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giovedì 14 aprile 2016

Canone Rai in bolletta e fregature: legge "bocciata", adesso è caos

Il Consiglio di Stato boccia il decreto sul canone Rai in bolletta



Il Consiglio di Stato boccia il decreto ministeriale sul canone Rai in bolletta elettrica. A poche settimane alla prima bolletta con imposta tv incorporata, a luglio, il Consiglio di Stato sottolinea come il decreto scritto dal Ministero dello Sviluppo Economico non offre una "definizione di apparecchio tv" né precisa che il canone si debba versare una volta sola, anche se l'intestatario della bolletta elettrica possiede più televisori in casa. Più che uno stop alla disposizione, dunque, è una bocciatura a chi ha scritto (male, malissimo) la legge. 

Le (involontarie?) fregature - Come ricorda Repubblica.it, secondo il Consiglio di Stato è necessario chiarire che la famiglia deve versare la gabella un'unica volta, e solo se possiede un tv che riceve i programmi in modo diretto "oppure attraverso il decoder". In questo modo, il decreto chiarirà definitivamente che non si deve pagare niente quando si hanno uno "smartphone o un tablet" che pure riescono a intercettare il segnale televisivo. Ci sarebbe poi un problema di privacy nella riscossione del nuovo canone, considerata la mole di dati che si scambieranno gli "enti coinvolti (Anagrafe tributaria, Autorità per l'energia elettrica, Acquirente unico, Ministero dell'Interno, Comuni e società private)", il tutto senza nemmeno una "disposizione regolamentare" che assicuri il rispetto delle normative sulla riservatezza

Giglio tirchio: Boschi bracio corto Quanto non ha pagato. E a chi

Il Giglio Magico si fa lo sconto sull'obolo al Pd


di Franco Bechis


Amara sorpresa per le casse del Pd. Nel 2015 sono crollati i contributi di gran parte dei parlamentari e degli eletti, che hanno stretto decisamente la cinghia e tagliato al primo posto quella tassa che avevano versato al partito di appartenenza l' anno precedente. Ci sono casi diversi di grande generosità ritrovata, ma l' andamento generale è quello del braccino corto.

Certo, l' esempio non viene dall' alto: Matteo Renzi non ha versato nemmeno un centesimo del suo stipendio pubblico alle casse del partito che guida. Ma non l' aveva fatto nemmeno nel 2014, e quindi il Pd non ne ha risentito particolarmente. Il taglio più sensibile è arrivato dal vicesegretario del partito, Debora Serracchiani e dal presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta. Entrambi nel 2015 si sono allineati al proprio leader: non hanno versato nemmeno un centesimo del loro stipendio al partito nazionale e secondo le dichiarazioni congiunte trasmesse alla tesoreria delle Camere secondo gli obblighi di legge il 31 marzo scorso, non hanno versato nemmeno alle federazioni locali. In questo caso il danno c' è stato: l' anno precedente dalla Serracchiani erano arrivati 17.100 euro e da Crocetta 15 mila.

Altro buco arriva da Enrico Letta, che nel 2014 nonostante tutto aveva versato 18 mila euro e nel 2015 si è limitato a 6 mila euro (-66,66%). Ma il caso è diverso da tutti gli altri: per come è stato trattato da Renzi, è già un miracolo che Letta si sia tassato per il partito per così tanto tempo. E in ogni caso nel 2015 ha lasciato la politica attiva e anche il seggio che aveva alla Camera dei deputati per andare in Francia a fare il professore.

Dall' elencone dei finanziamenti dei vip del partito arriva un' altra sorpresa: i primi ad avere ridotto sensibilmente la «tassa» per il Pd sono i fedelissimi del premier nonché leader del partito. Svetta la caduta dei versamenti di Maria Elena Boschi (-21,73%), che oggi versa come una ordinarissima eletta i 18 mila euro l' anno previsti per tutti, contro i 23 mila euro donati l' anno precedente.

Anche Pierluigi Bersani, il leader della minoranza del partito, ha deciso di risparmiare un po' (-8,33%), ma versa più della Boschi: 20.350 euro contro i 22.200 euro dell' anno precedente.

