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lunedì 27 giugno 2016

L'intervista - Di Battista svela il piano segreto M5s "Così ci libereremo di Renzi ed euro"

Di Battista svela il piano segreto M5s: "Così ci libereremo di Renzi ed euro"


intervista di Pietro Senaldi



«Non mettetemi per favore la solita foto con la sigaretta in bocca». Così Di Battista nell'intervista che rilascia a Pietro Senaldi pubblicata su Libero. 

Cambio di strategia comunicativa?

«No, è che ho smesso da due anni e mezzo».

Cambio di strategia politica in vista del governo alllora?

«Al governo ci andiamo, è il messaggio che viene dalle elezioni, il passaggio di M5S da voto di protesta a voto per farci governare l’hanno sottolineato perfino gli analisti. Noi siamo una forza di governo, lo stiamo dimostrando e continueremo a farlo amministrando le città ».

Con Di Maio premier?

«Di Maio lo stimo tantissimo, ci frequentiamo anche fuori dal lavoro. Ma parlare del candidato premier è prematuro. Sceglieranno i nostri iscritti».

Si candiderà anche lei?

«È prematuro parlarne».

Ma chi comanda ora in Cinquestelle, non si è mai capito bene?

«I sindaci sono autonomi, basta che rispettino il regolamento del Movimento. Adesso hanno al loro fianco anche un gruppo di coordindamento di cui fa parte come responsabile degli Enti Locali anche Di Maio, ma questo non intacca la loro autonomia. Gli europarlamentari viaggiano da soli e qui in Parlamento c’è il famoso direttorio a cinque, di cui faccio parte anch’io, che non è altro che un organo di coordinamento del lavoro di tutti».

Un modello di leadership diffusa, In antitesi al personalismo di Renzi e Berlusconi?

«Per noi arrivano prima i programmi. Il leaderismo è uno dei problemi dell’Italia, ed è uno dei motivi per cui il M5S è nato. Partite dai cittadini significa coinvolgere tutti, cosa che non hanno fatto né destra né sinistra».

Grillo ha fatto il passo indietro?

«Lui è sempre stato solo il nostro garante, visto che non può candidarsi, non si occupa della macchina del Movimento. Io stesso la prima volta l’ho incontrato solo tre anni fa sul palco di San Giovanni a fine campagna elettorale. Di fatto sono diventato parlamentare senza conoscerlo».

C’è chi dice che siete cresciuti come classe dirigente dopo la scomparsa di Casaleggio…

«Lui è uno degli uomini che ho più stimato in vita mia. Aveva la visione, è stato l’ideologo, ma la classe dirigente non si è formata negli ultimi due mesi. Raggi e Appendino sono al secondo mandato, hanno fatto la gavetta».

Però avete questa maledizione del secondo mandato oltre il quale non potete più candidarvi…

«Questa benedizione, vorrà dire. Mi creda, dieci anni non sono pochi, bastano per lasciare il segno e in più ti consentono di restare consapevole che la tua esperienza è a termine. Siamo qui a tempo per lavorare per i cittadini, non per inciuciare allo scopo di perpetuare al massimo la nostra permanenza in Parlamento».

Lei cosa farà dopo?

«È presto per chiederselo. Se sarò rieletto, ho ancora sette anni davanti in Parlamento. E poi non c’è bisogno di essere nelle istituzioni per continuare a fare politica. Mi piace scrivere, nel 2012 ho scritto un libro, “Sicari a 5 euro, vita e morte in America Latina”; in Guatemala, dove ho lavorato un anno come cooperante,era il prezzo per assoldare un killer».

Quanto guadagnava prima di essere eletto?

«Da cooperante, 1.450 euro».

Era preoccupato per il futuro?

«Preoccupatissimo, come quasi tutti quelli della mia generazione».

Per questo ha fatto politica?

«Faccio politica per togliere questo Paese dalle mani di chi l’ha distrutto facendo i propri interessi».

E adesso quanto guadagna?

«Un parlamentare porta a casa 12-13mila euro netti al mese, non lo so neanche. Io ne tengo per me 3100. In questi tre anni ho restituito allo Stato oltre 170mila euro. Avrei potuto comprarmi una casa, invece vivo in affitto. È la prova che non faccio politica per interesse».

