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martedì 2 dicembre 2014

Classifica dei premier che ci hanno tassato di più

Tasse: ecco i premier che hanno spremuto di più gli italiani. Berlusconi invece...





Chi ci ha governato ha considerato gli italiani non cittadini, ma sudditi da spremere. Almeno stando all'analisi dei balzelli imposti dai governi che si sono succeduti negli ultimi 24 anni a Palazzo Chigi: chi più, chi meno, tutti alla fine ci hanno bastonato gli italiani. Secondo lo studio fatto dal Tempo, però, lo scettro del più rapace in termini di imposizione spetta a Romano Prodi. Nella sua prima esperienza a Palazzo Chigi, dal 1996 al 1994, la pressione fiscale è passata dal 41,4% al 42,2%. Non senza passare per un ben pesante 43,4% nel 1997. L'aumento cumulato alla fine del suo mandato è stato dunque di un +1,3%. La medaglia d'oro nella classifica gli spetta perché anche alla seconda prova governativa, e cioè dal 2006 al 2007, Prodi ha portato il carico fiscale dal 40,1 al 42,7%. Con uno spettacolare incremento di 2,6 punti in soli due anni. A contendergli il primato, puntualizza Marco Valeri, c'è Giuliano Amato che nel settembre 1992 avviò la prima manovra lacrime e sangue e mise in una notte le mani nei conti correnti degli italiani. In un sol colpo fece impennare il peso complessivo del fisco dal 39,2% al 41,7 del Pil. Un salto di 2,5 punti. Il successore non fu da meno: Carlo Azeglio Ciampi, nel 1993, aumentò le tasse di un altro punto percentuale.

I tagli fiscali - Gli unici che cercarono di ristemare le cose furono Silvio Berlusconi e Massimo D'Alema. Arrivato al comando il Cav nel 1994 pretese e portò a termine un taglio fiscale "monstre". Dal 42,7 del governo Ciampi si arrivò al 40,6% con un taglio della pressione fiscale tagliata del 2,1%. Non solo. Nel 2005 Berlusconi riuscì a farla arrivare al 40,1%. Un record. Ma anche il suo concorrente dell'epoca non fu da meno. D' Alema nei 2 anni di esecutivo fece scendere il peso del fisco di quasi un punto.

L'uomo della provvidenza - Poi ci fu Mario Monti: l'uomo della provvidenza chiamato dall'emergenza a salvare il Paese. Prese l'Italia già sotto pressione con un fisco al 42,5% del Pil nel 2011 e riuscì, a colpi di Imu, a portare l'asticella dove mai nessuno aveva osato: 44% dunque 1,5 punti di Pil sottratti dal fisco in meno di 365 giorni. Adesso c'è Matteo Renzi. Le rilevazioni del Tempo arrivano dal Def e non lasciano prevedere nulla di buono: nel Documento economico e finanziario più aggiornato la pressione fiscale con lui resta al 43,3% del Pil.

Renzi, altro siluro al Patto del Nazareno: "La proposta di Berlusconi è irricevibile"

Matteo Renzi: "La proposta di Silvio Berlusconi è irricevibile. Subito la riforma elettorale"




Dopo la mano tesa ai grillini, nella direzione nazionale del Pd Matteo Renzi spiega che al M5s "non stiamo chiedendo un'alleanza politica, nessuna strana coalizione, ma dobbiamo vedere se su alcune cose di buon senso riusciamo a farli discutere". Si parla di riforme, di quelle riforme che, ora che il Patto del Nazareno scricchiola, il premier tenta di portare a casa con l'appoggio dei pentastellati, sempre più spaccati e dunque sempre più insidiabili. Non a caso, Renzi si rivolge anche a Silvio Berlusconi, affermando che "la sua proposta di scegliere prima il prossimo Capo dello Stato" rispetto all'approvazione della legge elettorale "va restituita al mittente. Questo tentativo sarebbe inaccettabile". Per l'uomo da Rignano sull'Arno, infatti, "non c'è alcune ragione per ritardare la legge elettorale" che "va calendarizzata il prima possibile".

Appello alla minoranza - In uno dei passaggi più importanti del suo discorso, Renzi respinge la tesi secondo la quale "l'astensionismo in Emilia è stato un segno di contrarietà al Jobs act (che poi definisce "la riforma più di sinistra mai fatta", ndr). Mi pare un'analisi superficiale, parziale e discutibile. Si è innanzitutto vinto", ha affermato scordando come in Emilia, territorio rosso per eccellenza, l'astensione abbia raggiunto livelli mai visti prima. Sui futuri assetti della politica, spiega: "La nuova destra non deve essere sopravvalutata, bisogna guardarla negli occhi, senza avere paura". Poi si torna a parlare di grillini, e Renzi spiega che "il Pd ha fatto sostanzialmente saltare Beppe Grillo. Se si è stancato lui, figuriamoci chi lo ha votato". Infine un appello al suo partito, in particolare a quella minoranza che continua ad opporsi alle riforme del premier: "Voglio il voto della direzione su questo - ha detto -, voglio capire se la direzione del Pd è convinta, come me, che le riforme vadano accelerate, non ritardate".