Fra i re del taglio del contributo al partito non poteva mancare l' uomo simbolo della spending review: Yoram Gutgeld, detto Mani di Forbice. Come consulente del governo non è riuscito a fare altro che tagliuzzare un po' di spesa pubblica. Come consulente di se stesso è invece stato straordinario: nel 2014 spendeva per il suo partito 41.500 euro, l' anno successivo il contributo è sceso a 16 mila euro (-61,44%), una cifra che è perfino inferiore di 2 mila euro a quella dovuta da tutti i parlamentari. Deve avere dato buoni consigli anche alla responsabile comunicazione del Pd, Alessia Rotta, detta Rottweiller per una certa grinta di cui abbonda nelle frequenti comparsate tv: nel 2014 versava 41.500 euro come Gutgled, ora è scesa a 16.500 euro (-60,24%). Taglio sensibile al contributo anche per il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che è passato da 40.200 agli ordinari 18 mila euro di tassa per il partito (-55,22%). Ha fatto la sua spending review anche il vicepresidente del partito, Lorenzo Guerini, che è sceso da 36.795 a 18 mila euro (-51,08%). E fra i campioni della spending review ci sono anche fedelissimi renziani come Vincenzo Amendola (-46,4%), Emanuele Fiano (-44,95%), Ivan Scalfarotto (-27,27%), Luca Lotti (-21,3% come la Boschi), Alessia Morani (-10%), Marianna Madia e Roberto Giacchetti (-5,26%) e perfino Francesco Bonifazi (-45,32%), che del Pd è pure tesoriere. Versavano il minimo dovuto (18 mila euro) e hanno continuato a farlo invece Rosy Bindi, Paolo Gentiloni, il presidente del partito Matteo Orfini, Dario Franceschini, Anna Finocchiaro, Guglielmo Epifani e il capogruppo del Senato Luigi Zanda. Nessuna variazione per Giorgio Tonini, senatore renziano che però versava e versa al partito una cifra considerevole: 30 mila euro l' anno.

Ci sono nel Pd però anche esempi opposti di virtuosismo e generosità. La campionessa è il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, che nel 2014 versava 19.725 euro e nel 2015 si è proprio svenata: 60.555 euro al partito, con un incremento del 206,99%.

Secondo posto per un renziano non allineato come Matteo Richetti: versa 22 mila euro contro i 10 mila dell' anno prima (+120%). Ma campione di generosità è anche Ettore Rosato, capogruppo alla Casmera: già si era svenato nel 2014 (42 mila euro), ma nel 2015 ha donato al suo partito ben 57 mila euro (+35,71%). Incrementi pure da parte di Davide Faraone (+54,54%) e perfino da parte del superdissidente Miguel Gotor (+2,25%). Hanno versato per la prima volta l' obolo il renziano Ernesto Carbone (12 mila euro), Khalid Chaouki (6 mila), e i neoconvertiti Gennaro Migliore (18 mila euro) e Andrea Romano (braccino più corto: 13.500 euro).

Referendum sulle trivelle: a Caivano un incontro informativo per saperne di più

Referendum sulle trivelle: a Caivano un incontro informativo per saperne di più


Nino Navas

Caivano – Votare in maniera consapevole. E’ questo il senso dell’incontro informativo sul referendum sulle trivellazioni che si svolgerà venerdì 15 aprile a partire dalle ore 17.30.

L’iniziativa è promossa dall’associazione “Sveglia Caivano” in collaborazione con l’associazione “Giovanidee” a cui hanno aderito anche altre associazioni del territorio, in particolare Diritti sociali, Comitato Storico, Caivano Soccorso, Crispano Bene comune.

L’appuntamento è in via Sant’Arcangelo presso lo spazio antistante alla sede dell’associazione “Giovanidee”.

L’evento sarà un happy hour dove tutti potranno prendere la parola per dibattere e confrontarsi su tutto quanto c’è da sapere sul referendum che nonostante la sua importanza ha avuto pochi spazi di informazione.

Ad essere contattati sono stati diversi esponenti del mondo delle associazioni, delle istituzioni, dei movimenti, al fine di avere un quadro completo sull’argomento sia per quanto concerne i pro che i contro al quesito referendario.

Ad intervenire, tra gli altri, saranno Gianpiero Zinzi, presidente della commissione regionale sulla Terra dei fuochi e Giusiana Russo, presidente del Circolo di Afragola di Legambiente.

