Visualizzazioni totali

mercoledì 28 gennaio 2015

La Rai trema per le intercettazioni: da Baudo al complotto su Paragone

Rai, le intercettazioni che fanno tremare Viale Mazzini





"Quel produttore lì non ne ha mai azzeccata una, è uno che lavorava per motivi strettamente politici". A parlare, intercettato, è Pippo Baudo. E l'imprenditore a cui lo showman si riferisce è Pietro Di Lorenzo, patron della società Ldm comunicazioni, che nel 2012 denunciò la Rai sostenendo di aver subito una sorta di boicottaggio dopo essersi opposto al pagamento di alcune tangenti richieste da funzionari di viale Mazzini. Dall'altra parte del telefono c'è Chiara Galvagni, una delle iniziali indagate, che si sfoga con Baudo: "Sono incazzata come un bufalo!", si legge nelle intercettazioni pubblicate dal Tempo. "Non ho niente da difendere, non ho accuse di nessun genere se non insinuazioni e falsità già provate, sono incazzata con un'azienda che non difende un patrimonio che paga quotidianamente per far bene il suo lavoro". Baudo da parte sua le consiglia di reagire attaccando: "La cultura del sospetto è tremenda. (...) Poi questi due personaggi di cui parliamo sono veramente squallidi. (...) Quel produttore lì è un produttore che non ne ha mai azzeccata una, cioè è uno che lavora per motivi strettamente politici non per merito. (...) A me la cosa che mi meraviglia è quell'altro, il lungagnone, Paglia. (...) Lui pretendeva di essere e... consigliere, vice direttore Generale. E non lo hanno fatto. E la colpa è la tua? No. Perché ormai non lo filano per niente, lui per loro è un combattente caduto". Spiega De Lorenzo al Tempo: "Le parole di Baudo sono dovute a vecchie ruggini: noi abbiamo portato la lirica su Rai Uno, mentre lui non c'è mai riuscito. Poi quando è venuto nel mio ufficio a chiedermi di fare un programma con Ldm, nel periodo in cui non lavorava più, non l'ho preso. Quanto ai presunti "sponsor" politici, tutti i miei programmi sono stati chiusi quando Mauro Mazza era direttore di Rai Uno". Guido Paglia, ex responsabile Relazioni esterne della Rai, risponde piccato al "Pippo nazionale": "Mi ricordo ancora quando Baudo mi regalava cravatte di Battistoni, forse con la speranza che intercedessi per lui con Del Noce".

Paragone "epurato" - Nell'inchiesta per la quale la procura ha chiesto l'archiviazione spiegando al gip che "l'estrema omertà e la vischiosità che si respira in seno a tutti coloro che lavorano o hanno lavorato per il sistema radiotelevisivo, con speranza di farvi rientro, non ha consentito di trasformare questi meri sospetti in concreti elementi di prova", si trova anche il motivo per cui "fu epurato Gianluigi Paragone". Stando a quanto emerge dagli atti pubblicati dal Tempo, il giornalista sarebbe stato messo alle strette. In particolare, su richiesta di un vice direttore, avrebbe dovuto scrivere un programma musicale in appena tre giorni. Infatti, si legge nel verbale, "giova evidenziare che Gigi Paragone precisa all'agente (Lucio Presta) di aver avuto dei chiarimenti con (...) in merito al programma musicale che lui si è rifiutato di scrivere tenuto conto del poco tempo rimastogli, e quindi, ora teme delle ritorsioni da parte dell'azienda".

