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giovedì 25 febbraio 2016

Una clamorosa rottura: addio, Giletti Caos in Rai, la soffiata: cos'è successo

La clamorosa rottura, addio Giletti: caos in Rai. La soffiata: cos'è successo




Verso una clamorosa rottura: Massimo Giletti, secondo il quotidiano Italia Oggi, è a un passo dall'addio alla Rai. Il conduttore de L'Arena e di Domenica In, dopo 20 anni a Viale Mazzini, starebbe per sbattere la porta. Le ragioni dei dissapori non sono ufficiali, ma in Rai si sussurra che Giletti sia insoddisfatto per il trattamento aziendale: gli avevano promesso prime serate e spin-off de L'Arena, che però non sono mai arrivati. Inoltre, il conduttore avrebbe storto il naso per i rarissimi attestati di considerazione ottenuti da parte dei dirigenti (eccezion fatta per quelli di Giancarlo Leone, che però è stato recentemente "rimpiazzato" nel giro di nomine che ha portato Daria Bignardi alla direzione di Rai3). Giletti, insomma, è scontento, anche perché a Viale Mazzini garantisce ascolti elevati e concreti introiti pubblicitari, uniti a costi di produzioni ridotti al minimo. Tutto pronto per l'addio, dunque, ma per ora non ci sono indiscrezioni su quale potrebbe essere la prossima "tappa" della sua carriera.

Sulle unioni civili la vittoria di Alfano Accordo con Renzi, legge stravolta

Sulle unioni civili la vittoria di Alfano. Accordo con Renzi, legge stravolta




Vince Angelino Alfano. Arriva il via libera della maggioranza al maxi-emendamento sulle unioni civili: dopo lo stralcio della stepchild adoption, così come chiesto da Area Popolare, è stato eliminato anche l'obbligo di fedeltà. La notizia viene riferita da fonti parlamentari. Il premier Matteo Renzi parla di "accordo storico", ma ciò che resta del ddl Cirinnà è profondamente diverso rispetto a quello delle origini e poi "affondato" dalla retromarcia del Movimento 5 Stelle. Il piddino Andrea Marcucci ha confermato che sul maxiemendamento verrà posta la fiducia in senato. Nel testo resta il mantenimento in caso di cessazione dell'unione; prevista inoltre la "separazione lampo", da sancire davanti all'ufficiale di stato civile.

mercoledì 24 febbraio 2016

LA PANARELLO SEGRETA Testimonianza sconvolgente: vicina svela un dettaglio hot

Veronica, una testimonianza sconvolgente: la vicina di casa svela i suoi segreti




“Credevo che il marito di Veronica non fosse Davide, ma suo padre Andrea. Mi sono confusa perché vedevo Andrea e Veronica molto in confidenza. Erano spesso insieme nella casa di lei”. Queste parole, raccolte dal settimanale Giallo in edicola oggi sono state  pronunciate da Vanessa Di Naro, una vicina di casa di Veronica  Panarello, 27 anni, la mamma di Santa Croce Camerina (Ragusa) accusata di aver ucciso il figlioletto Loris. Si tratta di un’intercettazione ambientale, avvenuta in Questura il 27 gennaio 2015. Una testimonianza molto importante soprattutto alla luce della confessione di Veronica Panerello che ha accusato il suocero di aver ucciso il suo bimbo in quanto, questa è la sua tesi, il piccolino era venuto a conoscenza della relazione tra la mamma e il nonno. Andrea Stival ha però negato ogni suo coinvolgimento nel delitto. 

Sentenza choc contro Johnson&Johnson "Questo prodotto è cancerogeno": multa

Sentenza choc contro la Johnson&Johnson: questo prodotto è cancerogeno, multata




Una sentenza contro la Johnson&Johnson accusata di non aver avvertito i propri clienti sulla pericolosità del talco venduto. Il figlio di una donna di 62 anni del Missouri morta  a causa di un cancro alle ovaie, ha combattuto per sua madre e vinto una causa da 65milioni di euro (72milioni di dollari) contro la multinazionale di prodotti per igiene personale e bellezza. Il giudice ha imposto alla ditta il pagamento di 10 milioni di dollari come risarcimento e 62 come azione punitiva per non aver "avvertito i clienti" ed aver agito "in malafede" sulle possibili complicazioni relative all'uso prolungato di talco. Marvin, morta per cancro alle ovaie, usava il talco Johnson&Johnson da anni. La causa portata avanti dal figlio era inserita in una sorta di class action avanzata da altre 60 persone e in tutti gli Stati Uniti si contano 1200 cause contro l'azienda per motivi simili. Il figlio ha spiegato che per la madre usare il talco era un'abitudine quotidiana, come lavarsi i denti.  Johnson&Johnson ha fatto sapere che impugnerà la sentenza perché, hanno spiegato i legali della multinazionale, non c'è alcuna prova del legame tra il prodotto e la malattia. 