Ora Salvini rottama la Lega Nord "Col Sud abbiamo sbagliato tutto"

Matteo Salvini: "Sul Sud abbiamo sbagliato tutto"




Molti analisti politici e commentatori (incluso il direttore di Libero Maurizio Belpietro) hanno sottolineato come per vincere Matteo Salvini dovrebbe conquistare anche il Sud, togliere l'etichetta del Nord al partito e convincere anche il Meridione che il suo partito non ha a cuore solo i problemi del Nord, non ha in agenda solo il federalismo, ma guarda con attenzione anche al Sud. 

Il nodo del Sud - Oggi, lunedì primo dicembre, in un'intervista su Rtl il leader della Lega parla anche del Sud. E fa mea culpa. "Cosa mi ha fatto cambiare idea sui meridionali? Sono i fatti, probabilmente il Sud lo conoscevo poco, ho fatto e abbiamo fatto degli errori. Adesso sono stra-convinto che l'Italia o si salva tutta, da Nord a Sud, o non ce n'è per nessuno. Prima ci si risolleva tutti insieme dalle due emergenze, disoccupazione e immigrazione", poi si parla di autonomia e federalismo, "risposte che servono anche al Sud". Insomma Salvini apre al Meridione, "rinnega" le origini della Lega e ai suoi cavalli di battaglia sul federalismo. 

Il presidente della Repubblica - E sulla partita del Quirinale, Salvini ha le idee chiare: "Quando Berlusconi mi ipotizza Giuliano Amato presidente della Repubblica a me vengono i capelli dritti sulla testa, Giuliano Amato è quello del prelievo forzoso sui conti correnti nel ’92, è quello dalle pensioni da decine di migliaia di euro al mese, è uno dei padri dell’euro e di questa Europa, e della Costituzione europea", ha detto in radio Salvini. "Sull’Europa, e lo dico da europarlamentare, non sono assolutamente disposto a mediazioni, perché questa Europa è  irriformabile così come è, è da abbattere e ricostruire da capo in maniera più trasparente e fondata sul lavoro, non sulle banche, sui vincoli. Su questo Berlusconi deve decidere, non può stare un giorno qui un giorno là", ha aggiunto. Quanto a nomi di altri indesiderati per il Colle, Salvini esplicitamente presenta una short list: "Prodi e Veltroni". E, ironico prosegue: "Ci sono altri nomi per il Quirinale ma non li facciamo per non danneggiarli, perché se li fa la Lega durano 20 secondi". Si tratta, ha spiegato il segretario federale della Lega Nord, di "persone di alto profilo che vengono dal mondo delle imprese, delle professioni e dalla cultura. Mi piacerebbe un non politico, magari non eccessivamente schierato a sinistra". 

Il futuro dei partiti -  Per quanto riguarda il futuro dei partiti, Salvini è sicuro che tra sei mesi "alcuni  partiti che ci sono oggi come Ncd non esisteranno più. E anche Forza Italia se non cambia decisamente non credo andrà molto lontano". Quanto a possibili alleanze nell’area del centrodestra, Salvini  ribadisce di preferire "un cammino un po' più lungo" per il Carroccio, senza rischiare di dover "annacquare le proprie idee e la propria identità. «ossiamo crescere tanto come Lega, vediamo cosa succederà al centro-sud. C’è spazio per coinvolgere nuove persone che non hanno  mai fatto politica, ma non dobbiamo montarci la testa, dobbiamo essere più umili di prima" Dai microfoni di Radio Padania Salvini ha dato appuntamento a sostenitori e militanti per domenica 14 dicembre: «il nostro obiettivo - spiega - è avere mille sedi in tutto il Nord, per coinvolgere nuove persone. Abbiamo bisogno di tanta gente".

Gli scontri in piazza - Salvini poi fa un'analisi della situazione politica di questo momento. "L’economia sta condannando Matteo Renzi tra un mese sarà anche peggio". Ne è convinto Matteo Salvini. "Quando hai un tasso di disoccupazione come questo, rischia di mettere in ballo la coesione sociale: rischiamo veramente gli scontri di piazza se vanno avanti con il Jobs act e le riforme di cui la gente non interessa nulla", ha proseguito il segretario federale della Lega Nord, rispondendo ai giornalisti a margine della conferenza sulla macro-regione alpina. "Stanno giocando col fuoco e noi cerchiamo di spegnerlo - ha proseguito Salvini - La riforma elettorale se la balocchì Renzi. Non ci appassiona, non è la priorità del Paese".

