La storia di Camiciottoli, il sindaco di Pontinvrea che non fa pagare le tasse sulla casa: commissariato
di Antonio Castro
Alle tasse sulla casa (Imu,Tari, Tasi), non si sfugge. Anche se il comune - caso raro in Italia - ha i conti apposto, addirittura in attivo (50mila euro risparmiati sul bilancio da 1 milione di euro del 2014). Paradossi di una fiscalità tutt’altro che comprensiva. E dell’incrocio perverso con una direttiva pensata dal braccio destro di Matteo Renzi, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri Graziano Delrio, immaginata da un ex primo cittadino (di Reggio Emilia), per far risparmiare. Ma che avrà proprio l’effetto contrario.
I fatti: Matteo Camiciottoli, sindaco di Pontinvrea (Savona) che di mestiere fa il ristoratore, 850 residenti, ha (avrebbe) gestito così bene la finanza comunale da risparmiare sul bilancio circa 50mila euro. Morale i cittadini del borgo non pagano né Imu né Tasi sulla prima casa, e neanche la Tari. Miracolo? No, solo che Camiciottoli e i suoi amici della lista civica che amministra il paesotto hanno pensato bene di risparmiare e gestire al meglio i servizi comunali, a cominciare dalla raccolta dei rifiuti. Raccolta differenziata - riporta l’edizione locale del Secolo XIX e de La Stampa - che è balzata dal 20% al 64%. Morale: si sono risparmiati 30mila euro dal bilancio comunale e con qualche altra accortezza si è evitato di imporre dal 2012 ad oggi l’ennesimo balzello (Tasi, Tari Imu), sui contribuenti.
Peccato che il testardo e battagliero primo cittadino oltre a evitare ai sui amministrati (rivotato con il 97% dei consensi), di sborsare quest’anno le tasse sui servizi indivisibili, l’immondizia e la casa, si opponga alla fusione con gli altri piccoli comuni limitrofi. E così - ricorda il quotidiano torinese - «tra qualche settimana arriverà un commissario prefettizio ad acta». A fare cosa? Ad imporre al comune di Pontivrea di unirsi o associarsi con gli altri paesotti limitrofi per «associare le funzioni amministrative, dall’anagrafe alla ragioneria».
Il decreto Delrio sull’accorpamento prevedeva come scadenza ultima per optare per l’aggregazione dei piccoli comuni il 30 dicemrbe. Solo che il sindaco e il Consiglio comunale non hanno obbedito. E così tra qualche giorno un commissario incaricato dalla Prefettura di Savona scalerà il 425 metri (sul livello del mare), per ottemperare agli obblighi romani e avviare la fusione comunale.
«Le unioni consociate», Camiciottoli giustifica così la decisione di non fondersi, «smontano poteri e funzioni dei paesi con problemi di gestione, risorse e costi aggiuntivi, come riferito dalla Corte dei Conti in audizione alla Camera. Il progetto viola l’articolo cinque della Costituzione. Essendo inemendabili i primi dodici punti della Carta costituzionale, i nostri legali sono pronti a ricorrere al Tar». Insomma, Delrio e Renzi, ex sindaci ma di grandi città, dovranno spiegare e giustificare in un aula di giustizia (amministrativa), perché un comune virtuoso, che elimina le tasse ai residenti, gestisce bene i compiti assegnati, debba forzatamente fondersi con altri.
Ma c’è dell’altro e la vicenda potrebbe non finire così. Almeno non subito. La giunta comunale ha aderito a una causa contro la presidenza del Consiglio e il Viminale per far dichiarare l’incostituzionalità («con violazione degli articoli 2, 3, 42, 47 e 53 della Carta»), della tassazione sulla prima casa. E in primavera si terrà la prima udienza al tribunale di Genova.
Il nostro sospetto, chiosa il sindaco barricadero, è che si tratti di un «un falso risparmio». L’obiettivo vero è creare Comuni «di 15mila abitanti che invece di essere amministrati da liste civiche finiranno sotto il “cappello” della politica. Piuttosto», rilancia, «consorziamoci per offrire servizi meno cari, come mense o scuolabus». E la rivolta antitasse dei sindaci si espande. A Roccavignale, sempre nel savonese, il sindaco per evitare di far pagare l’Imu agricola ha proposto di spostare la sede sopra 600 metri di quota. L’altra settimana il Comune di Fivizzano, (Massa Carrara), ha deciso di spostare la sede legale in una frazione ad 860 metri di altezza per provare a non pagare l’Imu agricola (116 mila euro per 8mila abitanti).