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martedì 15 luglio 2014

Forza Italia, ecco chi deve dei soldi a Silvio Berlusconi e chi invece ha pagato

Forza Italia, ecco chi deve dei soldi a Silvio Berlusconi e chi invece ha pagato


di Paolo Emilio Russo 



La questione per molti deputati e senatori di Forza Italia è diventata «di principio». Perché l’allarme rosso del Cavaliere sulla salute delle casse del suo partito, l’arrabbiatura per quel «rischio concreto» che questo possa essere il suo «primo fallimento» potrebbe costare loro qualche decina di migliaia di euro. «Il quaranta per cento di voi non ha versato contributi al partito e io, con le nuove norme, non posso più metterci un euro», li ha ammoniti.

All’avvertimento ha fatto seguito la minaccia presidenziale di far firmare a ciascuno degli eletti una (nuova) fideiussione di 40 o 50 mila euro per tappare il buco che, ormai, ha le dimensioni di una voragine. Ma chi sono i parlamentari che hanno pagato e - di conseguenza - quelli che non l’hanno fatto? La maggioranza dei rappresentanti azzurri ha versato al partito quanto pattuito, cioè venticinquemila euro come contributo alla campagna elettorale del 2013 e ottocento euro al mese (9600 euro l'anno) per finanziarne le attività, qualcuno è stato più generoso, altri meno. Qualcuno proprio non compare. L’elenco dei finanziatori del partito, compreso i parlamentari, è incluso nel bilancio, anzi nei due bilanci: quello del Popolo delle libertà e, da dicembre 2013, quello di Forza Italia. Entrambi sono stati redatti e pubblicati, ma la neo tesoriera Maria Rosaria Rossi, che è anche capo segreteria del Cavaliere, ha scelto di non allegare i nomi e i cognomi. Un elenco parallelo, però, esiste: la legge per la trasparenza impone che ciascuna formazione politica comunichi alla Camera dei deputati i suoi finanziatori attraverso le «dichiarazioni ex L. 659/81».

Ecco, dunque, chi tra i dirigenti ex pidiellini ha pagato e quanto nel primo anno di legislatura, da febbraio 2013 al febbraio 2014. Con due piccole avvertenze: i dati disponibili risalgono all'aprile scorso. È possibile che qualcuno, dopo la rampogna, si sia messo in regola. Inoltre, accanto alle «persone fisiche», nell’elenco è possibile trovare alcune imprese, esercizi o attività: è possibile che alcuni parlamentari abbiano preferito far passare il loro contributo da lì.

Inutile dire che il contribuente più generoso è stato Silvio Berlusconi: nel periodo indicato l'ex premier ha versato 2 milioni e 800 mila euro al Popolo delle libertà e, solo qualche mese fa, la bellezza di quindici milioni di euro a Forza Italia. Sotto di lui, nell’elencone ci sono molti dei volti più noti tra gli azzurri. Michaela Biancofiore, per esempio, ha versato al partito 58.600 euro. Dietro di lei tra i più generosi c’è l’ex consigliere diplomatico del Cavaliere, viceministro degli Esteri nel governo di Enrico Letta, Bruno Archi. Nel 2013 il diplomatico ha versato al partito che l’ha eletto in Parlamento - in più soluzioni - quasi 57mila euro. Quasi quarantacinque mila euro li ha versati l’ex sottosegretario Giacomo Caliendo, quasi quarantaseimila il deputato Gregorio Fontana. Sopra la media anche il senatore Sante Zuffada, medico veterinario originario del Lodigiano, alla sua prima legislatura, che ha girato al Pdl quarantamila euro.

La «moda statistica» è di trentaquattromila seicento euro: venticinquemila sono contributo una tantum per la campagna elettorale, i restanti 9600 euro la moltiplicazione per 12 degli ottocento euro mensili richiesti da Forza Italia per il «supporto all’attività parlamentare». Tanto era stato pattuito dagli ex coordinatori pidiellini Sandro Bondi e Denis Verdini con tutti i candidati prima del voto del 2013. Chi li ha versati è dunque perfettamente in regola. Tra questi ci sono - in rigoroso ordine alfabetico - Bruno Alicata, la portavoce del partito Deborah Bergamini, Annagrazia Calabria, Mara Carfagna, Elena Centemero, Salvatore Cicu, Monica Faenzi, Paolo Galimberti, Mariastella Gelmini, Niccolò Ghedini, Giuseppe Galati, Altero Matteoli, Giovanni Mottola, Paolo Romani, Stefania Prestigiacomo, Elvira Savino ed Elio Vito.

