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mercoledì 25 gennaio 2017

Bomba Brexit, il referendum non basta L'Euro-golpe: "Serve un altro voto"

Brexit, la Corte suprema boccia il governo: "Serve il voto del Parlamento"



Per la Brexit servirà un voto del Parlamento inglese. Il governo britannico ha perso l'appello presentato davanti alla Corte Suprema del Regno Unito riguardo al diritto di attivare l'Articolo 50 del Trattato di Lisbona senza consultare il Parlamento. Gli 11 giudici della Corte, ha riferito il presidente della Corte Lord Neuberger nel leggere il verdetto, hanno confermato con una maggioranza di 8 a 3 la precedente sentenza dell'Alta Corte, che ha stabilito la necessità di un passaggio parlamentare prima dell'attivazione dell'Articolo 50, che darà ufficialmente inizio al processo di uscita dall'Unione Europea stabilita dalla vittoria del "Leave" nel referendum dello scorso giugno.

"Il governo non può attivare l'Articolo 50 senza un atto del Parlamento", ha affermato Lord Neuberger. L'uscita dalla Ue, ha spiegato il presidente della Corte Suprema, comporterebbe un cambiamento fondamentale nel Regno Unito, recidendo la fonte del diritto Ue, incidendo così sui diritti dei cittadini britannici. La Corte ha anche stabilito che il governo non deve consultare preventivamente le amministrazioni delle regioni autonome che compongono il Regno Unito: Scozia, Galles e Irlanda del Nord.

"Rispettiamo la decisione della Corte Suprema" ma non cambia il calendario della Brexit: questa la prima reazione di Downing Street, alla decisione della Corte Suprema di Londra secondo cui il Parlamento londinese dovrà autorizzare la Brexit. Nella nota, si ricorda che "il popolo britannico ha votato per lasciare l’Ue e che il governo si atterrà al suo verdetto, mettendo in moto l'articolo 50, come previsto, entro la fine di marzo. La decisione odierna - si fa notare - non cambia tutto ciò". Il governo ha aggiunto che illustrerà i suoi prossimi passi a breve in Parlamento. 

Dopo il voto della Corte Suprema, Downing Street conferma che l’attivazione dell’Articolo 50 del Trattato di LIsbona avverrà «entro al fine di marzo». Il verdetto di oggi, ha affermato un portavoce del governo, «non cambia» quanto già pianificato. «È importante ricordareche il Parlamento ha approvato il referendum con un margine di sei a uno ed ha già indicato il suo sostegno al processo di uscita secondo le scadenze che abbiamo stabilito», ha detto ancora il portavoce di Downing Street, sottolineando che il governo «rispetta la decisione della Corte Suprema e a breve stabilirà i prossimi passaggi in Parlamento».

Il dramma degli immigrati è da Oscar L'Italia corre per la statuetta / Guarda

"Fuocoammare" candidato all'Oscar come miglior documentario



Dopo aver trionfato al Festival di Berlino, gli sbarchi a Lampedusa conquistano anche la California (tanto da loro mica sbarcano africani a bizzeffe come sulle nostre coste). Il film "Fuocoammare" di Gianfranco Rosi è infatti entrato ufficialmente  nella cinquina delle pellicole candidate all'Oscar come miglior film documentario. La premiazione si terrà a Los Angeles il prossimo 24 febbraio.

Consulta, slitta la sentenza sull'Italicum Oggi il verdetto: tutti gli scenari

Italicum, slitta la decisione della Corte Costituzionale: la sentenza alle ore 13.00



La Corte Costituzionale ha annunciato lo slittamento della sentenza sull'Italicum, che era prevista nella serata di martedì 24 gennaio, invece, slitta alle ore 13.00 di stamattina 25 gennaio. Una sentenza decisiva, dalla quale dipendono le sorti della legislatura. Secondo le indiscrezioni, la Corte avrebbe già deciso di bocciare due punti fondamentali del testo (sarebbero il ballottaggio e le candidature multiple). Più dubbi, invece, sul fatto che venga bocciato anche il premio di maggioranza. 

