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mercoledì 23 dicembre 2015

Marò, mossa disperata per portarlo a casa Renzi non ce la fa, ecco a chi chiede aiuto

Marò, l'ultima mossa per portarli a casa: Renzi non ce la fa, a chi chiede aiuto




"Ambienti politici romani indicano che Matteo Renzi avrebbe preso un’iniziativa per cercare di dare una svolta alla vicenda dei marò, se non definitiva almeno parziale in attesa del giudizio del collegio arbitrale da poco costituito che dovrà stabilire dove tenere il processo a Salvatore Girone e Massimiliano Latorre». Lo scrive il Corriere della Sera secondo cui il presidente del Consiglio avrebbe coinvolto nella vicenda il presidente americano Obama, preoccupato "di come il caso stia avendo riflessi negativi sull’ingresso a pieno titolo dell’India nel novero delle potenze mondiali affidabili". Il governo di Narendra Modi darebbe indicazione all’avvocato dello Stato e ai ministeri degli Interni, della Giustizia e degli Esteri di chiedere alla Corte suprema indiana di congelare il caso in attesa dei risultati dell’arbitrato e di liberare Girone, oggi in libertà provvisoria a Delhi, e Latorre, in convalescenza in Italia.

Pensioni, la mazzata nel 2016: ecco chi perderà i suoi soldi

Arriva la mazzata sulle pensioni. Le novità per il 2016: chi perde



L'arrivo del nuovo anno porterà per i lavoratori che andranno in pensione novità importanti che incideranno sull'assegno e i tempi di uscita dal lavoro previsti dall'applicazione della riforma Fornero. Aumenterà l'età anagrafica per la pensione di vecchiaia e gli anni di contribuzione necessari per quella anticipata di quattro mesi. Peggio andrà per le donne che lavorano nel privato, che vedranno slittare la scadenza di un anno e mezzo. Cambieranno i coefficenti di trasformazione con relative penalizzazioni sugli assegni. L'ultima manovra finanziaria ha poi introdotto altre modifiche, ricorda Il Giorno, come la possibilità di lavorare part-time dai 63 anni prima di andare in pensione, fino all'applicazione della no tax area per chi intasca fino a 8mila euro all'anno. E poi sarà applicata la settima salvaguardia per 26.300 esodati.

I tempi - Entro il 2018, la riforma Fornero prevede di adeguare l'età per la pensione per tutti a 66 anni. Oggi questa soglia minima vale già per gli uomini e per le donne che lavorano nella pubblica amministrazione. Nel 2016 le lavoratrici del privato e quelle autonome continueranno a recuperare il gap, anche perché da circa cinque anni l'età pensionabile è stata agganciata al dato dell'aspettativa di vita. Dopo il primo adeguamento del 1 gennaio 2013 di tre mesi, dall'inizio del prossimo anno sarà di quattro mesi. Sulla base di queste condizioni, le lavoratrici dipendenti del settore privato che vorranno andare in pensione dovranno avere almeno 65 anni e sette mesi, quelle autonome 66 anni e un mese. Non va meglio a tutti gli altri, uomini e lavoratrici nel pubblico, che potranno andare in pensione solo a 66 anni e sette mesi. Di pari passo cresceranno anche i requisiti minimi per i contributi richiesti: volendo andare in pensione anticipata, serviranno 42 anni e dieci mesi per gli uomini e 41 anni e dicei mesi per le donne.

Gli assegni - Il sistema dei coefficenti di trasformazione porta vantaggi e meno penalizzazioni man mano che si va avanti nell'età. Dal 2012 sono modificati ogni tre anni, dal 2019 lo saranno ogni due condizionati da una serie di variabili demografiche come aspettativa di vita e indici di mortalità, oltre che economiche, come l'andamento del Pil nel lungo periodo. Dal 1 gennaio 2016, per effetto dei coefficenti di trasformazione, saranno ridotti gli importi delle quote contributive calcolate da gennaio a parità di contributi accumulati ed età anagrafica al pensionamento. 