Siete dei moralisti…

«Siamo persone che sanno quello che conta per i normali cittadini. Guadagnare quanto loro, anche se in verità guadagno ben più della media, mi fa pensare come loro e mi mantiene in contatto con la realtà. Non è moralismo. La gente vuole fatti, la nostra rinuncia economica è un fatto e, per restare in tema, paga».

Per le casse dello Stato 170mila euro sono una goccia nel deserto. Non è un sacrificio inutile?

«No. È quello che mi consente di far politica a testa alta e guardare la gente negli occhi. Noi di M5S siamo credibili, perché siamo gli unici che fanno quel che dicono. Se sei un politico, devi essere il primo a sacrificarti».

Il segreto del vostro successo?
«Che di colpo abbiamo fatto sembrare vecchi tutti gli altri. Renzi anagraficamente è giovane ma fa politica come Martinazzoli. Non c’è differenza tra lui e il suo rottamato D’Alema».

In che senso? 

«Promette, fa storytelling ma alla prova dei fatti pensa solo al potere. Sotto elezioni promette una pizza in più, lo zainetto, ti fa telefonare dalla Boschi che si finge centralinista. Ma qualcuno ha mai visto la Boschi telefonare a un truffato di Banca Etruria?».

Gli 80 euro però erano veri…

«Infatti promettendoli ci ha vinto le elezioni Europee nel 2014. Poi però gli italiani hanno scoperto che gli 80 euro in tasca non c’erano, perché evidentemente Renzi li ha dati con la mano sinistra e subito se li è ripresi con la destra. E allora non lo votano più».

Il nemico è il Pd?

«Assolutamente sì».

Perché vi odiano così tanto?

«Perché hanno capito che li mandiamo a casa. Abbiamo iniziato a Torino e Roma, l’anno prossimo arriverranno altre città. E il governo».

Cos’avete che loro non hanno?

«Serietà e coerenza. Il Pd è un partito di ipocriti. Vent’anni a far la lotta a Berlusconi e poi il Nazareno, e quando questo fallisce governa coi voti di Alfano e Verdini. Fa politica con gli inciuci, da professionista del Palazzo».

Voi invece…

«Facciamo, e bene, quello che il Pd dice ma non fa. Siamo coerenti con le nostre idee e la nostra identità e non veniamo a compromessi per governare, ci presentiamo soli».

Però i ballottaggi li vincete sempre con i voti del centrodestra...

«Io combatto i partiti, non i loro elettori. Certo che mi fa piacere se riesco a convincere un elettore di centrodestra a votare M5S, ma non parliamo con i segretari di partito».

Peggio Renzi o Berlusconi per un elettore di Cinquestelle?

«Sbagliato paragonarli. Renzi è più ipocrita, finge di essere Berlinguer e poi fa macelleria sociale, non ha mai lavorato un giorno in vita sua. Berlusconi pensava ai suoi interessi ma non fingeva di essere qualcosa di diveso. Infine Renzi, a differenza di Berlusconi, ha una boria infinita».

Lei però ha votato a sinistra?

«Il primo voto è stato ai Verdi, poi il Pd. Ma prima di conoscerlo».

Avrà fallito se...?

«Se non riesco a mantenermi diverso dai mestieranti della politica».

Cosa le piace del suo lavoro?

«Andare in mezzo alla gente e riceverne il sostegno».

La notorietà?

«Non ha valore per me. Mi ha fatto effetto all’inizio ma ora mi interessa solo il contatto, mi inorgogliscono gli incoraggiamenti ad andare avanti. Questo fine settimana l’ho passato facendo comizi a Matera e Taranto. Città dove non si vota. Noi ci siamo anche e quando non c’è da incassare».

Andrete al governo se...?

«Se resteremo fedeli a noi stessi e agli elettori. E se andrà bene Roma, quella è la partita decisiva, sarebbe un biglietto da visita vincente davanti all’opinione pubblica mondiale».

Bastano la moralità e l’anticasta per governare bene?

«Non bastano ma sono un buon inizio. Il sindaco di Pomezia ha preso il Comune in rosso e l’ha risanato in due anni. Quando gli ho chiesto come ha fatto, mi ha risposto solo che non aveva rubato».

Io però non vi voto…

«E perché?»

Con questa ossessione dei tagli in qualche modo finirebbe tagliato pure il mio stipendio. E questo ragionamento lo fanno in molti.