Qualche centinaio di euro in meno hanno versato il vicepresidente della Camera Simone Baldelli, Annamaria Bernini, Sandro Bondi, Donato Bruno, Salvatore Cicu, Lucio Malan, Andrea Mandelli, Antonio Palmieri, Giovanna Petrenga, Manuela Repetti, la coordinatrice regionale della Calabria Jole Santelli, Francesco Paolo Sisto. Il leader dei “lealisti” e neo-europarlamentare Raffaele Fitto, invece, ha staccato nel 2013 un solo assegno di 25 mila euro. Lo stesso hanno fatto Giancarlo Galan, l’ex sottosegretario e responsabile fund raising Daniela Santanchè, Bernabò Bocca, Rocco Palese e Luigi Perrone. Nell’elenco dei contributors ci sono anche due europarlamentari (uscenti e riconfermate a maggio): Lara Comi e Barbara Matera hanno versato rispettivamente 7000 e 5500 euro.

Qui accanto c'è l'elenco integrale, così come è stato consegnato agli uffici di Montecitorio. Qualcuno dei parlamentari potrebbe essersi messo in regola successivamente, con qualche mese di ritardo, ovviamente. Qualcun altro, invece, avere provveduto a «compensare» le spese effettuate per il partito con la cifra da versare. La stessa tesoriera e capo segreteria del Cavaliere Maria Rosaria Rossi, per esempio, risulta avere versato ottomila ottocento euro. Verdini, per citare un altro, non risulta tra i contribuenti. Il documento contabile del Pdl nasconde una sorpresa. Nonostante tutto, al di là delle dure accuse che ha più volte lanciato contro gli ex colleghi di partito da quando è leader del Ncd, Angelino Alfano ha continuato anche dopo la scissione col versamento della sua quota al Pdl. L’ultimo è stato registrato solamente il 20 marzo scorso: 8000 euro.

Governo, tira aria di rimpasto: tutte le mosse di Renzi Valzer di poltrone, ecco dove può andare Alfano...

Governo, ipotesi rimpasto: con Federica Mogherini in Ue, Angelino Alfano verso gli Esteri




Mercoledì prossimo, 16 luglio, per il governo è un giorno chiave. In quella data i leader dei 28 Paesi Ue dovranno comporre il complicato puzzle delle nomine. Sarà il giorno in cui Matteo Renzi dovrà proporre la candidatura di Federeica Mogherini alla Pesc, come rappresentante della politica estera dell'Ue. Chiariamo subito che il posto destinato alla Mogherini è inutile. I paesi membri in politica lasciano operare i propri ministri degli affari esteri e la posizione della Pesc è soltanto di facciata. Ma la nomina della titolare della Farnesina in Europa scatenerebbe un rimpasto consistente nel governo. Matteo Renzi per il momento nega, ma è chiaro che a palazzo Chigi sono cominciate già le grandi manovre. 

Alfano verso gli Esteri - Renzi non lo chiama "rimpasto", ma "riequilibrio" nel quale, almeno secondo l'ottica di Renzi, il Nuovo centrodestra andrebbe ridimensionato ma senza far perdere agli alleati troppa autorevolezza. La mossa studiata da Renzi prevede una poltrona alla Farnesina proprio per Angelino Alfano che prenderebbe il posto della Mogherini. Al Viminale invece potrebbe andare un piddino d.o.c. come Marco Minniti. In realtà con Alfano alla Farnesina, Ncd non vedrebbe attenuarsi la sua forza nell'azione di governo. 

La forza di Ncd - Secondo i rumors lo spostamento di Alfano agli Esteri darebbe maggior peso ad Ncd dentro il Ppe mettendo in secondo piano Forza Italia. La questione, comunque, potrebbe richiedere ancora del tempo anche perché l'insediamento ufficiale della Mogherini in Ue avverrebbe a novembre . In questo modo il semestre Europeo sarà quantomeno a metà e si potranno attutire eventuali problemi interni alla maggioranza di governo. 


Tensione in Nuovo Centrodestra Ecco chi sta con Renzi e chi vuole l'alleanza con Fi...

Il futuro di Ncd: ecco con chi stanno gli alfaniani




Alta tensione dalle parti di Ncd. La convivenza nel governo con il Pd e le voci di un probabile rimpasto alle porte spaccano il partito. Il Nuovo Centrodestra deve scegliere e in fretta in che direzione vuole andare. Nel caso in cui si tornasse al voto Ncd deve chiarire se sta dalla parte di una probabile coalizione di centrodestra con Forza Italia o se vuole dare vita ad una nuova area politica che strizza l'occhio al Pd renziano. Su queste binari corre il dibattito interno al partito. Come racconta Il Tempo, tra le mura di Ncd non esiste una linea unitaria. C'è chi vuole un ritorno nell'area moderata smarcandosi da Renzi e chi invece vuole stringere ancora di più i rapporti col premier. 

