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mercoledì 20 gennaio 2016

La vedete questa donna? È italiana e tra i 62 più ricchi al mondo (32esima)

Tra i 62 più ricchi al mondo anche Del Vecchio e la vedova Ferrero




In 62 detengono il 50% della ricchezza del mondo, calcolata in dollari. Il dato, invero difficilmente verificabile, è stato pubblicato ieri dagli attivisti di Oxfam alla vigilia del forum economico di Davos, e ha fatto rapidamente il giro del mondo. Al vertice di questa doratissima classifica ci sono nomi noti, come quello di Bill Gates che coi suoi 79,2 miliardi di dollari è il paperon de' paperoni del mondo. Lo tallona il messicano Carlos Slim a quota 77,1 miliardi mentre a chiudere il podio c'è il finanziere americano Warren Buffet con 72,7. Nella top ten entrano anche Amancio Ortega, fondatore di Zara con 64,5 miliardi, un paio di fratelli Walton (la loro famiglia, quella dei supermercati Usa Wal Mart è la più ricca del mondo) e la francese Liliane Bettencourt (L'Oreal), prima donna della classifica con 40,1 miliardi.

Tra i 62 figurano anche due italiani: il primo non è una sorpresa, essendo il patron di Luxottica Leonardo Del Vecchio (con 20,4 miliardi di dollari di patrimonio personale). Il secondo è una donna: Maria Franca Fissolo, che si trova al 32 posto, ben 8 posizioni sopra Del Vecchio. Il suo nome, ai più, dice poco o nulla. Chi

è questa signora di denari, con un patrimonio personale da 23,4 miliardi? Trattasi della vedova di Michele Ferrero, l'ex numero uno dell'omonimo colosso dolciario, scomparso il 14 febbraio 2015.

L'Intervista - Massimo Mauro attacca (e fa i nomi) "Ecco chi fa male al calcio italiano"

Massimo Mauro attacca (e fa i nomi): "Chi fa male al calcio italiano"


intervista a cura di Fabrizio Biasin
@FBiasin



Massimo Mauro (ex calciatore di Catanzaro, Udinese, Juventus e Napoli, ex politico dell’Ulivo, ex dirigente sportivo, commentatore Sky che non teme nessuno ma tutti temono più di un herpes fetente), partiamo con un giochino. Chi le disse «Lei è molto intelligente e preparato, soprattutto sul gioco delle bocce»?

«Non ricordo».

Glielo dico io, Lotito.

«Beh, ha detto una bugia, a bocce non posso giocare per via del mal di schiena».

Per lo stesso motivo si ritirò molto presto, a 31 anni. 

«Meglio così, non capisco quelli che vanno avanti a giocare fino a 40 anni, che arrancano in campo col culone, meglio lasciare un bel ricordo».

Beh, detto da uno che ha giocato con Zico, Platini e Maradona è un po’ comodo, non crede? A proposito, il suo preferito tra i tre?

«Maradona era il calcio, gli altri hanno giocato a pallone. Però bisogna sempre mettersi nei panni degli allenatori. In questo senso Zico era perfetto, da 9.5 in pagella sotto tutti i punti di vista: in campo, fuori... Diego invece...».

Invece?

«Era un genio e come tutti i geni aveva bisogno di... sfogarsi in qualche modo».

Beato lei che ha partecipato alle mitiche feste di Diego. Ce ne racconti una.

«Beh, la vera festa leggendaria fu il suo matrimonio: 3 giorni di bagordi, eccessi, esagerazioni. I giornali di gossip impazzirono. Mi divertii parecchio».

Insomma, non ci dice niente. E Platini? È finito male. Secondo lei ha rubato davvero o si tratta di una congiura?

«Non le dirò “è tutta colpa della magistratura”, ma per come lo conosco io non riesco a immaginare che abbia fatto qualcosa di male».

Già, sarà stata la strega cattiva. Sembra uno dei suoi assist dei bei tempi passati...

«Gol in effetti ne ho fatti pochi, dico sempre che quando mi avvicinavo all’area di rigore la porta si rimpiccioliva e allora preferivo passare il pallone».

Nei panni del commentatore invece è un vero e proprio bomber. La gente la riconosce di più in qualità di ex calciatore o di opinionista?

