Il taglio delle pensioni è incostituzionale. Ora c'è la sentenza
I tagli alle pensioni sono incostituzionali. A dirlo è una sentenza della Corte dei Conti. Sono due le nuove eccezioni di incostituzionalità del blocco della perequazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo Inps per il biennio 2012-2013. La decisione della Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna è dipesa dal mancato adeguamento delle pensioni, che equivale alla loro reale detrazione permanente, data l'assenza di un meccanismo di recupero.
Il processo - Il giudice Marco Pieroni ha accolto la tesi del professor Rolando Pini e dell'avvocato Giovanni Sciacca, portavoce di dieci pensionati Inps e, rivolgendosi all'Alta Corte, ha ritenuto violati i principi di uguaglianza, proporzionalità ed adeguatezza della retribuzione anche differita, della garanzia previdenziale, della capacità contributiva e del concorso di tutti i cittadini alle spese pubbliche, sanciti dagli articoli 3, 36, 38, 53, nonché dall'art. 117, primo comma, della Carta repubblicana per violazione della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo - art. 6, diritto dell'individuo alla libertà e alla sicurezza; art. 21, diritto di non discriminazione, che include anche quella fondata sul patrimonio; art. 25, diritto degli anziani, di condurre una vita dignitosa e indipendente; art. 33, diritto alla protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale; art. 34, diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali - . Le due ordinanze della Corte dei Conti dell'Emilia-Romagna dovranno essere esaminate dalla Consulta, insieme a quelle analoghe pendenti del tribunale del lavoro di Palermo e della Corte dei Conti della Liguria.
Una questione spinosa - Secondo un rapporto di Centro Europa Ricerche e Comitato Unitario Pensionati Lavoro Autonomo “le condizioni di disagio sociale dei pensionati sono cresciute” a causa del meccanismo di indicizzazione che penalizza soprattutto i redditi più bassi. l 44% dei pensionati vive in uno stato di semipovertà con introiti inferiori ai mille euro lordi mensili. In totale si tratta di 7,4 milioni di persone che, a partire dalla riforma introdotta dal governo del pensionato d’oro Lamberto Dini, hanno progressivamente assistito a un deterioramento del potere d’acquisto e a un forte aumento della pressione fiscale. Il presidente del Comitato Unitario Pensionati Lavoro Autonomo (Cupla), Renato Borghi, si fa portavoce di un disagio sociale: "Innanzitutto domandiamo che il bonus di 80 euro per i lavoratori a basso reddito sia esteso anche alle pensioni al di sotto dei mille euro”, chiarisce Borghi. “In secondo luogo, vogliamo un’indicizzazione che abbia senso rispetto alla vita del pensionato e che tenga conto non tanto dei prezzi degli smartphone, quanto piuttosto degli incrementi nella spesa sanitaria. E, infine, chiediamo interventi mirati sulla Tasi con detrazioni per i redditi sotto i mille euro e per le persone non autosufficienti ricoverate nelle case di riposo. Fino ad oggi abbiamo sentito solo proclami. Ora bisogna trovare soluzioni per coloro che, lavorando e pagando i contributi, hanno rispettato il patto di cittadinanza e meritano, a loro volta, dignità e rispetto”.
Tagli pensioni d'oro e d'argento una soluzione? - I titolari italiani delle cosiddette "pensioni d'oro e d'argento" sono quasi 190mila persone, con una spesa complessiva annua che sfiora i 16 miliardi di euro sui 270 miliardi totali per le pensioni. Per accedervi occorre incassare almeno 4.800 euro lordi al mese. Sulla base dei dati Inps, se si restringe il campo ai redditi da pensione oltre i 6.200 euro mensili, il club si riduce a poco più di 32 mila iscritti, con una spesa totale di 6,8 miliardi di euro l'anno, mentre i privilegiati che ricevono un assegno mensile superiore a 10 mila euro sfiorano le 9 mila persone, con una spesa di circa un miliardo di euro. Il governo starebbe pensando a un prelievo di solidarietà sulla differenza tra l’assegno pensionistico che si riceve in base alle regole pre riforma Dini e l’importo teorico che si sarebbe invece maturato applicando il metodo contributivo. Nelle casse previdenziali potrebbe arrivare così un miliardo l’anno, destinato a sostenere il reddito di coloro che a pochi anni dalla pensione perdono l’occupazione, ma anche la cassa integrazione in deroga. Non è nemmeno escluso che una parte degli introiti possa essere dirottata a rafforzare le pensioni minime.
Le incertezze di Renzi - Con il governo di Matteo Renzi, già in primavera si ipotizzava un intervento decisivo sulle pensioni più elevate. Accantonata l'ipotesi, è ritornata in questo fine agosto, dopo che il ministro del lavoro Giuliano Poletti ha detto di essere favorevole a intervenire sulle pensioni elevate con la finalità di un sostegno agli esodati. Intanto, a fine settembre Matteo Renzi in un'ospitata da Fabio Fazio a Che tempo che fa, non ipotizza una riforma pensioni nella legge di Stabilità, ma annuncia qualche correttivo degno di nota alle regole imposte dalla legge Fornero per quanto riguarda i requisiti minimi per abbandonare il lavoro, compresa una riduzione della spesa pensionistica. Spunta quindi la possibilità di un'uscita anticipata a 62 anni con 35 di contributi con penalità o incentivi a seconda dei casi.