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sabato 24 settembre 2016

Caivano (Na): La "Rivoluzione Dolce" del Capogruppo Gaetano Ponticelli

Caivano (Na): La "Rivoluzione Dolce" del Capogruppo di Forza Italia, Gaetano Ponticelli


di Giulio Costa


Gaetano Ponticelli
Capogruppo Forza Italia

La parola Rivoluzione, di per se, è una parola forte cruenta e poco si addice ad un uomo "dolce" come Gaetano Ponticelli. Un consigliere che ha dimostrato la sua signorilità in questi ultimi mesi alla guida della città e che non è mai caduto nel tranello della provocazione. Si fa per dire, provocazione. Perchè più che provocazione è stato un vero e proprio linciaggio continuo. Argomenti poco "politically correct" e che assolutamente niente avevano a che fare con l'agone politico. Un modo di fare importato dagli Stati Uniti e che ha già mostrato, nelle scorse elezioni, che non paga affatto, anzi. Gaetano Ponticelli, invece, ha sempre porto l'altra guancia. Quella del confronto. Mai quella dello scontro. Chiedendo di scendere sul piano principale che un amministratore di alto livello offre: il proprio operato. Quello che la politica chiede. Parlare dei risultati per discutere. E la risposta non è venuta dai "politicanti" rottamati in toto dai caivanesi. Guarda caso proprio quel giudizio invocato da tutti, quello delle urne, che ha chiarito i fumi nella testa dei tanti che di confronto si sono riempiti la bocca ma che nei fatti buttavano solo veleni. Una Rivoluzione. I cittadini che decidono. Liberi delle solite contumelie, dai legacci del voto di scambio, del gioco del chiedere al politico di turno per campare. I caivanesi hanno deciso. Stanchi delle parole a vanvera e dal chiasso sostituito al dialogo. Stanchi di decenni di promesse. Sotto i loro occhi il "Davide contro Golia" di Ponticelli contro la vecchia nomenklatura. Una bocciatura sul campo della vecchia generazione di politici. Tutti insieme contro il "solo" Ponticelli e i nuovi volti che avanzavano in silenzio. Solo? Macchè, La sua grande intuizione quella di avere cercato la gente ed avere ottenuto il loro appoggio. Il caivanese non è fesso. Il caivanese non è ignorante come citava qualche scrivano. Quando serve mostra i suoi di "muscoli". Quelli di una comunità stufa di soprusi e bugie. Una Rivoluzione, Dolce. Il Castello che diventa parte attiva del territorio. La Città è veramente cambiata nonostante gli ultimi accadimenti hanno lasciato male sperare, grazie alle eredità disastrose delle precedenti amministrazioni. Questa la vera politica che paga. Se la misuri col metro trovi 80 metri di punti percentuali di distacco, oltre a quelli classici. La politica vecchia è stata disintegrata, con essa Movimenti che più che Movimenti attivi sembrano Movimenti di pancia. Adesso è tempo di alzare le maniche e costruire il nuovo. 

A FONDO PERDUTO UN DORIS CUORE D'ORO Il suo gesto generosissimo Quanti soldi ai terremotati

Terremoto, Banca Mediolanum stanzia quasi 1.300.000 euro a 53 suoi clienti



C'è banca e banca. C'è Etruria che truffa i suoi correntisti e poi ne rimborsa solo una parte e solo in parte. E poi c'è banca Mediolanum. Che non solo non truffa i suoi clienti (e chi mancherebbe), ma addirittura distribuisce a fondo perduto 1.259.000 a 53 di loro. Sono, nella sfortuna nera del terremoto che li ha colpiti, quelli che nelle zone del sisma dello scorso 24 agosto hanno la fortuna di essere clienti della banca fondata da Ennio Doris. In media, fanno 23.754 euro ciascuno, anche se ovviamente qualcuno riceverà di più e qualcuno di meno in base ai danni subiti.

