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lunedì 8 maggio 2017

Trionfo colombiano al Giro Gaviria trionfa nel vento e si prende la maglia rosa

Giro d'Italia, Gaviria vince la tappa Tortolì-Cagliari e si prende la maglia rosa



Fernando Gaviria (Quick Step Floors) vince la terza tappa del Giro d’Italia, 148 km da Tortolì a Cagliari, e conquista anche la maglia rosa. Una tappa resa difficile dal forte vento e in cui il colombiano si impone davanti al tedesco Rudiger Selig (Bora-Hansgrohe) e all’italiano Giacomo Nizzolo (Trek-Segafredo), e scavalca al comando della classifica generale il tedesco André Greipel (Lotto Soudal), ora staccato di 9 secondi.

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PREVENZIONE SANITARIA Col vaccino antinfluenzale adiuvato meno influenza, costi e complicanze

Col vaccino antinfluenzale adiuvato meno influenza, costi e complicanze


di Eugenia Sermonti



Una buona notizia: nella stagione influenzale appena trascorsa le coperture vaccinali sono in crescita. Ma siamo ancora lontani da quel 75 per cento che rappresenta la soglia ottimale di profilassi nei soggetti a rischio per patologia e soprattutto per gli over65, visto che sopra questa età si concentra mediamente il 90 per cento dei decessi legati alla più nota infezione virale dell’inverno. Un nuovo allarme sulla scarsa propensione degli italiani a proteggersi dall’influenza e dalle complicanze ad essa correlate, che possono portare ad un incremento dei ricoveri ospedalieri e ad un aumento della mortalità, è stato lanciato oggi dagli esperti riuniti a Roma in occasione della presentazione del primo rapporto italiano di Health Technology Assessment (Hta) sul vaccino influenzale trivalente adiuvato. Gli esperti dell’Università Cattolica di Roma, delle Università di Genova e Firenze e dell’Università Cattaneo di Castellanza (VA) hanno preso in esame il vaccino ‘adiuvato’, cioè potenziato per indurre una più efficiente risposta del sistema immunitario, giungendo alla conclusione che, nella popolazione over 65, questo vaccino rappresenta una soluzione ottimale in termini preventivi sia sotto l’aspetto medico che sotto il profilo economico.

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“Il punto di forza di questo modello risiede nel fatto che analizza dati estremamente conservativi, come per esempio i dati di vera influenza invece che di sindromi influenzali, e nella valutazione comparativa dei diversi vaccini esistenti (Vaccino adiuvato con MF-59, Vaccino trivalente convenzionale, Vaccino intradermico, Vaccino quadrivalente), considerando anche la mancata vaccinazione – spiega Stefano Capri, School of Economics and Management, Univestità Carlo Cattaneo (Liuc) – Ed è per questo che lo riteniamo un modello molto ‘robusto’ ”. L’indagine analizza l’impatto di una corretta immunizzazione sia per il singolo, in termini di miglioramento della qualità di vita, che per il Servizio Sanitario Nazionale, in termini di sostenibilità socio-economica e di riduzione dei costi legati alla patologia, come ad esempio la gestione delle complicanze e delle ospedalizzazioni. Il nuovo modello economico ha evidenziato infatti che, se fosse utilizzato il solo vaccino adiuvato per la prevenzione dell’influenza nella popolazione over 65, pur mantenendo una copertura vaccinale del 49,9 per cento come riscontrato nell’ultima stagione,rispetto alla situazione attuale si potrebbe ottenere una riduzione di almeno 29 mila casi di influenza, circa 3 mila casi di complicanze e circa un migliaio di ospedalizzazioni. Numeri importanti considerando il fatto che ogni anno, in Italia, centinaia di decessi negli over 65 sono riconducibili al virus influenzale. Inutile ricordare che questi risultati potrebbero ulteriormente migliorare all’aumentare delle coperture vaccinali. Se si considerano, inoltre, i costi legati all’influenza, disponibili da recenti studi, possiamo affermare che il costo medio di una stagione influenzale in Italia ammonta a 1,3 miliardi di euro. Ogni caso di influenza costa in media (in termini di costi sociali diretti ovvero visite, diagnostica, farmaci), complessivamente, 330 euro e con l’ospedalizzazione il costo sale fino a 3-6 mila euro.

