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sabato 4 aprile 2015

'Lo Stato mi passò le intercettazioni' La confessione di Marcello Sorgi...

Marcello Sorgi: "Lo Stato mi passo le intercettazioni del ministro"

di Enrico Paoli 



Benevento, metà gennaio del 2008. Al centro del tavolo della grande sala c'è lui, Clemente Mastella da Ceppaloni. Anzi il ministro della Giustizia Clemente Mastella, sempre da Ceppaloni. L’aria è tesa, come arroventato è il clima politico nazionale. Un governo sta per cadere e un ministro è appena finito nel tritacarne per colpa delle solite intercettazioni. Clemente ha appena confermato le dimissioni da Guardasigilli. Nella conferenza stampa convocata a Benevento ribadisce la decisione comunicata il giorno prima alla Camera, con un accorato intervento in Aula. «Ho parlato con il presidente Prodi e confermo le mie dimissioni per la mia dignità, onorabilità, perché non voglio sentirmi uno della casta, ma essere cittadino comune». Già, un cittadino comune.

Riponiamo il nastro della storia e torniamo al presente, perché a quel «cittadino comune», allora ministro, fu riservato un trattamento fuori dal comune. Di quelli che mettono in discussione un intero sistema, non solo quello giudiziario, da cui tutto è partito e dove tutto dovrebbe finire. «Sono davvero inquietanti le rivelazioni del dottor Marcello Sorgi, editorialista de La Stampa, ascoltate nel corso della puntata di Porta a Porta», spiega l'ex ministro della Giustizia, «nella quale si è parlato di intercettazioni». «Sorgi ha fatto riferimento alle mie vicende giudiziarie, ricordando che, da inviato a Napoli per seguire proprio queste vicende», spiega ancora Mastella, «si ritrovò al caffè Gambrinus in compagnia di 4 colleghi giornalisti». Cose che capitano a chi fa questo mestiere, un po' meno tutto il resto.

Sorgi ha raccontato che, dopo una telefonata giunta a uno dei suoi 4 colleghi, si presentò al loro tavolo un funzionario della Prefettura che gli consegnò una chiavetta contenente i file di tutte le intercettazioni che riguardavano il ministro della Giustizia e i membri della sua famiglia. «Marcello Sorgi nel ricordare l’episodio», afferma Mastella, «si è detto sconcertato per il fatto che, mentre cadeva il Governo Prodi, un funzionario dello Stato si era apprestato in modo solerte, senza che ne avesse alcun dovere istituzionale, a fornire in anteprima i contenuti di intercettazioni, alcune delle quali, in quanto riferite a Mastella ministro, la Corte Costituzionale ha ritenuto non utilizzabili ai fini processuali». Roba fuori dal comune dunque.

Mastella si è detto «sconcertato», per non dire altro, dal racconto fatto da Sorgi, preso forse da «crisi del settimo anno (da quando i fatti da lui raccontati si svolsero, nel gennaio del 2008, ndr)». «A maggior ragione resto allibito ed esterrefatto io», dice ancora l’ex leader dell’Udeur, «resto sempre più convinto che in quella circostanza si mossero poteri che lentamente spero di decifrare, poteri che concorsero in maniera violenta ad umiliare la mia persona, la mia famiglia, e che determinarono la caduta del governo Prodi». Poteri forti o poteri deboli poco importa. Conta il fatto che questa, tutta la storia, testimonia l’esistenza di un vero mercato delle intercettazioni per far cadere a comando questo o quello. Ovviamente a distanza di otto anni dai fatti raccontati da Sorgi e appresi da Mastella poco importa stabilire il cui prodest politico (destra, sinistra, centro?). Conta capire come sia possibile che un pezzo dello Stato, trattandosi un funzionario della Prefettura, abbia potuto agire in quel modo. In barba a tutte le regole del gioco.

