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giovedì 21 agosto 2014

"Questo è il mio ultimo giorno al Milan" L'addio di Balo ai compagni: ora è del Liverpool

Balotelli, la clausola "anti capricci" mette a rischio l'accordo con il Liverpool




E' ufficiale: Mario Balotelli e il Milan, dopo un anno e mezzo di convivenza, si salutano. Ultimo allenamento al Milanello, dopodiché si farà ritorno in Inghilterra, in Premier League, alla volta del Liverpool. La cessione è a un passo dall'accordo. Oggi pomeriggio, alle tre, il suo procuratore Mino Raiola incontrerà il club inglese per cercare un accordo economico sullo stipendio del giocatore.

La conferma - In mattinata Milan Channel, il canale tematico del club rossonero, aveva annunciato che la trattativa con i Reds per la cessione a titolo definitivo del giocatore era in pieno fermento; mentre secondo la stampa d’oltremanica, Milan e Liverpool si stavano accordando sulla cifra per la cessione e fonti autorizzate indica un pagamento tra i 20 e i 22 milioni di euro e al giocatore un contratto fino al 2018 da 6 milioni a stagione. Per Balotelli sarebbe un ritorno in Premier League dopo l’esperienza al Manchester City dal 2010 al 2013 chiusa con 30 gol in 80 partite e la vittoria di un campionato.

In mattinata - Sembrava che Balotelli non avesse confemato il trasferimento al Liverpool perchè i Reds avrebbero chiesto di inserire nel contratto una ’clausola di buon comportamento' e prevenire così le bizze di SuperMario. È quanto riferisce oggi il quotidiano inglese Daily Star. Il Liverpool è alla disperata ricerca di un attaccante per sostituire Luis Suarez passato al Barcellona e avrebbe individuato in Balotelli l’uomo ideale. Con i fondi della cessione al Liverpool, il Milan cercherà un altro attaccante centrale: il colombiano Jackson Martinez è la prima scelta dei rossoneri. Il sogno, ma è più difficile arrivarci, è la stella del Monaco Radamel Falcao. Non viene abbandonata, in ogni caso, la pista anche dell’attaccante esterno: domenica Galliani incontrerà Cairo per parlare di nuovo di Alessio Cerci.

Bad boy - Si conclude così, dopo meno di due anni l’avventura di Balotelli al Milan, club di cui per altro si è sempre dichiarato tifoso. Tornato in Italia dal Manchester City nel gennaio del 2013 per 20 milioni di euro, Supermario in rossonero ha collezionato 43 presenze con 26 gol in campionato e 10 presenze con 3 reti in Champions League. In totale l’attaccante di origini ghanesi ha collezionato 54 presenze con 30 reti. Dopo l’ottimo rendimento nei primi sei mesi dal suo arrivo, nella stagione 2014 Balotelli non ha mantenuto le attese anche per via di una serie di comportamenti spesso ’fuori dalle righe'. La fama di ’bad boy’ che accompagna SuperMario proprio dai tempi in cui giocava nel Manchester City, avrebbero spinto i Reds ad inserire una clausola che prevede il ritorno del giocatore al Milan in caso di comportamenti ’fuori dalle righe'. Secondo il Daily Star, però, Galliani avrebbe «rifiutato ogni tipo di accordo su questi termini».

Mega-rissa di mezza estate al Billionaire, parla la Galanti: " Macché botte avevo tacchi troppo alti per..."

Replica Claudia Galanti: "Io non ho picchiato. Con quei tacchi alti ero in pericolo"




L'altra notte al Billionaire di Flavio Briatore ne sono successe di tutti i colori. Risse, camicie sfilacciate, donne col trucco sbavato per le troppe lacrime versate. Insomma, un putiferio che ha visto protagoniste la showgirl paraguaiana Claudia Galanti e e Tatiana, compagna di un facoltoso professionista, certo Alessandro Cipollini. La Galanti è titubante: non sa mettere benzina sul fuoco alle notizie che pochi giorni fa rendevano tributo alle scene al Billionaire per fornire la sua prospettiva o se indulgiare al silenzio. Alla fine cede: vuole esaltare la sua ricostruzione dalla nebbia (alcolica) di quella infausta domenica notte. E in un'intervista al Corriere della Sera ricostruisce la nottata.

