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giovedì 24 dicembre 2015

La batosta (cara) contro Telecom Italia Arriva una maximulta: quanto pagherà

La batosta (cara) contro Telecom Italia. Arriva una maximulta: quanto deve pagare



L’autorità garante della concorrenza e del mercato ha irrogato una sanzione complessiva di 28 milioni di euro, per un’intesa restrittiva della concorrenza in violazione dell’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, a carico di sette società: Alpitel, Ceit Impianti, Sielte, Sirti, Site, Valtellina e Telecom Italia. L’accordo ha riguardato il coordinamento, tra il 5 luglio 2012 e l’1 febbraio 2013, delle offerte economiche e di altre condizioni contrattuali nelle procedure per la selezione dei fornitori predisposte dalle società Wind e Fastweb; nonché quello sulle informazioni relative all’erogazione dei servizi di manutenzione correttiva (cosiddetta assurance). Questa attività viene effettuata per ripristinare il servizio in caso di guasti segnalati dai clienti finali o per malfunzionamenti della rete, a cui Telecom consente di accedere agli operatori telefonici alternativi. A giudizio dell’Antitrust, le condotte lesive della concorrenza consistono nella determinazione coordinata delle condizioni economiche contrattuali e delle informazioni trasmesse al regolatore, con l’obiettivo di limitare il confronto competitivo e prevenire l’evoluzione delle forme di erogazione disaggregata dei servizi tecnici accessori. Questo avveniva in un periodo di evoluzione delle modalità di erogazione dei servizi di manutenzione correttiva che avrebbero potuto determinare una maggiore disintermediazione del servizio. In particolare, prosegue la nota Antistrust, l’istruttoria ha permesso di accertare l’esistenza di incontri e contatti tra le imprese sanzionate, volti a concordare le offerte economiche da presentare a Wind Telecomunicazioni e Fastweb per il servizio disaggregato di manutenzione correttiva end-to-end e, in generale, a condividere un piano di comunicazione univoca relativo alle condizioni di erogazione del servizio. Secondo l’Agcm, inoltre, le condotte esaminate erano idonee ad alterare gli incentivi degli OLO e degli stakeholder, pregiudicando la concorrenzialità del mercato

La bordata del Cav in tv contro Renzi: "Siamo in un regime" e fa una promessa

La bordata del Cav in tv contro Renzi: "Siamo in un regime". E fa una promessa


La bordata del Cav in tv contro Renzi: "Siamo in un regime". E fa una promessa

Silvio Berlusconi torna ad attaccare Matteo Renzi è il suo governo "contro la volontà del popolo" e, in un videomessaggio per gli auguri di fine anno, il leader di Forza Italia rincara la dose: "Non siamo più una democrazia. L’attuale presidente del Consiglio, mai eletto in Parlamento, in forza del voto solo di un italiano su sette, non solamente governa impossessandosi di tutto, da ultimo anche della Corte costituzionale e della Rai, ma cambia anche la legge elettorale e la Costituzione". Il tutto, dice ancora Berlusconi: "per costruirsi una finta democrazia fatta su misura per lui" dove c’è "un solo padrone, un solo dominus". Insomma, "un vero e proprio regime", torna a dire l’ex premier.

La promessa - Promette di avere la ferma intenzione di "adempiere fino in fondo al dovere che mi è stato addossato, in 20 anni, da milioni e milioni di elettori". Insomma, Berlusconi, come avrebbe detto una volta, resta politicamente "in campo" anche se, precisa nel videomessaggio ai suoi sostenitori, lo farà "nel modo più disinteressato perchè, prendendo a pretesto una sentanza politica paradossale sono stato reso incandidabile e ineleggibile, con il voto della sinistra in Senato". L’ex presidente del Consiglio rivendica a Forza Italia il ruolo di "movimento responsabile, non di sola protesta" e annuncia che "proporremo a tutti gli italiani, capillarmente, a quei 26 mln che non hanno votato alle scorse elezioni e che ancora non ne hanno l’intenzione» un programma di centrodestra attualizzato secondo le indicazioni emerse dai focus group proprio con gli elettori moderati persi per strada. Diffuso anche dai tg, il video mostra un Berlusconi a tratti sorridente. Un gigantesco albero di Natale bianco, scintillante di luci e addobbi, a fare da sfondo