Ovviamente l’intera storia di Mastella rimanda al caso D’Alema e alle polemiche che ne sono scaturite. L’ex presidente del Consiglio è stato investito in pieno dalla divulgazione delle intercettazioni connesse alla vicenda giudiziaria che ha il suo punto di riferimento nel sindaco di Ischia. Tentare similitudini è pressoché impossibile, però i dubbi restano. Se non gli stessi, certamente simili. Chi pilota il gioco?

venerdì 3 aprile 2015

Ministro da un giorno, già un guaio: Delrio, il "rally" contromano

Graziano Delrio in bici contromano nel primo giorno da ministro delle Infrastrutture





Graziano Delrio è ministro delle Infrastrutture e trasporti da appena 24 ore e può già vantare la prima gaffe in diretta tv. Intercettato dai giornalisti fuori dalla sede del ministrero a Porta Pia a Roma, Delrio ha rassicurato gli astanti sulle buone intenzioni con cui comincia il suo nuovo impegno e ha poi inforcato la bicicletta. Con grande agilità è sgusciato via dai microfoni e a primo incrocio si fa beccare contromano da cameraman e fotografi. Anzi rischia anche di farsi travolgere dal traffico di Roma, se non fosse che il neoministro ha i riflessi pronti.

Esordio - Il primo giorno di lavoro è finito come è comincato per Delrio, in sella alla bicicletta. Il messaggio in stile Ignazio Marino - chissà quanto gli porterà bene - è in stile con l'approccio al nuovo ruolo che l'ex braccio destro di Matteo Renzi vuole comunicare: "Con un lavoro paziente ma serioe metteremo in file tutte le cose - ha detto - Come quando si fa un lavoro a casa: nessuno inizia a riparare la cucina e poi la lascia a metà, guarda come vengono eseguiti i lavori, li controlla, fa in modo che i preventivi corrispondano alla spesa finale. Io farò così - ha aggiunto - come ho sempre fatto anche da sindaco". E i riferimenti sono ovviamente alle inchieste sulle tangenti che hanno colpito proprio gli apparati del suo ministero, senza dimenticare le maxinchieste su Mose e Expo. Delrio dice di essere già in contatto con Raffaele Cantone, presidente dell'autorità anticorruzione, e a chi gli chiede se non è preoccupato dei lavori in corso per Expo 2015 a meno di un mese dalla prevista inaugurazione, Delrio glissa: "Abbiamo avuto un po' di difficoltà, ma siamo abituati a lavorare come tutti gli italiani".

Renzi, il "magna magna" sui (molti) voli di Stato I calcoli: le spese folli del premier per i menù in volo

Matteo Renzi, ecco quanto vola (e mangia) il premier

di Franco Bechis 



In sette mesi, da luglio 2014 a gennaio 2015, Matteo Renzi e i suoi ministri hanno utilizzato 103 volte i voli di Stato, e a bordo sono saliti anche parecchi loro collaboratori, perché a viaggiare sono stati in 960, con un picco a novembre (176). Hanno volato molto con la flotta a disposizione di palazzo Chigi (dieci aerei e 2 elicotteri), ma soprattutto hanno banchettato come raramente è accaduto. Per il catering servito a bordo sono stati spesi più di 86 mila euro solo per i pasti principali, e a questa cifra vanno aggiunti 5.202 euro per gli snacks (bibite e salatini) serviti lontano dai pasti e 2.679 euro per quelli consumati nella saletta riservata dell’aeroporto di Ciampino da cui sono partiti premier e ministri autorizzati. In tutto 93.887,95 euro, che significa una spesa alimentare per passeggero di 97,79 euro.

Appetito ministeriale - L’appetito ministeriale oltretutto sembra che venga mangiando, secondo il proverbio tradizionale. Nei mesi quel costo del catering a passeggero è infatti salito notevolmente. Il costo più basso è stato a settembre: 44,94 euro a «passeggero istituzionale», come viene definito dall’ufficio voli di Stato. Ma nel mese di ottobre quella cifra è quasi raddoppiata: 76,3 euro di catering per ogni passeggero. A novembre altro raddoppio: 144,9 euro di catering a passeggero. Cifra restata quasi immutata nel mese di dicembre: 145,6 euro a passeggero. A gennaio nuovo picco: spesi oltre 18 mila euro di catering per nove tratte di volo che hanno trasportato complessivamente 106 passeggeri istituzionali. Per ciascuno di loro la spesa per i pasti principali è stata di 170,67 euro.

