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lunedì 26 gennaio 2015

La Grecia fa tremare la Germania Così la Merkel ricatta Tsipras...

Widmann, Bundesbank: "Tsipras rispetti gli impegni dei governi precedenti"





Dopo il risultato del voto in Grecia che ha certificato di fatto la vittoria di Alexis Tsipras e della sinistra anti-austerity di Syriza, è alalrme in Europa per le conseguenze che questo risultato elettorale può avere sull'Euro e sui paesi membri dell'Unione. A tremare di più è la Germania che teme un colpo di coda da parte di Tsipras che prevede una rinegoziazione del debito contratto da Atene con la Troika. Così, nemmeno un'ora dopo il risultato degli exit pool, Berlino alza subito la voce con Atene. ll presidente della Bundesbank e membro del direttivo della Bce, il falco, Jens Weidmann, ritiene che Atene continuerà ad avere bisogno di aiuti dalla troika (Bce-Ue-Fmi) e ricorda che li otterrà solo se rispetterà gli accordi sottoscritti dai governi precedenti.

L'avvertimento - Weidmann spera che il nuovo governo non faccia promesse che non potrà permettersi, auspica "che il nuovo governo (greco) non metterà in dubbio ciò che si aspetta da lui e ciò che è già stato realizzato. Credo che sia anche nell’interesse del governo greco fare quanto è necessario per affrontare i problemi strutturali che ci sono ad Atene", ha detto Weindman in un’intervista alla rete Ard, dopo la chiusura delle urne in Grecia. E alle parole del presidente della Bundesbank, si aggiunge il coro della stampa tedesca che con Bild attacca: "La vittoria di Tsipras è una sciagura per l'Euro". 

Alba Dorata è il terzo partito L'ultra-destra greca esulta: "Tocca a noi"

Voto in Grecia, Alba Dorata terzo partito





Il terzo partito greco è ufficialmente l’estrema destra di Alba Dorata. È quanto emerge dalle proiezioni sul 27% delle schede scrutinate del ministero dell’Interno. Gli xenofobi sono dati al 6,3%, pari a 17 seggi su 300. Solo quarti i centristi di To Potami al 5,9% (16 seggi). Seguono i comunisti del Kke al 5,6% con 15 deputati. A seguire i socialisti del Pasok al 4,8% (13 seggi), ultimi i Greci Indipendenti (scissionisti di Nea Dimokratia) al 4,7% (13 seggi). Prima si conferma la sinistra radicale Syriza: il partito di Alexis Tsipras è dato al 36,5% pari a 149/151 seggi su 300. I conservatori di Nea Dimohkratia sono nettamente indietro al 27,7%, (76 seggi).

Terzo partito - Seppur da una cella, dove dal 28 settembre 2013 risiede in attesa di giudizio perchè sospettato di essere il mandante dell’omicidio di un rapper antifascista, il leader dell’estrema destra greca, Alba Dorata, esulta: "Siamo chiaramente il terzo partito", ha dichiarato Nikolaos Michaloliakos. È stato il ministero dell’Interno a ufficializzare il dato: dalle proiezioni sul 27% delle schede scrutinate del ministero dell’Interno Alba Dorata è al 6,3%, pari a 17 seggi su 300.

domenica 25 gennaio 2015

La Grecia nelle mani di Tsipras Da Atene uno schiaffo all'Europa

Grecia al voto, i risultati: Tsipras in vantaggio, "verso la maggioranza assoluta"




Stando ai primi exit poll diffusi dall’emittente greca Skai tv il partito Syriza di Alexis Tsipras è in testa nelle elezioni greche con un risultato compreso fra il 36% e il 39% dei consensi. Secondo partito risulta invece il conservatore Nuova democrazia del premier Antonis Samaras, con un risultato compreso fra il 24% e il 27%.  To Potami e Alba Dorata sono dati entrambi al 6,4-8%. I comunisti del Kke al 4,7/5,7%. I socialisti del Pasok di Evangelos Venizelos al 4,2/5,2%. Ultimi a superare la soglia del 3% necessaria per entrare in Parlamento Greci Indipendenti, riposta di destra a Syrriza, su posizionei anti austerità, nato da una scissione di Nea Dimokratia: sono dati tra il 3,5/4,5%. Resterebbero fuori tra gli altri Kinima, la neo-formazione dell’ex premier socialista George Papandreou, fondata solo il 2 gennaio scorso. Se i risultati definitivi confermeranno la vittoria di Syriza, Alexis Tsipras diventerebbe il più giovane premier greco degli ultimi 150 anni. "Una vittoria del partito anti-austerity Syriza alle elezioni greche porterà 'sollievo' all’Europa. Così il portavoce di Syriza, Panos Skourletis, dopo i primi exit poll secondo i quali il partito di Tsipras ha nettamente vinto.