«Beh, io non ho vinto Mondiali o Champions, invece in tv ho fatto 8 finali da commentatore e anche quelle te le devi conquistare. Bisogna avere opinioni chiare, saper prendere posizione, è indispensabile riuscire a rispettare l’interlocutore senza diventarne suddito».

Spesso invece si assiste al classico «azzerbinamento» o comunque si precipita nell’universo delle banalità.

«Il calcio “è” banale perché è ripetitivo. Platini diceva “fate parlare tutti i giorni Einstein di calcio e anche lui dirà cazzate”. Dal mio punto di vista cerco di stare dalla parte dello spettatore senza guardare in faccia nessuno».

Per questo si è fatto un sacco di «nemici»...

«Mah, non direi. Si discute, è vero, ma tutto deve finire lì, dopo un’ora è tutto dimenticato».

Dice? Sui social gliene dicono di tutti i colori. 

«Il 90% delle persone che incontro mi fa i complimenti, poi ci sono quelli che “vivono di tifo”, i disturbati, ogni tanto leggo alcune cose e mi domando “ma questo è il mondo reale?”».

Su, non faccia finta che non gliene freghi niente...

«I commenti sui social? È lo sfogatoio degli imbecilli, me ne frego altamente. Neanche ci vado sui social, ho solo una pagina privata su Facebook ma non sono come quelli che si svegliano al mattino e hanno la necessità di scrivere “Che bella giornata” o ce l’hanno con Vasco e scrivono “Fanculo Vasco”. Ma siete scemi? Una volta però ci sono rimasto male...».

Dica dica...

«La reazione dei tifosi dopo la lite con Benitez dell’anno scorso».

Lo spagnolo disse riferendosi a lei «se parliamo di politica o golf devo ascoltare un tifoso della Juve, anzi del Napoli, se parliamo del calcio preferisco ascoltare altri».

«Mi ero permesso di giudicare gli errori tattici del mister dopo la partita con la Juve e i tifosi se la sono presa con me, l’hanno vissuto come un affronto al Napoli. Lì me la sono presa molto. I tifosi e gli allenatori non capiscono che la nostra è una valutazione sui 90 minuti, non sul lavoro in generale».

L’avventura di Rafa al Real è finita male. Dica la verità, ha goduto per l’esonero.

«Ma va, Benitez è un bravo allenatore, semplicemente io avevo stima dell’uomo e lui è andato oltre. E comunque i tecnici si possono perdonare perché vengono a parlare “a caldo”. C’è molto di peggio».

Tipo?

«I dirigenti e il sottobosco di personaggi che gli girano attorno: quelli non capiscono niente, ma niente di niente. Lo dimostra il fatto che per avere diritto di parlare di calcio si comprano le squadre. Tipo Lotito».

Faccia il nome di una mosca bianca, un dirigente che capisce di calcio

«Non c’è».

Anche lei è stato dirigente, un anno e mezzo da presidente del Genoa in B nel 1997-1998.

«Una tifoseria competente, un’esperienza bellissima. Rassegnai le dimissioni proprio perché a un certo punto patron Gianni Scerni (gran persona) oltrepassò la barriera. Ripeto: è difficile avere a che fare con chi non capisce di calcio».

Dica la verità, si sente un po’ il re degli opinionisti tv?

«Beh, il re no, ma in un’ipotetica classifica sarei “da scudetto” o comunque in “zona Champions”».

C’è qualche collega della concorrenza che le piace particolarmente?

«No».

E tra i suoi colleghi?

«Adoro Bergomi, Marchegiani è bravissimo, ma in generale tutti abbiamo il nostro stile anche se, è chiaro, non siamo perfetti e ci sono delle cose che cambierei».

Esempio?

«Dovremmo parlare meno. Anche perché in diretta è difficile essere sempre perfetti con l’uso dell’italiano. Fanno bene i critici a prenderci in giro sui giornali».

Parliamo un po’ di calcio, sia gentile. Inter: lei è più «sacchiano» e quindi «che pena il giuoco di Mancini» o «il fine giustifica i mezzi»?

«I successi devono sempre passare dal bel gioco, ma diciamo la verità: solo Mancini poteva ottenere questi risultati, sta facendo un gran lavoro».