Spiega lo stesso Doris in una intervista al quotidiano "Il giornale": "Quando ci sono terremoti, normalmente per gli indennizzi occorre aspettare per valutare il danno definitivo finchè scosse e crolli non cessano del tutto, e possono passare settimane o anche mesi. Per questo, abbiamo deciso di effettuare una valutazione in base alle dichiarazioni pro-veritate dei danneggiati in modo da erogare rapidamente la liberalità. Oggi distribuiamo 1.259.000 euro a 53 nostri clienti, ma abbiamo anche raddoppiato a 2 milioni lo stanziamento iniziale previsto in un milione".

"Così hanno provato a rovinarmi" Nicola Porro fa i nomi: devastante

"Così hanno provato a rovinarmi". Nicola Porro fa i nomi



Sette anni fa Nicola Porro, vicedirettore del Giornale, finì nei guai per una telefonata a Rinaldo Arpisella, portavoce dell'allora presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, in cui, scherzando palesemente, diceva che l'indomani avrebbero pubblicato un "super pezzo giudiziario sugli affaire della family Marcegaglia" e che "i segugi" del Giornale erano stati spostati "da Montecarlo" (dove il direttore del Tempo Gian Marco Chiocci, allora inviato del Giornale stava indagando sulla casa del cognato di Gianfranco Fini) "a Mantova", sede della società dei Marcegaglia. Ma ora è stato assolto. 

I pm di Napoli Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli lo avevano accusato di violenza privata, di aver preparato un dossier per sputtanare la Marcegaglia. "Quando un pm chiede l'assoluzione e un giudice la concede, come in questo caso", dice Porro in una intervista al Tempo, "ci si sente straordinariamente sollevati. Felici. Si sono resi conto di quale fosse la realtà". Allora i giornali, racconta ancora, "mi spararono addosso con compiacimento e senza pietà". Massimo Teodori, ex Giornale passato a "quell'inutile quotidiano che si chiama Prima Comunicazione parlò di schizzi di merda". E poi Marco Travaglio, "secondo cui sguazzavo nella merda".

Ma è stata solo "una grande commedia degli equivoci". E ora resta il pentimento per quella telefonata: "Quante volte ho pensato sono veramente un cretino". Mentre la Marcegaglia rimane una "poverina che girava con l'aereo privato" e Woodcock un "magistrato favoloso".

La Raggi ha scelto l'assessore: disastro "Uomo del Pd" e "amico della Casta"



La Raggi ha scelto l'assessore al Bilancio: è il magistrato Tutino, nominato dal Pd



Sarà Salvatore Tutino l'assessore al Bilancio del Comune di Roma. L'annuncio ufficiale da parte della sindaca grillina Virginia Raggi potrebbe arrivare già oggi o al massimo domani. Tutino è un magistrato della Corte dei Conti, dove è approdato su richiesta della stessa Corte dopo che per alcuni anni aveva collaborato con i magistrati contabili da esterno sui temi della contabilità pubblica. Tutino è anche un economista e un esperto di questioni fiscali. Ha a lungo collaborato con il Cer (Centro Europa Ricerche) ed è stato direttore del Secit, Servizio centrale ispettivo tributario. Ancora aperta, ma in via di chiusura, invece, la partita dell'assessorato alle Partecipate.

La poltrona maledetta - Il magistrato raccoglierà la breve eredità di Marcello Minenna, il dirigente Consob dimessosi il primo settembre, dopo neanche due mesi di mandato, insieme alla capo di gabinetto Carla Raineri. Una poltrona tribolatissima, visto che anche l'ex procuratore generale della corte dei Conti del Lazio Raffaele De Dominicis, in predicato di diventare assessore, è stato silurato dai 5 Stelle perché indagato dalla procura di Roma per l'accusa di abuso di ufficio. Nel frattempo si sarebbe sulla buona strada anche per l'assessore alle Partecipate, da individuare in seguito allo spacchettamento della delega annunciata dalla sindaca: si tratterebbe di un alto rappresentate delle forze dell'ordine, il cui nome resta top secret.




