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sabato 3 dicembre 2016

Clamorosa rivoluzione nella telefonia: arriva un colosso, che cosa cambia

Rivoluzione nella telefonia: arriva un nuovo operatore, cosa cambia



Rivoluzione nel mondo della telefonia: Sky si allarga al mercato degli smartphone. Il Corriere riporta la notizia che viene dal Regno Unito: il broadcaster che fa capo a Rupert Murdoch entra nel mercato delle telefonia mobile. Un ulteriore segno del processo di convergenza tra gli operatori delle Tlc nel loro complesso, cioè tra chi era nella telefonia e in Internet come Telecom Italia, che offre anche contenuti, e chi invece fa il percorso inverso.

Nasce "Sky Mobile", un operatore virtuale di rete mobile, cioè un fornitore di servizi di telefonia mobile che non possiede alcuna licenza per il relativo spettro radio né ha le infrastrutture necessarie per fornire i servizi. Infatti Sky userà la rete di O2 (Telefonica). "Sentivamo che era il momento di dare una scossa al mercato mobile e di offrire ai consumatori un modo totalmente nuovo di gestire il loro piano", ha detto Stephen van Rooyen, amministratore delegato di Sky per il Regno Unito e Irlanda. Sky offre chiamate e Sms gratis a livello nazionale e piani personalizzabili. I Giga di dati non utilizzati possono essere usati in futuro, conservandoli in una sorta di «salvadanaio» dove resteranno a disposizione fino a tre anni.

Napoli formato Champions, disastro Inter Sarri cancella Pioli in 5 minuti, è 3-0

Serie A, Napoli-Inter 3-0: Sarri cancella Pioli in 5 minuti



Due gol nei primi 5' e uno a inizio ripresa: il Napoli travolge l'Inter 3-0 nell'anticipo della 15esima giornata di Serie A e si rilancia in chiave Champions League, portandosi a -1 da Roma e Milan seconde. Per i nerazzurri di Pioli, invece, un altro brusco stop dopo il disastro in Europa League contro il Beer Sheva e le prove con luci e ombre nel derby e contro la Fiorentina. Troppe distrazioni dietro, troppa imprecisione davanti: la bilancia nerazzurra dei pro e dei contro pende paurosamente dalla parte di questi ultimi. Manca concentrazione, manca equilibrio, manca continuità: così raggiungere la qualificazione in Europa (il Napoli, sesto, ha 7 punti di vantaggio) è utopia. Al San Paolo invece gli uomini di Sarri tornano a correre, divertire, brillare. Non sbagliano nulla e anzi mettono subito in cassaforte la gara: al 2' segna Zielinski, al 5' Hamsik. Reina salva quando l'Inter prova a reagire con Icardi, Candreva e Perisic, ma è Handanovic a negare il tris prima di capitolare al 51' su Insigne. Se qualcuno può ancora pensare in grande, quelli stasera sono gli azzurri.

RENZI SPERA, GLI ALTRI... Cav: "Perde? Lasci la politica" Grillo parla già di sconfitta

Lo scontro finale Renzi-Berlusconi-Grillo, tra "rimonte bestiali" e "se perdiamo..."



"Se perde il referendum, Matteo Renzi deve lasciare la politica". Silvio Berlusconi conclude la campagna elettorale per il referendum in crescendo: il leader di Forza Italia l'ha iniziata da meno di un mese, ha centellinato le energie e si gioca tutto nelle ultime ore, senza fare sconti al premier. 

"Se vince il No starà al Pd e al Quirinale decidere se Renzi deve continuare, ma io non credo ci sarà un governo di tecnici, quindi vediamo che succede", spiega Berlusconi al Corriere.it. "Anche oggi ha detto di non essere di quelli che resta attaccato alla poltrona. Come si potrebbe pensare che resti al governo? E non lo dico io, è lui che lo ha detto pubblicamente e più volte e per me la parola è sacra". Come Matteo Salvini, il Cav ha parlato anche di brogli: "Noi abbiamo una tradizione negativa, in molte occasioni ci sono stati sottratti dei voti dall'abilità nel fare brogli da parte della sinistra e fino a quando noi non avremmo un voto diverso da quello con la matita su una scheda con una X e non avremmo una situazione tecnologicamente avanzata i brogli sono possibili".

Decisamente (e sorprendentemente) più dimesso l'ultimo comizio di Beppe Grillo. In piazza a Torino, il leader del Movimento 5 Stelle ha parlato apertamente di possibilità di sconfitta: "Se vinceremo o perderemo, sarà la stessa cosa, ormai il paese è diviso in due", e in ogni caso il M5s "andrà avanti". "Il fallimento è poesia - ha poi aggiunto -. Non avrò grandi scompensi lunedì, in caso di sconfitta, perché anche se perdiamo sarà una perdita straordinaria, che ci darà ancora più forza. Cosa farò? Andrò su Marte e farò anche lì il Movimento 5 Stelle...". Non esattamente il modo migliore per arringare la folla grillina alla vigilia di quello che gli stessi 5 Stelle hanno contribuito a rendere il momento-clou della politica italiana.

