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giovedì 10 novembre 2016

Carabinieri umiliati: ecco su che auto li mandano in giro, ridotti così / Guarda

Carabinieri umiliati: su che auto li mandano in giro, ridotti così



Sono verdi, di quel verde smeraldo che caratterizza la Forestale, ma hanno la scritta bianca “Carabinieri” sulle fiancate, sul cofano e sul retro. Già, curiose e intriganti: sono le automobili che saranno a disposizione, dal primo gennaio 2017, del “Comando tutela ambientale, agroalimentare e forestale”, cioè la vecchia Guardia Forestale accorpata all’Arma, come stabilisce il decreto legislativo 177 di riorganizzazione delle forze di polizia.

«Sembrano le macchine della Lega Nord», è uno dei tanti commenti pepati che circolano in queste ore tra i forestali arrabbiati per una riforma che faticano a digerire. Le fotografie si riferiscono a un prototipo: il mezzo (un’Alfa Romeo attualmente in uso alla Forestale ridipinta in un’officina dei Carabinieri a Roma) porta ancora il numero di telefono 1515 per l’emergenza ambientale e la targa con la sigla Cfs, Corpo forestale dello Stato. Un paio di settimane fa i bozzetti della nuova livrea delle macchine e la nuove divise sono stati presentati ufficialmente in una cerimonia nella quale è stato ribadito che a dirigere il Comando tutela ambientale sarà il generale di Corpo d’armata Antonio Ricciardi.

«La ministra Marianna Madia ipotizza un risparmio di 100 milioni di euro con l’accorpamento, cifra impossibile perché solo per modificare la livrea degli elicotteri per uniformarla a quella dei Carabinieri servirebbero 4,5 milioni», ha commentato Marco Moroni, segretario del Sapaf, il sindacato autonomo dei Forestali. «Anche il servizio bilancio del Senato ha espresso dubbi. Adesso però cominciamo a capire da dove arriva il risparmio. Dal maquillage. Prendono le nostre macchine e cambiano la scritta sulle portiere. Ci sembra poco dignitoso, sia per l’Arma e la sua storia bicentenaria, sia per i forestali».

Il Sapaf ha presentato un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, perché con l’accorpamento il sindacato si dovrà sciogliere. E al Tar sono stati depositati migliaia di ricorsi da parte dei forestali che non vogliono essere militarizzati. Già, e lunedì sono stati pubblicati i primi decreti attuativi, che dividono i 7.563 forestali così: circa settemila possono andare nei Carabinieri, un centinaio nella Polizia, una settantina nella Finanza, quattrocento nei Vigili del Fuoco e una sessantina al dicastero dell’Agricoltura. Manca ancora il decreto della Presidenza del consiglio che dovrà individuare le amministrazioni pubbliche a cui potranno fare domanda di transito chi si rifiuterà di vestire una divisa militare. «Le auto dei “forebinieri” rendono perfettamente l’idea del pastrocchio di una riforma che è nata male e sicuramente finirà peggio», ha detto Luca Comellini, del Partito dei Militari. «Renzi è ancora in tempo per fermare questa baggianata».

"Come ammazzeranno Trump" La lettera: terrore dell'intelligence

Usa 2016, i timori dell'intelligence: Donald Trump a rischio attentato



E se Donald Trump facesse la fine di John Fitzgerald Kennedy? Ammettiamolo, in molti lo hanno pensato: The Donald, infatti, rischia di essere troppo scomodo per l'establishment, proprio come, certo per vie molto differenti, lo fu Jfk. E così, subito dopo l'elezione, hanno iniziato a circolare ipotesi sanguinarie e suggestive, che vanno dall'attentato prima ancora che varchi la soglia della Casa Bianca fino agli scandali, veri o presunti che siano, che parimenti gli impediscano l'approdo al potere.