  
Le tratte - Nella tabella di gennaio resa pubblica dalla presidenza del Consiglio dei ministri non sono indicate spese per snacks a bordo né per piccole consumazioni nella saletta di partenza. Potrebbe essere una omissione, e quindi il costo alimentare a passeggero è destinato a salire ulteriormente, o è possibile che siano tutti inclusi nel costo del catering principale, magari attraverso una modifica delle condizioni contrattuali. Tutti i dati sono forniti dalla presidenza del Consiglio- ufficio voli di Stato, senza ulteriori spiegazioni. Bisogna quindi provare a darsele da soli, perché anche scendendo da quegli aerei speciali è davvero difficile trovare ristoranti dove mangiare spendendo 170,67 euro a persona. Accade solo con chef pluristellati, e con sommeiller che servono le più preziose etichette presenti sul mercato. Possibile che su quegli Airbus o Falcon che trasportano in missioni delicate premier e ministri arrivino prelibatezze confezionate dai giudici di Masterchef o dal Gianfranco Vissani di turno. D’altra parte con un presidente del Consiglio che ha stupito tutti, utilizzando quei voli anche per esigenze personalissime è facile pensare a manie di grandezza anche a tavola.

Palati fini - Possibile che alcuni voli siano intercontinentali (nel 2014 le ore di volo su aerei di Stato sono state più di 6 mila, contro le 1.877 del 2013 quando alla guida del governo c’era Enrico Letta), e che quindi sia naturale che sia servito un sostanzioso pasto a bordo. Se si va peraltro si deve pure tornare con lo stesso aereo, e i pasti serviti raddoppiano nella stessa missione. Ma la maggiore parte dei voli di Stato in questi mesi hanno avuto rotte corte o medio-corte, essendo stati usati su tratte nazionali, europee o per andare appena al di là del Mediterraneo. Su quelle tratte raramente il pranzo viene servito: magari una colazione più robusta, qualche snack. In questi casi è davvero inspiegabile spendere per mangiare fra 76 e 170 euro a passeggero. E anche facendo la media fra le occasioni di un tipo e quelle di un altro la cifra appare davvero altissima, tanto più che per servizi di catering in occasioni istituzionali (durante visite di Stato di premier stranieri a Roma) il governo italiano spende assai meno: fra 30 e 60 euro a partecipante. Non si possono peraltro fare raffronti alimentari con i palati di ministri e premier di altri governi, perché questo aspetto è reso pubblico sul sito della presidenza del Consiglio dei ministri solo dal mese di luglio 2014, e non sono stati pubblicati precedenti per potere fare il paragone.

La flotta - La flotta base per i voli di Stato di palazzo Chigi è composta da otto aerei e due elicotteri Agusta AW 139 (uno di questi viene spesso utilizzato da Renzi per gli spostamenti fra Roma e Firenze). A questi si aggiungono di rinforzo due aerei che restano formalmente di proprietà del ministero della Difesa. Nella flotta complessiva ci sono due Airbus da 36 posti e un Airbus da 48 posti che vengono utilizzati per missioni che comprendano delegazioni più nutrite. Gli altri sette aerei sono tutti Falcon, con capienza diversa: alcuni da 9, altri da 12 e i più grandi da 16 posti. È la tipologia di aereo più utilizzata dal governo per missioni a corto o medio raggio, ed è normalmente uno di questi aerei ad essere impiegato da Renzi per muoversi in Italia e nel Mediterraneo.

La voce roca e la frase sinistra del Papa: "Sono stanco. E come incenso, presto..."