E Renzi? In tv al Tg1 e da Mentana, in piazza a Firenze, il premier si dice ottimista: "Sono un po' stanchino ma sono gasatissimo dall'idea che questa rimonta bestiale possiamo portarla a casa". La carta è quella di un'Italia più forte con il Sì, anche e soprattutto in Europa: "Potremmo essere un Paese leader in Europa e punto di riferimento valoriale, educativo e culturale nel mondo. Per farlo c'è bisogno di rimuovere un po' di ostacoli burocratici, amministrativi, politici. Si poteva fare in un altro modo? Sì ma non si è mai fatto. Questa è un'occasione concreta, domenica chi vota Sì cambia, chi vota No lascia le cose come stanno, e secondo me così come sono non vanno bene".

venerdì 2 dicembre 2016

I cinesi gli smontano la Ferrari: spunta la tassa che affonda Marchionne e soci

Cina, la tassa sulla Ferrari rallenta le vendite



In Europa Fca va forte, cresce del 10% in Italia e del 17% in Francia, ma negli States il marchio italiano chiude con un calo del 14% su base mensile. Un risultato preoccupante proprio perché sono gli Usa il primo mercato della Fca, il più redditizio. Il problema, oltreoceano, è la concorrenza, molto agguerrita: General Motors, storico marchio a stelle e strisce segna infatti una crescita del 10%, mentre Ford, altro brand molto caro agli yankee, sale del 5 per cento.

Nessun appiglio per la caduta libera della Fca in Usa, nemmeno i buoni risultati di Jeep Renegade (+30%); torna alla ribalta anche Volkswagen, che dopo lo scandalo Dieselgate ha passato un anno intero a chiudere in passivo, mentre ora ottiene un ottimo risultato (+24%). Altra cattiva notizia per Fca: le berline Chrysler 200 e Dodge Dart, due modelli molto cari agli americani, hanno subito un crollo totale, addirittura si parla di stop alle vendite. Ma non è tutto nero per Fca: in Italia infatti il marchio non è mai andato così forte, con una crescita del 16,5% da gennaio; a favore questo boom è l'effetto Alfa Romeo Giulia, che incrementa le vendite del 35,6% (crescita del 49% in Francia). Jeep continua ad andare forte con un incremento del 27,5%.

Per i marchi di lusso stessa situazione incerta: la Cina infatti, uno degli stati che più contribuisce agli introiti di questi brand, ha optato per una svolta protezionista sul piano politico. Il governo cinese ha quindi imposto una tassa del 10% su tutte le supercar, per scoraggiare così le élite socio politiche dall'acquistare beni di lusso. Se l'auto supera i 177mila euro viene applicata l'imposta. Lamborghini, Aston Martin, Rolls-Royce e Ferrari hanno subito risentito degli effetti di questa decisione, il Cavallino in particolare ha ricevuto un immediato calo dell'1,35%, ridotto poi allo 0,58% prima della chiusura delle borse. Ma la tassa cinese continua a gravare sui piani espansionistici di Sergio Marchionne.

Napolitano sbrocca a tre giorni dal voto "Ecco che cosa siete": insulto ai grillini

Napolitano sbrocca a tre giorni dal voto. "Ecco che cosa siete", insulto ai grillini 



"In questo momento storico, in questa fase europea, abbiamo bisogno assai più di prima di alta professionalità. Non abbiamo bisogno di scegliere persone e di dettare indirizzi attraverso un clic". Giorgio Napolitano lo ha detto durante un intervento all'Università Luiss-Guido Carli in occasione della cerimonia per la borsa di studio intitolata a Loris D'Ambrosio. Un attacco abbastanza esplicito a Beppe Grillo: "Faccio fatica - ha aggiunto il presidente emerito - a immaginare come si possa abbracciare questo pseudo metodo di coinvolgimento popolare ma bisogna reagire a questa ondata semplificatrice e in sostanza mistificatrice e bisogna dire che non esiste politica senza professionalità come non esiste un mondo senza élite".

E ancora: "Come Italia dentro l'Ue possiamo fare la nostra parte in modo particolare se riusciamo a sviluppare una coesione nazionale che non significa inciucio. Qualsiasi formula si abbracci, qualsiasi alleanza politica possa essere chiamata a governare il Paese, al di là di ciò che è dentro la competizione naturale della politica democratica, ci deve essere sempre qualcosa in cui ci sia una convergenza di posizioni politiche, una convergenza di sentimenti".

