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venerdì 3 giugno 2016

Prince, arriva tutta la verità sulla morte: il verdetto (raccapricciante) dell'autopsia

Prince, finalmente tutta la verità sulla morte: il verdetto dell'autopsia, risultato raccapricciante



Finalmente la verità sulla morte di Prince. Secondo il verdetto dell'autopsia, è stata un' overdose da oppiacei a uccidere la popstar lo scorso 21 aprile. L' indiscrezione dell'agenzia Ap cita un esponente delle forze dell'ordine vicino all'inchiesta, che avrebbe rivelato i particolari dell' autopsia e dei test tossicologici sotto condizione di anonimato. L' ipotesi di suicidio come causa della morte del cantante 57enne era stata quasi subito scartata. Le indagini si erano concentrate sui medici che avevano Prince in cura e che potrebbero avergli prescritto dosi eccessive di antidolorifici. L' artista aveva iniziato ad assumere oppiacei per alleviare il dolore procurato da un intervento subito alcuni anni fa. Prince fu ritrovato senza vita in un ascensore all' interno di Paisley Park, la sua residenza alle porte di Minneapolis.

Ecco le telefonate di Napolitano che ora fanno tremare il governo

Ecco le telefonate di Napolitano che ora fanno tremare il governo Renzi


di Giacomo Amadori



Mentre il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano si spende h24 per il sì al referendum sulle riforme, il ministero della Giustizia si premura di tutelare la verginità istituzionale di cotanto padre costituente inviando gli ispettori a Palermo nel tentativo di tamponare eventuali fughe di notizie sul suo conto. Quantomeno questo è quello che ieri lasciava intendere un articolo di Giovanni Bianconi sul Corriere della sera.

Il casus belli è un' intervista rilasciata nel novembre scorso dall' ex pm Antonio Ingroia al nostro quotidiano. Una lunga conversazione in cui il magistrato che condusse le indagini sulla cosiddetta trattativa Stato-Mafia promise di rendere pubbliche, parafrasandole in un romanzo, le intercettazioni distrutte su ordine della Corte costituzionale tra l' allora ministro dell' Interno Nicola Mancino (indagato) e lo stesso ex presidente Napolitano. Chiacchierate dai toni poco istituzionali, in cui i due vecchi amici si lasciavano andare a commenti sapidi non in linea con il paludato linguaggio quirinalizio. Battute, si dice, irriguardose anche nei confronti degli inquirenti. Peccato che il capo dello Stato sia pure il presidente del Consiglio superiore della magistratura. Un corto circuito che, se reso pubblico, rischierebbe di gettare una luce sinistra sulla Madonna pellegrina delle riforme.

Un pericolo che evidentemente il governo non sembra pronto a correre. Il Corriere racconta che dopo l' intervista, Giovanni Melillo, capo di gabinetto del ministro Andrea Orlando «fece seguire una richiesta di accertamenti al capo dell' ispettorato Elisabetta Cesqui», ex consigliera del Csm in quota Magistratura democratica, la corrente di sinistra delle toghe. Cesqui chiese alla procura di Palermo se esistessero copie o ulteriori registrazioni sull' argomento. La risposta fu negativa. Ma a fine marzo, evidentemente non convinto, l' ispettorato ha ordinato nuove verifiche sul server che registra le telefonate a caccia di «tracce di eventuali duplicazioni e accessi diversi». Per questo è stato scomodato pure un tecnico della ditta che ha realizzato il sistema informatico e gli ispettori hanno messo sotto torchio tutti e sei i magistrati ancora in attività che, per motivi di indagine, hanno avuto contezza delle conversazioni: tutti hanno dovuto confermare in una nota che le intercettazioni erano state regolarmente distrutte come «richiesto in data 17 gennaio 2013». Nino Di Matteo avrebbe aggiunto anche una postilla stizzita per la «ingiustificata sfiducia» del ministero nei suoi confronti. In realtà gli ispettori hanno potuto controllare tutti fuorché il principale sospettato, quell' Ingroia divenuto avvocato. Il quale sta scrivendo il libro come ha annunciato a Libero.