“Sarà un piacevole pomeriggio all’insegna del sano confronto e dell’informazione – afferma Nino Navas, fondatore di Sveglia Caivano – Riteniamo che il referendum affronti una questione di estrema importanza ma che allo stesso tempo i cittadini abbiano avuto poche occasioni per informarsi. Votare non solo è un diritto ma l’espressione di un impegno civile”

“Abbiamo sposato in pieno l’iniziativa – aggiunge Pasquale Della Gatta presidente dell’associazione Giovanidee – aspettiamo una essere una massiccia presenza di persone di quanti hanno voglia di capire a tutto tondo il tema del quesito referendario”

Caivano (Na): Il Sindaco, le libertà violate e i soldi dei cittadini

Caivano (Na): Il Sindaco, le libertà violate e i soldi dei cittadini



di Domenico Acerra


Mi è giunta notizia che il comune di Caivano ha perso una causa promossa da una organizzazione sindacale perché ha leso il diritto alla libertà sindacale e ha violato le regole sulla concertazione coi sindacati stessi.

In sostanza la vicenda riguarda l'accorpamento dei settori operato dalla amministrazione comunale e la conseguente nomina dei funzionari competenti. In relazione a questa vicenda l'autorità giudiziaria adita ha ravvisato un comportamento antisindacale da parte del sindaco.

Voglio dire: un sindaco che viene eletto senza avere alcuna esperienza amministrativa valida alle spalle e che dopo pochi mesi dal suo insediamento scompone l'architettura degli uffici, promuove o rimuove i funzionari e, per giunta,  in questa attività non si consulta con le organizzazioni sindacali, non conmette orrori da matitone blu?

Due sono gli elementi che rilevano in questa vicenda. Primo una evidente incapacità amministrativa del sindaco che ha dimostrato di ignorare le norme sul procedimento amministrativo. Secondo il sindaco non conosce le regole della democrazia la più elementare delle quali è che quando si sta in una comunità le scelte si condividono con gli altri e non si impone niente a nessuno. Insomma, un sano bagno di democrazia non farebbe male a questo sindaco.

In ultimo, da cittadino, mi chiedo chi risarcira' il comune dei soldi che questo ha sostenuto per affrontare le spese della causa che poi ha perso. Ma si sa, gli amministratori conoscono una sola regola: le perdite si socializzano sempre.

domenica 10 aprile 2016

Baudo, l'umiliazione più grande: "Quando stavo con Katia..."

Pippo Baudo e l'umiliazione più grande: "Quando stavo con Katia...." , il ricordo doloroso



Pippo Baudo in'intervista a Il Giorno parla dell'apertura di Papa Bergoglio sulla comunione ai divorziati risposati. Ricorda quando nel 1987, lui  e Katia Ricciarelli fu clamorosamente cacciato dalla chiesa dove avrebbero dovuto partecipare come padrini a un battesimo. "Allora ero al culmine della popolarità. Il monsignore avrebbe potuto chiamarmi da parte e parlarmi in privato, invece mi affrontò sul sagrato davanti a duemila persone. 'Lei è indegno di entrare in chiesa!', tuonò davanti a tutti. Io gli replicai: 'C' è modo e modo di affrontare ogni questione. Lei è un prete e ha diritto di rispettare la dottrina, ma farlo davanti a tutti significa cercare di umiliarmi.Come monsignore la rispetto, ma come uomo si è comportato male'. Oggi, dopo le parole del Papa, una cosa del genere non sarebbe più possibile. Ci furono anche risvolti comici: la mamma si mise a cercare reneticamente un nuovo padrino, noi andammo ad aspettarli al ristorante. Ma invece di un'ora ne passarono parecchie e il pranzo fu un disastro: era tutto freddo, il cibo immangiabile".. 

Vespa sbatte la porta, una lettera feroce La difesa: "Ricordate quando Biagi...?"