BOMBA SOTTO ALLA DIGA "Terremoto e cataclisma" Gli esperti: "Quando accadrà"

Dighe di Camposanto, i movimenti anomali che spaventano gli esperti: "Il rischio in caso di nuovo terremoto"



Una bomba sotto il lago di Campotosto. La zona è quella del secondo bacino artificiale più grande d'Europa nel cuore dell'Abruzzo e di tre dighe, Poggio Cancelli, Sella Pedicate e Rio Fucino, proprio sopra una delle faglie assassine che da agosto a oggi hanno seminato morte e distruzione nell'Italia centrale. Il pericolo, come sottolineato tra allarme e smentite tardive, l'ha lanciato il presidente della Commissione Grandi Rischi Sergio Bertolucci: con un terremoto di magnitudo 7.0 si prospetta un disastro in stile tsunami e Vajont, con annesso devastante carico di vittime.

L'allerta sulle strutture è massima, già dal 2009 e dal terremoto dell'Aquila. Il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio ha convocato una riunione al riguardo, "di prassi" dopo scosse oltre magnitudo 4.0. Tuttavia, scrive Il Giornale, c'è un dato che preoccupa geologi e sismologi: il livello di energia accumulatasi nel sottosuolo. Il progetto Deep Gases from Active Faults del Cnr ha evidenziato "quantità sospette di radon e toron (isotopo instabile del radon) di solito collegate agli eventi tellurici". Questo potenziale rappresenterebbe "una lacuna" non ancora scaricata. Ce n'è abbastanza per temere un nuovo evento sismico.

"Gli abbiamo dato il cu.., e ora..." Rigopiano, l'intercettazione-horror

"A quelli gli abbiamo dato pure il cu...". L'inchiesta dimenticata



La tragedia dell'hotel Rigopiano ha riportato a galla le vicende controverse legate agli ultimi anni della struttura di Farindola. Lo scorso novembre il Tribunale di Pescara ha assolto i cinque imputati - ex amministratori comunali e gli ex titolari dell'albergo - coinvolti nell'inchiesta sui presunti abusi avvenuti dopo gli ampliamenti del 2007. Oggi gli atti di quell'indagine, riporta il Tempo, sono stati acquisiti al fascicolo del procuratore capo Cristina Tedeschini e del sostituto procuratore Andrea Papalia che indagano per omicidio plurimo colposo e disastro colposo.

L'inchiesta del pm Varone si basava sull'accusa che l'amministrazione comunale dell'epoca, guidata da una maggioranza del Partito democratico, era "piegata" alle richieste degli imprenditori, in quel caso i cugini Del Rosso, eredi della struttura alberghiera. In un'intercettazione, per esempio, gli inquirenti avevano raccolto uno sfogo emblematico: "C'hanno manipolato come gli pare e piace, qualsiasi cosa gli serviva, pronto, pronto, pronto (...) Gli è stato dato pure il culo a livello di amministrazione, ogni richiesta esaudita e... alla fine ecco il risultato!".

Nel mirino degli inquirenti era finita per esempio la delibera che sanava l'ultimo ampliamento della struttura, approvata in cambio di "promessa di versamento di denaro destinato verosimilmente a finanziamento di un partito politico", oltre che "assunzioni preferenziali per propri protetti" nella società dei Del Rosso.

L'unico che ha votato contro la suddetta delibera è stato un consigliere di minoranza che ha ricordato ai carabinieri come il giorno del consiglio comunale aveva ribadito la sua contrarietà: "La ditta Del Rosso, senza nessuna preventiva autorizzazione, aveva occupato abusivamente una parte del terreno". In quella seduta poi c'era un'altra situazione imbarazzante e riguardava altri membri del Consiglio: "C'erano delle incompatibilità che riguardavano alcuni consiglieri, i cui parenti all'epoca lavoravano presso l'Hotel Rigopiano: la figlia di... la nipote di..., la moglie di... e tutti e tre hanno votato favorevolmente".