È stato un po’ paraculo. Proviamo col Milan. Il 29 agosto 2010 disse: «Ibra è più utile al Berlusconi Presidente del Consiglio che al presidente del Milan».

«Confermo. Berlusconi ha usato il Milan e così facendo lo ha portato in cima il mondo. Non mi fraintenda, ha fatto benissimo».

E come mai ora c'è questa aria di smobilitazione?

«Perché il Milan è espressione del suo presidente che non è più quello di 15 anni fa».

Una soluzione?

«Capello come supervisore e un tecnico giovane sul campo. Mi sembra l’unico rimedio al momento».

In molti chiedono la testa di Galliani.

«Galliani è uno dei dirigenti più bravi in assoluto. E comunque dopo 30 anni se ti sei stufato di un tuo dirigente lo fai fuori, se vai avanti con lui un motivo ci sarà. In ogni caso io non sono berlusconiano né tantomeno di destra, ma per il bene del calcio e del Paese mi auguro la rinascita del Milan e di una destra “illuminata”».

Con Berlusconi?

«Diciamo che Berlusconi non è proprio il mio Presidente del Consiglio ideale, ma sempre meglio che Salvini».

Non le piace? Non l’avrei mai detto...

«Salvini è bravissimo a comunicare quello che gli serve, così facendo nessuno si ricorda che la Lega ne ha combinate di tutti i colori. In ogni caso non gliene faccio una colpa...».

In che senso?

«I politici vivono nell’ossessione della rielezione, del consenso. In pubblico sono in un certo modo, poi magari in privato sono persone deliziose».

Tipo lei: deputato con l’Ulivo nel governo Prodi, consigliere comunale a Torino nel 2006, iscritto nel 2013 al Partito Comunista di Rizzo.

«Quest’ultima è una colossale cazzata che lei ha letto su Wikipedia».

È vero, lo confesso. Però anche lei si è fatto un giro sulla «giostra» dorata della politica, lo ammetta.

«No, io dopo due anni ho deciso di non ricandidarmi e comunque sono stato eletto dall’Ulivo in un collegio uninominale e maggioritario. In soldoni: mi ha scelto il popolo e sono rimasto una sola legislatura. In ogni caso non solo non ho mai avuto la tessera del Partito Comunista, ma neppure quella del Pd. Non che sia un male, per carità».

In compenso ha un altro tipo di tessera: da anni combatte in prima linea contro la Sla.

«Quello è il mio vero lavoro o comunque quello dove è più importante non sbagliare. Da tre anni sono il presidente dell’associazione “malati di Sla”».

A che punto è la ricerca? Si vedono spiragli?

«No, non siamo vicini alla soluzione, siamo ancora alla ricerca “di base” e questo è un gran problema perché non stuzzichiamo l’interesse delle industrie farmaceutiche. Quelle si attivano solo quando intravedono la possibilità di commercializzare un farmaco...».

Su Facebook...

«Ancora Facebook? Gliel’ho detto che è lo sfogatoio degli imbecilli! Pensi che dopo Napoli-Inter ho scritto su Repubblica che i giocatori del Napoli hanno sbagliato a fare il giro del campo perché si fa “a scudetto vinto”. Ebbene? Mi hanno massacrato, hanno fatto “i gruppi” per insultarmi».

Su, non faccia la vittima. Non mi dica che il suo è un lavoro di sofferenza.

«Ma no. Per dire, la domenica notte in Sky Calcio Club con Caressa, Boban, Bergomi e Vialli mi diverto un mondo. Fabio ha inventato questa formula spensierata che piace a noi e penso anche alla gente».

L’ha mai cercata la concorrenza?

«Sì, ma sto bene dove sto. A Sky posso dire tutto quello che voglio, ho massima libertà».

Mi dice quanto guadagna?

«No, ma le posso dire che guadagno il giusto in proporzione a quello che faccio. Discutere in diretta è una cosa più seria di quel che può sembrare...».

