PopVicenza, la banca che sta crollando: occhio, quanti soldi si prendono i dirigenti
di Francesco De Dominicis
È dura, durissima da ingoiare: scoprire che i manager della banca in cui hai perso una valanga di quattrini sono e sono stati strapagati. Perché la regola della busta paga d’oro vale sia per gli ex sia per gli attuali alti dirigenti. È l’ultimo atto della saga della Popolare di Vicenza, emerso ieri nel corso dell’assemblea chiamata ad approvare il bilancio 2015 a distanza di appena tre settimane dalla riunione straordinaria dei soci che avevano dato l’ok alla trasformazione in società per azioni. Per la cronaca, i conti dello scorso anno hanno ottenuto il semaforo verde degli azionisti: i peggiori in 150 anni di storia con 1,4 miliardi di perdita. Tuttavia, la delibera assembleare è passata in secondo piano rispetto alla questione «retribuzioni».
Vediamo i dettagli dei «cedolini». L’amministratore delegato, Francesco Iorio, in carica dallo scorso 1 giugno, ha ricevuto 2,678 milioni di euro, di cui 1,8 milioni come bonus d’ingresso una tantum. Iorio si è difeso come un leone davanti ai soci, rivendicando di aver lasciato Ubibanca (la quarta banca del Paese) e di aver accettato un incarico, quello a Vicenza, ad altissimo rischio «professionale e reputazionale». Che tradotto vuol dire: tenere in piedi questa baracca è complicatissimo, ho fatto una scommessa (ben pagata) e se va male mi sono giocato la faccia. Più o meno per le stesse ragioni è piuttosto elevato anche il compenso dell’attuale vice direttore generale, in carica dal 22 giugno 2015: Jacopo De Francisco, ha percepito 1,02 milioni di euro, di cui 700 mila come bonus d’ingresso una tantum. Nell’elenco degli superstipendi, è saltato fuori anche quello dell’ex presidente Gianni Zonin, il quale ha incassato 1,01 milioni.
Complessivamente - emerge dalla relazione sulla remunerazione - la banca ha pagato 2,675 milioni di euro di bonus d’ingresso una tantum a sei dirigenti, inclusi Iorio e De Francisco, e 5,2 milioni di euro di buonuscita a cinque ex dirigenti. La più consistente, pari a 4 milioni di euro, è stata riconosciuta all’ex ad, Samuele Sorato, che ne ha incassati già due e incasserà gli altri due fra tre anni. Per l’ex ad, indagato con Zonin per ostacolo all’attività di vigilanza e aggiotaggio, il compenso complessivo del 2015 (si è dimesso il 12 maggio) è stato di 4,6 milioni. La banca «si è riservata di agire per il recupero» di 4,81 milioni di buonuscite, corrisposte oltre che a Sorato anche agli ex vice direttori generali Emanuele Giustini e Andrea Piazzetta, anche loro sotto indagine. Ma l’assemblea ha votato no all’azione di responsabilità. Voto «insipegabile» e «folle» a giudizio dello «esterrefatto» viceministro dell’Economia, Enrico Zanetti. Hanno votato a favore dell’azione di responsabilità 1.346 soci intervenuti in proprio e per delega, rappresentativi del 38,0571% del capitale, hanno votato contro 169 soci (18,648% del capitale) e si sono astenuti 1.357 soci (43,295% del capitale). C’è, in ogni caso, chi non molla la pista giudiziaria.
«Il drago c’è ancora, non si vergogna e va avanti. Sono ancora là e si prendono i loro soldi e sembra che hanno anche determinato l’esito dell’azione di responsabilità. Nei loro confronti ci sono le denunce e combatteremo contro di loro fino all’accertamento dei reati che hanno commesso» ha detto l’avvocato Renato Bertelle, presidente dell’associazione nazionale azionisti. I tavoli di conciliazione tra la banca e le associazioni di consumatori partiranno dopo l ’aumento di capitale e la quotazione in Borsa, ha promessio Iorio. Caso per caso saranno valutate le posizioni, i profili di rischio e il rispetto delle regole sugli investimenti: in teoria si dovrebbe arrivare a rimborsare i truffati, ma il percorso è lungo e complesso. Resta (per ora) la rabbia e le storie dei soci, molte delle quali emerse ieri in un’assemblea che è servita a far scoprire, tra altro, più di 100 casi di risparmiatori che avrebbero avuto intenzione di suicidarsi (quelli del coordinamento Don Enrico Torta). E allora ecco che una socia pensionata (con 680 euro al mese dall’Inps) che ha perso i suoi risparmi in PopVicenza e suggerisce di rifarsi prendendo le tenute di Zonin. La saga non è finita ieri e, come spesso accade in Italia, avrà il suo epilogo in un pezzo di carta dove c’è scritto «In nome del popolo italiano».