Dopo quella delibera, secondo la procura ci sarebbero state altre concessioni sospette e intercettazioni in cui c'erano amministratori che esortavano altri ad accelerare i tempi e a convincere anche l'opposizione perché i Del Rosso non subissero ritardi. L'assoluzione finale da parte dei giudici è stata piena con sentenza passata in giudicato, con la linea della difesa sposata in pieno: "L'ampliamento oggetto dell'indagine riguarda un terreno su cui non è stata costruita nessuna depandance dell'hotel - ha detto l'avvocato di Paolo Del Rosso, Romito Liborio - e comunque non è stato interessato dalla slavina". 

martedì 24 gennaio 2017

La vergogna: terremotati e umiliati Lo Stato non paga gli hotel. E ora...

Lo Stato non paga l'hotel ai terremotati, si teme il peggio


di Claudia Osmetti



La notizia arriva dalla pagina Facebook di Matteo Salvini. Reduce da una visita nelle zone terremotate nei giorni scorsi, il leader della Lega è stato investito dalla preocupazione e dall’ansia degli sfollati, che temono di essere sfollati dagli alberghi che li ospitano: le strutture, infatti, non ricevono da tre mesi i rimborsi dalle Regione Marche.

Libero ha verificato la notizia. Alcuni gestori attendono da tre mesi, altri quasi da quattro. Ci hanno provato in tutti i modi, sono mesi che scartabellano documenti e fogli bollati, ma tra loro e quei finanziamenti ci si è messa di mezzo la burocrazia. E apriti cielo: di accedere agli accrediti non c’è verso. Alcuni hanno vissuto una vera e propria odissea solo per avere i codici meccanografici necessari per presentare regolare fattura alle casse della Regione Marche, con la conseguenza - più che ovvia di fronte al muro della burocrazia - che il sistema di compenso si è bello che bloccato. Tradotto (semmai ce ne fosse bisogno): significa che l’assistenza degli sfollati è ancora tutta sulle spalle di chi li ospita. Anzi, sulle loro tasche.

E sarà un errore informatico, saranno i computer che non funzionano a dovere, saranno pure passaggi amministrativi complessi, ma i diretti interessati non l’hanno presa bene. Da entrambe le parti, ovviamente: i proprietari degli hotel disponibili a ospitare gli sfollati chiedono quanto spetta loro, i terremotati domandano spiegazioni. Già, perché al momento (e con l’emergenza neve in atto) tocca stringere i denti; ma tra un paio di mesi, quando cioè inizierà la bella stagione, bisognerà anche far quadrare i conti. E gli sfollati, visto che i gestori non possono aspettare all’inifinito, temono prima o poi di essere allontanati da quelle strutture. Intendiamoci: la solidarietà degli albergatori marchigiani è fuori discussione. Hanno dimostrato, e stanno dimostrando, un senso civico che riempie d’orgoglio mezzo Paese. Sono le istituzioni che, al solito, zoppicano.

CAVILLI E CODICI
La questione, tra l’altro, non è scoppiata nelle ultime ore. Nossignori: si trascina da mesi, da quando il sisma di agosto ha messo a ferro e fuoco il Centro Italia. La prima ad aver sollevato il polverone sui rimborsi è Marzia Malaigia, vice presidente del Consiglio regionale marchigiano ed esponente della Lega Nord: a dicembre dello scorso anno è stata lei ad aver acceso i riflettori sulla vicenda, denunciando che una novantina di strutture (già allora) non erano in grado di accedere a quei finanziamenti regionali. Mancavano i codici, si è detto, disguidi burocratici.