Sotto il profilo squisitamente economico, invece, la strategia meno costosa è ovviamente quella della non vaccinazione, ma è altrettanto ovviamente non etica e, per giunta, la meno efficace, in quanto porterebbe solo ad un aumento dei casi e delle relative complicanze. Risulta perciò, per uno Stato che si fa promotore della salute di tutti i suoi cittadini, da scartare. “Questo modello farmaco-economico, che per la prima volta ha confrontato tutte le opzioni disponibili riguardo all’immunizzazione influenzale della popolazione senior, ha dimostrato che, sebbene la vaccinazione porti ad un aumento dei costi sanitari diretti, questa fa aumentare l’aspettativa e la qualità di vita della popolazione over 65 – spiega Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità – Secondo l’analisi il vaccino maggiormente ‘costo-efficace’, ovvero che associa la maggior efficacia con il minor costo, è il vaccino trivalente adiuvato con MF59, che quindi dovrebbe essere considerato di prima scelta per la popolazione anziana”.

Le osservazioni che nascono dall’Hta rappresentano quindi una sorta di ‘guida’ operativa per i medici e i decisori sanitari, alla luce delle considerazioni sul diverso modo in cui l’infezione si manifesta negli anziani e nei giovani. Il vero ‘flagello’, nell’anziano, è rappresentato dai ceppi A/H3N2: infatti, i più alti tassi di infezione, di ospedalizzazione e di mortalità tra gli over 65 si verificano durante quelle stagioni in cui predomina la circolazione di questi ceppi. Ad esempio, confrontando la scorsa stagione 2016-17 (netta predominanza di A/H3N2) con quella precedente 2015-16 in cui i ceppi B erano più diffusi, al picco della sindrome influenzale si evidenzia un aumento dell’incidenza nella popolazione anziana di ben 3,5 volte. In termini previsionali, l’impatto dell’influenza stagionale può essere ulteriormente ridotto con il raggiungimento della copertura prevista dal Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale 2017-2019 che, per la vaccinazione antinfluenzale, si pone come obiettivo minimo l'immunizzazione di almeno il 75 per cento degli ultrasessantacinquenni e dei gruppi a rischio e del 95 per cento come obiettivo ottimale.

Ecco la prima banca islamica In Italia, la finanza "col velo": ecco a chi vanno i soldi

Pronta la prima banca islamica italiana


di Andrea Morigi



Sembra facile fondare una banca islamica in Italia. Si prende un istituto di credito decotto, nello specifico la Cassa di Risparmio di San Miniato, si procede a una ricapitalizzazione sotto l’occhio vigile della Banca d’Italia, poi la si trasforma secondo i dettami della sharia. È un progetto portato avanti dal gruppo Bci Holding, insieme a una cordata capeggiata dall’ex ad del gruppo Mps e di Deutsche Bank, Vincenzo De Bustis, che punta a raccogliere il risparmio dei musulmani presenti nella Penisola, valutato in 6 miliardi di euro, ma piuttosto refrattario a lasciarsi gestire dagli intermediari classici del mercato finanziario. Il panorama italiano offre già altri veicoli possibili, come le banche venete in difficoltà o Banca Internobiliare, spiega l’ad del gruppo Bci, Massimiliano Salerno, al Sole 24 Ore.

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Poiché il sistema bancario convenzionale prevede la corresponsione teorica di un interesse sui depositi e di un tasso reale sui prestiti, la clientela islamica va alla ricerca di prodotti esclusivi, che escludano cioè categoricamente il costo del denaro. Uno sbarramento totale imposto dalla maggioranza degli esperti di diritto coranico, secondo i quali ogni prassi bancaria occidentale ricade sotto la definizione di usura.

Da anni, prima attraverso convegni di studi e successivamente con proposte di legge, si assiste al tentativo di aggirare gli ostacoli all’impiego dei capitali islamici. Benché la questione abbia affascinato anche intellettuali conservatori come Roger Scruton e abbia trovato spazio perfino sull’Osservatore Romano, il muro non è ancora stato abbattuto, anche perché l’integrazione comporta richieste su entrambi i versanti. Primo fra tutti la trasparenza. Nei bilanci delle istituzioni finanziarie islamiche è obbligatoria l’indicazione del versamento della zakat, cioè la tassa per il culto, uno dei pilastri della dottrina coranica. Peccato che, attraverso quel denaro, sia considerato moralmente lecito sostenere anche attività come il jihad, la guerra santa, intesa da alcuni esperti come uno dei doveri di ogni buon musulmano.

Nei tribunali Usa, la questione del finanziamento del terrorismo attraverso l’utilizzo di canali bancari islamici si è già posta in numerose occasioni nell’ultimo decennio e ha portato alla condanna di chi ha consentito che le «elemosine» servissero al sostentamento dei familiari di attentatori suicidi.

