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domenica 7 settembre 2014

M5s, Alessandro Di Battista: dopo le sparate sull'Isis, il silenzio

BOCCA CUCITA Alessandro  Di Battista, dopo la "chiamata" in Iraq, il silenzio: dove è finito il grillino?







Prima aveva scritto un post chilometrico sul blog di Grillo, dove spiegava che con i terroristi dell’Isis bisognava dialogare. Poi, dopo la barbara uccisione del reporter americano Foley, aveva spiegato che la violenza del tagliagole islamico era «in parte figlia» della violenza americana. Ma da un po’ di tempo, il grillino Di Battista non parla più. Per la precisione, da quando l’ambasciatore iracheno a Roma gli aveva detto che, se voleva dialogare con l’Isis, il visto per l’Iraq era pronto. Non era evidentemente preparato al fatto che qualcuno lo prendesse sul serio.

Nel Pd monta la rabbia: il vice di Renzi ormai lo fa Denis Verdini

La rabbia del Pd: il vice di Renzi è Verdini




C'è D'Alema che dice che "il governo ha fin qui ottenuto risultati insoddisfacenti". La Bindi che attacca le ministre di Renzi, "scelte anche perchè belle". E Bersani, per il quale il premier dovrebbe mollare al più presto la carica di segretario del Pd". Sparate fatte utilizzando come palcoscenico la Festa de L'Unità, che testimoniano il senso di marginalità che affligge buona parte del Partito democratico nella determinazione della strategia politica piddina. A fronte del ruolo da protagonista che in questi mesi Renzi ha ritagliato per alcuni esponenti di Forza Italia, che in teoria starebbe all'opposizione, e a Denis Verdini in particolare. Un rapporto, quello tra i due toscani, che come scrive Francesco Verderami sul Corriere della Sera, fa pensare a un neo-consociativismo il cui perno è proprio lo storico consigliere di Silvio Berlusconi, perfettamente calato nel ruolo che un tempo fu di Gianni Letta. "Entrare nel governo non esiste" ha spiegato recentemente Verdini a una riunione di Forza Italia, "perchè non è utile a Renzi". Nemmeno Letta ha mai giocato così apertamente su due fronti, da una parte consigliando il leader di Forza Italia e dall'altro inondando di sms il cellulare di Renzi. Da cui il soprannome di "tessera numero due" del Pd che se irrita una parte degli azzurri fa letteralmente infuriare la vecchia guardia del Pd. Che oltre a vedersi "rottamata" dai renziani si vede pure scavalcata nei favori del premier da quello che dovrebbe essere "il nemico". 

In Nazionale scoppia una grana per Conte. Lotito è dappertutto e gli azzurri si ribellano: "Ora basta"

Bari, Claudio Lotito "l'onnipresente": gli Azzurri irritati dalla sua presenza




Scoppia una grana - Lotito in casa Conte: il consigliere federale Claudio Lotito secondo gli azzurri sarebbe troppo invadente. La costante presenza del numero uno della Lazio, nonché gran mediatore nella nomina del presidente Figc Carlo Tavecchio, nella "due giorni" di Bari ha irritato non poco i giocatori della Nazionale, con commenti piuttosto velenosi: "Ce lo ritroviamo dappertutto". Ma il consigliere difende la sua carica e ha replicato: "Ho il pieno diritto di stare al seguito del gruppo. E poi, non ho mai invaso gli ambienti che non mi competono".

Brusii di lamentele - L'astro nascente Lotito sembra non godere di buona luce agli occhi degli azzurri. Lui, che è stato il primo a puntare su Tavecchio come presidente della Figc e il più deciso nel prendere le sue difese dopo la battutaccia dei "mangiabanane". Lui, che si è dedicato con così tanta caparbietà nel definire tutti i dettagli del contratto di Antonio Conte e con le stessa tenacia sta lavorando ora sul progetto di sfoltire il numero di squadre di seria A, B e pure i 60 club della nuova Lega Pro. Insomma, un prezzemolino. E vederlo girovagare col k-way dell'Italia per il campo, ritrovarlo in panchina a parlare in privato con Tavecchio e a un ristorante di Bari sempre con il presidente, ha generato un generale presentimento comune: Lotito sta forzando l'interpretazione del ruolo di consigliere. Ma potrebbe non essere così, dato che lo stesso Tavecchio gli ha concesso l'ufficio in via Allegri (prima occupata da Albertini) con la delega a lavorare sulle riforme, quella sui campionati.