L'Inter passa al San Paolo. E' in semifinale di Coppa Italia

L'Inter passa al San Paolo. E' in semifinale di Coppa Italia




Grazie ai gol di Jovetic al 74’ e di Ljajic 92’ l’Inter batte 2-0 il Napoli al San Paolo e conquista la semifinale di Tim Cup, dove affronterà la vincente di Lazio-Juventus, in programma stasera. Tra i due gol nerazzurri l’espulsione di Mertens (doppia ammonizione), in pieno recupero quella del tecnico dell’Inter Mancini dopo un duro battibecco con la panchina del Napoli.

La voce che scuote l'Europa: "L'addio alla moneta unica è vicino"

Chiuse tutte le frontiere: è la fine. Perché possiamo dire addio all'Euro




Gli ultimi cinquant'anni di accordi e concessioni fatti tra i Paesi dell'Unione europea rischiano di sgretolarsi nel giro di pochi mesi. Il percorso di unità geografica, in parte politica e infine monetaria potrebbe essere spazzato via se, come sembra finora, il primo sintomo, cioè il lento fallimento dell'Accordo di Schengen, sarà ignorato o peggio sottostimato come una banale influenza stagionale. A mettere in standby la libera circolazione di merci, persone e servizi ha cominciato quest'anno la Svezia che, dopo aver accolto circa 160mila rifugiati nel solo 2015, ha imposto il controllo dei documenti per chi arrivava dalla Danimarca in treno, auto e nave. Il governo di Copenagen non è stato da meno, poche ore dopo, ricorda il Corriere della sera, ha limitato la circolazione libera sulla frontiera con la Germania, cominciando a fare controlli a campione per limitare l'arrivo di profughi senza i requisiti richiesti. Lo scorso sabato è stata la volta dell'Austria, esposta al fronte caldo della via dei Balcani lungo la quale arrivano migliaia di richiedendi asilo dalla Siria. Una reazione alla decisione di Berlino che sin dal 13 settembre aveva provato a rallentare il flusso di immigrazione sempre più fuori controllo.

La chiusura - Nell'accordo di Schengen non crede più neanche una tra le ultime arrivate nell'Ue come la Slovenia, esposta più di tutti i Paesi all'invasione che non trova particolari ostacoli nel passaggio attraverso la Grecia. Scenario identico all'estremo nord con la Norvegia, fuori dell'Unione, ma dentro l'accordo di libera circolazione che già dallo scorso 30 settembre ha bloccato l'ingresso dei profughi a Storskog a confine con la Russia. Sono tutte misure già comprese nel regolamento dell'Accordo, ma che lanciano segnali inquietanti per chi ha sempre creduto che fatto quel trattato non si sarebbe più tornati indietro. Facile la proiezione sul resto dei legami che tengono insieme i Paesi europei, vedi ad esempio la stessa unità monetaria, già impopolarissima in diversi Paesi, Italia in testa, e messa in fortissima difficoltà dalle tensioni che Bruxelles sta mettendo in piedi con i governi mediterranei ancora in difficoltà nel rientro dalla crisi.

La misura - La Commissione europea solo ora si sta accorgendo dell'imminente pericolo di implosione e ha cominciato a lavorare a un piano per la creazione di una Guardia europea delle frontiere e delle coste, un organismo sovranazionale che risponda direttamente a Bruxelles e non ai singoli Stati. Se ne discuterà nel Consiglio europeo del prossimo febbraio, in un momento già critico per chiedere ai Paesi europei di cedere ulteriore sovranità, mentre si avvicina la primavera e quindi l'incremento dei flussi favoriti dal clima più mite.

