La profezia finale di Belpietro: quando e perché cade Renzi
di Maurizio Belpietro
Un caloroso messaggio di benvenuto è stato inviato ieri dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung, ossia dal più prestigioso quotidiano tedesco, al nostro presidente del Consiglio. In vista dell' incontro che Matteo Renzi avrà venerdì con Angela Merkel, la Faz ricorda che il capo del governo italiano negli ultimi mesi è inciampato in un paio di grane un po' fastidiose. L' ultima riguarda la nomina di Marco Carrai a responsabile della cyber sicurezza italiana, un ruolo che otterrebbe senza un curriculum adeguato se non quello di essere particolarmente vicino al premier, tanto vicino da avere nel passato provveduto a saldare il canone di affitto dell' appartamento utilizzato dall' allora sindaco di Firenze. Altra grana rammentata in occasione dell' importante appuntamento di Berlino, il crac delle banche, con il particolare che di una di queste era vicepresidente il padre del ministro delle Riforme. Per il giornale dell' establishment politico-economico tedesco, per effetto di queste vicende, oggi il presidente del Consiglio sarebbe indebolito, accusato come un Berlusconi qualunque di essere più sensibile al clientelismo che alla meritocrazia.
Può darsi che la Faz abbia ragione e che Renzi abbia perso un po' di smalto. Tuttavia è difficile che il caso Carrai o quello ancora oscuro del fallimento della Popolare di Arezzo siano ostacoli tali da metterlo in difficoltà. Oggi il premier affronterà in Senato la mozione di sfiducia che è stata presentata dal centrodestra e per quanto sia la nomina dell' amico più fidato, sia il contorno di massoni che ha accompagnato la bancarotta dell' Etruria, possano essere difficilmente giustificati e spiegati, è altamente improbabile che il governo vada sotto. Il premier e i suoi ministri sebbene non abbiano fornito chiarimenti circa i fatti in discussione e sebbene sia impensabile che li forniscano durante la seduta di Palazzo Madama, quasi certamente supereranno lo scoglio della fiducia. Non solo perché oggi al Senato la maggioranza può contare sui voti dei senatori attratti da Denis Verdini, che già hanno dimostrato di essere pronti a soccorrere l' esecutivo appena questi sembri in difficoltà, ma perché dentro il Pd non c' è nessuno che abbia davvero intenzione di mandare a casa il presidente del Consiglio.
È vero, nel Partito democratico la maggioranza dei parlamentari rispedirebbe Renzi a Rignano, ma il problema è dato dal fatto che nessuno di quelli che sognano di far secco il premier se lo può permettere. I primi ad essere rispediti a casa infatti sarebbero gli onorevoli che desiderano la morte politica del loro capo. Lo detestano e non vedono l' ora che faccia una brutta fine ma sanno che il loro destino è legato al suo. Via lui, via tutti. Anzi. È più probabile che ad andarsene per primi siano proprio loro e solo in seguito Renzi. Risultato, in molti strillano, anche sui giornali e in tv. Ma quando arriva il momento, si allineano, nel timore che una crisi di governo si risolva con nuove elezioni ma senza di loro.
Dunque, il governo non cadrà su Carrai e nemmeno scivolerà sulle operazioni poco trasparenti che riguardano Banca Etruria. Certo, entrambi i casi sono bruttarelli da vedersi e figuratevi se non lo sono da spiegarsi, soprattutto all' estero, dove a queste cose non sono abituati. Lì i ministri li licenziano solo per aver copiato a scuola, immaginatevi che cosa succederebbe con uno che spaccia il suo amico per il massimo esperto di cyber sicurezza.
Ad ogni buon conto, la Faz non deve preoccuparsi. Indebolito o ammaccato nell' immagine, Renzi resta e non ci saranno unioni civili che tengano a schiodarlo. Passerà tutto. L' unica cosa che non passerà saranno i conti pubblici, che sono assai peggiori di quanto ci si immagini. Sarà quello il vero banco di prova per l' esecutivo e infatti prima che la Frankfurter Allgemeine Zeitung desse il benvenuto a Renzi ci ha pensato l' Unione Europea a mandare un saluto a Palazzo Chigi, sottolineando che il debito pubblico italiano potrebbe non essere sostenibile nel breve periodo. Vi chiedete perché parlare di breve periodo, ossia di 2020 e non di 2016 o 2017? La risposta è semplice: nel passato l' Italia ha firmato un accordo denominato fiscal compact che prevede una riduzione pesante del debito e comporta una manovra finanziaria da paura. In teoria l' operazione taglio dell' indebitamento dovrebbe già essere partita, ma il nostro Paese ha ottenuto un rinvio, promettendo di cominciare a limare nel prossimo futuro la montagna di titoli di stato emessi annualmente per finanziarsi.
Il problema è che dopo un primo rinvio ce ne può essere un secondo e forse un terzo, ma dal 2017 in poi Renzi dovrà cominciare a usare le forbici. E per lui sarà come tagliare l' albero su cui è seduto, perché senza la possibilità di distribuire mance, il ragazzo di Rignano si rivelerà quel che è: uno straordinario illusionista.