Parlamento, le "vacanzine" di Natale Lo scandalo: ferie da record, i giorni

Parlamento, le vacanze di Natale. Lo scandalo: i giorni delle loro ferie da record



Lavorare stanca. Soprattutto i parlamentari. Fortuna che con la complicità del Natale, ora, arrivano le vacanze. E che vacanze: roba da quasi-record, roba che i "comuni mortali" si possono scordare: oggi, martedì 22 novembre, è arrivato il via libera dell'Aula al collegato ambientale alla Camera dei deputati, poi il "sciogliete le righe". In ferie fino a lunedì 11 gennaio. Per i deputati fanno 19 giorni consecutivi di vacanza, 10 di ferie se si escludono i festivi, i sabati e le domeniche. Ancor meglio al Senato, che stacca la spina dopo il definitivo ok alla legge di Stabilità e alla riforma Rai. Per i senatori la vacanza è ancora più "grassa": si torna al lavoro il 12 gennaio, per un filotto di 20 giorni a casa. Per inciso, alla Camera si tornerà al lavoro l'11 gennaio alle 11, all'ordine del giorno la discussione generale sul decreto Ilva. A Palazzo Madama si riprenderà il 12 gennaio con tutta calma, nel pomeriggio, con le nuove norme sugli appalti. Lunghe, anzi lunghissime vacanze, alla faccia dei risparmiatori che oggi, riuniti, hanno protestato contro quel governo che li ha lasciati senza il becco di un quattrino.

L'intervista - Kostner: "Fregata dai miei sentimenti Ora torno, ci vediamo alle Olimpiadi"

Carolina Kostner, squalifica (quasi) finita: "Schwazer e Olimpiadi, le mie verità"


Intervista a cura di Andrea Tempestini
@anTempestini


Carolina Kostner

Immaginatevela ai fornelli, Carolina Kostner. Senza pattini, ghiaccio né lame. «Adoro cucinare». Lo dice con voce ferma, spazzando via per un istante tutta la sua timidezza. «È un momento di pace. Non è proprio meditazione, ma la tua mente si riscatta. Ti concentri solo su quello che fai, non pensi ad altro, ai tuoi impegni». Già, perché se una ragazza che ha costruito un pezzetto di storia dello sport estremizzando il concetto di equilibrio, per sua natura, della concentrazione non può fare a meno, almeno quando cucina degli impegni preferisce scordarsene. E quel momento «lo adoro». Il punto è che se le chiedi quanti sacrifici ha fatto per diventare «la Kostner», lei fa spallucce e ti fa capire che la domanda è sbagliata. «Un grande allenatore mi ha detto che nello sport non esistono sacrifici, ma solo impegni. Lo fai se lo vuoi». Sarà banale, ma tant'è. Impegno dopo impegno, medaglia dopo medaglia, è diventata il pattinaggio artistico in Italia. Ma un giorno l'angelo del ghiaccio è atterrato nel fango. Gli «impegni» cancellati, tutti quanti, e la cucina non c'entrava niente. Fermata per doping. Non il suo, ma quello di Alex Schwazer, l'ex fidanzato. «Colpevole di complicità», e chissenefrega se «amore onorato, né vergogna né peccato». Alla fine è stata assolta anche dall’accusa di «omessa denuncia», ma ha pagato lo stesso. Un prezzo salato. Ricorsi e appelli per stabilire che i pattini non li avrebbe calzati per un anno. Dodici mesi senza «impegni». Una squalifica che tra pochi giorni, il 31 dicembre, verrà riposta nel cassetto dei brutti ricordi.

Fammi un bilancio di questo 2015...

«È stato un anno davvero duro, non c'è stato nulla di semplice. Però questi mesi mi hanno permesso di maturare, di cambiare».

Ora è finita, o quasi.