REDDITI DEI PARLAMENTARI Monti fa il pieno (di euro) Chi ci guadagna con Renzi

Chi ha guadagnato con il governo Renzi: sconosciuto il reddito di Napolitano


di Franco Bechis
@FrancoBechis



Sono tre le buone notizie che vengono dalle dichiarazioni dei redditi 2015 dei parlamentari italiani. Due sono legate al senatore a vita ed ex premier Mario Monti. Da quando ha smesso di occuparsi del governo (buona notizia per i contribuenti italiani) il suo reddito è quasi triplicato (buona notizia per la famiglia Monti). È proprio Monti infatti il parlamentare che più di ogni altro ha aumentato il proprio reddito fra le dichiarazioni 2014 e quelle 2015. È passato da 288.896 a 775.552 euro, con un aumento percentuale del 168,44%. Con quella cifra per altro il senatore a vita si piazza anche al settimo posto della classifica provvisoria dei redditi. Diciamo provvisoria perché fra Camera, Senato e governo manca ancora una cinquantina di dichiarazioni dei redditi, alcune delle quali in grado di modificare la parte alta della classifica. Ma al momento Monti è in testa per il balzo in avanti effettuato, e il secondo posto è a larghissima distanza. Lo ha conquistato il tesoriere e deputato del Pd Francesco Bonifazi, medaglia d' argento nella classifica della performance, con una crescita dei suoi redditi del 66,76%. In assoluto sono passati da 174.580 a 291.140 euro, e Bonifazi è l' esponente renziano che ha avuto più benefici alla propria situazione economica con l' arrivo di Matteo Renzi a palazzo Chigi.

A larga distanza da Monti, che è imbattibile. Il senatore a vita che fondò Scelta civica, ma che oggi vede la sua creatura come il fumo negli occhi, ha fatto quell' incredibile balzo peraltro andando a piedi. Perché nella sua dichiarazione patrimoniale regala un' altra piccola notizia: aveva due auto intestate a suo nome, una Lancia Dedra e una Lancia Kappa. Le ha rottamate entrambe e non ne ha comprate altre.

Il reddito lievitato di Monti è peraltro meno di un terzo di quello del parlamentare che nella classifica provvisoria risulta il più ricco di tutto il Parlamento. Sembra un gioco di parole, ma a valere più di tre volte Monti è Tremonti. Giulio, che come il senatore a vita ha fatto il ministro dell' Economia (però nei governi guidati da Silvio Berlusconi), ha avuto una crescita dei propri redditi del 12,96%, ed è perciò fra i 180 parlamentari che hanno migliorato la propria condizione economica durante il governo Renzi. Come Monti ancora di più Tremonti, lontano dai problemi del governo, è tornato a fare il suo mestiere di superconsulente fiscale ai massimi livelli. E il suo reddito è cresciuto ancora da 3,48 a 3,93 milioni di euro complessivi. Nella classifica provvisoria è al primo posto davanti all' avvocato per eccellenza di Berlusconi, Nicolò Ghedini, il cui reddito nell' ultimo anno è ancora salito del 6,76%, arrivando a quota 2,46 milioni di euro. Terzo posto per un altro berlusconiano. Alfredo Messina, storico direttore finanziario del gruppo Fininvest e oggi senatore azzurro, che ha una dichiarazione dei redditi di 1,63 milioni di euro (di poco variata, appena dello 0,40%, rispetto all' anno precedente). Alle sue spalle e al quarto posto Alberto Bombassei, industriale (gruppo Brembo) eletto in Scelta civica, con un reddito da 1,5 milioni di euro. Tanti soldi, ma erano molti di più l' anno precedente (2,95 milioni di euro). Bombassei è infatti fra le vittime dell' epoca Renzi, con una contrazione di reddito del 48,95%.

Quinto posto nella classifica provvisoria dei milionari per il senatore a vita Renzo Piano: 1,36 milioni di euro. Anche lui è in caduta del 24,92% rispetto all' anno precedente, ma è una riduzione a due velocità. Piano è residente anche fiscalmente a Parigi, e quindi presenta due dichiarazioni dei redditi: una francese, e una italiana. Ad essere scesi sono i proventi francesi. Quelli italiani (parzialmente inclusi fra i redditi imponibili in Francia ai sensi della convenzione fra i due Paesi) sono invece lievitati, passando da 99.288 a 426.975 euro. L' ultimo milionario è ancora una volta un senatore berlusconiano, anche lui proveniente dal gruppo Fininvest: Salvatore Sciascia, con un reddito di 1,03 milioni di euro (-0,67%). Seguono in classifica proprio Monti, poi un altro senatore a vita come Carlo Azeglio Ciampi con 695.545 euro, che è in gran parte la pensione da ex governatore della Banca di Italia, e poi ancora l' avvocato di Berlusconi Piero Longo con 597.741 euro (in caduta del 34,16% rispetto all' anno precedente), e al decimo posto un altro senatore azzurro, l' imprenditore alberghiero Bernabò Bocca (574.805 euro, in crescita dell' 1,14% sull' anno precedente).