"Io scendevo le scale per andare via alle tre del mattino, che è pure presto per il Billionaire perché in genere si finisce alle cinque. Quella sera non avevo la mia security, così il Billionaire mi ha affiancato due suoi uomini. In mezzo, ci siamo trovati questa ragazza, che avevamo visto prima barcollare, non stava bene. Allora le mie guardie del corpo le hanno chiesto di spostarsi. Lei non l’ha presa bene e mi ha aggredita: di punto in bianco mi ha tirato un pugno in faccia! Non capivo, mi ha fatto male, malissimo... A quel punto tutti quelli della security sono venuti a proteggermi. Era pericolosissimo, indossavo i tacchi altissimi sulle scale e potevo farmi malissimo. Mi hanno portata fuori e lì c’era già il mio autista che mi stava aspettando".

Pare quindi che Tatiana non abbia subìto i ceffoni della Galanti. Ma allora chi è stato? "Io non lo so, non la conosco! e me la mettessero qua davanti potrei anche darle un bacio". Sulla camicia strappata di Cipollini, silenzio tombale. "Che ne so io della sua camicia. Ero già a casa quando è successo. Comunque ho sporto denuncia contro questa signora per aggressione senza motivo". In fin dei conti, alla Galanti è andata bene: "Non ho avuto dolori. Mi faceva male la mascella e sono andata a dormire".

Allarme terrorismo anche in Italia: Minaccia più grave dall'11 settembre Ecco dove l'allerta è massima

Allarme terrorismo, i Servizi: "Minaccia più grave dall'11 settembre"




Il ministro degli Esteri, Federica Mogerini, è stata chiara ieri durante l'audizione in Parlamento: la portata della minaccia rappresentata dagli jiahdisti sunniti dello Stato Islamico (Is) è tale che non si limita a rappresentare un pericolo letale in Iraq e Siria dove opera, ma «riguarda anche l’Europa e l’Italia». Parole allarmanti che trovano fondamento nei documenti dell'intelligence: secondo i Servizi "l'Is è la più grave e complessa minaccia terroristica che l'Italia e l'Europa si trovano ad affrontare dai tempi dell'11 settembre". "Nulla di comparabile rispetto alla vecchia Al Qaeda. E' molto peggio", sostengono. I motivi, spiega Repubblica, sono principalmente due. Da una parte c'è la capacità dell'Is di combattere con carri armati, battaglioni, artiglieria pesante, colpendo contemporaneamente anche con i vecchi metodi terroristici. Dall'altra il califfo Abu Bakr al-Baghdadi può contare su combattenti che sono cittadini europei: islamici fanatici con passaporto Ue, culturalmente in grado di infiltrarsi nelle società del continente. Repubblica rivela che secondo i calcoli degli esperti ce ne sarebbero almeno cinquemila: la maggior parte inglesi, francesi o balcanici, ma ci sarebbero anche una ventina di italiani. Come Giuliano Delnevo, il venticinquenne genovese morto durante i combattimenti in Siria tra le truppe fedeli ad Assad e la guerriglia sunnita, alla quale il giovane, convertitosi all’Islam, aveva aderito.