Il Senato approva l'italicum-bis La minoranza del Pd non vota

Il Senato approva l'italicum-bis





L’Aula del Senato ha approvato la nuova legge elettorale, l’Italicum-seconda versione: i senatori hanno votato con 184 sì, 66 contrari e 2 astenuti. Ora la legge elettorale torna alla Camera per il sì definitivo, che non dovrebbe incontrare grossi ostacoli considerata l’ampia maggioranza su cui può contare il governo a Montecitorio. Esultanza dei fedelissimi del premier: "Le Riforme avanzano. Italicum adesso alla Camera. Grazie @SenatoriPD #lavoltabuona" ha twittato Luca Lotti. E Maria Elena Boschi: "Sembrava impossibile qualche mese fa, eppure la legge elettorale è ok anche al Senato. È proprio #lavoltabuona". La minoranza dem non ha partecipato al voto, comportandosi di fatto come una forza politica a sè e fuori dalla maggioranza che sostiene il governo.

martedì 27 gennaio 2015

Silvio non incontrerà Renzi: le ragioni del colpo di scena

Quirinale, colpo di scena al Nazareno: Silvio Berlusconi non andrà alla consultazione con Matteo Renzi





Colpo di scena al Nazareno: Silvio Berlusconi non guiderà questa sera alle 19 la delegazione di Forza Italia che incontrerà nella sede romana del Pd il premier Matteo Renzi, in occasione delle consultazioni per il Quirinale. Lo riferiscono fonti azzurre, secondo cui il Cav avrebbe preso questa scelta dopo il vertice a palazzo Grazioli con i fedelissimi.

Le ragioni del no - Il Cavaliere, viene ancora spiegato, ha preferito non partecipare all'incontro di oggi perché si tratta di un primo incontro tra delegazioni per l'individuazione del candidato successore di Napolitano e, quindi, andranno i due capigruppo, Paolo Romani e Renato Brunetta, accompagnati da Giovanni Toti, Debora Bergamini e Mariastella Gelmini. Dietro la scelta, viene sottolineato, non vi è altra motivazione, anche se qualche indiscrezione maliziosa suggerisce che l'ex premier preferirebbe vedere Renzi da solo, per poter "fare il nome" del candidato al Colle senza sentirsi vincolato dai suoi. Fonti azzurre non escludono, infatti, che possa esserci un nuovo faccia a faccia tra Renzi e Berlusconi, anche se al momento non è stato fissato in agenda. Così come non è fissato in agenda l'incontro tra l'ex premier e Angelino Alfano, che comunque dovrebbe tenersi tra domani e venerdì. L'unico appuntamento certo per il Cavaliere, al momento, è l'assemblea dei "grandi elettori" di Forza Italia, in programma domani alle 16 a Montecitorio.

Ufficiale: anche Diego Della Valle scende in politica

Diego Della Valle in politica, c'è il simbolo del suo partito





"Marchionne vuole dare lezioni a noi italiani...". "Noi italiani non dobbiamo permettere a questi furbetti...". "Vanno a pagare le tasse in Inghilterra e vorrebbero dare a noi italiani...". E ancora: "La Costituzione appartiene a noi italiani"... "Il garante di noi italiani ...". Ora, se non è detto che tanti indizi facciano una prova, quando la prova spunta si pensa inevitabilmente ai tanti indizi. Chi li ha disseminati come pollicino negli ultimi mesi è Diego Della Valle, imprenditore della scarpa al quale ormai da anni piace intervenire attivamente nel dibattito politico. Tanto che, in un momento di particolare slancio, alcune settimane fa arrivò a dire di volersi presentare a napolitano con una lista di ministri per porre fine all'era Renzi. Lo scorso novembre, con una situazione politica in parte ormai stabilizzata, l’imprenditore si augurava: «Altri due anni così, e il Paese muore. Bisogna votare il prima possibile».

La cosa, poi, è morta lì. Almeno per ora. Ma il settimanale L'Espresso ha scovato all'Ufficio brevetti del ministero economico il simbolo del partito col quale Della Valle scenderebbe in politica: uno tondo giallo sgargiante (come certi suoi floulard, con bordino tricolore e al centro la scrritta grande, in blu, "Noi italiani"). Vedremo se lo "scarparo" fiorentino, fatta la nuova legge elettorale, deciderà davvero di scendere nell'agone politico la prossima volta che si voterà per le politiche, o farà come il suo amico Montezemolo, che tanto ha abbaiato decidendo poi di non mordere. Ma intanto, il simbolo ce l'ha.