«Perché mi scusi, lei è un dipendente pubblico? Noi siamo solo contro gli stipendi pubblici da centinaia di migliaia di euro per occupare poltrone lottizzate, contro i vitalizi non coperti dai contributi, contro le posizioni di rendita. Cinquestelle non è contro la ricchezza».

E la decrescita felice?

«Noi siamo per il taglio dell’Irap: i 170mila euro a cui ho rinunciato sono andati alle imprese».

Mi dica un merito di M5S?

«Merito nostro se e in Italia non ci sono state ancora derive estremiste».

Non le pare un po’ grossa? 

«No, incanaliamo l’odio sociale dando una risposta di speranza».

Ma vede allora che siete il partito di chi non ha nulla da perdere?

«Ci sono molti imprenditori con noi. I nuovi sindaci sono quasi tutti professionisti. La stampa anti-M5S vedo che riesce a suggestionare pure i professionisti dell’informazione».

E questa storia del reddito minimo? Siete dei pauperisti…

«Le statistiche dicono che per una vita dignitosa oggi occorrono minimo 780 euro. Noi vogliamo portare le pensioni minime a quella cifra e darla a chi cerca o perde lavoro, sempre che segua dei corsi di riqualificazione».

E dove trovate i soldi?

«L’operazione costa 17 miliardi. Gli 80 euro, dati a gente con già un lavoro, costano 10, il Jobs Act, che non ha sconfitto la disoccupazione, ne è costato 12 e 1,5 lo spendiamo per garanzia giovani, che è un flop. I soldi ci sono, è questione di scelte».

La vostra partita di governo si gioca nel convincere i moderati: per molti non siete rassicuranti…

«La Gruber mi ha detto che siamo andati bene alle elezioni perché ci siamo normalizzati. A me sembra che da sempre gli unici normali siamo noi. Credo che tutti ambiscano a vivere in un’Italia con una maggiore giustizia sociale, anche i ricchi».

Il Pd vuole cambiare la legge elettorale perché hanno capito che così vincete voi. Gioco sporco?

«Lo faccia. Essere soli è la nostra forza. Abbiamo conquistato Comuni in cui contro di noi si presentavano sessanta liste. I colpi bassi ci fortificano, guardi Roma».

Cos’è successo?

«Il Pd ha montato la storia delle consulenze della Raggi 48 ore prima del voto. Che autogol: gli elettori hanno pensato che se la attaccavano così pretestuosamente significava che faceva molta paura, e così si sono ribellati. Involontariamente ha dato una motivazione in più per andare alle urne e votare contro Giachetti».

È felice della Brexit?

«Sono ammirato della democrazia inglese, che ha concesso agli elettori un referendum per decidere se stare dentro o fuori dall’Europa».

Volete stare dentro o fuori, ultimamente c’è stata confusione?

«Noi vogliamo che decidano gli elettori, è democrazia dal basso».

Ma un’idea personale dell’Europa ce l’avrà?

«L’Europa è un’opportunità importantissima che è stata rovinata da burocrati e banche. Un’Europa dei popoli sarebbe una risorsa preziosa per tutti, questa di oggi non lo è; va cambiata e lo faremo da dentro le istituzioni».

«Libero» sta facendo una raccolta di firme per poter votare anche in Italia un referendum per uscire dall’Europa. Ci dà la sua?

«Il nostro obiettivo è un referendum sull’euro. Un referendum sull’uscita dalla Ue non è mai stata una nostra proposta. Se però dovesse esserci in Italia, in ogni caso sarebbe un’espressione di democrazia».

