due suite nella casa padronale, altri 4 edifici indipendenti attorno alla piazzetta, biblioteca, centro congressi, sala da ballo per 50 persone, palestra, campi da tennis, da basket, ma anche da bocce come nella tradizione contadina senese) spende dalle 13 alle 16mila euro a notte.

Non chiedeteci chi pagherà il conto, di certo negli intenti di Phillips non c'era quello di far quattrini quanto trasformare Finocchieto in una sorta di simposio permanente, lui che ospitava spesso il senatore Ted Kennedy e sogna di portare qui pure i colloqui di pace per il Medio Oriente, come una nuova Camp David. D'altronde, pare che l'ex ambasciatore si sia ispirato al modello dell'Aspen Institute, organizzazione no profit che raggruppa «le leadership illuminate, le idee e i valori senza tempo». Se vi sembra inquietante, non siete lontani, visto che Daniel Estulin (controverso autore del libro La vera storia del club Bilderberg) considera l'Aspen Institute ancor più potente del Bilderberg stesso.

Obama, intanto, arrivato a Grosseto scortato da sei caccia italiani Eurofighter, ha giocato a nascondino con i pochi che hanno tentato di vederlo (curiosi bloccati a un km dal Borgo, carabinieri ovunque, divieto di caccia nel raggio di 5 km da Finocchieto).

Doveva passare per Montalcino ma ci sono rimasti male i bimbi quando hanno saputo che invece il corteo di 13 auto sarebbe arrivato da Siena. E proprio nella Città del Palio è stato invitato dal sindaco Valentini per osservare in esclusiva la Maestà di Simone Martini prima dei restauri (forse andrà domani), mentre il primo cittadino di Firenze, Nardella, sembra che lo aspetti per lunedì, quando poi, secondo il sito winenews.it, andrà a cena con l'amico Matteo Renzi e relative signore. A preparare il menù lo chef Massimo Bottura. A combattere la povertà meglio andarci a stomaco pieno.

PATTO PER L'EMPOWERMENT 'Shared decisions, one policy' più potere ai pazienti oncologici

"Shared decisions, one policy" più potere ai pazienti oncologici


di Matilde Scuderi



Si è svolto nei giorni scorsi a Milano il primo Forum Internazionale sull’empowerment del paziente oncologico, promosso dall’Università degli Studi di Milano in collaborazione con Fondazione Umberto Veronesi, nato dalla considerazione che, sebbene siano stati passi da gigante nella ricerca oncologica negli ultimi anni, è ancora difficile che i pazienti abbiano la completa padronanza delle informazioni riguardanti la loro patologia e il percorso terapeutico: solo il 4 per cento dei pazienti oncologici riferisce di aver scoperto la malattia durante una visita di controllo, segno che c’è ancora molto da fare in termini di campagne di informazione e screening e che, in ottica di patient empowerment, in questa fase preventiva il paziente tende ad avere un approccio poco proattivo. Anche una volta ricevuta la diagnosi sono molte le carenze che il malato deve affrontare: quasi la metà dei pazienti vorrebbe di più da medici curanti e dalle strutture sanitarie e solo il 7 per cento viene accompagnato nel percorso da uno psicologo, presenza invece richiesta a gran voce, almeno nei momenti iniziali, dal 79 per cento degli italiani colpiti. Questi alcuni dei dati emersi dal primo sondaggio internazionale sul tema, svolto da Swg e presentato in occasione del Forum. Si tratta di patologie con un grande impatto sulla società, la cui gestione sta subendo una rivoluzione, sia dal punto di vista terapeutico, basti pensare alla medicina personalizzata, sia da quello di relazione con il malato.

La buona notizia è che nel nostro paese la mortalità è diminuita del 23 per cento tra il 1995 e il 2012 grazie agli avanzamenti e progressi scientifici citati e nel complesso il tasso di sopravvivenza a 5 anni è superiore alla media dell'Unione europea. Tuttavia in Italia l’incidenza del cancro è cresciuta del 15 per cento in circa un ventennio raggiungendo quasi 600 malati ogni 100 mila, e il nostro paese occupa il terzo posto del triste podio dei livelli più elevati d’Europa. Ovunque la diffusione è tale che l’impatto delle patologie oncologiche ha superato quello delle malattie cardiovascolari. "Si tratta di malattie che nel 75 per cento dei casi generano paura, nel 52 per cento tristezza, e in 3 su 10 solitudine e rabbia - illustra Guja Tacchi dell'Istituto ricerche Swg, commentando i risultati che emergono dal sondaggio condotto su uomini e donne, over 45, residenti in Italia, Regno Unito, Spagna, Francia e Germania, che sono entrati in contatto con una patologia oncologica personalmente o assistendo un familiare - alla comparsa dei sintomi 8 su 10 si rivolgono al medico, nel 60 per cento la prima figura di riferimento è il curante, nel 47 per cento dei casi l’oncologo è reputato il professionista più adatto a comunicare la diagnosi.  La partecipazione attiva alle proprie cure viene percepita come molto importante da 7 pazienti su 10. Tuttavia meno della metà (47 per cento) degli intervistati dichiara di essere pienamente consapevole del proprio percorso terapeutico, mentre ben un quarto del campione dichiara di essere poco o per nulla consapevole. A guidare il trend dell’empowerment con pazienti evoluti, che riconoscono un elevato valore alla partecipazione sono Regno unito e Germania - rispettivamente 75 e 72 per cento - rispetto alla media del 68 per cento. L’Italia si attesta al penultimo posto della classifica, con il 66 per cento, peggio del nostro paese solo la Spagna con il 58 per cento, mentre la Francia si colloca a metà con un 67 per cento di pazienti consapevoli".