I moderati - E così, il quotidiano romano fa i nomi dei "colonnelli" delle due fazioni. Maurizio Lupi , Barbara Saltamartini , Nunzia De Girolamo guardano alla grande riorganizzazione del centrodestra e al dopo-Berlusconi: una vasta alleanza con una FI più moderata, ma anche con Lega e FdI. Sono coloro che hanno firmato la petizione di FdI per chiedere le primarie. 

I governativi - Gaetano Quagliariello - che è anche coordinatore nazionale del partito - Beatrice Lorenzin , Maurizio Sacconi , Maurizio Cicchitto invece guardano alla formazione di un soggetto nuovo di matrice popolare con i partiti che sostengono il governo. "Sono pronti a passare a sinistra", sussurra qualcuno a il Tempo. 

Le mosse di Alfano - Angelino Alfano per il momento non ha preso posizione sul dibattito interno. L’alfaniano Giuseppe Esposito , senatore, invita il leader a rompere gli indugi: "Lascia il ministero e guida il partito". Esposito auspica che tutta la compagine Ncd esca dall’esecutivo per garantire l’appoggio esterno e costruire il percorso politico del partito. Naturalmente a guida Alfano. Forse i tempi per un passo del genere non sono ancora maturi. Il partito nei sondaggi è stabile e dopo le europee ha uno zoccolo duro di elettori da cui far decollare la nuova avventura politica. Maurizo Lupi prova a capire il futuro di Ncd e ad Esposito risponde così: "Il Pd ha trovato Renzi, noi stiamo ancora cercando di capire come diventare protagonisti". 

lunedì 14 luglio 2014

Alessandro Sallusti contro Massimo D'Alema: "Ecco tutti i suoi scheletri nell'armadio"

Alessandro Sallusti contro Massimo D'Alema: "Ecco tutti i suoi scheletri nell'armadio"


Dopo la decisione di affidare Silvio Berlusconi ai servizi sociali, Massimo D'Alema ha mostrato tutto il suo disappunto, commentando così: "Normali cittadini vanno in prigione per reati minori". Baffino, insomma, sognava un Cavaliere in cella. Una frase che ha fatto discutere e infuriare Forza Italia. E una dura risposta a D'Alema è arrivata da il direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, che in un editoriale si rivolge all'ex premier, ricordandogli in primis che "onestamente non conosco casi di normali cittadini che all'alba degli 80 anni scontano nove mesi di condanna chiusi in carcere".

Chi non paga - Poi Sallusti alza il tiro: "Ma, ignoranza a parte, chiedo a D'Alema: un 'normale cittadino' che incastrato dai magistrati ammette di aver incassato e girato al partito una tangente da 20 milioni di lire deve restare a piede libero?". Il riferimento è alla mazzetta presa nel 1985, un reato "più che provato" che finì in prescrizione. "Già - continua Sallusti -, perché D'Alema non ha pagato il conto, né giudiziario né politico (è addirittura diventato primo ministro). Il direttore continua nel suo attacco: "Lui stesso (D'Alema) da sempre non si tratta da 'normale cittadino', prova ne è il caso di Affittopoli: casa di lusso ad affitto ridicolo da ente pubblico, alla faccia dei poveri cristi 'normali cittadini'".

E l'Ingegnere... - Scheletro dopo scheletro, Sallusti arriva fino a far saltare fuori dall'armadio Filippo Penati, l'ex presidente della Provincia di Milano: "Colpisce poi che il rigore morale di D'Alema non sia emerso con forza quando il compagno Penati (...) venne beccato a intascare mazzette". "Penati l'ha sfangata: niente cella, niente condanna. Altra prescrizione nel silenzio di D'Alema". Ultimo, ma non ultimo, il riferimento a Carlo De Benedetti. "Nel 1993 - ricorda Sallusti - ammise di aver pagato 10 miliardi di lire in tangenti a partiti e funzionari per ottenere dallo Stato un appalto per la sua azienda, la Olivetti. Roba da prigione - sottolinea il direttore de Il Giornale -, per chiunque. Finì con un'ora, dicasi un'ora, di fermo in carcere e una assoluzione per prescrizione". Dunque, la conclusione. "Ha ragione D'Alema. Non tutti i cittadini sono uguali. Soprattutto se si chiamano Silvio Berlusconi: 43 processi in 18 anni sono davvero un trattamento eccezionale".