Allerta in Italia - L'allerta nelle centrali antiterrorismo occidentali è massima. E anche l'Italia rappresenta un bersaglio per gli jihadisti non solo perché il governo ha deciso di fronteggiare il califfato aiutando le truppe peshmerga in Iraq, ma anche perchè il nostro paese si trova a rappresentare tutta l’Unione finché dura il semestre europeo e proprio in Italia si svolgeranno summit importanti dei 28 i leader dell’Unione. Inoltre c’è l’appuntamento con Expo 2015, una vetrina mondiale di 150 paesi. A ferragosto se ne è discusso durante il comitato nazionale per la sicurezza e l’ordine pubblico e ieri, rivela Repubblica, il Dipartimento di pubblica sicurezza ha inviato una informativa a prefetti e questori dove si parla di «allerta sugli obiettivi sensibili». La vigilanza in particolare resta alta su quel centinaio di blog, chat e forum dove si scambiano informazioni i nuovi jahdisti digitali. «La vigilanza è alta — conferma il ministro Angelino Alfano — e tutti i segnali provenienti da fonti di intelligence e da fonti “aperte” sono valutate con la massima attenzione».

Socci sul Papa: "L’intervento sull'Iraq? E' troppo poco contro il califfo"

L’intervento del Papa? Sai che sforzo... Contro il califfo non basta

di Antonio Socci 


«Ahimé, basta tacere! Gridate con centomila lingue. Vedo che, per lo tacere, lo mondo è guasto, la Sposa di Cristo è impallidita». Con queste parole tuonava santa Caterina da Siena scrivendo a un alto prelato. Si sente il bisogno anche oggi nella Chiesa di donne e uomini di fede ardente e di cuore libero che - come Caterina - si rivolgano così a un papa (Gregorio XI) pieno di timori, che non faceva quello che avrebbe dovuto: «Io, se fussi in voi, temerei che il divino giudicio venisse sopra di me». Ma i nostri sono tempi di clericalismo, di bigottismo e di adulatori. E le voci dei grandi santi (o degli uomini liberi) non ci sono o non si sentono.

Eppure è difficile e - per un cattolico - molto doloroso capire e accettare l’atteggiamento del Vaticano di papa Bergoglio di fronte alla tragedia dei cristiani (e delle altre minoranze) in Iraq, braccati e massacrati dai sanguinari islamisti del califfato anche in queste ore. Prima, per settimane, un’evidente reticenza, quasi imbarazzo a parlarne. Perfino l’iniziativa di preghiera della Cei del 15 agosto scorso è stata passata sotto silenzio dal Papa che evidentemente ha in antipatia la Chiesa italiana. 

Ora, finalmente, dopo una ventina di giorni di massacri di uomini, donne e bambini, e dopo mille pressioni (anzitutto da parte dei vescovi di quella terra e dei diplomatici vaticani), papa Bergoglio si è deciso a pronunciare le fatidiche parole, sia pure in modo assai felpato: «è lecito fermare l’aggressore ingiusto». Sai che sforzo… Ci mancava pure che dicesse che è lecito lasciare che l’aggressore massacri la gente inerme e innocente, che crocifigga i «nemici dell’islam», che seppellisca vivi i bambini, che stupri e venda le donne come schiave.

ALTRI PAPI
Con ben altra tempestività ed energia Giovanni Paolo II nel 1993 tuonava sul dovere di difendere gli inermi dai massacri: «Se vedo il mio vicino perseguitato, io devo difenderlo: è un atto di carità. Questa per me è l’ingerenza umanitaria». Ma non c’è più Giovanni Paolo II e purtroppo nemmeno Benedetto XVI. Dunque dopo aver detto, con incredibile ritardo, che «è lecito fermare l’aggressore ingiusto», Bergoglio si è affrettato ad aggiungere che però va fatto senza «bombardare» o «fare la guerra». Cosicché viene amaramente da chiedersi se egli vuole salvare la faccia (propria) o la vita di quegli innocenti. Qual è infatti il modo per «fermare» una banda di assassini crudeli senza usare le armi? Cosa propone papa Bergoglio per «fermare» quei carnefici? Un tressette col morto? Un thè con monsignor Galantino?

