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sabato 13 dicembre 2014

Come ti cambia la vita se evadi l'Iva Novità in arrivo: le pene e le soglie

Iva, come cambiano le pene per chi la evade




Modifiche last minute messe a punto dal Governo, un pacchetto di ritocchi che dovrebbero essere presentati tra poche ore all'esame preliminare del Consiglio dei ministri. Si parla di Fisco e di "certezza del diritto: si agisce su abuso del diritto, revisione delle sanzioni penali tributarie e la gestione del rischio fiscale per chi vuole investire in Italia. Ma si agisce soprattutto sull'Iva: dovrebbe saltare infatti la depenalizzazione per l'omesso versamento Iva, ma la soglia per il reato sarà triplicata, passando da 50mila a 150mila euro. Il reato di dichiarazione infedele, secondo quanto anticipato da Il Sole 24 Ore, scatterà anche per i modelli 770 dei sostituti d'imposta quando le ritenute non versate riferite alla differenza tra compensi e altre somme indicate rispetto a quelle effettive supereranno i 50mila euro.

Iva, cosa cambia - Nel dettaglio, la riforma del raddoppio dei termini lascerà comunque al Fisco un margine di due anni, per il 2015 e di un anno per il 2016, per la presentazione o la trasmissione della notizia di reato rispetto alla scadenza ordinaria per l'accertamento. Ritornando all'abolizione del reato di omesso versamento dell'Iva, come detto, sfumerebbe l'abolizione del reato, ipotesi circolata nelle ultime settimane. La strada che si starebbe seguendo porterà dunque all'aumento della soglia che farà scattare la violazione a livello penale. Si tratta, però, di una scelta in controtendenza rispetto a quanto indicato proprio dal Mef durante il question time dello scorso 13 novembre, quando il Governo, in sede di approvazione della delega fiscale, si era formalmente "impegnato all'abrogazione.

Le altre novità - Per quel che riguarda il reato di dichiarazione infedele, dovrebbe scattare se nel modello 770 saranno indicati compensi, interessi e altre somme inferiore a quelle effettive nel caso in cui la differenza rispetto alle ritenute non versate sarà superiore a 50mila euro. Si tratta di una formulazione molto simile a quella che dovrebbe essere adottata nello schema dell delega legislativa anche per l'omessa presentazione del 770. I sostituti che non presenteranno il 770 rischieranno la reclusione da uno a tre anni se le ritenute non versate supereranno i 50mila euro. Infine, il capito dell'abuso del diritto, che si configurerà soltanto in presenza di tre condizioni: mancanza di una ragione economica delle operazioni effettuate dal contribuente; possibilità di ottenere un vantaggio fiscale indebito; il vantaggio dovrà essere la conseguenza principale dell'operazione "abusiva".

Matteo riceve un "pizzino" da incubo Premier ko: che c'entra Enrico Letta

Matteo Renzi, un sondaggio da incubo: stracciato pure da Enrico Letta




Altro giro, altro sondaggio. E altre brutte notizie per il Pd di Matteo Renzi. Certo, secondo l'ultima rilevazione di Loren consulting in esclusiva per Italia Oggi, il "partito della nazione", se si votasse oggi, incasserebbe il 39% dei consensi, seguito dal 18% del M5s (in picchiata verticale), dal 14% di Forza Italia e dal 9% della Lega Nord, unica forza in campo a rosicchiare consensi e a non perdere fiducia nelle ultime settimane grazie alla guida sapiente e barricadera di Matteo Salvini.

Battuto da Letta - Insomma, anche se, ad oggi, soltanto un'ipotetica e irrealizzabile coalizione che tenga unite tutte le forze di opposizione potrebbe battere Renzi, per Renzi stesso le indicazioni non sono delle migliori. Infatti ci sono anche i dati sulla fiducia accordata dal campione al governo, in discesa verticale e ora al 46%: da più di un mese, secondo il sondaggio, è sotto il 50% e sono ben lontani i tempi delle Elezioni europee in cui volava al 66 per cento. Ma non è tutto, c'è un altro dato che preoccupa: quando Enrico Letta lasciò Palazzo Chigi, la sua fiducia era al 47%: Renzi, dunque, peggio del suo predecessore Letta.