Drammatico tweet di Fabrizio Bracconeri, mito della tv: "Sono perseguitato dalla depressione"

Il dramma di Fabrizio Bracconeri: "Da 13 anni soffro di depressione, ma non mollo"




Da ragazzino era il volto buffo e paffuto di Bruno Sacchi nella serie tv cult I ragazzi della III C. Cresciuto, e dimagrito, è stato l'usciere di un altro mito del piccolo schermo come Forum. Da sempre molto amato dai telespettatori, per Fabrizio Bracconeri oggi sono tempi difficilissimi ed è lui stesso ad ammetterlo con un drammatico tweet.

Un problema lungo 13 anni - Naturalmente non sono mancati i messaggi di conforto e sostegno, piovuti a decine sul wall dell'attore romano. Il problema della depressione, rivela lo stesso Bracconeri, va avanti da 13 anni: "Ero in un buon periodo ma da 2 giorni e tornata". Come ben sa chi deve fare i conti con questa malattia, occorre combattere giorno dopo giorno e le medicine spesso non bastano: "Il medico me l'ha diagnosticata - ha proseguito Bracconeri -, ho preso il Prozac per tre anni".



Il Tweet 

Fabrizio Bracconeri @FabriBracco64
Due giorni che mi perseguita questa brutta depressione ma non vincerà la maledetta non mollo
23:35 - 3 Set 2014

A Venezia vince il Piccione di Andersson Coppa Volpi alla nostra Alba Rohrwacher

Venezia: Leone d'Oro al "Piccione" di Roy Andersson, Coppa Volpi ad Alba Rohrwacher




Il Leone d'Oro della 71ma Mostra del Cinema di Venezia va al "Piccione" del regista svedese Roy Andersson (A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence). La Giuria del concorso principale del Lido, Venezia 71, presieduta da Alexandre Desplat e composta da Joan Chen, Philip Groening, Jessica Hausner, Jhumpa Lahiri, Sandy Powell, Tim Roth, Elia Suleiman e Carlo Verdone, dopo aver visionato tutti i 20 film in concorso, ha premiato il film di Andersson che racconta il viaggio, in un non precisato paesaggio occidentale, di un venditore e un ritardato mentale. Un percorso fatto di incontri e situazioni inaspettate, che diventano strumento per offrire un punto di vista originale sulla società attuale, caratterizzata dalla supremazia della vanità. 

Il trionfo italiano - Il Leone d’Argento per la Migliore Regia è andato al russo Andrei Konchalovsky per The Postman’s White Nights. Il Gran Premio della Giuria è stato assegnato a The look of silence del regista statunitense Joshua Oppenheimer. Grande bottino per il film Hungry Hearts dell’italiano Saverio Costanzo che porta a casa con i due protagonisti della pellicola entrambe le Coppe Volpi per le migliori interpretazioni: quella femminile con Alba Rohrwacher e quella maschile con Adam Driver. Il Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore o attrice emergente è andato a Romain Paul per la sua interpretazione nel film Le dernier coup de marteau di Alix Delaporte. Il Premio per la Migliore Sceneggiatura è stato assegnato a Rakhshan Banietemad e Farid Mostafavi per il film Ghesseha diretto dallo stesso Banietemad. Un Premio Speciale della Giuria è andato infine a Sivas di Kaan Müjdeci.


L'ORRORE JIHADISTA ARRIVA NELL'ORFANOTROFIO Stato islamico senza pietà: 100 bambini in ostaggio

Iraq, le milizie jihadiste dello Stato islamico sequestrano 100 bambini in un orfanotrofio




Circa un centinaio di bambini sono tenuti in ostaggio dai miliziani dello Stato islamico (Is) in un orfanotrofio di Mosul, in Iraq. Lo riferiscono fonti interne alla città al sito di informazione curdo Rudaw e spiegando che circa 45 bambini della minoranza degli yazidi e una cinquantina di sciiti sono tenuti in ostaggio nell'istituto di Dar al-Baraim nel quartiere di Zuhir. Una delle fonti ha spiegato a condizione di anonimato che estremisti dello Stato islamico hanno portato i bambini yazidi e sciiti nell'orfanotrofio dopo aver preso il controllo della città di Talafar a giugno e di quella di Shingal ad agosto. "Il luogo viene sorvegliato attentamente da sei miliziani dell'Is", ha aggiunto la fonte. Prima dell’arrivo dello Stato islamico, che ha conquistato Mosul a giugno, l'orfanotrofio era guidato da cinque donne.