Si dirà che il Papa non può esortare a usare la forza, sia pure per salvare vite innocenti. Sbagliato. Da secoli la dottrina cattolica ha sancito il diritto alla legittima difesa e il principio di «uso della forza» per la legittima difesa. Proprio i teologi della Scuola di Salamanca come il domenicano Francisco de Vitoria, nel XVI secolo, fondarono sulle basi della legge naturale il diritto internazionale, Benedetto XVI lo ricordò alle Nazioni Unite evocando «il principio della “responsabilità di proteggere” (che) era considerato dall’antico ius gentium quale fondamento di ogni azione intrapresa dai governanti nei confronti dei governati». E aggiunse che «il frate domenicano Francisco de Vitoria, a ragione considerato precursore dell’idea delle Nazioni Unite, aveva descritto tale responsabilità come un aspetto della ragione naturale condivisa da tutte le Nazioni, e come il risultato di un ordine internazionale il cui compito era di regolare i rapporti fra i popoli».

In questo quadro Giovanni Paolo II nell’Evangelium vitae del 1995 affermava: «la legittima difesa può essere non soltanto un diritto ma un grave dovere per chi è responsabile della vita di altri, del bene comune della famiglia o della comunità civile. Accade purtroppo che la necessità di porre l’aggressore in condizione di non nuocere comporti talvolta la sua soppressione. In tale ipotesi, l’esito mortale va attribuito allo stesso aggressore che vi si è esposto con la sua azione». 

Parole significative perché Giovanni Paolo II si è sempre caratterizzato per la difesa energica della pace (per esempio opponendosi alla guerra americana in Iraq), ma con altrettanta energia ha incitato la comunità internazionale a fermare, anche con l’uso della forza, i carnefici in azione (e si noti bene che a quel tempo la popolazione minacciata era di religione islamica). Quello che semmai papa Francesco dovrebbe chiedere - sulle orme di Giovanni Paolo II - è che tale «uso della forza» da parte della comunità internazionale sia proporzionato e mirato a disarmare gli aggressori e a salvare la vita dei braccati. 

Ma purtroppo non si è sentita nessuna riflessione approfondita. Si nota solo la preoccupazione di Francesco di non uscire dallo stereotipo del papa «politically correct». Infatti ha sentito il bisogno di ripetere che fra le minoranze minacciate dall’Isis ci sono anche non cristiani «e sono tutti uguali davanti a Dio». Un’ovvietà che è parsa una «excusatio non petita…». Del resto se rileggiamo insieme i vari interventi di papa Bergoglio su questa carneficina non si troverà mai la parola islam, islamisti o musulmani. Se uno disponesse solo delle parole del Papa non capirebbe minimamente a chi si deve questa «tragedia umanitaria» e per quale motivo viene perpetrata. 

Una reticenza grave, figlia dell’ideologia cattoprogressista che interpreta erroneamente il dialogo con i musulmani come una resa, anche psicologica. Tanto è vero che ci sono commentatori cattoprogressisti che arrivano perfino a ripetere che i carnefici del Califfato non hanno niente a che vedere con l’islam. Peccato che tali carnefici impongano alle minoranze conquistate la conversione immediata all’islam in alternativa alla morte, come è accaduto nei giorni scorsi a Kocho, un piccolo villaggio del Nord Iraq abitato da yazidi dove i jihadisti hanno massacrato circa 80 uomini che si rifiutavano di convertirsi e incatenato e deportato un centinaio di donne e bambini.

GIUDIZIO CHIARO
Naturalmente è comprensibile che le autorità della Chiesa non cerchino lo scontro, la polemica o il conflitto religioso. Giusto. Ma è anche un dovere dire la verità e dare ai fedeli un serio «giudizio culturale» su quello che il mondo oggi sta facendo ai cristiani. Soprattutto considerando la subalternità culturale di tanti cattolici: c’è chi ritiene deprecabile perfino parlare di «cristiani perseguitati» (eppure sono il gruppo umano più perseguitato, nel maggior numero di Paesi del mondo).

Detto questo voglio sottolineare che le dichiarazioni di papa Francesco dell’altroieri sono comunque un passo avanti, sperando che - senza dover aspettare troppo, perché la situazione è drammatica - arrivino presto parole ancora più chiare e decise. Sono un passo avanti che dovrebbe chiarire le idee ai tanti che nei giorni scorsi, contro chi domandava una parola chiara, ribattevano stizziti che chiedere di fermare gli assassini significava volere la guerra e le crociate. 