I seggi - Se il risultato delle proiezioni troverà conferma al termine dello spoglio delle urne secondo la stampa ellenica Syriza avrebbe tra i 146 ed 158 seggi (151 su 300 è la soglia per la maggioranza assoluta); i conservatori di Nea Dimokratia tra 65 e 75; ai centristi di To Potami e all’estrema destra di Alba Dorata sono attribuiti tra 17 e 22 seggi; i comunisti del Kke tra 13 e 16; i socialisti del Pasok tra 12 e 15; i Greci Indipendenti (Anel) tra 12 e 15.

L'attacco finale di Obama contro l'Isis Scatta in primavera: cosa prevede

Obama, il piano contro l'Isis, l'attacco già in primavera






Barack Obama sta studiando un piano contro l'Isis, per strappare la città di Mosult al califfato gli americano. Il piano - prevede un attacco pesantissimo, un' offensiva massiccia, simile a quelle che videro la liberazione delle città europee durante la seconda Guerra mondiale". Secondo quanto scrive Il Messaggero per strappare la città irachena di Mosul dagli artigli di Isis, "gli americani stanno addestrando i soldati delle forze armate regolari irachene, mentre i turchi assistono i peshmerga curdi e l' Iran prepara le falangi dei volontari sciiti. Forse già in primavera sarà sferrato l'attacco". I piani sono stati confermati dal generale Usa Lloyd Austin, capo del Comando Centrale e ideatore della strategia militare adottata dalla Casa Bianca nella guerra contro il Califfato. Austin ha ammesso che la liberazione di Mosul potrebbe avvenire più velocemente se gli americani mandassero le loro truppe, ma ha anche sostenuto che "devono essere gli iracheni" a liberare la loro terra. E ha spiegato che uno degli ostacoli più difficili sarà di convincere il governo di Bagdad a mandare all' offensiva le truppe scelte che attualmente difendono la capitale e lasciare che a difendere Baghdad siano invece le giovani leve addestrate in questi ultimi mesi. 

Ieri, sabato 24 gennaio, il segretario di Stato americano John Kerry ha spiegato a Davos in Svizzera i successi ottenuti nella lotta contro L'isi. Ha detto che sono stati già strappati circa 700 chilometri quadrati di territorio a Nord dell'Iraq, e ha interrotto molte delle vie di comunicazione e rifornimento delle falangi.  Kerry ha spiegato poi che in questo momento in Califfato è anche in sofferenza economica a causa del crollo del prezzo del petrolio e ha aggiunto che "Qlo stipendio dei combattenti è stato decurtato del 75 per cento". Il crollo del salario e anche i bombardamenti aerei avrebbero reso meno attraente l'arruolamento nelle falangi. E sarebbe questo il motivo per cui l'Isis sta cominciando a usare nella guera i ragazzini ancora sui banchi di scuola, proprio come fecero i nazisti verso la fine della guerra.

Il sondaggio sul Quirinale: il Presidente che vogliono gli italiani

Colle, il sondaggio: ecco il Presidente che vogliono gli italiani





Giovedì cominceranno le votazioni per il nuovo presidente della Repubblica. Moltissimi i nomi che circolano per la successione di Napolitano: nomi diversi. Politici, costituzionalisti, tecnici. E, a sorpresa, dalle Quirinarie lanciate dal Fatto Quotidiano è spunatato anche il nome di un uomo dello spettacolo come Giancarlo Magalli. Ma gli italiani chi vorrebbero? Secondo il sondaggio di Nando Pagnoncellli realizzato per il Corriere della sera, nonostante il 40%)veda meglio un presidente che difenda la Carta, la maggioranza assoluta, il 52%, propende invece per un atteggiamento di apertura a cambiamenti anche importanti.Anche nell' elettorato pd, dove pure i rapporti si ribaltano, poco meno della metà (il 46%) si dichiara aperto a cambiamenti costituzionali. Divisi a metà gli elettori di centro, assolutamente orientati ai cambiamenti invece gli elettori di FI e dell' area di destra, mentre i pentastellati sono maggiormente schierati per la difesa della Costituzione.