Non c' è solo Ciampi in classifica fra i protagonisti delle istituzioni. Arriva per la prima volta dopo nove anni di presidenza della Repubblica anche la dichiarazione dei redditi di Giorgio Napolitano. E subito nasce un piccolo giallo. La dichiarazione dei redditi 2015 ammonta a 261.919 euro, ed è inferiore del 14% alla dichiarazione dei redditi 2014, che viene resa nota ora per la prima volta: erano 304.916 euro. Entrambe le cifre però sono superiori - una di molto - a quei 239.181 euro che Napolitano disse di guadagnare lordi come presidente della Repubblica, assicurando in un comunicato del Quirinale di non percepire «alcun vitalizio o trattamento pensionistico da tempo maturato per le attività di deputato in dieci legislature». A cosa è dovuta quella differenza? Mistero.

Buone notizie intanto per i redditi di altre due autorità istituzionali attualmente in carica. Il presidente della Camera, Laura Boldrini, ha visto crescere il proprio reddito in un anno del 19,99% (a 138.486 euro). Il presidente del Senato, Piero Grasso, l' ha visto crescere dell' 11,99%, passando però a un ben più significativo 354.487 euro: segno evidente di cumulo con la pensione da ex magistrato.

Quanto al governo Renzi, 18 ministri e sottosegretari hanno migliorato la propria posizione economica, per due di loro è restata immutata e in 21 casi invece è decisamente peggiorata. La migliore performance è stata messa a segno da Ivan Scalfarotto (+32,91%), seguito da Paolo Gentiloni (+31,78%) e da Umberto Del Basso De Caro (+31,29%). Fra chi ha fatto il balzo in avanti ci sono Angelino Alfano (+19,42%), lo stesso Renzi (+10,24%), e un lungo elenco che si chiude con Marianna Madia (+1,35%) e Roberta Pinotti (+0,57%). Fra quelli che invece ci hanno rimesso, Maria Elena Boschi (-5,88%), Stefania Giannini (-6,47%), Maurizio Martina (-15,45%), Dario Franceschini (-17,87%), Andrea Orlando (-20,23%) fino a Giuliano Poletti (-35,37%) e ai poveri Federica Guidi (-60,63%) e Carlo Calenda (-72,92%), che hanno subito un vero tracollo .

Ci sono altri nomi noti che non debbono proprio ringraziare l' era Renzi. Ha perso il 45,66% del suo reddito Maurizio Lupi, ed è andata peggio a Massimo Mucchetti (-51,42%), all' esponente di Sel Arcangelo Sannicandro (-61,48%) e al senatore azzurro Franco Carraro (-72,92%). La maglia nera per la peggiore performance è andata però a Yoram Gutgeld, che con Renzi ha perso quasi tutto, visto che il suo reddito è crollato da 3,23 milioni di euro ad appena 101.379 euro.

Gutgeld è andato a palazzo Chigi a fare il commissario della spending review. Lo chiamavano "mani di forbice", ma poi lo prendevano in giro perchè non aveva tagliato quasi nulla. Non è vero: le forbici si sono abbattute in modo eccellente sul suo reddito, che è stato tagliato del 96,86%.

Redditi a parte, ogni parlamentare ha dovuto dichiarare le variazioni al proprio patrimonio: 87 hanno acquistato un' auto, 49 l' hanno venduta o demolita. Fra i modelli più rincorsi la Smart e la Fiat 500L. In 25 hanno acquistato una moto (quasi tutte del gruppo Piaggio). Altri 86 parlamentari hanno comprato o ricevuto in eredità una casa, soprattutto a Roma, Palermo e Milano. In 52 invece hanno acquistato o venduto in borsa. Non proprio delle aquile: i titoli più gettonati sono stati quelli bancari, e in assoluto quelli di Banco Popolare, Banca Popolare di Milano e Banca popolare di Vicenza.