«Il grosso però lo butterò giù in estate». Comunque l' incipit provvisorio è già sul computer: «Ciao Giorgio come stai? Ti ricordi quando l' abbiamo sentita la prima volta…». Il riferimento è ovviamente a un' intercettazione, perché «ci sono delle cose che vanno raccontate» chiosa l' ex magistrato. «Se a distanza di 4 anni, dopo che mi sono dimesso dalla magistratura e dopo che Napolitano ha lasciato il Quirinale, si mobilita, a spese dell' erario, un' intera squadra di ispettori per verificare che nessuno sia in possesso di quelle telefonate è normale che i cittadini si domandino che cosa contenessero.

Ecco il perché del libro che sarà un racconto a posteriori dell' Italia che ha rinunciato a fare i conti con alcune verità scomode: descriverà un Paese di ricatti e ricattatori, di sentenze politiche. La storia sarà ambientata in un futuro prossimo, tra la Sicilia, Roma e altri luoghi e narrerà le vite parallele di alcuni reduci della stagione dei grandi processi di mafia, politici e magistrati. Tra i protagonisti ci sarà chi avrà abbandonato l' Italia e chi avrà fatto carriera; a un certo punto le loro storie si incroceranno e avremo dialoghi e flashback. In cui si parlerà anche delle intercettazioni di Napolitano e Mancino». Immaginava di creare tutto questo trambusto con le sue dichiarazioni? «Trovo che sia fuori dal mondo che un' intervista, persino un po' scanzonata, abbia avuto come conseguenza che il ministero della Giustizia, seriosamente e con le scarpe chiodate, sia tornato a calcare i corridoi della procura di Palermo per verificare se i magistrati del pool abbiano scritto la verità nelle relazioni che gli sono state richieste. Non credo che ci siano precedenti in Italia e neppure all' estero. Il motivo è che quelle intercettazioni fanno paura». Per quale motivo? «Bisognerebbe chiederlo a chi si è spaventato. Soprattutto a chi non conosce o non ricorda l' esatto contenuto di quanto detto in quelle registrazioni». Alla fine, però, Ingroia tranquillizza tutti: «Il libro uscirà dopo il referendum».

giovedì 2 giugno 2016

Arriva il vaccino contro tutti i tumori: rivoluzione scientifica, come funziona

Arriva il vaccino contro tutti i tumori. Rivoluzione scientifica, come funziona



Siamo sempre più vicini al vaccino contro il cancro. Una vaccinazione terapeutica universale contro i tumori è stata ideata da scienziati tedeschi dell'università Johannes Gutenberg a Mainz: si tratta di un antidoto che induce una fortissima risposta del sistema immunitario.

Secondo quanto riferito sulla rivista Nature, il vaccino è stato testato con successo su animali e su tre pazienti in stadio avanzato di melanoma. Già a basse dosi la vaccinazione è stata in grado di attivare una risposta immunitaria efficace contro il tumore.

Fazio sfora di un'ora, Angela si sfoga La furia di Alberto: ecco come va in onda

Fazio sfora di 1 ora, furia di Angela. Ribellione in diretta: cosa va in diretta / Guarda






Riavvolgiamo il nastro fino a sabato sera. Siamo su Rai3, dove Fabio Fazio sta officiando la sua messa laica che risponde al nome di Che tempo che fa. Sfilano Massimiliano Allegri, la Gialappa's Band, Niccolò Fabi e Flavio Caroli. Poi, certo, c'è spazio, tempo e modo anche per Luciana Littizzetto. La trasmissione prosegue, si chiacchiera, ci si dilunga. Anzi, ci si dilunga tantissimo: quasi un'ora, uno sforamento probabilmente che vale un record assoluto.

E a pagarne le conseguenze è il povero Alberto Angela, il cui Ulisse doveva andare in onda alle 21.45 e, invece, è cominciato a ridosso delle 22.45. Insomma, un ottimo motivo per essere nervosi. Non soltanto per una questione di rispetto, ma anche per una questione di share: a quell'ora il pubblico si riduce e l'audience ne risente. Ma Alberto Angela, come ha notato l'attentissimo Italia Oggi, si è vendicato. Come? Semplice, nel corso della puntata di Ulisse è andata in onda la protesta dei telespettatori, di chi ha dovuto a lungo attendere il programma. Come potete vedere nella gallery  lo scontento montava su Twitter: vi proponiamo soltanto alcuni dei (numerosissimi) messaggi infuocati contro Fazio e le sue lungaggini.