Ufficio del Giudice di Pace ad Afragola: "Segnali positivi per la conservazione del presidio di legalità"

Ufficio del Giudice di Pace ad Afragola: "Segnali positivi per la conservazione del presidio di legalità"

di Mario Setola




Sono ore decisive quelle che si stanno succedendo. Il dictat del governo è chiaro: costi per il funzionamento sui bilanci dei comuni del mandamento (Caivano, Cardito e la stessa Afragola) che dovranno anche distaccare un dipendente a testa. Tutto questo entro e non oltre il 30 di giugno. Allora si è fuori termine? No, molto probabilmente no, perché la caparbia dell’associazione forense afragolese guidata dal Presidente Francesco Castaldo ed il grande impegno del Comune di Afragola hanno, forse, aperto uno spiraglio.

 A Roma è stato infatti comunicato che per ovvie ragioni non era stato ancora possibile incontrarsi con gli appena insediati commissari prefettizi di Cardito e Caivano (infatti, pochi giorni prima erano state sciolte entrambe le amministrazioni). Poiché esisteva già una delibera di indirizzo e di impegno, che manifestava la chiara volontà dei comuni di mantenere l’impegno, è stata chiesta una piccola proroga dei termini (eccezionalissima) onde rendere edotti i commissari e trovare le risorse. Dopo svariate riunioni ed incontri, spesso anche alla presenza degli avvocati, pare che la situazione sia ora sotto controllo. Siano stati individuati i dipendenti da distaccare e trovate le risorse economiche tra i vari comuni interessati. Manca solo l’ufficialità, ma a meno che non ci siano brutte sorprese dell’ultim’ora, Afragola, così come Frattamaggiore e forse Casoria. 

Lo perderà invece, con ogni probabilità Trentola che finirà nel calderone di Napoli Nord mentre Acerra, anch’essa non confermando l’ufficio finirà a Nola. Entusiasmo da parte del Comune di Afragola ed in particolare del sindaco e del suo vice Giglio, avvocato, che si è prodigato molto insieme all’avvocato Castaldo per fare breccia nelle, inizialmente arroccate amministrazioni le cui casse non possono certo definirsi solide. Se, come appare ormai assai verosimile, l’ufficio sarà mantenuto (si attende solo l’Ok dal ministero), la struttura in cui si svolgeranno le udienze, non sarà più quella di via Napoli, ma ci sarà il trasferimento in quelli che prima erano i locali del Tribunale di Napoli, sezione di staccata di Afragola, nel rione salicelle, una parte del quale tuttavia sarà occupato dal comando di polizia municipale. “Siamo ovviamente soddisfatti dell'accordo raggiunto tra i commissari prefettizi ed il Sindaco di Afragola per il mantenimento dell'ufficio, visto che è un risultato al quale l'associazione forense di Afragola, stava lavorando da 2 anni. Non è stato semplice raggiungere l'obiettivo considerate le difficoltà oggettive incontrate, ma grazie alla volontà del Sindaco Tuccillo nel voler mantenere l'ufficio ed all'impegno ed al lavoro svolto dal vicensindaco del Comune di Afragola Avv. Giovanni Giglio con il quale abbiamo lavorato incessantemente negli ultimi 4 - 5 mesi siamo riusciti ad ottenere questo  importante risultato. Speriamo che il Ministero accolga la nostra domanda e che tutti gli sforzi non siano vani”.  

Nuovo allarme dei Servizi Segreti: "In Italia alto il rischio di terrorismo" Attenzione a islamici e antagonisti"

Nuovo allarme dei Servizi Segreti: "E' rischio terrorismo. Attenzione a islamici e antagonisti, "




Jihadisti, anarco-insurrezionalisti e cyberattivisti. Da questi ambienti, secondo i nostri Servizi Segreti, potrebbero arrivare degli attacchi terroristici. Lo rivela Marco Minniti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti, in un suo intervento sulla rivista ’Italianieuropei' diretta da Massimo D’Alema, in edicola da mercoledì prossimo.