Papa Francesco e la stanchezza: "E' come incenso che sale al Cielo"





"Sapete quante volte penso a questo alla stanchezza di tutti voi? Ci penso molto e prego di frequente, specialmente quando ad essere stanco sono io". Con questa confidenza Papa Francesco ha aperto ieri, giovedì 2 aprile, l’omelia della messa crismale celebrata in San Pietro con il clero della diocesi di Roma e numerosi vescovi e cardinali della Curia. "Prego per voi", ha aggiunto il Pontefice, "che lavorate in mezzo al popolo fedele di Dio che vi è stato affidato, e in molti luoghi assai abbandonati e pericolosi". Quindi una frase pronunciata con voce roca, un pizzico preoccupante: "E la nostra stanchezza, cari sacerdoti, è come l’incenso che sale silenziosamente al Cielo". "La nostra stanchezza", ha puntualizzato, "va dritta al cuore del Padre”. "Siate sicuri", ha esortato i sacerdoti, "che la Madonna si accorge di questa stanchezza e la fa notare subito al Signore".

Tre tipi di stanchezza - Bergoglio ha parlato di tre tipi di stanchezza: la prima è quella "buona e sana" che arriva immergendosi fino in fondo nel gregge, cioè negli impegni che indica il Vangelo. La seconda è la stanchezza del male, che arriva dal Demonio e bisogna saperla neutralizzare senza "farsi cadere le braccia davanti allo spessore dell’iniquità, davanti allo scherno dei malvagi". Infine, la stanchezza che a Bergoglio sembra essere "la più pericolosa" quella di se stessi, come dire la noia: una pena che affligge quegli ecclesiastici che considerano i drammi degli altri come "un notiziario" e si nascondono "in un ufficio o nelle auto con i vetri oscurati". Bergoglio ha rassicurato i "suoi preti" con le parole del Signore: "’Abbiate coraggio, io ho vinto il mondo". "Solo l’amore", ha concluso Papa Francesco, "dà riposo. Ciò che non si ama stanca, e alla lunga stanca male".

Quel pranzo insieme a Fitto e Bondi: Mentana, gli intrecci con Forza Italia

Forza Italia, dopo Bondi e Repetti si teme un'emorragia di azzurri





Silvio Berlusconi ha scelto la via del silenzio: nessun commento sull'addio a Forza Italia di Sandro Bondi e di Manuela Repetti. Questo però non vuole dire che non sia preoccupato. C'è infatti il serio rischio che la defezione dei due senatori azzurri possa aprire la strada a strappi finora rimandati. Come quello di Raffaele Fitto che si porterebbe dietro una trentina di parlamentari, o di Denis Verdini seguito da una ventina di colleghi.

Caffè a tre - Finiranno tutti insieme in un gruppo unico? Difficile, ma l'incontro di ieri, raccontato dal Tempo, tra Raffaele Fitto e i fuoriusciti Bondi e Repetti in un bar nei pressi del Senato, significa sicuramente qualcosa anche se nessuno per il momento lo ammette. "I tre si sono incontrati per caso", si giustifica con Carlantonio Solimene un fittiano. "Bondi e Repetti erano al bar con Enrico Mentana, Raffaele li ha visti e si è fermato a salutarli. Sarebbe stato un pazzo a incontrarsi pubblicamente con loro se voleva parlare di politica". La Repetti, però, la racconta in modo leggermente diverso: "È stato un incontro tra amici, al di là delle posizioni politiche. Fitto ci ha chiamato ieri (martedì, ndr) dopo aver saputo delle nostre dimissioni e voleva vederci per un saluto e così ci siamo visti". Difficile dire se davanti a quel caffè sono state gettate le basi per un percorso comune. Di certo non saranno mancate lamentele sulla gestione azzurra del "cerchio magico" che anche ieri non le ha mandate a dire ai ribelli.

Le mazzate di Santoro ai dalemiani: "Siete dei miserabili" La profezia: "Grazie a te Matteo Salvini sarà il prossimo..."