C' è anche chi ha acquistato 30 mila Cassa di Chieti poco prima che quei titoli diventassero carta straccia. Molte le curiosità che si derivano da quelle dichiarazioni. Ecco le principali Il senatore grillino Maurizio Buccarella si è sposato da poco, ed è così felice che non sta nella pelle: vuole dirlo a tutti. Lo ha scritto il primo dicembre scorso perfino nella sua dichiarazione patrimoniale 2015, dove spiega che l' unico "bene" variato è proprio quello: «Lo stato civile del sottoscritto è variato in data 03/09/2015 per avere contratto matrimonio civile». Gabriele Albertini (Ap) annuncia invece di essere tornato ad occuparsi delle sue aziende, visto che la politica non è riuscita a dargli le soddisfazioni che sperava: «Membro del cda della Albertini spa dal maggio 2015». Paolo Bonaiuti (Ap) è tornato all' hobby preferito, quello dell' investitore in borsa:si è fatto convincere da Marchionne e ha comprato 3 mila Fca, ma ha puntato pure all' estero, acquistando 600 Alibaba cinesi e 3.300 General Electric. Vito Rosario Petrocelli (M5s) deve essere passato vicino a Bonaiuti durante una seduta di borsa e ha deciso di iniziare anche lui l' avventura da investitore. Siccome è un tipo prudente, fa un passo alla volta: per ora si è comprato una azione dell' Eni, poi si vedrà. Il forzista Antonio Razzi invece ha deciso di dare una ripulita al garage.

Ha rottamato la sua Bmw 530 d che aveva da 15 anni (immatricolata nel 2000) e se ne è comprata un' altra quasi identica (Bmw 530 xd) di seconda mano, del 2013: valore intorno ai 30 mila euro, salvo sconti particolari. Gaetano Quaglieriello divorzia oltre che da Ncd anche da Oristano: nel giro di due mesi la moglie Stefania ha venduto due case che possedeva lì. Ilaria Borletti dell' Acqua comunica un po' snob invece di avere demolito la sua Fiat Panda. E non ne ha acquistate altre.

Maria Chiara Carrozza un anno prima faceva ancora il ministro della scuola con Enrico Letta. Poi l' hanno mandata via. Sulle prime ci è restata male, poi ha reagito: si è comprata il 10% di «una società spin-off della Scuola superiore Sant' Anna - la Iuvo srl».

MAZZATA SU MARIA ELENA Governo: consiglio horror a Boschi "Ecco cosa devi fare con tuo padre"

Enrico Zanetti: "Se mio padre incontrasse Flavio Carboni lo strangolerei"




Un giorno fa, Roberto Speranza aveva sollecitato la ministra delle Riforme Maria Elena Boschi a chiarire i rapporti esistenti tra suo padre, in qualità di vicepresidente di Banca Etruria, e il faccendiere Flavio Carboni, considerato l'organizzatore della P3. Ieri sera su La7, a "Di Martedì", il segretario di Scelta Civica e sottosegretario all'Economia e Finanze, Enrico Zanetti, ha scagliato una seconda pietra verso la Boschi, il cui isolamento appare ormai tangibile. Ospite nello studio di "Di Martedì", Zanetti è stato allo stesso tempo ironico e duro: "Innanzitutto, ringrazio mio padre per non aver mai avuto rapporti con un personaggio come Flavio Carboni. Ma se li avesse avuti, lo strangolerei nel segreto delle mura domestiche". Zanetti ha poi alleggerito la dose di sarcasmo e condanna dicendo che comunque la Boschi non è a suo avviso nella posizione di doversi dimettere.

martedì 19 gennaio 2016

Un fulmine a ciel sereno, addio Inter Tutto pronto: dove se ne va Mancini

Fulmine a ciel sereno, addio Inter. Tutto pronto: dove va mister Mancini




Una bomba scuote l'Inter. Roberto Mancini, infatti, è il primo nome nella lsita di Carlo Tavecchio per sostituire Antonio Conte sulla panchina della Nazionale, nel (probabilissimo) caso in cui l'ex mister della Juve abbandoni la guida tecnica dell'Italia al termine dei campionati Europei di quest'estate. Secondo quanto si è appreso, Mancini sarebbe lusingato dall'interessamento della Figc, anche se il suo contratto è in scadenza nel 2017, al termine della stagione successiva. Inoltre, Thohir non sarebbe dell'avviso di venderlo: nei piani del presidente nerazzurro, infatti, il tecnico dovrebbe essere una sorta di Ferguson, un manager legato (quasi) a vita con i nerazzurri.