L’intervento del Papa chiarisce le idee anche a quelli che affermavano: «se il Papa tace significa che vuol evitare ritorsioni più gravi», oppure «se non dice niente significa che sta operando riservatamente». Erano balle. In realtà in Vaticano si sono illusi per settimane che vi fosse ancora una via diplomatica, mentre i carnefici del califfato - come denunciavano i vescovi del posto - volevano solo conquistare, convertire a forza e massacrare. Non sanno nemmeno cosa siano il «dialogo» o la diplomazia.

Un’ultima nota. Negli interventi fatti durante il viaggio in Corea, papa Bergoglio ha anche giustamente invitato tutta la Chiesa alla riflessione sui martiri di ieri e di oggi e alla preghiera. Sacrosanto. Ma è un invito molto blando, senza la mobilitazione di tutta la Chiesa per soccorrere queste vittime e senza quella profonda consapevolezza culturale che sapeva darci Benedetto XVI. Oggi domina lo smarrimento.

"GLI AMERICANI SONO I VERI TERRORISTI" Vauro difende i barbari jihadisti: ecco perché

Vauro Senesi difende Di Battista (M5S) e l'Isis sul Fatto




Le immagini del reporter americano decapitato dai terroristi del califfato dell'Isis sono ancora negli occhi di tutti. L'orrore corre sul web e la morte di James Foley di certo lascerà un segno. Obama è già sul piede di guerra, Cameron è rientrato dalle ferie e l'Europa con l'invio di armi ai curdi comincia a muovere i primi passi in un conflitto che tra le diplomazie occidentale pare ormai inevitabile. Ma a quanto pare non tutti pensano che i terroristi dell'Isis siano dei feroci taglia gole. Il primo a difenderli era stato il grillino Alessandro Di Battista. Secondo il pentastellato "quando non hai altro modo per difenderti sei costretto a caricarti di esplosivo e farti esplodere dentro una metropolitana". Da quel post pubblicato sul blog di Grillo è arrivata una slavina di polemiche. Ma qualcuno invece che condannare le parole del grillino lo difende e lo fa sul Fatto Quotidiano: "Ho pensato molto al termine terrorismo (dopo le parole di Di Battista, ndr) . Ci ho pensato quando ero in Afghanistan, in Iraq, in Palestina", scrive il vignettista di Santoro, Vauro Senesi. 

Cos'è il terrorismo - A questo punto Vauro fornisce la sua personalissima spiegazione del termine "terrorismo": "Una sola risposta sono riuscito a darmi, terrorismo è uccidere persone inermi e innocenti. E là dove si combattono le "Guerre al terrorismo", quelle "giuste", in quei luoghi dell'orrore erano vecchi, donne e bambini che vedevo dilaniati da missili, cluster bombs, altre armi ad 'alta tecnologia'". Il riferimento ovviamente è alle operazioni militari degli americani in Iraq e in Afghanistan negli scorsi anni. Vauro sostiene dunque la tesi di Di Battista e così insite: "Davvero qualcuno può pensare che l'avvento dei feroci miliziani dell'Isis non sia anche un derivato mostruoso dello stato di devastazione civile, sociale, economica, politica e morale nelle quali la guerra ha lasciato l'Iraq?". 