Nella storia degli Stati Uniti sono stati assassinati quattro presidenti, ma soltanto uno negli ultimi 100 anni (proprio Jfk). Inoltre, come sottolinea Il Giornale, sono stati sventati 20 complotti per uccidere gli inquilini della Casa Bianca: Ronald Regan, il presidente che per storia e ascesa più ricorda The Donald, fu ferito in un attentato. Poi George Bush, al quale hanno tirato una granata che fortunatamente non è esplosa. Sul web, e non solo, le voci dei complottisti si fanno sentire. Anche perché lo scorso giugno, a Las Vegas, fu arrestato un 20enne inglese, Michael Steven Sandford: aveva progettato un precisissimo piano per uccidere Trump (lo scorso settembre si è dichiarato colpevole, fortunatamente non è riuscito ad esplodere neppure un colpo).

Ma non si parla soltanto di complotti, complottardi e complottisti. Ad aggiungere pepe e preoccupazione c'è una lettera aperta di 50 esperti di alto livello della sicurezza nazionale, pubblicata dal New York Times. Firmata da uomini di apparato di spicco quali Tom Ridge e Michael Chertoff, ex segretari dell'Interno, e da ex direttori dell'intelligence, come John Negroponte, la missiva mette nero su bianco che "Trump sarebbe un presidente pericoloso, che metterebbe a rischio la sicurezza e il benessere nazionale del nostro paese". Michael Hayden, ex capo della Cia, non esclude una rivolta dei militari se Trump dovesse dare "ordini illegali" sul terrorismo o altre operazioni.

Ma l'attentato, la morte, non sarebbe l'unica via per impedire a Trump l'esercizio del potere. A dicembre i grandi elettori dovranno investire Trump del mandato: ne basterebbero 50 per impedirgli di diventare presidente (in passato è già accaduto in nove casi). Una rivolta dei delegati, dunque, potrebbe impedirgli la Casa Bianca. Così come potrebbe impedirgliela uno scandalo, come accennato. E ce ne sarebbe già uno pronto ad emergere, uno scandalo che coinvolgerebbe Vladimir Putin e che è stato ventilato da Michael Morell, direttore della Cia dal 2010 al 2013, che ha accusato il presidente di essere "un pericoloso comandante in capo. Nell'intelligence diremmo che Putin ha reclutato Trump come agente inconsapevole della Federazione russa". Presto, insomma, la macchina del fango potrebbe "venderci" Trump come marionetta di Putin. The Donald riuscirà a resistere alla tempesta perfetta?

Caivano (Na): Terra dei Fuochi, Dissequestrati i terreni Daniele: Don Patriciello faccia una raccolta fondi per i contadini danneggiati

Caivano (Na): Terra dei Fuochi, Dissequestrati i terreni Daniele: Don Patriciello faccia una raccolta fondi per i contadini danneggiati


di Gaetano Daniele



E' stata definita la fine del terrorismo mediatico. Nel novembre 2013 a Caivano, con enorme stupore e preoccupazione, furono sequestrati 13 pozzi agricoli assieme ai 43 ettari di pregiate colture orticole che quei pozzi provvedevano a irrigare. L'agricoltura del posto veniva messa in ginocchio non solo dal sequestro preventivo ma anche da un'azione mediatica spaventosa. Quasi come se fosse un qualcosa da cavalcare, uno Spot, una passerella, come fanno a volte i politici in campagna elettorale per accaparrarsi consensi. L’ipotesi di reato era quella di “avvelenamento delle acque dei pozzi” con conseguente “avvelenamento delle colture ivi effettuate destinate all’alimentazione umana”: nelle acque irrigue, era stata rilevata la presenza di fluoruri, manganese, arsenico e solfati di chiara origine naturale, nonché di triclorometano e tetracloroetilene con “valori di concentrazione superiori ai limiti di cui alla tab. II all. V, titolo V, parte IV d.lgs 152/06”. che avrebbero contaminato i prodotti agricoli, mettendo a repentaglio la salute dei consumatori. Un altro pozzo ad uso irriguo - che non fu considerato in un primo momento - venne poi sequestrato nel febbraio del 2014.