Apre al Policlinico ‘A. Gemelli’ il primo Centro per il linfedema

Apre al Policlinico ‘A. Gemelli’ il primo centro per il linfedema


di Eugenia Sermonti



Apre presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma un centro unico in Italia per la cura del linfedema, una malattia sempre più diffusa che colpisce i vasi linfatici degli arti ed è caratterizzata da gonfiore. Diretto dalla professoressa Marzia Salgarello, direttore UOC Chirurgia Plastica e Ricostruttiva e responsabile del Centro per il Trattamento Chirurgico del Linfedema del Gemelli, si tratta della prima struttura dedicata al trattamento dell’invalidante patologia con un approccio microchirurgico di ultimissima generazione, caratterizzato da metodiche cosiddette ‘fisiologiche’, ovvero che agiscono nel pieno rispetto di anatomia e fisiologia del sistema linfatico. Il Centro è stato concepito con l’obiettivo di rivolgersi all’enorme numero di pazienti affetti da questa condizione (sono 40 mila l’anno i nuovi casi di linfedema, gli stessi numeri del cancro della mammella) che fino a oggi sono rimasti, di fatto, ‘orfani di cura’. L’inaugurazione si è svolta alla presenza dell’ingegner Enrico Zampedri, direttore generale della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli e del professor Rocco Bellantone, preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, insieme con il professor Giovanni Scambia, direttore del 'Polo per la Tutela della Salute della Donna e del Bambino' al cui interno il Centro per il Linfedema è collocato. Nella giornata inaugurale si è tenuta anche la lectio ‘La supermicrochirurgia nel trattamento del Linfedema’ del professor Isao Koshima dell’Università di Tokyo, tra i massimi esperti mondiali sulla patologia del sistema linfatico. “Il Centro - spiega la professoressa Salgarello - completa la carta dei servizi del Policlinico Universitario A. Gemelli in campo oncologico offrendo risposte anche finalizzate al miglioramento della qualità della vita dei pazienti colpiti da tumore che troppo spesso vivono il paradosso terapeutico secondo cui guariscono dal cancro, ma al costo di dovere affrontare una patologia benigna, ma cronica e invalidante, qual è il linfedema”.

La malattia - Il linfedema periferico è una patologia cronica, progressiva, debilitante causata dall’accumulo patologico di liquido (linfa) nei tessuti (linfostasi) degli arti superiori o inferiori. Le principali forme di linfedema che si osservano sono: ‘primarie’, dovute a malformazioni dei vasi del sistema linfatico, e ‘secondarie’, dovute a eventi avversi esterni che alterano la normale funzione del sistema linfatico. La chirurgia oncologica è tra la cause più frequenti di linfedemi secondari. In Italia si registrano circa 40 mila nuovi casi all’anno di linfedema, tra forme primarie e secondarie. Tra il 5 e il 41% delle donne con tumore della mammella, dal 2,4 al 41% delle donne con tumore della cervice, dell’utero e delle ovaie, e tra il 25 e il 67% delle donne con tumore della vulva sviluppano linfedema dopo trattamenti oncologici. Un impatto notevole di questa patologia si osserva anche dopo trattamenti oncologici per tumori prostatici, melanomi e sarcomi. Il linfedema riduce la funzionalità dell’arto interessato; può associarsi a dolore, a infezioni ricorrenti e alterazioni cutanee; può rendere molto difficile la vita sociale e di relazione, impattando sulla qualità di vita; raramente può evolvere in una patologia maligna, il linfoangiosarcoma. Il linfedema normalmente si osserva a distanza di 1-4 anni dopo la chirurgia oncologica. Spesso sottovalutati, i pazienti arrivano a diagnosi di linfedema quando il ‘gonfiore’ è stabile e persistente, e quindi in uno stadio clinico intermedio o avanzato.

A chi si rivolge il nuovo Centro - Tutti i pazienti affetti da linfedema sia primario che secondario possono far riferimento a questo centro per conoscere le possibilità e le diverse opzioni terapeutiche. Per i pazienti con fattori di rischio per linfedema si consiglia di effettuare una visita di controllo ambulatoriale entro l’anno dalla conclusione delle terapie oncologiche, indipendentemente dai sintomi. In questo modo diviene possibile effettuare la diagnosi precoce di linfedema, anche grazie all’ausilio di una metodica diagnostica di ultimissima generazione, minimamente invasiva e ambulatoriale quale 'la linfografia a fluorescenza con verde di indocianina'. La diagnosi precoce della malattia è importante perché consente di evitare la progressione del linfedema. Inoltre, le possibilità di successo della microchirurgia aumentano quanto più precoce è lo stadio della malattia.