Le caratteristiche - Per la maggioranza assoluta degli italiani il nuovo presidente deve venire dalla politica attiva: si sentono più tranquilli con un Presidente che conosca i meccanismi della politica.  Solo il 37% desidera un presidente privo di esperienza, proveniente dalla cosiddetta società civile. Molto convinti di un presidente «politico» gli elettori del Pd, ma anche l' elettorato centrista (65%) e di FI (55%) condivide questa opinione. Il Movimento Cinque Stelle, invece, com'era prevedibile, preferirebbe un Presidente "vergine", che non sia compromesso con i palazzi del potere. Non c'è grande interesse verso il genere del presidente:  anche se, fra la minoranza che sceglie, tende ad essere preferita una donna, in misura più netta tra le donne (38%) rispetto agli uomini (28%), a conferma della solidarietà di genere.

L'identikit - La  metà degli intervistati da Pagnoncelli sostiene che la riconoscibilità internazionale sia una caratteristica indispensabile per il nuovo presidente proprio perché si ritiene necessario consolidare l' immagine del nostro Paese nel mondo. L' altra metà lo ritiene un aspetto certo non inutile, ma non centrale: circa il 30% lo considera abbastanza utile per consolidare la nostra reputazione, poco meno del 20% infine lo giudica in tratto secondario, poiché la priorità è la buona conoscenza delle cose italiane. Se si dovesse tracciare l'identikit del presidente desiderato dagli italiani, si tratterebbe di  un politico esperto capace di governare  È un profilo prevalente, non certo unanimemente condiviso. 

Prelievo forzoso sui conti correnti L'hanno già fatto: ecco di quanto

Tasse sui conti correnti, 9 miliardi in più tra 2011 e 2014: patrimoniale mascherata sui nostri risparmi





Il prelievo forzoso sui conti correnti degli italiani c'è già stato, e negli ultimi 3 anni ha tolto dalle nostre tasche qualcosa come 9 miliardi di euro. Per interdersi sulle proporzioni: quello ufficiale e dichiarato, anche se eseguito nottetempo, ad opera dell'allora premier Giuliano Amato nel luglio 1992 oggi corrisponderebbe a 3 miliardi di euro. A fare la conta sull'incredibile escalation di pressione fiscale sui 3.800 miliardi di euro di attività finanziarie detenute dalle famiglie italiane è una ricerca del centro studi ImpresaLavoro pubblicata sul settimanale Panorama. E i numeri del triennio 2011-2014, corrispondente ai governi di Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi, se messi l'uno dopo l'altro sono impressionanti. 

La patrimoniale occulta di 9 miliardi - A pesare sulle tasche degli italiani sono stati tre interventi massicci, che sommati risultano una vera e propria patrimoniale mascherata. Innanzitutto, l'aumento delle aliquote sui redditi di natura finanziaria, passata dal 12,5% al 26% (eccetto i titoli di Stato), che nel 2015 porterà all'Erario 11,2 miliardi di euro rispetto ai 6,5 stimati per il 2011. Quindi l'introduzione della tassa su una parte delle transazioni finanziarie, la celebre Tobin Tax: secondo gli analisti, la tassa non ha portato nelle casse dello Stato non più di qualche centinaia di milioni di euro. Le stime parlano di 300 milioni, praticamente la stessa entità della diminuzione degli scambi sui mercati italiani, riflesso negativo della misura. Infine, l'imposta di bollo sul deposito titoli che, sottolinea Panorama, da imposta si è trasformata in vera e propria patrimoniale occulta. Dal 2012 a oggi ha già raddoppiato la sua portata e pesa per lo 0,2% su depositi bancari, fondi e alcune polizze e per 34,20 euro sui conti correnti con una giacenza media di 5.000 euro. Rispetto al 2011, nel 2015 questa misura dovrebbe portare allo Stato 4,4 miliardi, 4 in più rispetto al 2011. In tutto, dunque, le tasse sui risparmi degli italiani oggi ammontano a 15,9 miliardi, rispetto ai 6,9 del 2011. Una mazzata, in un quadro in cui a causa della crisi la ricchezza complessiva dei contribuenti si è ridotta contemporaneamente di 814 miliardi. 