«Vedo il termine della squalifica. Ringrazio chi mi ha aiutato, guardo avanti e chiudo completamente questo capitolo. Percepisco una leggerezza che mi dà entusiasmo: mi sento davvero bene, posso tornare alle cose che amo fare».

Io, però, devo rimestare il passato. Hanno riconosciuto che ignoravi cosa facesse Schwazer e che eri estranea al doping. Eppure è andata come è andata. Ti hanno punito in modo eccessivo?

«Non so. Di sicuro è stato uno choc dovermi giustificare da quelle accuse: io col doping non avevo nulla a che fare, non ho mai preso mezza scorciatoia. Questa storia, però, mi ha fatto riflettere molto: dagli errori si possono imparare molte cose».

Mi parli di errori: se tornassi indietro faresti qualcosa di diverso?

«Col senno di poi è troppo facile. Forse, come atleta, avrei dovuto evitare di farmi coinvolgere dai sentimenti. Ma non è semplice...».

Ora torni in pista: la prossima gara?

«Non lo so ancora».

Non sai neppure se vai ai Mondiali?

«Esatto, stessa cosa (ride, ndr)».

Delle Olimpiadi, allora, non te lo chiedo neanche...

«Sicuramente non posso prendere oggi una decisione per il 2018. Però...».

Però?

«Ecco, l'Olimpiade è un appuntamento che a qualsiasi atleta dà un entusiasmo e una motivazione unica».

Messaggio ricevuto. Immagino che dia anche una gioia unica, e credo che quel bronzo a Sochi sia stata la tua più grande soddisfazione. Sbaglio?

«Di sicuro quella medaglia rappresenta la vittoria nella battaglia con me stessa».

Cosa hai provato?

«Stare lì in mezzo alla pista, dopo aver fatto la migliore gara della vita, come lo sognavo da anni, è stata un’emozione che sinceramente non so descrivere a parole. Sarei disposta ad aspettare altri 20 anni per riprovare quella sensazione».

Hai zittito chi diceva «tanto Carolina cade sempre»...

«Ero più giovane, quegli attacchi mi toccavano nel profondo. Ti impegnavi, uscivi dal letto quando i tuoi amici ci restavano tutto il giorno e anche tu avresti voluto farlo. Poi alle 7 del mattino ti trovavi sola, in palestra, a provare e riprovare. Magari facevi il salto perfetto, ma nessuno lo poteva vedere. Poi venivi giudicata solo per quell'attimo, per una caduta, da chi di te non sa nulla».

È che il tuo è uno sport «brutale»: per quattro minuti non puoi sbagliare nulla…

«Magari fosse solo quello! Lo devi anche far sembrar facile. Non significa solo sorridere ai giudici. I salti li sappiamo fare tutti, ma farli sembrare semplici no».

E quando smetti cosa farai?

«È una domanda difficile. Negli Stati Uniti, per esempio, ci sono diversi progetti per aiutare gli atleti, anche di altissimo livello, a fare questo passaggio».

Mi stai dicendo che hai paura di smettere?

«No, però non sarà semplice. Sai, lo sport è più di un lavoro: non puoi staccare alle sei, lasciare i fogli sulla scrivania e pensarci il giorno dopo. Te lo porti dentro dalla mattina alla sera. Per questo credo che non lascerò mai il pattinaggio».

E allora, cosa farai?

«Prima di spiegartelo posso raccontarti un aneddoto?».

Devi...

«Avevo 15 anni, l'esordio ai mondiali. Agli allenamenti per la prima volta mi sono trovata davanti ai miei idoli, quelli che avevo visto soltanto in tv. È stato un impatto fortissimo, mi ha paralizzato. Nel vero senso della parola: mi sono attaccata alla balaustra della pista e non riuscivo più a muovermi. Ecco, quando smetterò vorrei diventare la persona di cui avrei avuto bisogno».

Me lo spieghi meglio?