Nel resto dei Paesi occidentali prevale un atteggiamento prudente, particolarmente riguardo ai cosiddetti sharia board, cioè gli organismi interni alle banche islamiche che certificano l’ortodossia degli investimenti. Tanto che, all’interno di un’analisi pubblicata sulla propria rivista Questioni di Economia e Finanza nel 2010, la Banca d’Italia affrontava il nodo di «un’eventuale clausola inserita nei contratti che colleghi la validità e vincolatività dell’accordo alla sua conformità rispetto alle norme coraniche, come interpretate da eventuali comitati o consigli tecnico-religiosi», concludendo che quell’elemento «solleverebbe importanti questioni di ammissibilità».

In termini più espliciti, lo studioso Timur Kuran rileva come «i fondatori e i dirigenti delle banche islamiche vedono se stessi come contributori dell’opera di ristabilimento della supremazia dell’Islam nella vita dei musulmani. Alcuni vogliono ristrutturare l’intero ordine sociale secondo i criteri islamici e non solo le relazioni economiche ma anche i ruoli di genere, l’educazione, i mass media, il governo e molto altro», contando anche sul fatto che «il successo dell’islamizzazione in un campo fornisce credibilità ai tentativi di islamizzazione in altri campi». Il Califfato s’instaura anche dagli sportelli bancari.

Renzi nominato segretario Pd Occhio, non riesce a trattenersi "Vi rivelo per che cosa rosico"

Matteo Renzi segretario Pd davanti ai delegati. Non si trattiene: "Per cosa rosico"



Matteo Renzi è stato proclamato segretario del Partito Democratico. Gli eletti in Assemblea - aperta con l'inno d'Italia - assieme a Renzi sono 700, con Andrea Orlando 212 e con Michele Emiliano 88. "Grazie a chi oggi si rimette in cammino", ha detto Renzi, "cinque mesi fa, il 7 dicembre, concludevo l'assemblea Pd dimettendomi da premier". Questo è "un popolo che si rimette in gioco. Questo è un popolo che non ha paura di ripartire e di rimontare mettendo al centro una comunità politica che cerca di fare il bene dell'Italia".

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"Visto che dobbiamo arrivare fino al 2021 insieme, fermiamoci un attimo. Diciamoci parole di verità: chi siamo oggi in questo momento? Se non siamo consapevoli del nostro ruolo, perdiamo il senso dello stare insieme. Vorrei dire grazie di cuore a Andrea Orlando e Michele Emiliano, dal profondo del cuore". Lungo applauso.

 "Tre parole per il Pd: lavoro, casa, mamme". "Per 5 mesi ne abbiamo viste di tutti i colori, abbiamo dato l'impressione di essere una comunità di uomini e donne capaci solo di litigare", ha proseguito l'ex premier, "tradendo così lo straordinario messaggio che il nostro popolo ci dà.  La gente non vuole da noi polemiche, ma proposte".

Si arrabbia con il quotidiano La Repubblica: "Sento parlare di flop delle unione civili. I diritti si affermano, non si contano. E sono orgoglioso di ave imposto questa legge con la fiducia". E ancora: "Nessuno mette in discussione il sostegno a Gentiloni". 

Sulla legittima difesa: "Non abbiamo mai inseguito la destra sulla sicurezza. Ma non la spieghi una distinzione tra giorno e notte sulla legittima difesa. O accetti che la legittima difesa è un valore o non la spieghi". Infine, sulla Francia, "dire che Macron e Le Pen sono uguali è dire una bestialità". E aggiunge: "Rosico per il voto di stasera" con il doppio turno.

L'intervista al topo d'appartamento romeno "Perché rubo a casa vostra": Italia umiliata

Nicolae, l'intervista al topo d'appartamento romeno: "Rubo in Italia perché è.."



"Io rubo in Italia perché è molto più sicuro". Parole e musica di tal Nicolae V., un romeno di 58 anni che fa il topo d'appartamento. Ovvero ci ruba in casa. Lo ha intervistato Il Tempo, e nel colloquio il furfante lascia intendere in modo chiarissimo perché esercita la sua "professione" qui in Italia e non nel suo paese: perché i rischi nel Belpaese sono assai più limitati.