Napolitano adesso ci sfotte: "Non mi dimetto fino a..."

Napolitano al Colle fino al termine del semestre di presidenza 





Con i loro tempi degni della reggia di Versailles (ma là almeno le notizie giungevano non con internet, ma coi messaggeri a cavallo) al Quirinale devono aver pensato che qualcosa dovevano dire. Che di fronte a quella ridda di voci che vogliono Giorgio Napolitano presto dimissionario non si poteva restare indifferenti o, quantomeno muti. E così, dopo che per giorni sui giornali sono uscite date su date, dopo che si è persino parlato di una lettera di re Giorgio ai presidenti dei due rami del Parlamento, dopo che si sono ipotizzati i più svariati motivi compresi quelli di salute per un addio al Colle forse più precipitoso di quanto ci si attendesse, ecco che i collaboratori del capo dello Stato hanno partorito una nota ufficiale che è un vero capolavoro di diplomazia di Palazzo.

Ebbene, alla luce di quella nota, i cittadini possono stare tranquilli: il loro presidente della Repubblica, l'uomo che li rappresenta tutti indistintamente, non si dimetterà domani e nemmeno entro la fine di questa settimana. No, Napolitano, recita la nota resterà al Colle almeno "fino al termine del semestre italiano di presidenza Ue". Che poi sarebbe fine mese. "Il 22 luglio scorso - si legge nel comunicato - il Presidente Napolitano ha affermato: 'Io sono concentrato sull'oggi: e ho innanzitutto ritenuto opportuno e necessario garantire la continuità ai vertici dello Stato nella fase così impegnativa del semestre italiano di presidenza europea'. Quell'impegno non è mai stato smentito ed è dunque assolutamente gratuito ipotizzare sue dimissioni prima della conclusione del semestre italiano, al termine del quale il Presidente compirà le sue valutazioni. Si tratta di decisioni, sulle quali egli rifletterà autonomamente, che per propria natura sono e devono essere tenute completamente separate dall'attività di governo e dall'esercizio della funzione legislativa. Il Presidente della Repubblica è e continua a essere impegnato in una serie già programmata di incontri e attività istituzionali sul piano interno e internazionale".Si attendono aggiornamenti.

Il Fisco messo al tappeto dalle toghe: come vincere contro l'accertamento

Redditometro, non occorre provare l'acquisto effettivo: basta dimostrare la disponibilità finanziaria




Una sentenza che, in tema di Fisco, farà scuola. Si parla del tanto discusso (e temuto) redditometro: le toghe, in buona sostanza, hanno stabilito che in caso di rilievi da parte dell'Erario non occorre provare l'acquisto effettivo di un bene che, secondo il Fisco, potrebbe generare una situazione sospetta, ma è sufficiente dimostrare che c'erano disponibilità finanziarie compatibili con le spese. In sostanza, spiega Il Sole 24 Ore, va annullato l'accertamento da redditometro se le disponibilità finanziarie risultati dal conto corrente risultano compatibili con un determinato acquisto, e se l'amministrazione finanziaria ha attribuito per errore al contribuente beni che non sono di sua proprietà.

La vicenda - La sentenza è la 5062/39/2014, che riguarda l'acquisto di un immobile finito nel mirino del Fisco. Tutto inizia da un avviso di accertamento relativo al periodo d'imposta 2007, e notificato a un contribuente a seguito dell'applicazione del redditometro. Infatti, in base alle sue disponibilità e al possesso di determinati beni, nonché in relazione ad alcune spese sostenute, l'Ufficio aveva rideterminato il suo reddito portandolo da 15mila euro ad oltre 71mila euro. Per il Fisco, dunque, l'uomo era un evasore. La persona ha dunque presentato ricorso in primo grado, ed i giudici hanno accolto le sue ragione. Ne è seguito l'appello del Fisco, che sosteneva il difetto di motivazione della sentenza di primo grado e che insisteva sul mancato assolvimento da parte del contribuente dell'onere della prova contraria (ossia non era stato in grado di dimostrare il collegamento causale tra le spese effettuate e le disponibilità finanziarie rilevate).

Le motivazioni - L'uomo, così, appellandosi alla Ctr della Lombardia ha ottenuto il respingimento dell'appello: è stato confermata in pieno la decisione dei giudici di primo grado. Il collegio ha osservato che le disponibilità finanziarie risultanti dal conto corrente del contribuente, infatti, sono compatibili con l'acquisto dell'immobile. Inoltre il collegamento causale tra le spese effettuate e le disponibilità finanziarie rilevate, sottolineano, è insito nella contiguità temporale dei movimenti economici, avvenuti tra ottobre e novembre del 2007. Infine il collegio ha sottolineato come il Fisco abbia erroneamente attribuito al contribuente dei beni, mobili e immobili, registrati non di sua proprietà (una casa e un'automobile risultavano di proprietà della moglie).