Le cure - Fino a oggi il linfedema è stata considerata una malattia trattabile solo da un punto di vista sintomatico, utilizzando la terapia fisica combinata. Questa prevede un impegno a vita da parte del paziente il quale, oltre alla fisioterapia decongestionante, deve indossare a vita indumenti elasto-compressivi e attenersi scrupolosamente e quotidianamente ad alcune ‘regole’ per evitare la progressione della malattia e le possibili infezioni (‘skin care’ quotidiano, attenzione agli sforzi di ogni tipo, utilizzo di repellenti soprattutto in estate per limitare al massimo le punture di insetto, attenzione anche a piccoli traumatismi, cautela nell’esposizione solare diretta. Tutte queste attenzioni servono a evitare di incorrere in una linfangite, malattia intercorrente che farebbe aggravare il linfedema e comporterebbe  un peggioramento ulteriore).. Presso il nuovo centro del Policlinico il linfedema si può curare grazie a due metodiche microchirurgiche fisiologiche:

Le anastomosi linfatico-venose (LVA) con tecnica supermicrochirurgica - L’intervento consiste nel deviare (bypassare) i collettori linfatici a delle piccole venule sotto pelle di dimensioni di circa 0.2-0.5 millimetri allo scopo di 'scaricare' i vasi linfatici che risultano ostruiti. L’intervento si effettua con l’utilizzo del microscopio intraoperatorio e con tecniche di supermicrochirurgia. L’intervento chirurgico si effettua attraverso delle incisioni di circa 2-3 cm, ed è quindi poco invasivo.

Trapianto autologo di linfonodi/tessuto linfatico - L’intervento consiste nel prelevare in modo selettivo del tessuto linfatico/ linfonodi con i loro vasi trofici, da una zona del corpo (ad esempio inguine, collo, ascella) per trasferirli a livello dell’arto che è interessato dal linfedema, ricollegando i vasi dei linfonodi a dei piccoli vasi locali con l’utilizzo del microscopio. L’obiettivo dell’intervento è riportare dei linfonodi/tessuto linfatico nell’arto malato per migliorare il drenaggio linfatico.

La zona di prelievo dei linfonodi viene studiata preoperatoriamente anche utilizzando la metodica del 'reverse mapping', che permette di selezionare in modo specifico linfonodi che non andranno a disturbare il normale drenaggio linfatico della zona di prelievo. Con la terapia microchirurgica il 91,2% dei pazienti ha riportato miglioramenti soggettivi, con riduzione della circonferenza dell’arto affetto fino al 70%, fino al 78% dei casi ha interrotto l’utilizzo di indumenti elasto-compressivi, e fino al 100% dei casi non hanno più riportato episodi di infezione. Il centro del trattamento chirurgico del linfedema - spiega la professoressa Marzia Salgarello - offre un team di esperti che si prende cura del paziente in un sistema integrato, in cui i fisioterapisti collaborano con i chirurghi nel trattamento e nella preparazione del paziente alla chirurgia, e poi lo seguono nella fase successiva. La nuova terapia chirurgica del linfedema vuole proporsi come il momento più incisivo nella cura della malattia, con l’obiettivo di migliorare i sintomi della malattia stessa (le dimensioni dell’arto, il numero o la frequenza delle infezioni) e quelli soggettivi che si riflettono sull’immagine di sé, sulle attività quotidiane e sulla vita sociale, con rilevanti ripercussioni sulla qualità della vita. “È questo un progetto avveniristico - conclude la professoressa Salgarello - che ha come primo momento la divulgazione a tutti i pazienti di queste nuove possibilità terapeutiche: fare arrivare a loro, i pazienti, la conoscenza di questa novità di cura è il nostro primo passo, che getta le basi per la cura di domani”. 

Rivolgendosi al CUP (SSN - 0688805560) o all’ALPI (800-262272) si può prenotare una visita ambulatoriale di Chirurgia Plastica per ottenere una prima valutazione

Vespa accerchiato, è la fine di un'era: "La prendo a schiaffi?", lo denunciano

Vespa accerchiato, fine di un'era: "La prendo a schiaffi?", querela in arrivo



Un accerchiamento senza precedenti per Bruno Vespa. Dopo la rissa a Porta a porta con Renato Brunetta, il capogruppo di Forza Italia alla Camera non molla il colpo, anzi. Il problema è stata la presenza di Davide Serra, finanziere e finanziatore di Matteo Renzi, nella puntata in cui si parlava di Brexit: "Quando l'ho fatto rilevare io la reazione di Vespa è stata surreale, ha avuto il coraggio di dirmi Lei stia al suo posto - ha ricostruito l'accaduto sul Tempo -. Se l'è presa come se non fosse tenuto a spiegare nulla a nessuno, lui è un conduttore, non il padrone della trasmissione. E io ho ricevuto la solidarietà dall'Italia intera, compresi alcuni consiglieri di amministrazione Rai. La rete si è scatenata contro di lui. Per Vespa, in ogni caso bravissimo giornalista, è finita un'epoca".