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"Ho fatto qualche anno dentro - racconta -, sono entrato e uscito in più carceri, però alla fine devo rubare per vivere e far vivere la mia famiglia. Ufficialmente faccio anche altro". Il suo secondo lavoro è quello del carpentiere e, continua, "non lo nasconda, mi aiuta: se entro in una casa in modo ufficiale poi per me è più facile tornarci in altro modo. Entro in casa, guardo, osservo, noto anche che vita fanno i padroni di casa, se hanno animali, se ci sono vecchi all'interno o baby sitter. Spesso così facciamo le doppie delle chiavi". Insomma, quando fa il carpentiere fa sopralluoghi per i futuri furti.

Nicolae prosegue: "Qui in Italia il vero rischio, per noi, è di ritrovarci davanti qualcuno armato oppure di incrociare una volante della polizia. Altrimenti è un gioco da ragazzi. Raramente chi ci sorprende reagisce. Il primo impatto è di incredulità, prima che capiscano qualcosa passa tempo". Dunque, il passaggio più importante: "Altre volte io e i miei compagni abbiamo commesso qualche errore e ci hanno arrestato. Grazie a Dio abbiamo un buon avvocato e voi avete delle pessime leggi. In Romania certe cose non sarebbero permesse, finisci dentro e non esci più. E lì da noi sono cattivi". In Italia, dunque, è una pacchia? "Diciamo che per fare quello che facciamo noi, l'Italia è un posto ideale. A volte ci sorprendiamo anche noi per la velocità con cui usciamo. Ma non è sempre così, cambia da giudice e giudice". Benvenuti in Italia, il paradiso dei topi d'appartamento.

Emmanuel Macron, i segreti dell'uomo scelto dall'alta finanza: a chi si è affidata la Francia

Macron, i segreti dell'uomo scelto dall'alta finanza: a chi si è affidata la Francia


di Gianluigi Paragone



Tutto come previsto: Emmanuel Macron è il nuovo presidente della Repubblica Francese. Il candidato di En Marche! batte il fronte anti-europeista che ha in Marine Le Pen la sua stella più scintillante. Una vittoria nettissima, con circa il 65% dei voti al ballottaggio. La Francia, dunque, sceglie l'Europa, Bruxelles, la finanza, Angela Merkel. Già, perché dietro al nuovo "eroe" che ha fermato l'avanzata dei "pericolosi populisti" agiscono forze ed attori che non promettono nulla di buono. Tanto che nel primo discorso da neo-presidente, Macron ha subito promesso che difenderà questa Europa. Come cambierà, dunque, il Vecchio Continente? E soprattutto, chi è davvero il leader di En Marche? Quali manine lo hanno condotto all'Eliseo? Per ottenere le risposte a queste domande, vi riproponiamo un articolo scritto da Gianluigi Paragone qualche giorno fa: ecco con chi avremo a che fare.

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Macron, il candidato moderno. Il presidente in pectore che andrà oltre i partiti tradizionali. Il giovane euro entusiasta. Riformista, solidarista, liberista e, visto che ci siamo, anche liberal quanto basta da sposare una donna più grande di lui di parecchi anni. Macron, il candidato a taglia unica, che va bene sia ai radical chic della sinistra francese che ai moderati che guardarono a Sarkozy con fiducia. Macron, il banchiere di Rothschild, l’amico dell’Europa e nemico dei nazionalismi.

Quante cose è questo Macron, la faccia pulita che un pezzo di Francia ha scelto per andare al ballottaggio contro la pericolosa xenofoba Marine Le Pen, che - per quanto ridimensionta - alla sfida a due è riuscita ad andarci. Macron è sostanzialmente tutto e nulla, come si addice ai leader moderni: non è importante avere l’esperienza per guidare un Paese, basta avere la rete di relazioni che contano. E lui ce l’ha. Ecco perché di tutte le definizioni con cui l’hanno descritto ne manca una, assai maliziosa, che tuttavia le contiene tutte: Macron, il presidente duttile, teleguidabile. Un altro presidente perfetto per quel sistema GangBank che racconto nel mio libro appena uscito sul perverso intreccio tra finanza e politica. Un altro di quei signori che entreranno e usciranno dalle banche d’affari: Rothschild, Goldman Sachs, Jp Morgan, Morgan Stanley e compagnia bella.