Scordateti le ferie, non avrete più soldi "Horror" nella busta paga di luglio

Le ferie? Scordale: non avrai i soldi. "Horror" in busta paga



Deadline posticipata per la presentazione del 730, ma non è necessariamente una buona notizia. Martedì sera, Matteo Renzi ha firmato un decreto legge della presidenza del Consiglio che proroga il termine ultimo per la presentazione del 730 sui redditi del 2015 dal 7 al 23 luglio (sia per quello presentato al Caf, sia per quello precompilato online), concedendo più tempo per presentare la dichiarazione dei redditi semplificata. La misura era stata richiesta sia dalla Commissione Finanze della Camera sia dalla Consulta dei Caf.

Tuttavia, lo slittamento di due settimane potrebbe allungare anche i tempi dei possibili rimborsi in caso di deduzioni e detrazioni, come ad esempio il mutuo o le spese mediche, che comportano un rimborso da parte del Fisco. I rimborsi del 730 in busta paga o nel cedolino della pensione rischiano infatti di arrivare nel mese successivo, creando problemi ai sostituti d’imposta perché in agosto gli uffici del personale degli enti di previdenza lavorano a ranghi più ridotti. Insomma, una dilazione che a qualcuno potrebbe costare le vacanze estive.

LISTA COL SANGUE BLU Il "colpaccio" della Meloni: con lei la (bella) principessa

Una principessa nella lista della Meloni


Giacinta Ruspoli

Nella lista civica "Con Giorgia", e dunque in appoggio alla candidatura a sindaco della Meloni, c' è Giacinta Ruspoli. Avvocato, 28 anni, della omonima casata.  Giacinta è la figlia del principe Sforza Ruspoli e della principessa Maria Pia. "Lillio", come lo chiamano intimi e familiari, è stato uno dei protagonisti (non ortodossi) della destra romana.  Nel 1989 si candidò alle Comunali da indipendente nel Movimento sociale italiano e prese 37mila voti. Tanti. Uno, per capirci, che si poteva permettere di sfottere il ras della dc romana Vittorio Sbardella. Non lo chiamava "squalo" come gli altri, ma "spigola". Papalino e anticapitalista. Nobile ma non restauratore. Nel '93 gli spettava la candidatura a sindaco del Msi contro Francesco Rutelli. Non per diritto dinastico, ma a causa della forza elettorale che aveva dimostrato in precedenza. Alla fine preferì cedere il passo a Gianfranco Fini. Ma con l' allora segretario missino i rapporti erano tutt' altro che cordiali.

Avevano due idee diverse di destra. Ruspoli smentì ripetutamente di essere uno dei padri fondatori di Alleanza nazionale. D' altronde, mentre Gianfranco si accordava con Berlusconi, Casini e Mastella, il principe nero ospitava a cena nel suo palazzo il leader del Front National Jean Marie Le Pen. Era il 1994. Un salto di una generazione ed ecco in campo la figlia Giacinta. Pure lei si proclama nobile atipica, attenta alle periferie della capitale e alle «giustizia sociale». Meglio nobili, che ignobili, è il suo slogan. Anche questo arriva dalla tradizione di famiglia. In una intervista con Il Tempo ricorda che il papà da consigliere comunale fondò la Casa Accoglienza di Santa Giacinta. Sulla Casilina Vecchia. Che nel frattempo ha smesso di essere periferia ed è diventata il quartiere hipster del Pigneto. «I nobili oggi sono i contribuenti italiani che pagano regolarmente le tasse», dice. L' intenzione è di fare il pieno di voti come il padre. Ci spera anche Giorgia Meloni, ovviamente.

L'INTESA RITROVATA L'abbraccio di Salvini a Silvio Le parole che cambiano tutto

L'abbraccio di Salvini a Silvio: "La frase che cambia tutto"



"Il 5 giugno liberiamo qualche città e dal 6 giugno parliamo di programmi con Berlusconi". Lo ha detto Matteo Salvini ad Agorà su RaiTre. "Secondo me - ha spiegato - Renzi è tanto arrogante e sbruffone da farmi capire che tra un pò si vota, perché ha capito che la trippa è finita anche per lui"-A proposito della corsa alla leadership del centrodestra il segretario federale della Lega ha poi affermato: "Siamo il centrodestra, non spetta a me decidere chi comanda. Berlusconi è il mio presidente. Da milanista sarà sempre il mio presidente»".