Querela a 5 Stelle - Anche i grillini sono fuori dalla grazia. Poco prima dello scontro con Brunetta, infatti, Vespa aveva zittito la senatrice 5 Stelle Barbara Lezzi, colpevole di aver rimproverato un altro ospite in studio, Mario Orfeo. Il direttore del Tg1, visibilmente contrariato, aveva richiamato Vespa chiedendogli di fare qualcosa e il conduttore Rai, visibilmente in difficoltà, gli si era avvicinato sussurrando "La devo prendere a schiaffi?". Roberto Fico, presidente commissione Vigilanza Rai e membro del direttorio M5S, chiede adesso "provvedimenti seri ed immediati nei confronti di Vespa" e di Orfeo. "Lunedì presenterò un'interrogazione a Rai e Agcom - annuncia l'esponente grillino -. Valuteremo se è possibile una querela nei confronti di Vespa". 

Bufera contro Renzi e Campo Dall'Orto La protesta Rai che terrorizza il premier

Terremoto contro Renzi e Campo Dall'Orto La protesta in Rai che terrorizza il premier



I giornalisti della Rai contro Matteo Renzi e il dg di Viale Mazzini Antonio Campo Dall'Orto. In una nota si legge: "Nelle edizioni principali di ora di pranzo e della sera di domani lunedì 27 giugno le giornaliste e i giornalisti della Rai ritireranno le firme come forma di protesta nei confronti delle recenti decisioni dell'azienda, sui tagli all'informazione e sul ricorso agli esterni. Una protesta per dire ai cittadini che tutto ciò avviene non in nostro nome"

Voto in Spagna, effetto-Brexit: è il caos Vince Rajoy...ma non vince nessuno

Effetto Brexit in Spagna. Vince Rajoy ma non vince nessuno



A sei mesi dal voto che mise in stallo la politica, la Spagna è tornata alle urne senza riuscire a disegnare una maggioranza netta: il Partito popolare si conferma primo ma senza maggioranza assoluta, pur se rafforzato da 14 deputati in più, davanti ai socialisti di Psoe, Podemos e Ciudadanos. La prevista marea dei partiti anti-sistema non c'è stata, forse per effetto Brexit. Gli exit poll, infatti, avevano illuso il partito viola di Pablo Iglesias di poter superare i socialisti ma così non è stato.

Podemos, alleato con Izquierda Unida, si ferma a 71 seggi, lo stesso risultato delle elezioni del 20 dicembre scorso. Il Pp di Rajoy avanza ma non a sufficienza: guadagna 14 deputati, a quota 138 su 350, con il 33% dei voti. A farne le spese è il partito moderato anti-establishment Ciudadanos, che scende da 40 a 32 seggi e al 12,9%. I socialisti si fermano al 22,8%, in leggera flessione a 85 deputati contro i 90 che avevano. Finora il leader socialista Pedro Sanchez ha escluso di allearsi con i popolari, ma potrebbe essere l’unico scenario possibile anche perchè Psoe e Podemos non arrivano insieme alla maggioranza assoluta e servirebbe comunque il sostegno degli indipententisti, come i nazionalisti baschi del Pnv (5 seggi) o quelli catalani di Cdc e Erc (17 deputati).

Sanchez è dunque di fronte a un dilemma: alleandosi con i popolari il Psoe rischia di venirne schiacciato e di fare la fine del Pasok in Grecia, scomparso dalla scena politica. Ma con la formazione di Pablo Iglesias c'è l'incompatibilità sulla Catalogna, visto che il Psoe respinge il referendum sull’indipendenza che trova disponibile Podemos. Di certo, non sarà facile superare l'impasse nella quarta economia della zona euro per superare lo stallo emerso già dopo il voto del 20 dicembre. Erano quattro i candidati a premier, leader dei rispettivi partiti: il premier uscente Mariano Rajoy, alla guida del Partito Popolare, eletto nel 2011; il segretario del Partito Socialista (Psoe) Pedro Sanchez; Pablo Iglesias, leader di Podemos che per queste elezioni ha stipulato un'alleanza con il partito di estrema sinistra Izquierda Unida, denominata Unidos Podemos; Albert Rivera Diaz, leader del partito centrista e anti-sistema Ciudadanos

domenica 26 giugno 2016

Napoli, la scrittrice-avvocata Adriana Dell’Amico presenta il libro “Nessuno è nato libero”