La "rabbia" - Tra le altre indicazioni emerse dal sondaggio, ci sono Ncd e Udc che, insieme, raccoglierebbero il 4%, mentre La Destra è ferma all'1 per cento. Sempre peggio Scelta Civica, ormai ridotta allo 0,5 per cento. Quindi la sinistra-sinistra, ossia Sel, vari partitini e verdi, che tutti insieme mettono insieme uno striminzito 5 per cento. Infine c'è un 6% del campione che voterebbe altri partiti. Il partito di larghissima maggioranza, oggi sopra al 40%, è però sempre quello di chi non vuole votare: con la complicità delle ultime inchieste, la fiducia nella politica è ai minimi storici, tanto che il 57% del campione intervistato sul "sentiment" relativo alla politica si dice "arrabbiato".

DIRIGENTI STATALI LICENZIABILI Renzi copia le pagelle di Brunetta, ne farà fuori uno su tre: chi rischia

Pubblica amministrazione, Renzi recupera il decreto Brunetta: valutazione sui dirigenti, "licenziabile" il 30%




Obiettivo: licenziare il 30% dei dirigenti della Pubblica amministrazione. Il governo di Matteo Renzi accelera e prova a sforbiciare gli statali "improduttivi" con l'aiuto, sorpresa, di Renato Brunetta. Sì, perché l'esecutivo avrebbe già inviato ai sindacati del settore pubblico a fine novembre la bozza del nuovo sistema di misurazione della performance dei dirigenti della Pa, bozza basata sul famoso decreto legislativo 150 del 27 ottobre 2009 messo a punto dall'allora ministro della Funzione pubblica del governo Berlusconi. Nel mirino di Brunetta ieri e Renzi oggi finiscono i cosiddetti "fannulloni", per l'ira dei sindacati che come cinque anni fa si stanno già preparando per scendere in battaglia. 

Le cavie al Ministero del Tesoro - Come sottolinea il Messaggero, dietro la questione della "produttività", infatti, si potrebbe nascondere l'intenzione di tagliare i "rami secchi" dei dirigenti pubblici, quelli cioè che fino a oggi hanno reso meno del previsto eppure si sono visti promuovere oppure hanno incassato bonus come sorta di "diritto naturale", anche solo secondo il criterio di anzianità. Il governo Renzi, riprendendo il progetto di Brunetta, vuole però bloccare questa abitudine e proverà ad applicare i nuovi criteri al Ministero del Tesoro, in via "sperimentale". 

Quattro fasce di produttività - I dirigenti statali verrebbero classificati in quattro fasce: la più alta comprenderà chi ha un livello di "realizzazione degli obiettivi" dall'80% in su. La seconda fascia di merito raggruppa i dirigenti con una produttività tra il 60 e l'80 per cento. Le ultime due, quella tra il 60 e il 40% e quella al di sotto del 40%, sono invece quelle a rischio. 

Il 30% a rischio - Secondo i criteri del governo, infatti, nelle prime due non potrà rientrare più del 70% dei dirigenti, mentre il 30% rimanente sarà giocoforza "bocciato", o meglio "rimandato". Già, perché secondo il decreto di Brunetta che ispira l'operazione un dirigente pubblico, dopo due valutazioni negative, può essere licenziato. E se per decreto deve essere classificato tra i "cattivi dirigenti" un terzo dei colletti bianchi, è logico immaginarsi un panico da poltrona. 

venerdì 12 dicembre 2014

"Buffone, è tutta colpa tua e col Pd..." D'Alema contestato nella sua Bari

Massimo D'Alema contestato a Bari




L’ex presidente del Consiglio Massimo D’Alema è stato pesantemente contestato da diverse decine di lavoratori in piazza Libertà a Bari dove si sta tenendo il comizio  finale dei sindacati per lo sciopero generale. Alcuni manifestanti lo hanno inseguito fino all’hotel Palace che si trova nei pressi della piazza. "Buffoni, siete voi i responsabili di questa situazione", queste alcune delle espressioni che gli sono state rivolte. Un manifestante però gli ha anche detto: "Rovesciamo il Pd". In quel  momento in piazza stava parlando il segretario generale della Uil  Puglia, Aldo Pugliese.