Alessia Morani‏@AlessiaMorani 
00.19 23 settembre 2016
Il nuovo assessore di #Raggi sarebbe questo signore che il #m5s definisce "esponente della casta amico del #Pd" ? #Tutino #stellecadenti

Un documento choc sui 5 Stelle: così la Appendino asfalta la Raggi

Il documento choc sui Cinque stelle. Così la Appendino asfalta la Raggi Verità pentastellate



Chiara Appendino e Virginia Raggi. Una sindaco di Torino, l'altra di Roma. Entrambe pentastellate e giovani, chi tra le due vince il confronto? Secondo un sondaggio di Nicola Piepoli per La Stampa, vince la Appendino. Ma vediamo nel dettaglio le risposte date ai test.

Primo: confronto umanistico. Rispetto all'umanità, alla capacità di comunicazione, al valore relazionale, Chiara Appendino vince con il 63%, Virginia Raggi si attesta invece al 45%.

Secondo: il rapporto con la città. Domande tipo: E' vicina alla gente? E' preparata? Pensa al futuro della città? Chiara Appendino raccoglie il 59% di sì, Virginia Raggi il 49%.

Terzo: il profilo politico. Ha iniziato bene il suo mandato? Ha scelto bene la sua squadra? Potresti votarla? In questo caso la differenza tra le due è abissale: Chiara Appendino è al 61%, Virginia Raggi al 35%. Insomma, a differenza dei romani, i torinesi sono nettamente più soddisfatti del loro sindaco.

Infine, per quanto riguarda il gradimento e la fiducia, ancora una volta ha la meglio la Appendino. Batte la Raggi 56% a 42% come gradimento e 64 a 45 come fiducia.

UMILIATO CON UNA PAROLA I tedeschi vedono Renzi e... L'insulto peggiore / Guarda

I tedeschi vedono queste foto e parte l'insulto: "Matteo Renzi, sei un perdente"



Agli americani Matteo Renzi piace, lo considerano quasi un "Obama italiano". Ai tedeschi molto meno, e infatti lo sbertucciano. Nel giro di un paio di giorni il premier si ritrova sbattuto in prima pagina, con esiti opposti. Vogue, la "bibbia della moda" a stelle e strisce, dedica a lui, alla moglie Agnese e ai tre figli una patinatissima intervista-ritratto, con tanto di servizio fotografico firmato dalla star Annie Leibotviz. Di fatto, un altro assist dopo l'uscita dell'ambasciatore Usa a Roma John Phillips, che una decina di giorni fa si era sbilanciato pubblicamente a favore del sì al referendum. 

Renzi "perdente del giorno" - In Germania però non la pensano così, anzi. La Bild si è divertita a inserire proprio Renzi tra i "perdenti del giorno", alla faccia di trionfi, camicie bianche e sorrisoni. "La congiuntura italiana fatica a riprendersi - scrive l'autorevole giornale tedesco (mai tenero con gli italiani) -, il bilancio dello Stato è fortemente indebitato, la capitale precipita nel caos ma invece di affrontare le riforme e le misure di risparmio necessarie Matteo Renzi posa con un vestito di Armani per la rivista di moda Vogue e parla di politica e bella vita". Il Re messo a nudo?

Sfregio ai cattolici nel Duomo: che cos'hanno fatto gli islamici

Sfregio ai cattolici nel Duomo. Cosa hanno fatto gli islamici


di Matteo Pandini



I canti islamici piombano a Santa Maria del Fiore, il Duomo di Firenze, per un concerto che prevede anche melodie cristiane ed ebraiche. Perfino l'edizione locale di Repubblica, non un fogliaccio di destra, titola sui «canti islamici in cattedrale». Perché la notizia è che in un posto del genere arrivino proprio loro, i musulmani: nessuno avrebbe detto «beh» se avessero invitato i buddisti o i pastafariani o, appunto, gli ebrei.