Pasquale Crispino, presidente dell’ordine dei Dottori Agronomi di Napoli, attraverso la sua pagina di Facebook comunica che i pozzi sequestrati all’epoca della campagna denigratoria e terroristica lanciata dai media e da gente senza scrupoli, sono stati dissequestrati. E' una Vittoria. L'agricoltura torna a splendere anche in un territorio martoriato come l'hinterland a nord di Napoli. 

Finalmente la procura con enorme ritardo ha capito che tutti i sequestri che ci fecero balzare sulle cronache mondiali per la triste vicenda “terra dei fuochi” operati a Caivano nel 2013 erano totalmente sbagliati. Noi come Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali di Napoli - continua Crispino - denunciammo tutto questo con uno studio molto corposo di oltre 15 pagine a mia firma e lo inviammo a tutti, dal Ministro al Presidente della Regione al Presidente del Tribunale, ma nulla, fummo ignorati, era troppo impopalare, i media raccontavano altro più comodo che ha devastato il comparto agroalimentare. Oggi si fa giustizia, chi paga i danni per un errore cosi grosso ed evitabilissimo? La notizia nemmeno ripresa dai gionali …terra dei fuochi non appartiene al settore agricolo.

A cavalcare quelle battaglie, "terra dei fuochi", in prima linea, c'era Don Maurizio Patriciello, che addirittura dai palchi della Chiesa, invitava i suoi pastori a non mangiare alcuni ortaggi (come i pomodori). Un danno inquantificabile all'agricoltura locale. Ma mentre la terra dei fuochi bruciava e continua a bruciare, il parroco Don Patriciello, riempiva appunto le Tv nazionali, regionali e provinciali, denunciando tutto. Sicuramente era frutto di difesa alla salute, ma nel contempo senza ascoltare o meglio dare spazio ai tanti agricoltori del posto, spargeva panico e terrore tra la gente.

E oggi? dopo che è stato divulgato che quei pozzi sono stati dissequestrati? dove sono finite le trasmissioni televisive, quei titoloni di giornali che non finivano mai ad altre testate giornalistiche dalla penna facile? Solo una piccola forse nascosta intervista di scuse da parte di Don Maurizio Patriciello. Ed è tanto. Perchè ammettere di aver sbagliato grazie anche a quello che all'epoca usciva fuori, è segno di umiltà. Anche se Don Patriciello punta il dito contro Renzi e De Luca. Di solito lo scaricabarile lo fanno i politici, ma in questo caso non bisogna attribuire tutte le colpe a Don Patriciello. Un rimedio c'è. Ed è molto semplice. Invito a Don Maurizio Patriciello, con l'aiuto della Diocesi, a fare una raccolta fondi, partendo dalla sua parrocchia per tutti gli agricoltori danneggiati sul territorio caivanese.

Progetto 'H-ACK MERCK for health' Annunciati a Roma i 'team' vincitori

Annunciati a Roma i vincitori del premio



Si è appena concluso il primo hackathon organizzato da Merck, azienda leader in ambito scientifico e tecnologico, in partnership con H-FARM. Oltre 120 ragazzi, provenienti da tutta Italia, si sono incontrati a Roma all’interno di Talent Garden di Cinecittà, con l’obiettivo di sviluppare in sole 24 ore soluzioni innovative in ambito healthcare, rispondendo ai brief lanciati dall’azienda. H-ACK MERCK FOR HEALTH è stato l’evento conclusivo di un progetto di open innovation iniziato lo scorso aprile e mirato a favorire la nascita e l’utilizzo di nuove tecnologie a sostegno dei settori della sanità e della salute. I13 team partecipanti, suddivisi in gruppi di lavoro eterogenei tra sviluppatori, designer e marketing specialist, avevano l’obiettivo di presentare al termine delle 24 ore un progetto a scelta fra uno dei seguenti ambiti: come supportare la relazione medico/paziente; BigData&Analytics; come migliorare l’aderenza alla terapia; idee dall’approccio disruptive e innovative. 