mercoledì 23 dicembre 2015

C'è un altro ministro nello scandalo delle banche

C'è un altro ministro nello scandalo delle banche


di Franco Bechis




Non c' era solo Maria Elena Boschi all' interno del consiglio dei ministri di Matteo Renzi ad essere legata a doppio filo a una delle banche coinvolte nel bail in. Lei era azionista della Banca popolare dell' Etruria e del Lazio di cui suo papà Pier Luigi era stato fino al gennaio scorso consigliere di amministrazione e per un anno anche vicepresidente. Una storia quasi parallela a quella di un altro ministro: Dario Franceschini, che guida i Beni culturali ed è stato fra i primi ad annunciare il salvataggio delle banche grazie al decreto legislativo sul bail in. Nel suo caso la banca è un' altra delle quattro di cui hanno salvato il valore per la vendita nascondendo tutte le magagne del passato in una bad bank comune e impoverendo all' improvviso gli obbligazionisti subordinati: la Cassa di Risparmio di Ferrara.

Anche qui fra gli azionisti storici c' era proprio Franceschini. Piccole quote, che valevano poco più di quelle della Boschi (circa 2 mila euro) anche perchè erano state incrementate attraverso acquisti negli anni. Anche qui c' era una storia di famiglia legata a doppio filo con la banca della città natale. Il papà di Dario, l' avvocato Giorgio Franceschini, ex partigiano scomparso nel gennaio 2012, era stato a lungo consigliere di amministrazione della cassa e della fondazione bancaria che la possedeva. Di più. Dal 1957 fino al giorno della morte era stato anche socio della Fondazione, strettamente legato a uno degli uomini simbolo della storia anche recente sia della fondazione che della cassa di risparmio, entrambe guidate a lungo: Alfredo Santini, nei cui confronti i commissari della Banca di Italia hanno avviato una azione di risarcimento attribuendogli responsabilità per danni complessivamente valutati di 177 milioni e 232 mila euro. Certo, papà Franceschini non era al vertice della cassa ferrarese al momento dello scioglimento, e non aveva responsabilità amministrative a differenza di papà Boschi nel dissesto dell' istituto di credito.

Ma le due storie sono davvero parallele, e il miscuglio di interessi nel governo Renzi si amplia anche grazie alla vicenda Franceschini. Se ad Arezzo l' Etruria era considerata la banca dei Boschi, a Ferrara quella cassa era stata la banca dei Franceschini. Un legame addirittura secolare, perchè anche il nonno di Dario aveva avuto un ruolo di primo piano in quelle vicende. Si chiamava Luigi, e fu il commissario giudiziale nominato nel 1928 in seguito al dissesto di quella che veniva chiamata «la banca dei preti», il Piccolo Credito di Ferrara. La liquidò, e continuò ad essere uno dei massimi esperti ferraresi di procedure del credito. E alla fine della seconda guerra mondiale divenne per molti anni consigliere di amministrazione di Carife. Trasmettendo quella passione per la cassa prima al figlio Giorgio, e poi al nipote Dario.

Anche l' attuale ministro del governo Renzi fu infatti socio -designato dal comune di Ferrara- della Fondazione bancaria che possedeva la Carife fra il 1992 e il 2001, lasciando da quel momento da solo il padre nell' assemblea dei soci.

Questo legame a doppio-triplo filo con la cassa ferrarese di Franceschini è emerso anche negli ultimi mesi, quando il ministro è stato il referente dei comitati piccoli azionisti della cassa. Non a caso il suo nome è risuonato più volte fra le pareti della sala in via della Fiera di Ferrara in cui si è svolta il 30 luglio scorso l' assemblea degli azionisti della cassa per approvare l' aumento di capitale da 300 milioni di euro con emissione di warrant per gli ex azionisti riservato al Fondo interbancario di Tutela dei depositi che avrebbe dovuto salvare la cassa di Ferrara. C' era chi se la prendeva con il ministro Franceschini, come il piccolo azionista Franco Mingozzi, che lo accusava di essere stato troppo silente quando nel governo di Enrico Letta sedeva a fianco dell' ex direttore generale della Banca di Italia, Fabrizio Saccomanni, che aveva da poco commissariato quella cassa: «Come cittadino di Ferrara e come azionista Franceschini poteva spendere qualche parola per calmare lo spavento e lo sconcerto che abbiamo vissuto tutti». Ma le associazioni dei piccoli azionisti assicuravano di avere sentito il ministro, che aveva assicurato l' ok del governo al piano di salvataggio in corso.