Ma i maomettani, no. Scrive Repubblica: sotto la Cupola del Brunelleschi risuonerà «Il Corano è la giustizia», ma d'altronde - chiosa sempre il quotidiano, tutti «inneggiano allo stesso Dio. Lo fanno in modi differenti, ma tutte guardano la stessa luce». Sono tutte uguali, eppure perfino il giornale della sinistra colta mette in risalto la presenza dei musulmani, mica degli altri. E fa niente se riporta la dichiarazioni di una delle organizzatrici, secondo la quale «a dividere non è la religione, ma l'incultura», perché l'incultura si rifugia anche nelle religioni. E quando la religione è quella islamica, il mix è esplosivo. Letteralmente.

GLI IMBECILLI - Dai fratelli Kouachi a Coulibaly, per citarne due caso (attentati di Parigi), l'elenco di assassini musulmani col quoziente intellettivo di un posacenere è sconfinato. Nella cristiana Italia, male che vada i somari vengono eletti in Parlamento. Nelle comunità musulmane, qualche ignorante può perfino imbracciare il fucile, allacciarsi una cintura esplosiva, guidare un camion contro la folla. Il tutto mentre invoca Allah.

E comunque non va fatto cadere il testo della canzonetta islamica di Firenze, e che dovrebbe essere risuonata ieri sera ma il punto non è questo, non siamo critici musicali. Il punto è: come si può pensare di canticchiare «il Corano è la giustizia», tanto più nel Duomo, «forse per la prima volta in 720 anni di storia» come dice Repubblica? Ecco, per troppi musulmani il loro libretto è proprio così. «È» la giustizia nel senso che è proprio legge. E poi.

I più tarati che s'abbeverano del testo sacro dell' islam, poi, credono che la donna sia inferiore e gli infedeli - cioè tutti quelli che non sono musulmani - bestie da sgozzare. Eppure, «è legge»!

Fatto sta che il concerto - scrive il quotidiano - è stato proposto «una settimana dopo l'attentato a Charlie Hebdo», cioè una strage commessa da integralisti musulmani che urlavano «Allah è grande». Le religioni saranno tutte uguali, ma al momento non risultano orde di energumeni che, in tutto il mondo, ammazzano recitando il «padre nostro». Il problema è il solito. E questo è l'ennesimo articolo a cui ne seguiranno ancora tanti altri, perché ogni giorno capita un nuovo cedimento. Una nuova apertura ai maomettani.

Il solito problema è proprio l'Occidente rintronato, convinto che «siamo tutti uguali» anche se non è vero, forse perché è meglio mettere la testa sotto la sabbia anziché rischiare di farcela tagliare da qualche barbuto. Nelle moschee è vietato perfino entrare con le scarpe, le donne si devono coprire, gli infedeli vengono mal visti e per carità: è comprensibile, è casa loro, è giusto così.

IL PENSIERO - Ma chissà cosa pensano in certe comunità, in certe moschee, in certi Paesi che vivono di Corano e kebab e ancora Corano: chissà cosa pensano dei canti musulmani nel Duomo di Firenze. Forse non lo sapremo mai con esattezza, cosa pensano e cosa dicono, perché in troppi capannoni-sottoscala-magazzini trasformati in moschee abusive parlano in arabo anche se sono a Milano o a Roma o a Firenze. Hanno già conquistato interi quartieri, gli imam sono gettonatissimi nei nostri talk-show, l'odio anti-Occidentale è tracimato tra i detenuti. Ora i musulmani sono perfino nelle chiese, che si svuotano di credenti e si riempiono di fedeli di Allah. Firenze è solo l'ultimo caso. Corriamo verso il burrone, e forse ci siamo già caduti.