«Per arrivare a certi livelli, da piccola, ho dovuto trasferirmi all'estero. In Italia era più difficile, lo è ancora. Insomma, quando smetterò vorrei trasmettere la mia esperienza alle nuove generazioni, costruire qualcosa qui. Ci sono un sacco di bimbi che vorrebbero pattinare, ma non le strutture. I talenti non devono più andare all’estero per inseguire i propri sogni».

Come invece hai fatto tu...

«Quando mi sono trasferita in Germania avevo 14 anni».

È stato difficile lasciare mamma e papà?

«È stato un grandissimo impegno (impegno, non sacrificio, ndr), per me e per la mia famiglia. Però ho vissuto quel momento come una liberazione, mi sentivo rinchiusa in una gabbia».

Prego?

«Non fraintendermi...è che in Italia non potevo praticare il mio sport come lo sognavo. I miei genitori hanno avuto il coraggio di lasciarmi andare».

Meglio così. Ma il fatto che tu sia nata sportivamente in Germania te lo hanno rinfacciato. Nel 2006, quando sei stata portabandiera alle Olimpiadi di Torino, dicevano che non era giusto perché «non parla neanche l'italiano»...

«Avevo 19 anni, molte cose neppure le capivo. Scrivevano che non avevo l'esperienza per quel ruolo e mi hanno anche minacciato, mi hanno detto che me l'avrebbero fatta pagare. Però so di essere cresciuta da italiana. E col tempo credo di avere dimostrato di avere le carte in regola per portarla, quella bandiera...».

Torniamo ancora più indietro nel tempo: la prima volta che hai messo i pattini?

«Mmmh...sai che non me la ricordo?».

Davvero?

«Davvero. Ero piccola piccola...».

La prima grande gioia sui pattini?

«Quella la ricordo bene. È stato quando ho pattinato in maschera sul ghiaccio, a Ortisei. Dopo il Natale, da bambina, il Carnevale era il momento che attendevo con più ansia».

Sei timida e riservata. Ti dà fastidio la popolarità?

«Essere famosa permette di dare un esempio, forse una speranza a chi fa il mio sport. Però ci sono dei momenti miei, magari quando vado a fare la spesa o sono con gli amici, in cui non vorrei neppure avere la preoccupazione di essere riconosciuta».

Nel tuo tempo libero che fai?

«Mi piace l'arte. Mio nonno è stato direttore dell'accademia d'arte di Ortisei, forse ce l'ho un po' nel sangue. Ora sono spesso a Roma, e se ho un po' di tempo passeggio per la città, ci sono posti meravigliosi da scoprire, in ogni angoletto. Poi adoro la montagna, sono cresciuta lì, è il posto dove io…sono veramente io».

Il tuo viaggio più bello?

«In macchina, con un'amica canadese, dalla California fino su a Edmonton. È stato spontaneo, semplice. Però, forse, il viaggio più bello è quando torno a casa».

Ti manca?

«Sì. Sono sempre lontana. Sempre».

"Io, in aereo con la bomba accanto": Air France, il racconto di un italiano

"Il mio volo in aereo con la bomba accanto": Air France, il pauroso racconto di un italiano



Sui chiama Domenico Achilarre, ha 49 anni e lavora come portiere in un residence toscano. E lui era tra gli otto italiani che sabato sera si sono imbarcati sul volo Air France partito dalle Mauritius e diretto a Parigi, un volo costretto ad un atterraggio d'emergenza in Kenya per un falso allarme bomba. Achilarre, ora, racconta quello che ha provato a Il Tempo: "Io dormivo e mi hanno svegliato quando hanno annunciato che l'aereo, che al momento sorvolava la Somalia, sarebbe tornato indietro per atterrare a Mombasa per problemi". E ancora: "Mi sono accorto che era grave quando hanno messo giù gli scivoli per scendere e ci hanno detto di farlo velocemente. A quel punto ho capito. Ho visto tutti molto agitati, qualcuno scendeva scalzo. Appena a terra ci hanno detto di correre verso l'aeroporto".