Napoli, scontri per il 17enne ucciso tra camorra e voglia di linciaggio

Napoli, scontri al corteo per il 17enne ucciso. De Magistris: "Risvolti inquietanti"




Rabbia e tensione a Napoli, nel quartiere Traiano, dove si sono registrati scontri tra gli agenti delle forze dell'ordine e oltre 200 manifestanti che hanno preso parte al corteo di protesta per la morte del 17enne Davide Bifolco, ucciso giovedì sera da un colpo di pistola esploso da un carabiniere dopo un inseguimento. Il corteo per chiedere giustizia si è trasformato rapidamente in "presidio", con le macchine lasciate passare una alla volta, qualche pedata a chi non rallentava, e l'uscita della tangenziale bloccata. Momenti di tensione con gli agenti, intervenuti in assetto anti-sommossa dopo il lancio isolato di alcune molotov. I manifestanti hanno allestito un altarino con un cartello "Lo Stato non ci difende ma ci uccide", mentre è stato srotolato uno striscione dietro il quale in molti espongono foto del ragazzo, al grido di "giustizia" e "Davide". "Non accetteremo violenza in nome di nostro figlio - ha spiegato la madre di Bifolco -, spero che quel carabiniere marcisca in carcere". Il fratello di Davide ha aggiunto, minaccioso: "Quel militare datelo a noi per 10 minuti...", evocando il linciaggio di piazza. E non sono mancati, tra i partecipanti, commenti a favore della camorra contrapposta allo Stato "che non fa niente per noi, non ci tutela, ci difende e anzi ci uccide".

Da Salvini a Saviano: le reazioni - "La morte, soprattutto se di un giovane, è sempre una tragedia. Ma fermarsi all'alt dei Carabinieri è un obbligo". Su Twitter il segretario della Lega Nord Matteo Salvini commenta così la tragedia di Napoli. Il ragazzino, insieme a due amici sullo scooter, non si era fermato a un posto di blocco. Quello che è successo dopo è ancora avvolto dal mistero, con ricostruzioni confuse e contraddittorie. Ciononostante, le analisi e le reazioni si sprecano. "Per Matteo Salvini fermarsi allo stop è un obbligo. Giusto. Ma sparare a ragazzo che non lo fa è inaccettabile. La vita vale di più", è la replica sempre su Twitter di Arturo Scotto, capogruppo dei deputati di Sinistra Ecologia e Libertà. Icastico, come al suo solito, Roberto Saviano: "Adesso anche l'Italia ha la sua Ferguson - scrive l'autore di Gomorra equiparando l'episodio di Napoli all'uccisione del giovane di colore in Missouri, che ha scatenato giorni di rivolte e disordini -. Un inseguimento che parte da Rione Traiano, periferia sud-est di Napoli, e si ferma presto, a Fuorigrotta. Un inseguimento che finisce in tragedia. Non esistono più né guardie, né ladri. Né bene né male".

De Magistris: "Risvolti inquietanti" - "La mancanza di chiarezza in questa vicenda ha risvolti inquietanti", ha ammesso il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, intervistato da RaiNews24. Lo stesso De Magistris ha telefonato alla madre di Bifolco per esprimere cordoglio e vicinanza, impegnandosi "in prima persona, in qualità di primo cittadino, affinché sia fatta piena luce su quanto accaduto". "Se ci sono delle responsabilità, chi le ha paghi - è invece il commento del presidente del Senato Pietro Grasso -. Ho sempre fiducia nella capacità da parte della magistratura di accertate le responsabilità".

"Sullo scooter c'ero io" - Intanto uno dei due amici con cui viaggiava Bifolco esce allo scoperto e spiega: "Non c'è nessun latitante, ero io il terzo sul motorino". La versione di Vincenzo Ambrosio anche in questo caso è discordante rispetto a quella dei carabinieri: "Stavamo sul motorino e all'improvviso una volante ci ha rincorso. Siamo scappati e alla fine ci hanno buttato a terra - ricorda - io sono scappato, il mio amico voleva scappare assieme a me ma non gliel'hanno fatto fare". A chi gli chiede perché non si siano fermati all'alt dei carabinieri, Vincenzo risponde: "Non avevamo né l'assicurazione né la patente". Ambrosio non è andato in caserma a fornire la sua versione dei fatti. Secondo quella fornita venerdì dai carabinieri, sul motorino assieme a Davide Bifolco e Salvatore Triunfo, fermato subito e che dovrà rispondere di favoreggiamento personale e resistenza a pubblico ufficiale, c'era invece Arturo Equabile, agli arresti domiciliari e oggi latitante.