Quell' assemblea del 30 luglio in effetti è uno dei principali gialli di questa bancopoli. Con soli sei voti contrari l' aumento di capitale fu in effetti approvato e quindi destinato al fondo interbancario. Fra gli atti depositati c' è anche una lettera datata 7 luglio e firmata dal Governatore della Banca di Italia, Ignazio Visco, con la quale si autorizzava «la convocazione dell' assemblea straordinaria degli azionisti e la proroga tecnica della procedura» di commissariamento. Nella lettera si citava esplicitamente l' aumento di capitale riservato al fondo e perfino il nuovo prezzo di emissione delle nuove azioni: 0,2728 euro. Solo alla fine Visco precisava che «l' esecuzione delle delibere assembleari che saranno adottate sulla base del presente provvedimento è condizionata all' esito dell' istruttoria presso la Bce».

Il presidente della Fondazione Carife, Riccardo Maiarelli, decise di votare sì a quell'aumento di capitale sia in base alla lettera di Visco sia in base a un via libera scritto ottenuto dal ministro dell' Economia, Pier Luigi Padoan, che aveva visto a Roma in un incontro favorito proprio da Franceschini. C' era l' ok di Bankitalia, l' ok del governo, ma il piano di salvataggio non è andato in porto. Non si sa per colpa di chi: la Bce? L' Ue? L' unica certezza è che questo non risulta da nessun atto ufficiale scritto. Un finale che oggi rende furiosi i piccoli azionisti con Franceschini. Che però non si è sottratto alla rabbia. L' associazione Amici della Carife sostiene di avergli scritto il 22 novembre, giorno del decreto salva banche e che lui ha risposto. Con Franceschini «è poi seguito uno scambio di messaggi».

L'On. Fucsia Fitzgerald Nissoli al nostro blog: Auguri di Buon Natale e Buon Anno a tutti gli italiani e a tutti i lettori del blogil Notiziario sul web

L'On. Fucsia Fitzgerald Nissoli al nostro blog: Auguri di Buon Natale e Buon Anno a tutti gli italiani e a tutti i lettori del blog il Notiziario sul web


di Gaetano Daniele




On. Fucsia Fitzgerald Nissoli
Per l'Italia


Care Amiche e cari Amici,
ci stiamo avvicinando al Natale e vorrei riscoprire con Voi le parole di Giovanni Paolo II: "Tu che nella Grotta di Betlemme hai proposto agli uomini di ogni tempo un itinerario di amore e riconciliazione illumina l'umanità di oggi a ritrovare la strada che porta ad incontrare l'altro nel dialogo, nell'amore e nel rispetto profondo". Abbiamo tanto bisogno di dialogo, amore e rispetto sia tra noi che nel mondo, per far tacere il suono dei cannoni e creare l'armonia tra le genti.

Il Natale ci porta a riflettere su noi stessi e sul nostro impegno per il bene sia in famiglia che nella comunità dove viviamo e a cercare le nostre radici che per noi che siamo all'estero significa ritrovare nel presepe quelle tradizioni culturali italiane che vedono nella centralità della dignità umana l'orizzonte della nostra azione.

A Natale sentiamo forte l'incontro con Gesù Bambino: è un messaggio di speranza per il mondo e per ciascuno di noi!

Buon Natale e Buon Anno Nuovo a tutti gli Italiani e a tutti i lettori del blog, il Notiziario sul web, diretto da Gaetano Daniele

Pizza, chiusi tutti i forni a legna Il divieto: è caos nel Napoletano

Pizza, chiusi tutti i forni a legna. Il divieto: caos nel Napoletano



Pizza, chiusi tutti i forni a legna. Il divieto: caos nel Napoletano

Siamo nella Terra dei Fuochi, nel Napoletano, terra di pizza e forni a legna. Ma c'è un comune, quello di San Vitaliano, che il forno a legna lo vieta. Una storia incredibile, ma vera, che è finita anche sulla Bbc. Il paese - seimila anime in provincia di Napoli - nell'ultimo anno, secondo il rapporto di Legambiente, ha sforato i limiti di legge delle polveri sottili per 114 giorni (contro, per esempio, gli 86 di Milano e i 59 di Napoli).