Juve batticuore, incredibile rimonta Sotto di due gol, raggiunge il Bayern

Juve batticuore, incredibile rimonta Sotto di due gol, raggiunge il Bayern Monaco




Una Juventus tenace ha tenuto testa al Bayern. Quando sembrava finita, con i bianconeri sotto di due gol la squadra di Allegri ha tirato fuori l'orgoglio ed è riuscita a tenere viva la qualificazione ai quarti di Champions League. Per un'ora i tedeschi sono apparsi di un altro pianeta, al di là dei gol (sui quali ci sono ombre pesanti) di Mueller e Robben. Improvvisa allo Stadium è scoccata la scintilla e l'orgoglio bianconero - unito a un pizzico di presunzione dei Guardiola-boys e ai cambi azzeccati di Allegri (dentro Hernanes, Sturaro e Morata) - ha fatto il resto: le zampate di Dybala e Sturaro hanno rimesso in piedi la partita. Anche se, ovvio, sarà durissima a Monaco di Baviera, dove toccherà vincere. Però c'è ancora partita: se sarà qualificazione, il Bayern se la dovrà sudare parecchio.

Arriva la patrimoniale, la mazzata Un massacro: quanto e come paghi

Italia, è l'ora della patrimoniale. Il massacro: quanto paghi




A poco servono le smentite preventive del ministro dell'economia Pier Carlo Padoan sulla possibile introduzione di una imminente mazzata fiscale, i sospetti che questa stia per arrivare sono sempre più forti. Il dato certo resta l'obiettivo di disinnescare i 35 miliardi di clausole di salvaguardia su Iva e accise e l'aggiustamento, seppur temporaneo, del rapporto Deficit/Pil. Per farlo, secondo Milano finanza, il governo starebbe pensando a un incremento delle tasse con una manovra a tenaglia tra ministero dell'Economia e Agenzia delle entrate.

La tassa - Nel mirino c'è la tassa di successione, aumentata da una parte con il lavoro del governo che sta rivedendo le aliquote e le esenzioni, dall'altra l'agenzia guidata da Rossella Orlandi che sta analizzando a campione sulle polizze vita, uno dei principali strumenti per lasciare il patrimonio in eredità. Da tempo ormai l'Europa chiede al governo Renzi di calcare la mano sui contribuenti con una patrimoniale che permetta di quadrare i conti. Nei primi undici mesi del 2015, scrive il Giornale, il gettito della tassa di successione è stato di 605 milioni di euro, con un incremento del 15% rispetto all'anno precedente. La tassa pesa per il 70% sui parenti, affini ed estranei. Quelli in linea diretta godono di aliquote dal 4 al 6%, con casi di esenzione che arrivano a un milione di euro. In questo modo si riesce a trasmettere gli immobili proteggendoli dalle tasse, conservando il denaro con polizze vita che non rientrano direttamente nell'asse ereditario.

La proposta - Se il governo però svoltasse più a sinistra e seguisse la proposta di legge dei deputati di Sel, anche le polizze vita sarebbe minacciate da una tassazione più aggressiva. Da una parte infatti sarebbero aumentate le aliquote, dal 21 fino al 45%, sarebbero abbassate le franchige con massimi di 400mila euro per i figli e sarebbe esteso l'asse ereditario. Le attenzioni del Fisco infatti si sarebbero rivolte a quelle assicurazioni collegate con fondi di investimento estero.

Il bail in voluto da Berlino ci rovina Disastro: quando l'Italia fallirà

Il bail-in voluto dai tedeschi ci rovina. Il disastro: ecco quando l'Italia fallirà


di Ugo Bertone



Riusciranno le banche a sfuggire alle maldestre riforme messe a punto dall’Unione Europea? Non sarà facile perché le teste d’uovo di Bruxelles e della Bce sono riuscite a mettere a punto una serie di trappole infernali che ha assai complicato la rotta del sistema già alle prese con la crisi più grave del dopoguerra. E così le nuove regole «aumentano i rischi per l'economia e frenano la crescita», come accusa uno studio del Centro Studi Confindustria, firmato dal direttore Luca Paolazzi e da Ciro Rapacciuolo. Una diagnosi che, tra l’altro, riflette il pessimismo delle Borse di fronte a terapie che lungi dal curare il paziente minacciano di decretarne la fine per asfissia. Un allarme, ammoniscono gli autori, che non vale solo per l’Italia o per gli altri Paesi in difficoltà, ma anche per le economie che più hanno ispirato regole nocive oltre che inutili.