Italia commissariata, arriva la Troika Politiche, tasse, conti: siamo rovinati

Ue, al termine del semestre europeo l'Italia commissariata: arriva la Troika




Iniziato lo scorso luglio, si conclude idealmente col Consiglio Europeo del 19 e 20 dicembre la presidenza italiana del Consiglio dell'Unione Europea, altrimenti detta il "semestre italiano". E finisce nel peggiore dei modi, cioè con un "monitoraggio stretto" a partire da gennaio di Bruxelles sulle riforme e soprattutto con la minaccia del blocco dei fondi strutturali. Le avvisaglie di una bocciatura a dire il vero c'erano tutte: proprio ieri, giovedì 11 dicembre, Jean-Claude Juncker aveva minacciato: "Se c'è qualcuno che non può lamentarsi è proprio l'Italia. Sento molte più lamentele per la comprensione mostrata". Una spiacevole minaccia che proprio il presidente della Commissione Europea qualche giorno prima aveva bissato, millantando "spiacevoli conseguenze" in mancanza di riforme.

La Troika - Così il destino dell'Italia è segnato. E il destino ci riserva la cosiddetta "Troika", ossia il triumvirato composto da Commissione, Banca Centrale Europea (Bce) e Fondo monetario internazionale (Fmi), che stringerà la lente in particolar modo sull'Italia per verificare che il governa traduca in pratica quanto promesso fin'ora. Un commissariamento di fatto, dunque, agli ordini dei falchi del rigore agli ordini di Angela Merkel. Al vaglio della Troika ci saranno i conti pubblici, innanzitutto, ma non solo: il debito pubblico, che resta il problema principale, e poi la produttività che invece è strutturalmente bassa. Una serie di problemi da risolvere, e a farlo ci penseranno loro. Come? Con altre tasse ed altra austerity.

Nel mirino - Nel mirino dei commissari che a breve si insedieranno il nostro Paese, inoltre, una giustizia lentissima (in particolare quella civile), la burocrazia abnorme e che non accenna ad allentare la pressione sul sistema produttivo e infine una Pubblica amministrazione ancora troppo statica e pesante. Insomma gli sforzi per contenere il disavanzo non sono bastati, e il rischio di subire un trattamento che stanno sopportando Slovenia e Croazia, una sorta di cessione di sovranità, è reale. La stessa cessione di sovranità che ha travolto la Grecia: questo è il "frutto" del governo Renzi. 

Le conseguenze - Il governo dell'uomo di Rignano sull'Arno, stretto nella morsa della Troika, potrebbe essere costretto a mettere il turbo ad alcune misure, come ad esempio il decreto lavoro: il Jobs act dovrà in questo senso mettere da parte ogni obiezione sindacalista e minoritaria. Non solo, a vederla dal peggiore dei punti di vista, potremmo finire commissariati come i paesi passati per la cura europea, quella vera, quella devastante, come la già citata Grecia. Le conseguenze di ciò, neanche a dirlo, sarebbero disastrose in quanto si potrebbe arrivare al temutissimo blocco dei fondi europei. Danni economici che si tradurrebbero in danni politici, a cui Matteo Renzi guarda con terrore: quello di un rottamatore "malato di annuncite" accusato di non aver rottamato il vecchio Paese.

"Se lo volete...". "Che fai, minacci?" Delrio e D'Alema, volano gli stracci

Massimo D'alema contro Graziano Delrio: "Vecchia politica? Non minacci"




Tornano le antiche ruggini tra vecchia e nuova politica, o presunta tale. A Graziano Delrio, rappresentante in questo caso della nuova ondata democratica, che ieri si era lamentato della scarsa coesione del suo partito in Commissione Affari Costituzionali ("Gli incidenti parlamentari possono anche capitare, ma quello che è successo ieri non esiste. Basta segnali di vecchia politica") risponde Massimo D'Alema che sulle esternazioni del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Delrio ci va giù pesante: "E' stupefacente - dice - che una persona ragionevole come il sottosegretario Delrio, nel giorno in cui escono i dati della produzione industriale con l'ennesimo segno meno a conferma della gravità della crisi del nostro paese, non trovi di meglio che minacciare i parlamentari".