Il terremoto nel Pd, in 32 fatti fuori I due super-big "cacciati" / Guarda

Pd, i 31 che per statuto non possono essere ricandidati: ci sono anche Franceschini, Bindi, Bersani e Finocchiaro



di Franco Bechis



C’è un gruppetto di parlamentari più nervoso degli altri alla vigilia del referendum di domenica. Un gruppetto cui poco importa in sé di quel che accadrà alla Costituzione italiana (ognuno di loro la pensa assai diversamente dall’altro), molto però delle conseguenze che quel voto potrebbe avere sul proseguimento di questa legislatura. Il gruppetto vive ore sudando freddo, mentre legge i vari retroscena sulle pagine politiche, e quelle ipotesi di ricorso immediato alle urne che secondo alcuni Matteo Renzi vorrebbe tentare in caso di vittoria del no, e secondo altri cercherebbe anche in caso di vittoria del sì. Sudano freddo, perché i 32 del gruppetto sono tutti parlamentari Pd che hanno varcato la fatidica soglia di almeno 15 anni da deputato e da senatore, e che quindi a norma dell’articolo 21, comma 3 dello statuto Pd, non potrebbero più essere ricandidati. A guidare il gruppo di quelli che dovrebbero dire addio allo scranno parlamentare c’è un pezzo da Novanta del partito, che ha nel suo curriculum ogni carica interna ed oggi è ministro dei Beni culturali: Dario Franceschini.

INTERPRETAZIONE
I 15 anni di parlamentare li ha compiuti nella primavera scorsa, e dovrebbe dire addio al Palazzo della politica, perché quel comma 3 dell'articolo 21 recita esattamente così: «Non è ricandidabile da parte del Pd per la carica di componente del Parlamento nazionale ed europeo chi ha ricoperto detta carica per la durata di tre mandati». Ironia della sorte proprio Franceschini giocò un ruolo di primo piano nella interpretazione di quel comma. Perché sulle prime quella barriera avrebbe rischiato di rendere incandidabile mezzo partito, visto che una legislatura recente, quella iniziata nel 2006 con la vittoria elettorale di Romano Prodi, era durata appena due anni. Fu l’attuale ministro dei Beni culturali a salvare molti colleghi di partito da quella mannaia favorendo con lunghe trattative una interpretazione estensiva di quel limite massimo: non tre legislature qualsiasi, ma 15 anni, pari a tre legislature integrali.

Per questo tornò in Parlamento anche chi aveva alle spalle quattro legislature, con cui però non aveva raggiunto i tre lustri su quegli scranni. Ma il favore che all’epoca Franceschini fece ai colleghi più anziani di curriculum, difficilmente oggi potrebbe essere restituito. Anche perché i più fieri avversari delle deroghe a questa regola sono sempre stati i renziani della prima ora. E quando alle scorse elezioni si dovette chiudere un occhio per non lasciare a casa le figure più importanti del partito, fu Sandro Gozi a presentare un ordine del giorno per limitare al minimo le deroghe, limitandole solo al segretario del partito. Non vinse quella battaglia, ma ora sarebbe difficile fare l’opposto. Anche se non sarà facile, perché nel gruppetto guidato da Franceschini ci sono anche alcuni dei personaggi più rilevanti del partito. Il primo che ha già superato i 15 anni è l’ex segretario e oggi leader della minoranza, Pier Luigi Bersani. Oltre lui però sono all’ultima legislatura entrambi i capigruppo, quello del Senato Luigi Zanda e quello della Camera, Ettore Rosato.

ANCHE LA PINOTTI
Nella stessa condizione due ministri in carica come Paolo Gentiloni (Esteri) e Roberta Pinotti (Difesa). E ben quattro sottosegretari in carica: Sesa Amici, Gianclaudio Bressa, Antonello Giacomelli e Marco Minniti. Ci sono tre vicepresidenti delle istituzioni: Vannino Chiti (Senato), Roberto Giachetti e Marina Sereni (Camera), con il problema che questi due sono renziani doc della prima ora, non facili da sacrificare. Ci sono pure sette presidenti di commissione parlamentare come Rosy Bindi, Anna Finocchiaro, Giuseppe Fioroni, Nicola Latorre, Michele Pompeo Meta, Ermete Realacci e Giorgio Tonini. E anche qui tre di loro sono fedelissimi da tempo del premier in carica, che è anche segretario del loro partito con il potere di proporre deroghe alla regola.

Comprensibile il tremore con cui tutti loro e i semplici deputati e senatori nella stessa identica situazione stanno attendendo la mannaia delle urne di domenica prossima. Non sarà difficile trovare molti di questo elenco pronti a resistere e magari favorire il proseguimento della legislatura anche di fronte ad ipotesi di governo tecnico. Proprio loro potrebbero essere determinanti dopo il 5 dicembre prossimo...

Orrore di un immigrato su una bimba Lo choc a Rimini, ritrovata nel sangue

Arrestato immigrato per violenza sessuale su una bambina di sei anni



A Rimini, l'ultimo orrore di un immigrato: un uomo di origini straniere è stato arrestato dalla polizia per presunta violenza sessuale su una bambina di sei anni. A dare l'allarme è stata la madre della bimba, anche lei straniera, che ha rinvenuto sua figlia sanguinante. Al momento del presunto abuso, assieme ai genitori in casa c'erano anche altri ospiti: secondo quanto si è appreso è stata proprio la bimba ad indicare con precisione l'uomo che le avrebbe procurato le lesioni.