L'aumento su interessi e capital gain - Basta dare un'occhiata nello specifico alla progressione dell'imposta su interessi e capital gain per comprendere la portata degli interventi fiscali degli ultimi tre governi. Soltanto sui conti correnti e depositi bancari e postali c'è stato un leggero miglioramento, passando dal 27% del 31 dicembre 2011 al 26% attuale. C'è da dire però che fine al 30 giugno 2014 l'imposta era stata abbassata al 20 per cento. Invariata l'aliquota sui titoli di stato sovranazionali e governativi (12,5%), è cresciuta in modo esponenziale quella sui titoli azionari, obbligazionari societari e bancari, dal 12,5% del 2011 al 20% del 2014 fino al 26% attuale. Aumentate anche le imposte su fondi comuni e polizze vita (dal 12,5% alla media ponderata comunque oscillante tra il 12,5 e il 20%) e sui fondi pensione e piani pensionistici individuali (dall'11% alla media tra 12,5 e 20%). Alla luce di tutto ciò, ritrovare Amato al Colle sarebbe non tanto una beffa, quanto la perfetta chiusura del cerchio.

Notte in hotel della Boldrini Ora la Camera indaga sulle spese...

La Camera indaga sulla notte in hotel della Boldrini

di Francesco Borgonovo 



Tutti eravamo Charlie Hebdo. Poi qualcuno si è accorto di essere Laura Boldrini e ha deciso che della libertà di espressione se ne poteva fregare bellamente. E infatti la presidente della Camera - bisogna chiamarla così, perché dire «la presidentessa» è offensivo, almeno secondo le nuove regole grammaticali ispirate dalla Boldrini medesima e caldeggiate dall’Ordine dei giornalisti - si è subito data da fare. Ieri il Giornale ha riportato la notizia secondo cui la presidente della Camera avrebbe querelato Le Iene, poiché un inviato della trasmissione avrebbe cercato - pensate un po’ - di farle una domanda. Le si è avvicinato a Montecitorio, ha chiesto qualcosa a madama Laura, lei non ha risposto e in men che non si dica sono intervenuti i commessi della Camera per bloccare e allontanare il disturbatore. Cioè uno che, fino a prova contraria, stava facendo il suo mestiere di giornalista. 

«La Presidente della Camera non ha querelato nessuno e, come ben sanno i giornalisti che quotidianamente si rivolgono a lei, è sempre disponibile a rispondere alle domande», si è affrettato a smentire l’ufficio stampa di Madama Laura. Se non ha sporto querela, non possiamo che essere contenti. Ma la verità è che per la Boldrini sfuggire alle domande dei cronisti è una specie di hobby: se Triton respingesse gli immigrati come lei respinge gli inviati, non avremmo alcun problema. Se le domande sono poste al limite della piaggeria e riguardano temi come i diritti delle donne, è possibile che la nostra si degni di replicare. Ma altrimenti scordatevi la disponibilità: chiedere a qualche giornalista televisivo per avere conferma. Però almeno una volta Laura Boldrini dovrà rispondere: precisamente il 26 febbraio alle ore 15. 

E non dovrà farlo a un signore con un microfono in mano, ma al Consiglio di Giurisdizione della Camera dei deputati. Quest’organo ha accolto un ricorso presentato dal Codacons, riguardante una vicenda che ha dell’incredibile. Il 7 dicembre 2013 la Boldrini avrebbe fatto prenotare dall’Ufficio del cerimoniale della presidenza della Camera una stanza nell’albergo Casa Pazzi di Grottammare, in provincia di Ascoli Piceno. Si tratta di una dimora storica molto elegante. «Casa Pazzi, incastonata nelle mura difensive di Grottammare alta, uno dei Borghi più belli d’Italia, è un Palazzo Storico del XVIII secolo trasformato dall’interior designer Roberto Pazzi in una dimora per vacanze di charme», spiega il sito della struttura.