Napoli, la scrittrice-avvocata Adriana Dell’Amico presenta il libro “Nessuno è nato libero”



di  Antonio Parrella




NAPOLI. Prosegue il tour in Campania ed in tutt’Italia della scrittrice e avvocata Adriana Dell’Amico per la presentazione del suo libro dal titolo “Nessuno è nato libero”. Grande successo per questa interessantissima pubblicazione della scrittrice casertana e copie praticamente esaurite, tanto da dover richiedere subito la ristampa del libro. Oggi, domenica 26 giugno, l’autrice farà tappa a Napoli, presso la chiesa di San Gennaro all’Olmo (ore 18,30), in via San Biagio dei Librai. Al forum culturale, oltre all’autrice, interverrà tra gli altri anche Ernesto Di Mattia (responsabile settore cultura Comune di Lusciano). Interventi musicali e letture saranno curati dal cantante, musicista e attore Gianni Aversano. 

Adriana Dell'Amico
Avvocato-Scrittrice 
Dunque un appuntamento da non perdere per gli appassionati della lettura. L’avvocata casertana Dell’Amico, dopo i tantissimi consensi di pubblico e di critica delle precedenti presentazioni,  traccerà le linee del suo bellissimo testo, nel quale viene messo in primo piano “l’amore”. “Cos’è l’amore”. A questo interrogativo, che lascia spazio alle variegate risposte del lettore, la Dell’Amico darà la su personale interpretazione. “Prendete il vostro cuore - sottolinea la scrittrice - e custoditelocon un sogno prezioso. Non concedetelo a chiunque. Mai. Ma soltanto a colui che, a sua volta, ha un cuore simile al vostro”. Un pensiero sublime, questo, che contribuisce a rendere questo volume un’opera davvero straordinaria. Un libro da tenere sul proprio comodino. Un libro appassionante, coinvolgente. La Dell’Amico si rifà alla vita di un sacerdote. Don Nicola. Una vita quotidiana che farà riflettere profondamente il protagonista, fino a fargli ritenere che l’amore è degli angeli e noi uomini possiamo soltanto imitare quell’ombra platonica dell’amore divino, proiettato sul fondo della caverna in cui siamo  rinchiusi. Insomma un libro assolutamente da leggere. Tutto di un fiato.  

Meredith è morta, Rudy Guede è libero Il regalo dei giudici al condannato

Omicidio di Meredith, Rudy Guede libero. Regalo dei giudici: cosa hanno deciso



Trentasei ore di permesso premio per Rudy Guede, da oggi sabato dal 25 a domani domenica 26 giugno. Lo ha comunicato l'ufficio stampa del ragazzo, 29 anni, ivoriano, detenuto nel carcere di Viterbo, condannato in via definitiva a 16 anni per concorso nell'omicidio di Meredith Kercher, avvenuto a Perugia il 1 novembre 2007.

Rudy Guede trascorrerà le ore di permesso premio a Viterbo, in una struttura del Gavac, associazione di assistenti, volontari e animatori carcerari, seguito dal gruppo di lavoro creato dal Centro per gli Studi Criminologici a sostegno dell'innocenza di Guede. Finora Guede non ha mai usufruito di alcun permesso, ottenuto in tal caso alla prima richiesta e dopo aver scontato la metà della pena. Il giovane, che si dichiara innocente rispetto ai reati per cui è stato condannato in via definitiva, ha appena finito gli esami universitari e si laurerà molto probabilmente in luglio con una tesi sui mass media alla facoltà di Storia di Roma Tre.

Il permesso premio che è stato concesso a Guede, gli era stato revocato esattamente un mese fa per una questione burocratica legata alla fornitura dei suoi pasti. "Permesso premio - spiega Guede tramite il suo ufficio stampa - significa concepire finalmente uno spazio nuovo. Vedere altri al di fuori delle persone che vedi sempre. Permesso premio significa rientrare a contatto per un attimo con la spontaneità del mondo".