Napoli, scontri al corteo per il 17enne ucciso. De Magistris: "Risvolti inquietanti"
Rabbia e tensione a Napoli, nel quartiere Traiano, dove si sono registrati scontri tra gli agenti delle forze dell'ordine e oltre 200 manifestanti che hanno preso parte al corteo di protesta per la morte del 17enne Davide Bifolco, ucciso giovedì sera da un colpo di pistola esploso da un carabiniere dopo un inseguimento. Il corteo per chiedere giustizia si è trasformato rapidamente in "presidio", con le macchine lasciate passare una alla volta, qualche pedata a chi non rallentava, e l'uscita della tangenziale bloccata. Momenti di tensione con gli agenti, intervenuti in assetto anti-sommossa dopo il lancio isolato di alcune molotov. I manifestanti hanno allestito un altarino con un cartello "Lo Stato non ci difende ma ci uccide", mentre è stato srotolato uno striscione dietro il quale in molti espongono foto del ragazzo, al grido di "giustizia" e "Davide". "Non accetteremo violenza in nome di nostro figlio - ha spiegato la madre di Bifolco -, spero che quel carabiniere marcisca in carcere". Il fratello di Davide ha aggiunto, minaccioso: "Quel militare datelo a noi per 10 minuti...", evocando il linciaggio di piazza. E non sono mancati, tra i partecipanti, commenti a favore della camorra contrapposta allo Stato "che non fa niente per noi, non ci tutela, ci difende e anzi ci uccide".
Da Salvini a Saviano: le reazioni - "La morte, soprattutto se di un giovane, è sempre una tragedia. Ma fermarsi all'alt dei Carabinieri è un obbligo". Su Twitter il segretario della Lega Nord Matteo Salvini commenta così la tragedia di Napoli. Il ragazzino, insieme a due amici sullo scooter, non si era fermato a un posto di blocco. Quello che è successo dopo è ancora avvolto dal mistero, con ricostruzioni confuse e contraddittorie. Ciononostante, le analisi e le reazioni si sprecano. "Per Matteo Salvini fermarsi allo stop è un obbligo. Giusto. Ma sparare a ragazzo che non lo fa è inaccettabile. La vita vale di più", è la replica sempre su Twitter di Arturo Scotto, capogruppo dei deputati di Sinistra Ecologia e Libertà. Icastico, come al suo solito, Roberto Saviano: "Adesso anche l'Italia ha la sua Ferguson - scrive l'autore di Gomorra equiparando l'episodio di Napoli all'uccisione del giovane di colore in Missouri, che ha scatenato giorni di rivolte e disordini -. Un inseguimento che parte da Rione Traiano, periferia sud-est di Napoli, e si ferma presto, a Fuorigrotta. Un inseguimento che finisce in tragedia. Non esistono più né guardie, né ladri. Né bene né male".
De Magistris: "Risvolti inquietanti" - "La mancanza di chiarezza in questa vicenda ha risvolti inquietanti", ha ammesso il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, intervistato da RaiNews24. Lo stesso De Magistris ha telefonato alla madre di Bifolco per esprimere cordoglio e vicinanza, impegnandosi "in prima persona, in qualità di primo cittadino, affinché sia fatta piena luce su quanto accaduto". "Se ci sono delle responsabilità, chi le ha paghi - è invece il commento del presidente del Senato Pietro Grasso -. Ho sempre fiducia nella capacità da parte della magistratura di accertate le responsabilità".
"Sullo scooter c'ero io" - Intanto uno dei due amici con cui viaggiava Bifolco esce allo scoperto e spiega: "Non c'è nessun latitante, ero io il terzo sul motorino". La versione di Vincenzo Ambrosio anche in questo caso è discordante rispetto a quella dei carabinieri: "Stavamo sul motorino e all'improvviso una volante ci ha rincorso. Siamo scappati e alla fine ci hanno buttato a terra - ricorda - io sono scappato, il mio amico voleva scappare assieme a me ma non gliel'hanno fatto fare". A chi gli chiede perché non si siano fermati all'alt dei carabinieri, Vincenzo risponde: "Non avevamo né l'assicurazione né la patente". Ambrosio non è andato in caserma a fornire la sua versione dei fatti. Secondo quella fornita venerdì dai carabinieri, sul motorino assieme a Davide Bifolco e Salvatore Triunfo, fermato subito e che dovrà rispondere di favoreggiamento personale e resistenza a pubblico ufficiale, c'era invece Arturo Equabile, agli arresti domiciliari e oggi latitante.