Il bilancio finale di H-ACK MERCK FOR HEALTH è stato molto positivo, con importanti riconoscimenti per i team più meritevoli: al primo classificato, Healthmeup, un Digital Healthcare Consultant (Chatbot) che aggrega dati provenienti dai vari dispositivi indossabili presenti sul mercato fornendo informazioni personalizzate per tipologia di paziente, è stato assegnato un grant del valore di € 25.000. Il secondo classificato Tommi, un videogame per bambini con patologia oncologica, in grado di supportarli nel momento della cura coinvolgendo assistenti e psicologi, si è aggiudicato la possibilità di partecipare per tre mesi al programma di accelerazione di Merck che prevede: accesso all’Innovation Center di Darmstadt ed ai suoi spazi di co-working; possibilità di networking con gli stakeholder Merck basati a Darmstadt, accesso alla piattaforma online ‘Innovator Academy’. Infine ai classificati dalla terza alla quinta posizione è stata data l’opportunità di accedere direttamente alla selezione finale del prossimo programma globale di accelerazione di Merck.

“Faccio le mie migliori congratulazioni ai vincitori, e voglio complimentarmi con tutti i partecipanti -ha dichiarato Antonio Messina, a capo del business biofarmaceutico di Merck Italia - che hanno dimostrato di aver compreso la sfida lanciata con MERCK FOR HEALTH: sviluppare applicazioni digitali nell’ambito della salute in grado di fare una reale differenza nella vita delle persone. Siamo stati davvero entusiasti della qualità delle proposte elaborate, al punto di motivarci a proseguire sulla strada dell’Open Innovation”.

Anche l'Islam in festa per Donald Trump: le (strane) ragioni e lo scenario globale

Usa 2016, l'analisi: perché all'islam non dispiace la vittoria di Trump



Donald Trump della lotta all'islam radicale ha fatto una sua bandiera, tanto da guadagnarsi l'etichetta di isalmofobo. Ma il neo-presidente degli Stati Uniti è anche amico di Vladimir Putin. E come spiega in una documentata analisi il sito del Fatto Quotidiano, questo mix particolare, in un certo senso, fa gioire proprio l'islam. Il punto è che il feeling con la Russia potrebbe avere effetti distensivi nell'area mediorientale del pianeta.

Sul Rai al Youm, sito web panarabo, Abdel al Bari Atun scrive: "Trump piace a Vladimir Putin e questo non è un demerito, né un peccato. È un razzista, destrorso, disprezza e molesta le donne, odia l’islam e i musulmani, vuole chiudere il confine con il Messico e l’america latina? E’ una sorpresa? Questo – dice Atun – non è ciò che è arrivato a noi attraverso i carri armati i missili e l’ucciso di milioni di noi”. Dunque l'articolista, con un pizzico di ironia, si domanda se “la Clinton avrebbe amato i musulmani?”.

Dunque il giornalista chiede: "Perché non vedere il bicchiere mezzo pieno, pensando in una maniera differente. Guardiamo a questa simpatia come un legame che può portare al dialogo e al coordinamento tra le due super potenze in diverse questioni, come i conflitti in medioriente. Non è più importante che i rapporti fra i due presidenti siano distesi, anziché una guerra fredda o calda? Abbiamo dimenticato che ogni guerra tra di loro sarebbe combattuta sul nostro territorio e le vittime sono i nostri figli e la nostra gente?".

Vittorio Feltri, la verità su Trump: "Perché ha vinto, cosa succederà"

Feltri, la verità su Trump: "Perché ha vinto, cosa succederà"


Intervista di Pietro Senaldi



Il direttore di Libero Vittorio Feltri spiega il risultato clamoroso delle elezioni negli Stati Uniti, con Donald Trump che è diventato presidente demolendo Hillary Clinton. Il colloquio con Pietro Senaldi.