Il commento - "Delrio - prosegue D'Alema - dovrebbe sapere che le riforme costituzionali sono materia squisitamente parlamentare e che i deputati e i senatori hanno il diritto e il dovere di cercare di migliorare testi che restano contraddittori e mal congegnati malgrado il notevole impegno della relatrice". Delrio aveva precisato che se "la minoranza del Pd vuole andare a votare lo dica, noi vogliamo continuare e arrivare fino al 2018." Parole che oltre al Baffino, hanno infastidito altri esponenti della cosiddetta minoranza e scatenato le consuete polemiche all'interno del Partito Democratico. Così ad esempio Vannino Chiti, dissidente doc: "E' strano che il sottosegretario Delrio chieda alla minoranza del Pd se voglia le elezioni anticipate: a parte il fatto che non è nel potere delle minoranze questa scelta, faccio notare che fino ad ora sono stati esponenti che si dichiarano di assoluta fede renziana ad invocare il voto".

Il ruolo della minoranza - L'affondo va avanti e Chiti ricorda come "il Parlamento ha il dovere di approvare una buona legge elettorale, che restituisca ai cittadini italiani la possibilità di scegliere i parlamentari e di determinare le maggioranze di governo. La legge elettorale ha questo scopo: non ha certo il compito di condizionare lo svolgimento delle elezioni politiche in una data o in un'altra. E' anche - aggiunge Chiti - un impegno serio, indispensabile all'Italia, quello di approvare una riforma costituzionale seria e coerente, che superi il bicameralismo paritario, rinnovi e rafforzi la nostra vita democratica".

Il nero, l'assassino rosso e Alemanno: i giorni insieme nel carcere di Rebibbia

Rebibbia 1982: quando Alemanno, Carminati e Buzzi erano in carcere insieme




Era il 1982 e nel carcere di Rebibbia si ritrovano, con accuse diverse, quattro detenuti che avrebbero in qualche modo fatto la storia di Roma, una storia che viene sintetizzata dal Fatto Quotidiano. C'era un giovanissimo Gianni Alemanno, ventitré anni, già accusato e poi prosciolto un anno prima di aver preso a sprangate uno studente universitario insieme ad altri camerati. Questa volta invece è dentro per aver lanciato una molotov contro l'ambasciata dell'Unione Sovietica, poco dopo sarà prosciolto anche da quest'accusa.  Qui secondo il Fatto Gianni incontra Salvatore Buzzi, tre anni più di lui, e l'accusa di un omicidio commesso con 34 coltellate il 24 giugno nel 1980.

Quattro amici - Ma a Rebibbia non ci sono solo Alemanno e Buzzi. C'é anche Massimo Carrminati, da pochi mesi ferito all'occhio e grande amico di Peppe Dimitri. Quest'ultimo passa da Avanguardia Nazionale a Terza Posizione fino al terrorismo dei Nar è amico sia di Carminati che di Alemanno che anni dopo, quando diventerà ministro dell'Agricoltura, come fa notare il Fatto, gli affiderà una consulenza. Dimitri è compagno di cella di Alemanno. Ma c'è un altro uomo in carcere, Andrea Munno, anche lui appartantente ai Nar . Tutti erano amici di Massimo Carminati, il "re di Roma". Dimitri è morto nel 2001 ma gli altri tre entrano nelle carte dell'inchiesta che in questi giorni ha scosso la Capitale. 

La carriera -  Nei successivi vent'anni Gianni Alemanno diventa prima ministro poi sindaco di Roma, Buzzi ottiene la grazia e si impegna nel sociale, entra nel Pd ma è grazie ad Alemanno che ottiene molti appalti. Carminati - scrive il Fatto diventa il re di Roma, mafioso secondo l'accusa, socio di Buzzi nella cooperativa rossa e negli affari capitolini. Munno ritorna in carcere nel 1994 per usura, ricettazione e triffa nei confronti di commercianti e liberi professionisti a Roma e in Puglia invece per traffico di dollari falsi. Nel 2012 è indagato per i Punti Verdi del Campidoglio di Parco Feronia e Parlo Kolbe. Secondo l'accusa avrebbe messo in piedi un giro di fatture gonfiate. Munno non è indagato nell'inchiesta Mafia Capitale ma il suo nome emerge dagli atti dell'inchiesta. Di quei quattro giovani che nel 1982 erano a Tebibbia, due - Carminati e Buzzi - sono a Regina Coeli, uno Alemanno è accusato di mafia.