Michele Santoro attacca Massimo D'Alema: "Grazie a te il prossimo leader maximo sarà Matteo Salvini"





Non vedeva l'ora Michele Santoro di togliersi altri sassi delle scarpe contro Massimo D'Alema. E tutto il caos sulle intercettazioni che riguardano il Baffino a proposito dell'inchiesta sulle tangenti al comune di Ischia è stata l'occasione ghiotta per il tribuno di La7. In apertura a Servizio Pubblico si è rivolto direttamente all'ex presidente del Consiglio sfottendolo sui tanti ruoli che ha ricoperto finora, da politico a presidente della fondazione Italianierupei fino al vignaiolo. C'è chi ha parlato malissimo dei suoi vini, come l'ex sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, candidato Pd alla presidenza della Campania: "Ha detto che il tuo vino è una schifezza, lo ha fatto per far piacere a Renzi e per i titoli sui giornali - ha detto Santoro - così come fanno i miserabili ex amici di D'Alema che non perdono occasione per sputargli in faccia. Oppure - aggiunge il conduttore - come i soci della Coop Concordia che apprezzano il fatto che D'Alema è uno capace di mettere 'le mani nella m...'".

Secondo Santoro il grande vincitore rimane ancora una volta Matteo Renzi e quasi si intravede una nuova sfavillante ossessione dopo Berlusconi. "D'Alema non sarà condannato perché non ha fatto niente di illecito - dice Santoro - lo saranno però quelli che hanno creduto in lui, condannati a tifare Renzi per evitare il trionfo della Destra". E poi c'è un altro merito di Baffino, cioè quello di aver fatto scappare gli elettori delle periferie, i lavoratori: "Che continueranno a non credere più nel socialismo e voteranno Matteo Salvini. Uno - aggiunge Santoro - che sa solo ripetere 'a casa, a casa' oppure 'Santoro a casa'. Uno così originale - ha concluso un infiacchito Santoro - corre il rischio di diventare il leader maximo, altro che D'Alema".

La nuova giustizia di Matteo Renzi Niente galera per furti e truffe web

Giustizia, parte la depenalizzazione dei reati minori: saranno archiviati se il giudice lo vuole





Pene ridotte da 5 anni di carcere all'archiviazione, senza neanche aprire il processo. Dal 2 aprile parte la rivoluzione nel sistema giudiziario italiano voluto dal governo Renzi per i reati "minori". I giudici possono bollare la lite con il vicino o il furto di una scatoletta di tonno con la "tenuità del fatto" ed evitare che si finisca in aula di tribunale per anni di dibattimenti.

Per cosa la si fa franca - Stavolta i magistrati non hanno battuto ciglio nei confronti del provvedimento. Sarà perché nelle loro mani aumenta - e non di poco - il potere di decidere se l'ipotesi di reato debba essere marchiata come grave o no. Il calderone dei reati depenalizzati è vasto e variegato. Non c'è solo la bega condominiale o il furtarello per disperazione. Potranno godere di una vera e propria grazia anche chi è accusato di aver aperto una discarica abusiva o di aver trafficato con rifiuti pericolosi e scarichi industriali. Questioni di grande impatto sociale nelle quali rientrano ancora l'adulterazione di cibi, di medicinali, l'omissione delle misure di sicurezza sul lavoro, la truffa, l'intrusione informatica. E come fosse acqua fresca, viene meno anche la gravità per la guida in stato di ebbrezza. Senza dimenticare la detenzione sul proprio pc di materiale pedopornografico.

Le modifiche - Nella prima bozza, il governo renziano aveva immaginato una vera e propria sanatoria selvaggia. Poi è stata messa una pezza e sono stati esclusi dagli sconti della giustizia quei reati che provocano morte e lesioni, quelli con l'aggravante della crudeltà e per motivi abietti, i reati contro i più deboli e e gli incapaci di difendersi, compresi gli animali. Escluso dagli sconti anche lo stalking.

Chi ne gode - L'archiviazione scatta per chi compie il reato per la prima volta e se il danno prodotto è di "particolare tenuità". Non ci sono criteri oggettivi, il tutto è sempre affidato alla discrezionalità delle toghe e quindi alla sensibilità personale di ognuno di loro. Tutto diventa relativo quindi così come per i processi ancora in corso. L'orientamento dei magistrati sarebbe quello di applicare le depenalizzazioni in modo retroattivo favorendo l'imputato, un principio base dell'ordinamento giudiziario italiano. Potrebbero essere migliaia i processi in corso destinati a spegnersi con un'archiviazione, che si tratti di un guidatore ubriaco o di un soggetto che passa il suo tempo a godersi video e foto di atti sessuali tra minori.