Parla alla gente?

"Libero è stato l'unico giornale a predire la vittoria di Trump. Parla la lingua delle gente normale, si fa capire, è arrivato nel cuore e nella testa degli elettori".

Gli analisti? 

"Come con la Brexit, i nostri commentatori non ne hanno azzeccata una. Sbagliano sempre ma non li cacciano mai. Quando il popolo vota a sinistra non ha nemmeno più la pancia, quando vota dall'altra parte allora diventa buzzurro e ignorante. Questo è un discorso idiota". 

Pisello e non.

"Le donne hanno votato al di là del loro genere, e non è neanche giusto che siano agevolate perché anziché il pisello hanno qualcos'altro".

L'onda europea.

"Lo stesso fenomeno registrato negli Stati Uniti si registrerà anche in Europa. In Austria, in Ungheria, in Polonia, in Olanda, in Francia con Marine Le Pen. E in Inghilterra è già accaduto. In Italia non so, siamo volubili".

Fregata dai latinos?

 "Hillary Clinton ha perso perché non ispira fiducia ai cittadini. È dura rivolgersi alle minoranze come latinos e afroamericani e vincere, occorre rivolgersi alle maggioranze".

In Italia nessun Trump?

"In Italia non c'è nessuno in grado di fare quello che ha fatto Trump. Anche se è vero che fino a poco tempo fa non sapevo che esistesse nemmeno Renzi. Nel bene o nel male, si è imposto. Un personaggio nuovo può sempre arrivare". 

Cosa cambia per noi?

"La speranza per l'Italia? Che Trump riavvicini America e Russia, facendo cadere le sanzioni con Mosca. C'è il problema della difesa, Trump non spenderà per difenderci e aumenterà la nostra spesa per avere un esercito decente".

"Uccidere il bastardo Trump, Salvini è un porco, Grillo idiota. Ecco a chi auguro di morire di fame": questo prete va fermato subito

Don Giorgio De Capitani choc: "Donald Trump va ammazzato"



Noto come il "prete anti-Silvio", Don Giorgio torna a sbranare. Il suo attacco è di una violenza singolare per un uomo di Dio, ma tant'è. Don Giorgio De Capitani inizia la sua nuova invettiva prendendosela con Papa Francesco. Poi passa a Salvini e Trump. "Non è che mi faccia paura Salvini, un nanerottolo in confronto a Trump, che del resto lo ha anche sconfessato pubblicamente. Salvini è un buono a nulla, un rottame che intende traghettare una mandria di porci verso l’altra sponda, ovvero quella dell’inferno. Ci andranno, e chissenefrega? È stata una loro scelta".

Secondo il sacerdote, Beppe Grillo è "un altro idiota, spara cazzate, un furbo che si è fatto miliardi sulla pelle dei coglioni grillini. Ma Trump è un’altra cosa: è un gran bastardo che è uscito dal nulla o meglio da un mondo fatto di soldi e di puttane. Che dire? Noi italiani dovremmo anche tacere, visto che per anni e anni un altro bastardo, un porco, un ladro, un farabutto ha preso per il culo milioni di italiani, ma non ha fatto tutto da solo: è stato sorretto da altri bastardi e farabutti, ovvero dai ciellini e dai leghisti. Perché dimenticarlo? In fondo, Salvini è coerente: politicamente ha fatto parte di quella mandria di porci e farabutti, guidati dal Porco per eccellenza".

Il religioso augura "solo" la morte di Trump. "Per Trump non ci sarebbe nessuno disposto a farlo fuori fisicamente? Chi? Non dimentichiamo che gli americani hanno sempre ucciso i giusti, e non i criminali. Che l’Europa sia compatta in questo momento, e isoli l’America, facendola morire di fame. Ma l’America è troppo ricca, arricchita con il sangue di nazioni che essa ha munto, distrutto o calpestato".