Borsa, azioni, Btp, inflazione: cosa succede ai nostri soldi con il quantitative easing di Draghi
di Claudio Antonelli
Giovedì prossimo sarà uno spartiacque. Per i cittadini europei e soprattutto per chi è riuscito a mettere da parte un po' di risparmi. In titoli o in obbligazioni. Il 22 gennaio infatti si riunirà il direttivo della Banca Centrale europea per dare il via al quantitative easing, l’iniezione di liquidità tramite azioni dirette nel mercato aperto degli asset finanziari. L’obiettivo di Mario Draghi è quello di far risalire l'inflazione.
L’acquisto di titoli del debito pubblico da parte di Francoforte è l’opzione principale sul tavolo delle trattative e sicuramente quella su cui sono maggiormente puntati i riflettori dei mercati, ma è anche un’ipotesi che ai tedeschi non piace per niente. Per cui Draghi dovrà trovare una soluzione di compromesso che li liberi dalla sensazione di essere quelli che alla fine dovranno pagare per tutti. Almeno così recita la vulgata. La realtà dei fatti è però ancora lungi dall'essere compresa. «Per essere efficace l’acquisto di titoli di Stato dovrà essere grande», ha detto ieri Benoit Coeure, il francese che Draghi ha individuato come il responsabile del Qe. Secondo il Financial Times, significa che l’eventuale programma della Bce sarà quantificato intorno ai 500 miliardi di euro, o più fino a che l’inflazione europea ariverà al 2%. Per il tedesco Spiegel, Berlino avrebbe proposto a Draghi un piano di acquisto di bond calmierato dalle banche centrali dei singoli Paesi. Purtroppo la Bce non è la Federal Reserve e nemmeno la Banca nazionale svizzera per cui la mediazione politica avrà un ruolo principale, probabilmente con l'effetto di creare comunque delusione nei mercati. Pregiudicando alla fonte, se così fosse, l'effetto stesso del Qe sull’inflazione e sulla vita reale.
Resta da comprendere che ne sarà delle attività finanziarie (titoli, obbligazioni ed azioni) e dei loro prezzi. Il risultato potrebbe essere un calo generalizzato dei rendimenti obbligazionari in tutta l'eurozona e un ulteriore restringimento dei differenziali relativi ai titoli di Stato dei Paesi periferici. Anche se i mercati obbligazionari hanno già iniziato a scontare questo scenario e i differenziali si stanno restringendo verso i minimi pluriennali. «I mercati», spiega a Libero Mario Seminerio portfolio advisor e in passato gestore di fondi, «tendono ad anticipare determinate mosse delle banche centrali. In questo caso bisognerà comprendere quanto i prezzi degli asset siano già allineati alla realtà. Se il Qe dovesse rivelarsi di entità e portata modesta, con alta probabilità i mercati ne saranno delusi. In questa circostanza ci si potrebbe attendere una corrente di vendite sui titoli di Stato, un conseguente rialzo dei rendimenti, un calo dei prezzi e un’ondata di vendite su Piazza Affari». Nel caso in cui Draghi dovesse armare il bazooka e mettere in campo un Qe senza limitazioni, magari vicino ai mille miliardi, la situazione cambierebbe parecchio. «In tal caso», prosegue Seminerio, «vi sarebbe un’ulteriore corrente di acquisti sui Btp e sulla Borsa, gonfiandone i valori. Il Btp decennale, per fare un esempio, che ora vale circa 130 potrebbe avere una robusta riduzione dello spread, un aumento del prezzo e un ulteriore calo dei rendimenti».
L’esperienza degli Usa dimostrò che il primo Qe della Fed provocò una discesa del treasury decennale dal picco del 4% di metà ottobre 2008 al 2,2% dei primi di gennaio 2009. Ma nel nostro caso, i rendimenti sono già scesi notevolmente. Grandi contrazioni sono difficili. Difficile invece stimare l’impatto sugli investimenti immobiliari. Sicuramente, le banche alleggerita dai titoli di Stato potrebbero erogare più mutui. Al contrario le case italiane varrebbero meno e attirerebbero acquirenti stranieri. Su tutti questi scenari, campeggerebbe il calo della moneta unica. «Teoricamente c'è da aspettarsi una ulteriore discesa. Viste le attuali dinamiche l’euro potrebbe anche dirigersi verso la parità rispetto al dollaro. Tuttavia non è semplice prevederne l’andamento perché parliamo di una valuta che rappresenta un’area che è pur sempre in avanzo di bilancia commerciale, e questo tende a rafforzare il cambio a parità di ogni altra condizione.
Dunque non potrà svalutarsi oltre determinate soglie. Senza dimenticare che le migliorate prospettive economiche dell’area euro e le migliori aspettative di Eps (earnig per share) delle azioni europee determinerebbero flussi finanziari in entrata spingendo in rialzo il cambio». Insomma le Borse potrebbero cominciare un rally fenomenale. Ai tempi del prima Qe Usa, l’SP500 registrò un rialzo del 65%. Anche nell'attuale situazione Ue, lo spazio per un rialzo dei mercati azionari europei esiste ed è concreto. «Ma tutto dipenderà», conclude Seminerio, «dalle mosse reali della Bce».