«Il giorno dopo, guarda caso, per loro si è aperto uno spiraglio», sbotta Malaigia, «ma ci sono ancora un centinaio di albergatori che non hanno visto un centesimo, senza contare i Bed and Breakfast e le strutture più piccole». Come il camping «Quattro Stagioni» di Sarnano (in provincia di Macerata): lì, nei villini in muratura e nei bungalow convenzionati, è attualmente ospitata una trentina di persone disperate che a causa del terremoto ha perso la casa.

IL CAMPING
«Non ci è ancora arrivato un centesimo», ribadisce il proprietario, «abbiamo fatto tutto quello che ci hanno chiesto, presentato una marea di fogli e documenti: da mesi la situazione è rimasta tale e quale, non si è mossa di una virgola». Parole a cui fanno eco quelle del collega dell’albergo Bianchi di Porto Recanati (sempre in provincia di Macerata): «È una vergogna: la Regione ci sta tirando il collo e addossa a noi i costi di questa tragedia». In quell’hotel, che dà proprio sulla costa Adriatica, al momento vivono venticinque terremotati: «Erano quarantadue quando abbiamo aperto le porte», continua la direzione, «non ne abbiamo accolti altri, non li abbiamo rimpiazzati perchè proprio non possiamo e in futuro ci guarderemo bene dal dare la nostra disponibilità. Le lungaggini burocratiche ci stanno distruggendo». Tanto per capirci: all’albergo Bianchi hanno aderito al progetto di accoglienza dal primo novembre, l’ultima comunicazione che hanno ricevuto (una manciata di settimane fa) faceva slittare l’inizio delle erogazioni a febbraio.

IN GINOCCHIO
«Siamo riusciti a inviare la prima fattura solo a fine dicembre», fanno sapere, «abbiamo dovuto aspettare l’accettazione da parte della Regione il 14 gennaio, un passaggio amministrativo inutile, e il pagamento avverrà a 60 giorni». Nel frattempo? Bisogna avere pazienza. «In quattro mesi è stato tutto a carico nostro, e noi siamo pure tra quelli fortunati: ci sono strutture che non sanno più come pagare il personale e coprire le spese di gestione. Così non si può continuare», chiosano. «Non può funzionare in questo modo, non è possibile che in questo Paese le cose si risolvano sempre e solo dopo innumerevoli sollecitazioni o perchè qualcuno grida più forte degli altri», racconta Malaigia. La sua è la voce strozzata di chi da giorni non si dà pace, corre da una parte all’altra e aiuta dove può. Una battuta con i Vigili del fuoco impegnati nei soccorsi, una mano tesa ai tanti allevatori che sono in ginocchio da mesi a causa del terremotro, la solidarietà (ma quella vera) per chi in queste ore è letteralmente allo stremo. «Ho parlato con gente che mi diceva avrebbe preferito morire sotto le macerie. Un signore, ieri, mi ha addirittura confessato di far finta di sorridere per rassicurare la moglie, ma che in realtà dentro si sente svuotato: verso queste persone non possiamo restare indifferenti». E nemmeno ripararci, ancora una volta, dietro la scusa di qualche disservizio burocratico.

VIRGINIA RAGGI, È FINITA? L'ultima bomba: è indagata Subito in ginocchio da Grillo

Raggi indagata per la nomina di Marra: "Sono serena, ho informato Grillo"



L'ultima bomba su Virginia Raggi: è indagata. Lo comunica la diretta interessata con un breve post su Facebook, dove scrive: "Oggi mi è giunto un invito a comparire dalla Procura di Roma nell'ambito della vicenda relativa alla nomina di Renato Marra a direttore del dipartimento Turismo che, come è noto, è già stata revocata. Ho informato Beppe Grillo - continua la sindaca di roma - e adempiuto al dovere di informazione previsto dal Codice di comportamento del Movimento 5 Stelle". Lo stesso codice, per inciso, che soltanto fino a qualche settimana fa prevedeva dimissioni automatiche per gli indagati che volessero restare nel Movimento 5 Stelle. Raggi conclude affermando: "Sono molto serena, ho completa fiducia nella magistratura, come sempre. Siamo pronti a ogni chiarimento".