La Boldrini si sarebbe recata lì «insieme al compagno e un’altra coppia di amici, per assistere alla presentazione della mostra pittorica Coordinate Celesti del fratello Andrea Boldrini». Alla fine della visita, «di natura chiaramente privata, il presidente della Camera avrebbe invitato i gestori del lussuoso albergo ad inviare la fattura per il pernottamento direttamente all’Ufficio del cerimoniale della Camera dei deputati, come di fatto sarebbe avvenuto. In seguito, la somma utilizzata sarebbe stata rimborsata in contanti dal presidente della Camera, in data 16 dicembre 2013». 

Insomma, la Boldrini si sarebbe presa un giorno di vacanza per vedere la mostra di suo fratello, facendosi anticipare i soldi dalla Camera - per la precisione 150 euro - che avrebbe poi reso in contanti (niente male, in un Paese in cui molti vorrebbero abolirli) qualche tempo dopo. «La stessa avvocatura della Camera», dice a Libero l’avvocato Carlo Rienzi del Codacons, «ha sostenuto che una cosa del genere non si può fare, non ha detto però che la presidente non l’ha fatta». A intervenire per smentire è stato ancora il portavoce della Boldrini: «Non vi è stato alcun utilizzo di soldi pubblici, neanche in forma di anticipo», ha detto. 

Bene, ma allora, come fa giustamente notare il Codacons, non è chiaro il motivo per cui «sia stato eretto un muro contro la legittima richiesta dei cittadini di visionare la relativa documentazione. Basterebbe che il presidente della Camera o il direttore dell’hotel esibissero la fattura di quel pernottamento per essere tutti sereni e tranquilli». Già: se davvero non si è fatta anticipare i soldi della gita, perché la Boldrini non ha voluto finora esibire le ricevute e ha dovuto aspettare l’intervento del Consiglio di giurisdizione della Camera? Forse in virtù della sua nota disponibilità?

Eppure, a quanto ci risulta, la presidente ha sempre difeso con decisione il diritto della popolazione a essere informata. Pensate che, subito dopo la strage a Charlie Hebdo ha dichiarato con grande commozione: «È indispensabile che tutti gli Stati europei sappiano far sentire la fermezza con cui difenderanno le libertà fondamentali delle nostre società, in primo luogo quella di informare e di esprimersi». Visto come si comporta quando tocca a lei dare informazioni, tra le grandi conquiste dell’Occidente avrebbe potuto includere il «diritto di rimanere in silenzio», come nei polizieschi americani. 

Ma, di nuovo, non c’è da stupirsi. La Boldrini è solita esibirsi in proclami altisonanti come questo del 3 maggio: «Considero la libertà di espressione un valore assoluto». Già. Infatti tempo fa se l’è presa con l’imitazione che Virginia Raffaele fece di Maria Elena Boschi a Ballarò, poiché la considerava «sessista». È così attenta alla libertà d’espressione, la Boldrini, che le piacerebbe cancellare tutte le pubblicità che mostrano donne intente a occuparsi della propria famiglia: «Non può essere concepito normale uno spot in cui i bambini e il papà sono seduti e la mamma serve a tavola», ha tuonato in più occasioni. 

Per non parlare delle limitazioni che le sarebbe piaciuto mettere al web per arginare gli insulti. Un’idea condivisibile, poiché la libertà d’offesa è un po’ diversa dalla libertà d’espressione. Peccato che la presidente se ne sia accorta solo quando gli insulti sono toccati a lei, non prima. La storia delle vacanze è solo l’ultimo episodio. Se non ha fatto niente di male, le basterebbe mostrare scontrini e fatture di Casa Pazzi, e rispondere educatamente alle domande. Dopo tutto, libertà e informazione mica sono brutte parole. Sono pure femminili, meglio di così…