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Ci troviamo di fronte a un panorama europeo in cui medici, pazienti e istituzioni sono fortemente consapevoli che la salute non possa prescindere da un paziente informato e consapevole. I malati sono chiamati ad essere più coinvolti in ogni aspetto della loro salute, dal rimodellamento della sperimentazione clinica alla legislazione e in tutte le questioni che li riguardano in prima persona, compresa quella della gestione dei dati genetici, al centro dei nuovi protocolli della medicina personalizzata. Questo modo di agire porta non solo vantaggi in termini di salute, ma anche di prevenzione, diagnosi precoce e migliore compliance. In una parola: risparmio economico. Il concetto di patient empowerment, coniato e sviluppatosi negli Stati Uniti a partire dagli anni ’70, si pone oggi come riferimento imprescindibile e unificante delle politiche a livello globale: la partecipazione dei pazienti ai processi decisionali è uno dei valori fondamentali su cui si basa la pianificazione delle nuove strategie sanitarie dell’Unione europea: "il termine è utilizzato anche in Italia e sta a indicare il coinvolgimento del paziente nelle scelte che riguardano la propria salute - chiarisce Gabriella Pravettoni, direttore della divisione di psiconcologia all’Istituto europeo di oncologia e ordinario di psicologia delle decisioni all’università Statale di Milano - oggi, quando si intraprende un percorso di cura, occorre condividerlo con la persona che si ha di fronte: a prescindere dal sesso, dall’età e dalle sue conoscenze in ambito medico. Comunicare è fondamentale, anche perché sempre più spesso dal cancro si guarisce. L’essere ascoltati, seguiti e accuditi dai propri familiari favorisce l’auto-efficacia e riduce i livelli di ansia e preoccupazione collegati alla malattia".  Troppo spesso, tuttavia, il patient empowerment resta ancora relegato a una dichiarazione di intenti e raramente tradotto nella prassi medica e sanitaria quotidiana.

Per concretizzare la teoria in azioni e indicazioni condivise questo primo Forum internazionale, intitolato 'Shared decisions, one policy', è stato dedicato interamente a questo argomento. In occasione del forum verrà a questo proposito divulgato il 'Patto per l'empowerement', con la richiesta ufficiale alla comunità scientifica, medica, agli operatori sanitari, alle autorità politiche e regolatorie, alle associazioni e all’industria, di adoperarsi concretamente affinché la centralità della persona malata e della sua dignità sia alla base di ogni intervento di ricerca, di formazione e di cura dei pazienti con tumore. "Pensiamo che un'università con una forte componente dedicata alla formazione medica non possa sottrarsi alla responsabilità di indicare questa come via necessaria e che lo debba fare coinvolgendo tutti gli attori che lavorano per sconfiggere la malattia oncologica, ma prima ancora i pazienti stessi - commenta Gianluca Vago, rettore dell’università degli studi di Milano. In quest’ottica è stato creato ed opera il dipartimento di oncologia ed emato-oncologia (Dipo) "Si tratta di una rete multidisciplinare di 47 specialisti, tra docenti e ricercatori dall’elevato spessore scientifico, che rendono questa struttura della Statale di Milano il maggiore polo oncologico universitario, tra i più grandi a livello europeo, dedicato alla ricerca e cura oncologica. Si tratta di un modello di eccellenza italiano da esportare a livello internazionale" spiega Paolo Corradini, direttore del Dipo presso l'università degli Studi di Milano.  L’industria è un partner chiave per la ricerca e l’area dell’oncologia è una di quelle di punta: molti sono i successi archiviati nelle ultime decadi, e la terapia di precisione e l’empowerment del paziente rappresentano sfide aperte. "Si vive di più e meglio - conclude Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria - Oggi 2 persone su 3 con una diagnosi sopravvivono dopo 5 anni. Trent’anni fa non arrivavano a 1 su 3. Un progresso che si deve per l’83 per cento ai nuovi farmaci. E grazie proprio alle terapie innovative è stato possibile ridurre la spesa sanitaria totale in oncologia, tra le più basse a livello europeo. E il maggior numero di farmaci oggi in sviluppo è contro il cancro, sempre più con un modello di medicina personalizzata che rende le cure più efficaci. Benefici incalcolabili per la salute e per la sostenibilità del Sistema sanitario nazionale, che rimane un’eccellenza del made in Italy". 

4-1 AL SAN PAOLO Sarri, un mister da record Il Napoli tritura la Fiorentina: l'assedio alla Roma continua

Napoli-Fiorentina 4-1, per Maurizio Sarri è record di punti



Un Napoli da record. Al San Paolo i partenopei spazzano via la Fiorentina, triturata per 4-1. Maurizio Sarri firma il record di punti in campionato della squadra e Mertens, autore di una doppietta, si trova ora a un solo gol dal capocannoniere Dzeko. Il Napoli, in attesa del match della Juve col Crotone, si trova a 2 punti dalla vetta, in piena lotta Champions League con la Roma. Una vittoria netta, convincente, con cui gli azzurri salutano il San Paolo: ultima in casa per questa stagione. Il Napoli condanna - o quasi - la Fiorentina a stare fuori dall'Euorpa. Per i partenopei, in gol anche Koulibaly e Insigne. Per la viola, l'unica rete è di Kalinic, un gol ininfluente ai termini del risultato.

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