1. Eppure le cose minacciano di peggiorare se passasse la proposta di un limite all’acquisto da parte delle banche dei titoli di Stato domestici, come vorrebbe la Bundesbank. Non è vero, come sostengono i tedeschi, che così verrebbe spezzato il legame tra debito bancario e debito sovrano. Al contrario, verrebbe meno la domanda più robusta per i titoli dei Paesi dell’Eurozona con il debito pubblico più elevato. Il risultato? Un aumento dei rendimenti e, di riflesso, del costo del denaro dando il via ad un circolo vizioso: l’aumento degli interessi, infatti, non potrebbe che comportare un aumento del debito, ovvero l’esatto opposto dell’obiettivo di far affluire più fondi delle banche alle imprese. «Se nel 2011/12 - scrivono gli autori - gli istituti avessero dovuto limitare i loro acquisti, in Italia avremmo avuto un sistema bancario con bilanci peggiori e una stretta del credito maggiore». Finora il rischio è stato evitato.

Ancor peggio se passasse la proposta di prevedere accantonamenti a fronte dei titoli pubblici in portafoglio. La «riforma» sollecitata dai falchi tedeschi farebbe crescere la forbice tra le economie periferiche e quelle «core», con nuove tensioni nella Ue.

2. Fin qui le riforme temute ma, per fortuna, ancora nel cassetto. Purtroppo, invece, il bail in ha già provocato guasti formidabili, dal default delle banche italiane (e del Novo Banco portoghese) all’aumento del rischio che ha provocato il marcato calo dei titoli bancari in Borsa. Ma c’è di più: la riforma, nata con l’obiettivo di tutelare i bilanci pubblici contro l’onere di far fronte ai fallimenti delle banche, rischia di aumentare il prezzo dei salvataggi di quattro volte. Sempre a carico dei contribuenti. In che modo? Primo, con la perdita di valore del patrimonio dei risparmiatori, a causa del crollo delle quotazioni di Borsa e dei prezzi delle case. Secondo, con la diminuzione del reddito. Terzo, con la perdita di posti di lavoro. Quarto, con l'incremento della tassazione e/o con il taglio della spesa pubblica, necessari a coprire il deficit pubblico causato dal peggioramento dell’economia. Insomma, il bail in può funzionare se riguarda un solo istituto, da punire per errori o leggerezze. Non ha senso se la crisi è generale. In quel caso la conseguenza scontata è la recessione.

Per l’Italia, dove i bond bancari sono ampiamente diffusi tra le famiglie (187 miliardi, tre volte l’ammontare in mano al retail tedesco) il danno è ancora maggiore: il maggior rischio dei bond, chiamati a rispondere in caso di insolvenza, è destinato a pesare sui tassi. Insomma, il bail-in va sospeso non tanto per la situazione di un paese o di un altro, ma perché si sono valutati male i suoi effetti economici, che sono controproducenti.

3. Infine, il nodo delle sofferenze, salite a 143 miliardi a fine 2015 (18,3% dei prestiti alle imprese), dai 25 miliardi del 2008 (2,9%). Una crescita drammatica che non è, nella stragrande maggioranza delle situazioni, il frutto di errori o leggerezze ma l’effetto «della doppia e profonda recessione, che ha fatto cadere il Pil di oltre il 9%, la produzione industriale del 25%, l’attività nelle costruzioni di quasi il 50%».

Le nuove regole europee, si sa, non consentono più gli interventi che hanno permesso il salvataggio delle banche tedesche (ma anche inglesi, francesi, belghe e così via). Di qui un intervento limitato, basato su una garanzia che avrà un costo crescente nel tempo. È comunque un passo in avanti, ammette lo studio, «ma le garanzie non sembrano in grado di incidere rapidamente sullo smaltimento dei crediti deteriorati presenti nei bilanci delle banche. Per ridurre a livelli fisiologici lo stock attuale di crediti deteriorati occorreranno diversi anni». Tanto, troppo tempo per un sistema che richiede una risposta tempestiva, mica i tempi biblici e le bizzarrie dell’Europa delle tante burocrazie che invocano nuovi vincoli di bilancio, senza distinguere tra il rischio (assai limitato) di un Btp dai derivati (spesso tossici) che abbondano nei magazzini di Deutsche Bank.