I precedenti - Secondo i giudici questa serie di circostanze sono idonee ad annullare la pretesa impositiva del Fisco, ossia non c'è nulla di illegale nella condotta dell'uomo. La questione, per esattezza, riguarda il vecchio redditometro, quello precedente alla versione modificata nel 2010. Recentemente, inoltre, la Corte di Cassazione ha precisato alcuni aspetti sull'onere probatorio relativo al nesso causale tra gli incrementi di proprietà e le disponibilità finanziarie: il contribuente, è stato stabilito, deve soltanto dimostrare l'esistenza di altre fonti reddituali sufficienti a giustificare gli incrementi patrimoniali. Il contribuente, in definitiva, deve provare la presenza e la disponibilità nel tempo dei redditi, ma non la specifica destinazione di questi redditi alle spese che gli vengono contestate dal Fisco tramite il redditometro.

lunedì 1 dicembre 2014

La pugnalata di Renzi a Berlusconi: "Le riforme? Coi grillini, tutta la vita"

Matteo Renzi: "Le riforme? Pronto a farle con il Movimento 5 Stelle"




"Se i Cinque Stelle sono disponibili a scrivere assieme le regole, tutta la vita". Nei giorni dell'implosione dei grillini, nei giorni in cui Silvio Berlusconi torna a sbattere i pugni sul tavolo per puntellare tempi e modi del Patto del Nazareno, il premier Matteo Renzi torna a lanciare l'amo ai grillini. Una nuova apertura arrivata in diretta tv a In mezz'ora su Rai3, il programma di Lucia Annunziata, dove non chiude alla possibilità di continuare il percorso di riforme e legge elettorale proprio con il M5s. Complici le difficoltà interne al movimento e le difficoltà nel dialogo con il Cavaliere, Renzi cerca una exit strategy, altri interlocutori insomma, quei grillini che lo hanno sempre sbertucciato, proprio come sbertucciarono il suo predecessore, Enrico Letta. Ma che ora, pena la totale evaporazione, potrebbero anche cambiare linea.

"Non dà più le carte" - Renzi, poi, spiega: "Non ho paura della Lega e di Salvini o di Beppe Grillo e del movimento 5 stelle. Grillo ha cavalcato la rabbia, poteva cambiare l’Italia, ma ha scelto di mandare i suoi in panchina", ha spiegato riferendosi al flop delle europee. Ma il tema principale dell'intervista restano le alleanze per le riforme, e il premier spiega: "Berlusconi sta al tavolo ma non dà più le carte". Insomma, la crisi del rapporto Matteo-Silvio viene certificata dalle parole del premier. E ancora, aggiunge Renzi: "Il tema della successione del Capo dello Stato non bloccherà il processo delle riforme. Mandare avanti le riforme è l'unico modo per far ripartire il Paese". Un chiaro messaggio, quello all'elezione del Capo dello Stato, ancora a Berlusconi, che sul prossimo inquilino del Colle si gioca la sua partita più importante.

Fondi pensione, Tfr, Irap e Tasi Ecco cosa cambia nella Finanziaria

Legge di stabilità: così cambiano tfr e fondi pensione





Alla Camera siamo agli sgoccioli, con la Legge di Stabilità che dopo lo scontato sì passerà nei prossimi giorni all'esame del Senato, dove si prepara ad altre modifiche che ne renderanno necessario un ulteriore passaggio a Montecitorio prima di fine anno. Due le novità sui fondi pensione: verrebbe cancellato il previsto aumento dal 20 al 26% sui rendimenti degli investimenti fatti dalle Casse di previdenza dei professionisti. La secconda riguarda il prelievo sui rendimenti dei fondi pensione e sulla rivalutazione del Tfr, che secondo la manovra dovrebbe salire in entrambi i casi al 20%. Un emendamento limiterebbe il prelievo al 14% nel primo caso e al 17% nel secondo.

Quanto alle local tax, il progetto resta sempre quello di mattere insieme Tasi e Imu, mentre l'ipotesi del canone Rai in bolletta elettrica ddovrebbe essere definitivamente tramontata.

Sulle pensioni, viene introdotto un tetto su quelle più alte che verranno pagate a partire dal prossimo gennaio: non potranno superare i livelli previsti prima della riforma Fornero, anche per chi ha superato i vecchi limiti contributivi. cancellate le penalizzazioni sull'assegno previdenziale per chi anticipa il pensionamento anche se non ha 62 anni, ma a patto che abbia 42 anni di contributi. Regola, questa, che sarà valida a partire dal 2017.

Per le imprese, il governo si è impegnato a modifiche delle franchige sull'Irap, l'imposta sulle attivitàproduttive, per dare una mano alle piccole e medie imprese. Dovrebbe essere cancellata la cosiddetta patrimonialee sui macchinari.