Ma anche quando l'aereo ad alta quota, qualcuno, aveva capito che cosa stava accadendo: "Qualcuno - prosegue nel racconto - parlava di arresti, altri di un ordigno che non doveva scoppiare. I passeggeri che non dormivano quando è accaduto il fatto hanno raccontato che ad un certo punto tutto l'equipaggio si è spostato verso la coda dell'aereo, c'era molta agitazione. Uno degli italiani era sveglio e quando ha capito di cosa si trattava si è sentito male". Insomma, il signor Achilarre sapeva della bomba quando ancora era a bordo del velivolo. E infine, mostra di avere qualche dubbio sulla ricostruzione ufficiale. Infatti, quando gli chiedono quando ha capito che si trattava di un falso allarme, risponde: "Lei che ne pensa? Crede davvero al falso allarme? La sensazione, però, è che Air France non vuole dire più di tanto".

"La storia scottante su De Martino..." La verità: perché Belen lo ha lasciato

"La storia scottante di De Martino...". La verità: perché Belen lo ha lasciato



Dopo mesi di indiscrezioni, la conferma (con tanto di comunicato stampa spedito all'Ansa): tra Belen Rodriguez e Stefano De Martino è finita. Una notizia anticipata sin dallo scorso febbraio da Dagospia, che ora "rivendica" lo scoop e aggiunge ulteriore pepe al caso. Su Dago, infatti, si legge che "tra i due, infatti, già da almeno un annetto buono, i rapporti erano solo strumentali al rigonfiamento dei rispettivi conti correnti". Un matrimonio di comodo, insomma, perché (recita sempre Dago) la coppia era "una inesauribile fonte di fatture e bonifici", tra campagne pubblicitarie, ospitate e set fotografici.

Poi ulteriori indiscrezioni. Si parla della "faida" tra le due famiglie. Sempre secondo Dago, infatti, "i Rodriguez e i De Martino non si sono mai stati troppo simpatici e, probabilmente, entrambe le famiglie avevano assai contato sul rapporto pecuniario della coppia più mediatica del sottobosco televisivo". Infine, l'ultima bomba (o insinuazione, fate voi) sulle reali ragioni della rottura: che cosa ha portato al comunicato stampa di oggi? Dago risponde: "In mezzo c'è un'altra storia. E che non riguarda lei. Una storia forse scottante e che mai verrà comunicata e che appartiene alla sfera privata del De Martino".

Stasi, un retroscena dal carcere: si parla di tasse, diventa una "belva"

Alberto Stasi, un retroscena dal carcere: parlano di tasse, diventa una "belva"


di Franco Bechis
@FrancoBechis


Alberto Stasi dopo la condanna a 16 anni per l'assassinio della sua fidanzata Chiara Poggi a Garlasco si è consegnato subito al carcere modello di Bollate per l'espiazione della pena. Il giorno dopo è andato a trovarlo un parlamentare del Pd, Giacomo Portas, che è anche a capo del movimento de I Moderati. Lo ha trovato incredibilmente sereno e tranquillo, vista la situazione. Poi però Stasi gli ha chiesto: «Cosa fa in Parlamento? Di che si occupa?». E Portas: «Sono presidente della commissione bicamerale sull'anagrafe tributaria, mi occupo soprattutto di fatturazione elettronica e di tasse...». Non l'avesse mai detto. Stasi, che durante i vari processi ha iniziato a fare il commercialista, si è messo subito a discutere di tasse. E più ne parlava, più diventava una belva: «Prenda l'Imu, cosa dobbiamo fare noi commercialisti? Avete cambiato le regole otto volte in sette anni. Un casino. Non parliamo poi delle proprietà indivise dei separati o divorziati. Le regole sono confusissime, non si riesce a venire a capo di nulla. In Parlamento sembrate godere a complicare la vita a noi professionisti...». Un diluvio di domande, chiarimenti e vibrate proteste. «Non riuscivo più a venire via, saremo stati un'ora e mezzo a discutere - racconta Portas - quel ragazzo ha una vera passione per il fisco...».