«Farò da argine ai nazionalismi - ha commentato - Hanno perso i partiti tradizionali». È vero, hanno perso i partiti tradizionali, ha vinto la finanza speculativa. Ma ovviamente in questo clima di melassa non suona strano a nessuno se i partiti tradizionali stiano perdendo dappertutto, sostituiti da contenitori a taglia unica, unisex guidati da giovani rottamatori. Nell’Europa del neoliberismo i partiti tradizionali sono ferri vecchi, pezzi di antiquariato perché antiquato è il mondo cui si riferivano. Se il lavoro è disarticolato, non ha senso un partito socialista. Se le piccole imprese affogano nella tempesta della globalizzazione finanziaria, nemmeno un partito liberale serve. Così come è fuorimoda un partito repubblicano senza una Repubblica sovrana.Nella politica moderna financo la Costituzione diventa un impiccio. Una costituzione che parli di lavoro e di impresa, di diritti e di Stato, non può essere la carta fondamentale per mancanza dell’oggetto in questione. Macron è il campione di una modernità costruita in laboratorio per distruggere gli Stati.

In Francia il sistema GangBank non poteva perdere: sarebbe stata la fine. Ora le paure sono finite: in Italia, la legge elettorale è funzionale all’eurismo distruttivo. La propaganda farà il resto: come potete fidarvi della Le Pen? Come potete mandare al governo i Cinquestelle o Salvini? Come pensate di uscire dall’euro? Non solo seminano il panico ma colpevolizzano pure la vittima: avete vissuto sopra le vostre possibilità! Adesso, state buoni.

La finanza che ci fa la morale è la stessa che ha truccato la partita, che ha creato le condizioni delle bolle e poi delle crisi. GangBank ha trasformato i cittadini in consumatori per lasciarli nudi di fronte al loro indebitamento.

Macron ha chiamato il suo movimento «En Marche!» ma dietro di lui non c’è il quarto stato. Però ha vinto, ha superato il modello dei partiti, e questo basta per mettere tutti all’angolo. È la vittoria del ragazzo con la faccia pulita, il candidato che rassicura, è la sintesi di tutti i buoni principi. È il Battista del leader globale che verrà, Mark Zuckerberg, quel Gesù della Silicon Valley mandato dal dio moderno. Quando lo chiameremo presidente, il buonismo diventerà atto di fede e allora bye bye opposizione e diritto di critica. Bastano loro, i buoni per definizione.

domenica 7 maggio 2017

Vince Macron, trionfa l'Europa dei banchieri I primi dati: un massacro per Marine Le Pen

Francia, exit poll: Emmanuel Macron verso una netta vittoria su Marine Le Pen



I sondaggi non sbagliavano. Tutto come previsto: Emmanuel Macron, 39 anni, stravince contro Marine Le Pen nel ballottaggio delle elezioni francesi: sarà l'ottavo presidente della quinta Repubblica francese. Il candidato di En Marche! secondo il quotidiano Le Soir si impone con il 62,5% dei voti contro il 37,5% della leader del Front National. Dunque i primi exit-poll, ancor più drastico: a Macron andrebbe oltre il 65% dei consensi. Confermate, dunque, anche le indiscrezioni dei media belgi filtrate a metà del pomeriggio. Vince dunque l'Europa della finanza e dei banchieri. Sconfitto in modo netto il fronte anti-europeista: per quanto al Le Pen prenderà quasi il doppio dei voti rispetto alle ultime elezioni in Francia, le proporzioni della sconfitta sono impressionanti.

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I due candidati si sono sentiti telefonicamente subito dopo le 20. Secondo Afp, sarebbe avvenuto uno scambio telefonico breve e cordiale in cui la Le Pen ha riconosciuto la sconfitta (lo ha poi confermato la stessa Le Pen). Al Louvre, dove sono raccolti i sostenitori di Le Pen, la folla è esplosa in un boato di gioia quando la tv pubblica ha annunciato: "Il presidente della Repubblica è Emmanuel Macron".

La Le Pen ha votato in mattinata, nella scuola Jean-Jacques Rousseau di Hénin-Beaumont, nel dipartimento di Pas-de-Calais, nel nord est della Francia, per poi raggiungere il quartier generale del FN alla porte di Parigi. Macron ha votato nel medesimo dipartimento, ma a Touquet: anche lui, successivamente, si è recato a Parigi. Il discorso è atteso al Louvre, mentre la festa si terrà nella Cour du Carrousel, al centro tra la piazza simbolo della destra, la Concordia, e quella della sinistra, la Bastiglia. Una scelta, quest'ultima, con cui Macron prova a rimarcare di essere un leader senza partito. Un leader il cui partito, però, assomiglia molto a quello espresso dai burocrati di Bruxelles, dal mondo dell'alta finanza e delle banche da cui proviene.