Eppure, a San Vitaliano, non ci sono né traffico né fabbriche di una metropoli. E allora, da dove arriva il Pm10 che inquina l'aria? La risposta non è certa, ma il sindaco, Antonio Falcone, un'idea ce l'ha: colpa dei forni a legna. E dunque ha deciso di imporre ai pizzaioli e ai panettieri che li utilizzano di adottare impianti di abbattimento in grado di eliminare almeno l'80% delle polveri sottili, pena lo spegnimento dei forni. Chi non seguirà subito la norma, insomma, dovrà chiudere.

L'ordinanza sarà attiva fino al 31 marzo 2016, per poi riprendere in autunno. Scontata la protesta dei pizzaioli, alla quale si aggiunge anche quella dei cittadini. Semplice la loro teoria: "Non possiamo essere noi la causa dello smog, Napoli ha molte più pizzerie di San Vitaliano e non raggiunge tali livelli di inquinamento". Ma tant'è: nel Napoletano, ora, il forno a legna è vietato (o quasi).

FERMI TUTTI, C'È IL NOME Belen, chi è il nuovo uomo (smascherato dai messaggini)

Belen, chi è il nuovo uomo. Smascherato dai messaggini



Belen, chi è il nuovo uomo. Smascherato dai messaggini

Perché Belen e Stefano De Martino hanno deciso di separarsi ora e perché lo hanno fatto a poche ore dal Natale, attraverso un comunicato stampa all'agenzia Ansa? Difficile dare una risposta certa. Ma secondo gli ultimi rumors sembra che la showgirl argentina e il marito ballerino - fra i quali "naturalmente resteranno immutati la stima e l'affetto reciproci e la comune volontà di mantenere un rapporto sereno, anche nell'interesse del figlio" - si siano detti addio in fretta e furia per colpa di lui. Cioè, è stato lui a volere la separazione. Non solo. Secondo Oggi.it Belen avrebbe già un altro uomo.

Al momento il nome è top secret. Ma c'è chi azzarda: c'è solo una persona che dalla vita di Belen non è mai uscito ed è il suo ex fidanzato Marco Borriello. Il calciatore del Carpi avrebbe scatenato la crisi fra la Rodriguez e De Martino dopo che quest'ultimo ha scoperto uno scambio di messaggi fra lui e la moglie la primavera scorsa...

"Michael Schumacher adesso cammina" La voce (e la furia della manager)

"Schumi ora cammina". La voce dalla Germania fa infuriare la manager




Il muro di protezione della famiglia e dello staff di Michael Schumacher sulle sue condizioni di salute è sempre più forte, mentre le speranze dei fan di conoscere buone notizie sul campione tedesco non si spengono mai. L'ultima indiscrezione è stata diffusa in Germania dal settimanale Bunte, secondo il quale Schumi starebbe facendo: "piccoli passi grazie all'aiuto del fisioterapista, e può anche muovere un braccio", anche se lui sia ancora molto provato e dimagrito.

La reazione - Non si è fatta attendere la risposta della manager storica del sette volte campione del mondo di Formula Uno, Sabine Khem, che ha definito "irresponsabili" le indiscrezioni diffuse dal settimanale. In una nota ha chiarito: "Purtroppo siamo obbligati a intervenire per chiarire che la notizia riguardo al fatto che Michael sarebbe in ripresa non corrisponde al vero. Queste speculazioni - ha aggiunto la Khem - sono irresponsabili perché, data la gravità dell'incidente, la protezione della privacy di Michael è estremamente importante. Inoltre queste affermazioni alimentano false speranze".

L'incidente - Il 29 dicembre 2013 Schumacher è stato protagonista di un incidente sugli sci mentre si trovava nella località di Meribel, sulle Alpi francesi, il campione tedesco ha violentemente battuto la testa contro una roccia riportando danni cerebrali che lo hanno portato a uscire dal coma dopo cinque lunghi mesi, da allora l'ex pilota della Ferrari sta lottando per tornare alla normalità; sulle sue condizioni di salute la famiglia ha imposto il massimo riserbo.