Dalla parte sbagliata - Qui arriva la totale difesa per Di Battista: "Ho letto con il pezzo di Alessandro Di Battista non vi trovo alcuna giustificazione delle atrocità del terrorismo. Le sue mi sono parse parole di semplice buon senso. (...) Chi ha scagliato anatemi su di lui non si è mai vergognato e non si vergogna delle tante Abu Ghraib, Guantanamo, delle bombe al fosforo e dei missili intelligenti, anzi trova per tutto ciò addirittura motivazioni umanitarie. Ecco semplicemente io ritengo che siano questi ultimi e non Di Battista a giustificare il terrorismo. Di più a esserne complici". Insomma anche Vauro sta dalla parte dell'Isis come del resto Di Battista. Queste parole Vauro le ha scritte prima della decapitazione del reporter americano. Ma bastava leggere le cronache degli ultimi giorni per capire che gli jihadisti sono solo dei terroristi e che le guerre giuste vanno combattute per evitare che altri Foley vengano trucidati con un coltello sotto la gola...

mercoledì 20 agosto 2014

Scuola: allarme caro libri e kit, 1.000 euro a studente

Scuola: allarme caro libri e kit, 1.000 euro a studente




A settembre le famiglie torneranno di nuovo a metter mano sui portafogli per finanziare gli (spendiosi) aquisti dei libri di testo scolastici. L'osservatorio nazionale Federconsumatori quest'anno stima una crescita dei prezzi pari al 1,6% per i libri di scuola. Codacon sulle stime è più critico, prevedendo un più 4% sugli aquisti di libri.

Riforma della giustizia: ecco cosa cambia Ma è ancora scontro sulle intercettazioni Forza Italia: "Siamo molto scettici..."

Riforma della giustizia: ecco cosa cambia Ma è ancora scontro sulle intercettazioni Forza Italia: "Siamo molto scettici..."




Il governo alla prova della Giustizia. Giro di consultazioni in via Arenula sulla riforma della Giustizia, attesa in consiglio dei ministri per il 29 agosto. Data, questa, confermata anche dal premier Renzi che, smentendo “progetti segreti” del governo, martedì ha sottolineato: "Iniziamo dalla Giustizia, a cominciare da quella civile che oggi civile non è". Il guardasigilli Andrea Orlando ha visto i rappresentanti della maggioranza. Giovedì tocca all'opposizione tra cui Cinque Stelle e soprattutto Forza Italia. Dal vertice di maggioranza pare che il dado sia tratto. 

Il vertice - “È stata una riunione molto costruttiva, che ha rafforzato, cementato la maggioranza, delineando nel metodo e nel merito passaggi importanti”, ha commentato il viceministro della Giustizia, Enrico Costa (Ncd), al termine della riunione. “C'è stata una convergenza – ha aggiunto – ad agire a Costituzione invariata e questo è un elemento molto importante perché delimita le modifiche da apportare con la riforma della Giustizia nell'ambito della maggioranza" rispetto al quorum di voti da raggiungere in Parlamento. Alcune delle ipotesi di riforma, infatti, avrebbero necessitato delle modifiche costituzionali. 

Cosa cambia - Tra i temi trattati le modifiche al Csm - Al centro del confronto, le modifiche su responsabilità civile dei magistrati e Csm. A luglio l'organo di autogoverno dei magistrati ha rinnovato la propria compagine, eleggendo i nuovi membri togati. Mancano però all'appello i laici, perché il Parlamento non ha trovato un'intesa sui nomi, e il vecchio Csm è stato prorogato fino a settembre. “Nella riunione c'è stata una discussione generale anche sul tema del Csm e delle modifiche del sistema elettorale e disciplinare – ha detto Costa –. Ma prima di passare a calare le modifiche in testi di legge si ritiene di attendere, anche per garbo istituzionale oltre che per un ulteriore approfondimento, l'insediamento del nuovo Csm". 

Forza Italia scettica - Incassato l’ok della maggioranza, quindi, il ministro Orlando dovrà ora provare a convincere l’opposizione. “La nostra attesa è forte. Non abbiamo prevenzioni", ha scritto nei giorni scorsi Il Mattinale, giornale del partito di Berlusconi. E Renato Brunetta ha ribadito: “Aspettiamo con forza la riforma della giustizia”. Il capogruppo di Forza Italia ha aggiunto che c'è “attesa anche per il Cdm” del 29. “Il governo finora non ha prodotto nulla – dice Brunetta – solo linee guida, troppo generico: c’è attesa ma con scetticismo".