Caso Scazzi Ergastolo? No, libera. Sabrina Misseri, lo choc: così, grazie a un giudice...
di Cristiana Lodi
Quindici ottobre 2010 - 15 ottobre 2016. Sei anni di carcere preventivo per Sabrina Misseri, due volte condannata all'ergastolo. Per la corte d'Appello di Taranto è l'assassina (in concorso con sua madre Cosima Serrano) della cugina Sarah Scazzi. I giudici sentenziano il 27 luglio 2015. Ma il relatore, Susanna De Felice, a oggi non ha ancora scritto la sentenza. Un anno e sedici giorni non sono bastati al magistrato per mettere nero su bianco i motivi del verdetto, depositarli e consentire così alla difesa di ricorrere in Cassazione: l'ultimo e definitivo grado di giudizio.
La legge (articolo 303 del codice di procedura penale) parla chiaro e non ammette deroga: la custodia cautelare in carcere non può durare più di sei anni. Non un minuto oltre. Per Sabrina Misseri (come per qualunque altro imputato) in assenza del verdetto finale, vale la presunzione d' innocenza. Quindi il diritto di uscire di prigione. E di aspettare l' ultima pronuncia della corte Suprema, da donna libera.
Dov' è l'inghippo, in questo processo che ancora tiene la ribalta mediatica e per questo (probabilmente) a differenza di tanti altri casi identici, non passa inosservato? L'intralcio risiede negli impegni del relatore, dottoressa Susanna De Felice, nominata membro della commissione d'esami per il concorso in magistratura. Concorso per il quale le prove scritte erano fissate alla Fiera di Roma in via Portuense, il 5, il 6 e l'8 luglio 2016. Ovvero a un anno di distanza dalla condanna inflitta a Sabrina e a sua madre. La Corte aveva chiesto i canonici novanta giorni per scrivere la sentenza. Ma proroga dopo proroga, si è arrivati a sforare bellamente l' anno e a costringere il ministero della Giustizia ad "attenzionare" il caso. La sollecitazione arriva dal professore Franco Coppi, difensore di Sabrina, che ha segnalato la «grave violazione del diritto della difesa di fare ricorso contro la sentenza di condanna di secondo grado».
Dunque? Dunque il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha avviato gli «accertamenti preliminari per capire se ci siano state negligenze e ritardi». L'ispettorato generale del suo dicastero si è ripromesso di chiedere informazioni al presidente della corte d' Appello di Taranto e (chissà) potrebbe scattare anche un' ispezione. Risultato? Il 15 ottobre prossimo Sabrina lascerà la casa circondariale di Taranto, dato che nessuno ha potuto stabilire entro la data indicata dalla legge, se la detenuta in attesa di giudizio definitivo sia colpevole o innocente.
L'avvocato Franco Coppi, esorcizza la sorpresa con una battuta: «... quel mio maestro diceva che l'Italia è la culla del diritto, ma che a forza di stare in culla quella si è addormentata». E non nasconde lo sdegno: «Noi potevamo starcene zitti e aspettare la riapertura delle porte del carcere. Invece abbiamo deciso di fare chiasso perché siamo davanti a una violazione gravissima del diritto di difesa. In mezzo secolo di professione ne ho viste davvero tante. Ma questa vicenda odiosa le supera proprio tutte: nella sentenza di primo grado ho dovuto aspettare 11 mesi per poter leggere le motivazioni. Milleseicentotrentanove pagine, troppe per una Corte che avesse le idee chiare e convincenti sulla colpevolezza dell' imputata. Per il secondo grado, addirittura, stiamo aspettando da oltre un anno. E vorrei capire quanto tempo serva ancora. Di fatto non abbiamo potuto impugnare e dimostrare l'innocenza della nostra assistita, ingiustamente detenuta. Sei anni oppure no, proroghe o non proroghe, a settembre (codici e calendari alla mano) chiederemo la scarcerazione».
Il tribunale del popolo ha già condannato Sabrina Misseri e sua madre Cosima, subito e senza appello. Il tribunale dei magistrati tarda invece a scrivere le sentenze, alla faccia della presunzione di non colpevolezza. «Un atteggiamento inaccettabile» aggiunge Coppi, «queste due poveracce restano in cella inchiodate a un ergastolo nemmeno motivato. Viene loro contestato un omicidio d' impeto: Sabrina avrebbe ucciso senza controllo perché gelosa di un uomo. Ma se è così, non si capisce dove possa risiedere il pericolo delle recidività».
Il ministro della Giustizia vuole verificare se ci siano negligenze dietro il ritardo nel deposito dei motivi della sentenza d' Appello. Lo sottolineiamo e l'avvocato non nasconde la stizza: «Per prima cosa vorrei sottolineare che non è un obbligo per un magistrato assumere l' incarico di membro della commissione d' esame per la professione. E lo sappiamo tutti che il giudice relatore, una volta accettato l' incarico, non viene che "detenuta" giorno e notte a Roma un anno e mezzo per poter esaminare i suoi candidati. Possibile che in oltre un anno non abbia trovato il tempo di scrivere perché la Corte ha inflitto l'ergastolo? Una pena, oltretutto, conforme alla sentenza del primo grado. Dato e non concesso che il sovraccarico di lavoro abbia causato il ritardo e ostacolato il processo, questo non deve ripetersi mai più» rincara Franco Coppi: «Non è accettabile, sul piano della civiltà del diritto, che un imputato assistito dalla presunzione d' innocenza debba aspettare tutto questo tempo per sapere perché è stato condannato e possa di conseguenza difendersi».
La seconda cosa? «Possibile» si domanda ancora il professore, «che davanti a un intervento del ministro, questo magistrato e gli stessi componenti la Corte non si siano sentiti minimamente in dovere di spiegare e documentare (non dico giustificare) le ragioni del loro impedimento?». Possibile, professore.
Sarah Scazzi ha 15 anni soltanto quando, il pomeriggio del 26 agosto 2010, scompare nel nulla mentre sta andando a casa della cugina Sabrina che ne ha 21. Circa un mese dopo, il 6 ottobre, il corpo nudo viene trovato in fondo a un pozzo nelle campagne di Avetrana. A farlo ritrovare è lo zio Michele Misseri, padre di Sabrina. Dopo una prima confessione, a distanza di una settimana, l'uomo incolpa la figlia del delitto (ribadendo la versione nell' incidente probatorio) salvo poi ritrattare. E cambiare più volte versione. Misseri viene condannato a 8 anni per soppressione di cadavere.
Cosima Serrano finisce in cella il 26 maggio 2011. Per lei i termini di custodia cautelare scadono lo stesso mese e lo stesso giorno del 2017. Chissà se per quella data, il giudice relatore Susanna De Felice, avrà trovato il tempo di scrivere la sentenza d'ergastolo duplice.