Civati scrive a Renzi: "Candidiamo Prodi"

Civati scrive a Renzi: "Candidiamo Prodi"





Un salto temporale indietro di quasi due anni. Una macchina del tempo. Pippo Civati, ex amico di Matteo Renzi e oggi esponente-chiave della sinistra Pd, pare già aver assunto uno dei tratti fondamentali dei vecchi comunisti: la nostalgia per i tempi andati. Così, in una lettera al Pd a tre giorni dall'inizio delle votazioni per il nuovo capo dello Stato, rilancia la candidatura al Colle di Romano Prodi. "Partiamo da dove ci siamo fermati nel 2013, candidiamo Prodi" propone l’esponente della minoranza dem. Dovremo attenderci, nel caso, pure un bis dei "centouno"?

La Grecia dice addio all'Euro? Paghiamo noi: quanto ci costerebbe

Elezioni in Grecia, quanto è esposta l'Italia sul debito di Atene





Dopo la vittoria di Tsipras, occhi puntati sulla Grecia e le prossime mosse di Atene con Bruxelles e la Troika. A far tremare le cancellerie europee sono le richieste di rinegoziazione del debito avanzate da Tsipras in campagna elettorale e ribadite subito dopo la vittoria con un secco: "Diciamo addio alla Troika". Ma se Atene dovesse scegliere la via di un raccio di ferro con l'Europa chi ci perderebbe di più? L'Italia è esposta verso la Grecia per circa 40 miliardi di euro, se si considerano i prestiti bilaterali e le quote di partecipazione nel fondo salva-stati Esm, nella Bce e nell'Fmi. Lo calcola Bloomberg secondo cui, davanti al nostro Paese ci sono solo Germania (60 miliardi) e Francia (46 miliardi). I 322 miliardi di debiti della Grecia, secondo i dati del Ministero delle Finanze greco resi pubblici alla fine del terzo trimestre 2014, sono solo per il 17% in capo a soggetti privati. 

I calcoli - Il 62% è in capo ai governi dell'Eurozona, il 10% all'Fmi e l'8% alla Bce mentre il restante 3% è custodito nella Banca centrale greca. I governi dell'Eurozona, tra prestiti bilaterali concessi in occasione del primo salvataggio nel 2010 e fondi elargiti attraverso l'Esm, sono esposti complessivamente per 195 miliardi di euro. Inoltre hanno sostenuto la Grecia, in proporzione alle loro quote di partecipazione, anche attraverso la Bce, di cui l'Italia detiene il 12,3% del capitale e l'Fmi, di cui il nostro Paese è “socio” con il 3,2%. Alla fine, leggendo in trasparenza gli impegni, risulta che l'esposizione dell'Italia ammonta a circa 40 miliardi. Dietro il nostro Paese si colloca la Spagna con circa 26 miliardi, seguita dall'Olanda con circa 12 miliardi.

Il pm insulta Schettino: "E' un idiota" Per una volta la vittima è il capitano

Francesco Schettino, al processo Concordia il pm lo chiama "idiota": per una volta la vittima è Capitan Codardo

di Pietro Senaldi 



Esiste il reato di idiozia? No, altrimenti in Italia altro che affollamento carcerario. E allora perché il pm, nel chiedere 26 anni di carcere per Francesco Schettino, gli ha dato dell'idiota, ancorché incauto? Un insulto gratuito, che certo soddisfa la pancia dell'opinione pubblica ma che è del tutto irrilevante ai fini dell'accusa - anzi, al massimo è una scusante - e quindi resta una volgarità e basta. Un sopruso che rivela un'arroganza consueta, compiuto facendosi forti della condizione di inferiorità dell'imputato, che ha altro di cui preoccuparsi e non reagirà, anche perché la notte della Concordia ha dimostrato che non si distingue per il coraggio. Eppure, con un po' di dignità, il comandante forse potrebbe perfino querelare. Dopo tutte le cialtronate che Schettino ha detto per salvarsi la ghirba, ci mancava solo questa requisitoria rubata agli spaghetti western, che non si imbarazza a evocare Bud Spencer e Terence Hill quando afferma che forse Dio perdonerà Schettino ma la giustizia non può.