Vespa scrive la sua difesa: e ricorda Enzo Biagi



Parla Bruno Vespa. Dopo i tanti commenti, le critiche di cui è stato vittima dopo l'intervista al figlio di Totò Riina, il giornalista scrive una lettera al Corriere della Sera e si difende. "Se Adolf Hitler risalisse per un giorno dall'inferno e mi offrisse di intervistarlo, temo che dovrei rifiutare". Spiega che la "Storia è stata scritta dai cattivi" e che "compito dei cronisti è intervistarli per approfondire e mostrare l' immagine della Cattiveria. Aveva ragione nel gennaio del '91 il governo Andreotti a voler bloccare (senza riuscirci) la mia intervista a Saddam Hussein alla immediata vigilia della prima Guerra del Golfo perché il dittatore iracheno era un nostro nemico?" Vespa spiega che quando gli si è prospettata la possibilità di intervistare il mafioso, ne ha parlato con il nuovo direttore di Raiuno e ha realizzato un'intervista un cui - spiega - " credo di aver mosso al giovane Riina le obiezioni di una persona di buonsenso mostrandogli anche le immagini delle stragi di Capaci e di via D' Amelio e dell'arresto di suo padre. Ho riportato dall'incontro l'impressione che avevo riportato dal libro: un mafioso con l'orgoglio di esserlo. Era utile che il pubblico conoscesse il volto della nuova mafia? A mio giudizio sì, perché solo conoscendo la mafia la gente acquisisce la consapevolezza di doverla combattere".

Il passato - Ricorda l'intervista di Biagi a Michele Sindona. "Prima di entrare nel merito ci fu una piacevole introduzione sui pasti del detenuto e sulla qualità delle sue letture. L'avvocato Ambrosoli era stato ucciso tre anni prima. La Commissione antimafia - che già esisteva - non batté ciglio. Lo stesso Biagi intervistò liberamente Luciano Liggio, il maestro di Totò Riina, il capo dei capi dei primi anni Sessanta. E Tommaso Buscetta, che spiegò come funzionava la Cupola, ma non pianse certo pentito sulla spalla del grande giornalista. Altra intervista famosa fu quella di Biagi al terrorista nero Stefano Delle Chiaie. Non ricordo che siano stati parallelamente ascoltati i parenti delle vittime". Ci fu chi come Jo Marrazzo, intervistò il capo della 'ndrangheta Giuseppe Piromalli e il capo della camorra Raffaele Cutolo. "Ricevette meritati complimenti. Come li ricevette Sergio Zavoli per aver intervistato tutti i terroristi (non pentiti) disposti a rispondere alle sue domande". E poi ancora Vespa ricorda Massimo Cinacimino, figlio di Vito, ospite d'onore di Santoro. 

Immigrato stupra una 17enne disabile: la decisione sconcertante dei giudici

Immigrato stupra 17enne disabile: la sconcertante decisione dei giudici



Un violentatore di nazionalità bengalese, nel maggio di due anni fa, aveva stuprato una ragazzina disabile. L'orrore è avvenuto a Padova: il protagonista dell'orrore si chiama Zahirul Zahirul, 42 anni, originario del Bangladesh. Aveva adescato la ragazzina, all'epoca di 17 anni, che in quei giorni era ospite dai nonni in città: lei era in giro col cane, lui la ha avvicinata e la ha convinta ad entrare nel suo garage. Là dentro si consuma la violenza: l'aguzzino, alla fine, le fa anche due regali, a ricordarle l'orrore subito (una lattina di Coca Cola e un mazzo di fiori).

Quando la ragazzina torna a casa, i nonni subito capiscono che ci sia qualcosa che non va. Si insospettiscono e chiamano la polizia. La storia emerge in tutto il suo orrore, e il bengalese viene arrestato il 23 maggio 2014. La ragazzina - afflitta da un ritardo mentale di media entità - aveva raccontato tutto ciò che aveva subito (inoltre, nel corso delle indagini, sui pantaloni della minorenne è stato ritrovato il Dna dell'uomo).

Ma un fatto ancor più sconcertante deve ancora avvenire. E avviene - due volte - in tribunale. Il primo fatto, in primo grado: il giudice dell'udienza preliminare gli dà quattro anni di carcere con lo sconto previsto dal rito abbreviato. Quattro anni per una violenza sessuale su una minore disabile. Il secondo fatto, ancor più sconcertante: la Corte d'Appello di Venezia ha dimezzato la pena al bengalese, portandola a due anni e quattro mesi. I giudici infatti hanno ricalcolato la pena partendo dal minimo edittale di cinque anni e gli hanno riconosciuto le attenuanti che non aveva ottenuto in primo grado. Come se non bastasse, sono state revocate anche le misure di sicurezza.

Dunque, in sintesi, il bengalese si è fatto soltanto otto mesi di carcere dei quattro anni previsti: ora è ai domiciliari, e in virtù dell'ultimo verdetto, come spiega Il Giornale, potrà presto tornare in libertà. Probabilmente, prima dell'estate potrà ottenere la definitiva scarcerazione.