No Tav - «Il terrorismo di matrice jihadista continua a rappresentare una temibile minaccia. Molta attenzione è, al momento, rivolta al fenomeno dei cosiddetti foreign fighters per il correlato rischio di reducismo», dice Minniti che, parlando parlando del fronte interno, osserva come «la situazione di disagio sociale non sembra in grado di attribuire nuova linfa a progetti eversivi di stampo brigatista, tuttora perseguiti da ristretti circuiti dell’estremismo marxista-leninista. Attenzione particolare deve, invece, essere rivolta ai tentativi dell’estremismo antagonista di strumentalizzare le rivendicazioni sulle tematiche ambientaliste, sul diritto al lavoro e sul diritto alla casa, provando a connotarle per il ricorso alla violenza. In questo senso, non sono da sottovalutare le potenzialità dell’eversione di matrice anarco-insurrezionalista, intenzionata a infiltrare manifestazioni di dissenso, come la mobilitazione No Tav».

Hacker - C’è poi il capitolo cybersecurity che, rileva Minniti, «costituisce una sfida di straordinaria importanza con cui deve confrontarsi il nostro sistema paese e, più in generale, tutto il mondo globalizzato. La rete rappresenta una grande opportunità di conoscenza, di ricerca, di sviluppo tecnologico, ma - come sempre avviene in questi casi - costituisce altresì un’incombente minaccia. Più, infatti, il mondo si sviluppa, più abbiamo a che fare con nuove tecnologie; più sono di fronte a noi grandi opportunità, più dobbiamo confrontarci con grandi pericoli. Tutte le società molto veloci - soprattutto quelle complesse come la nostra - sono anche società molto fragili». Di fronte ad un quadro tanto complesso e articolato, «l’Italia in questa partita non può farcela da sola. Mare Nostrum - considera Minniti - deve diventare una missione europea e le Nazioni Unite devono impegnarsi per creare in Libia una cornice di sicurezza adeguata, che consenta di garantire la prima accoglienza direttamente nel paese, affidandola ad esempio a una grande organizzazione delle Nazioni Unite quale l’UNHCR».

Scalfari, altra figuraccia col Papa Viene ancora smentita l'intervista

Scalfari, nuova figuraccia col Papa



Eugenio Scalfari ci ricasca: ha di nuovo spacciato per frasi di Papa Francesco cose che il Pontefice non gli ha mai detto. Era già successo: a novembre scorso il Vaticano aveva rimosso dal suo sito internet l’intervista fatta dal fondatore del quotidiano Repubblica al Papa trovandola non esattamente corrispondente alle parole di Bergoglio. Scalfari si era difeso sostenendo che le discrepanze tra ciò che aveva scritto e il pensiero del Papa dipendevano dal fatto che lui non aver registrato la conversazione, né aveva preso appunti. Quindi i virgolettati attribuiti al Papa sono stati ricostruiti a memoria.

Lo stesso errore - Anche oggi è successa la stessa cosa. Padre Lombardi con una nota ufficiale molto dura ha smentito l’attribuzione al Papa di diversi passaggi contestando a Repubblica l’uso di diversi virgolettati. Anche questa volta per il Vaticano ciò che è stato pubblicato in grande evidenza su Repubblica è solo una ricostruzione “frutto della memoria” di Scalfari. In particolare la Santa Sede osserva che il fondatore di "Repubblica" attribuisce al Pontefice frasi mai pronunciate su “cardinali pedofili” e sul tema del celibato dei preti.

La nota del Vaticano - Eccola nota firmata da Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa del Vaticano e curatore delle comunicazioni che riguardano Papa e Vaticano: "Su la Repubblica di questa domenica mattina viene pubblicato con grande evidenza il resoconto, firmato da Eugenio Scalfari, di un suo nuovo colloquio con il Santo Padre Francesco. Il colloquio è cordiale e molto interessante e tocca principalmente i temi della piaga degli abusi sessuali su minori e dell’atteggiamento della Chiesa verso la mafia. Tuttavia, come già in precedenza in una circostanza analoga, bisogna far notare che ciò che Scalfari attribuisce al Papa, riferendo 'fra virgolette' le sue parole, è frutto della sua memoria di esperto giornalista, ma non di trascrizione precisa di una registrazione e tantomeno di revisione da parte dell’interessato, a cui le affermazioni vengono attribuite. Non si può e non si deve quindi parlare in alcun modo di un’intervista nel senso abituale del termine, come se si riportasse una serie di domande e di risposte che rispecchiano con fedeltà e certezza il pensiero preciso dell’interlocutore".

Le frasi incriminate - Continua Padre Lombardi: "Se quindi si può ritenere che nell’insieme l’articolo riporti il senso e lo spirito del colloquio fra il Santo Padre e Scalfari, occorre ribadire con forza quanto già si era detto in occasione di una precedente “intervista” apparsa su Repubblica, cioè che le singole espressioni riferite, nella formulazione riportata, non possono essere attribuite con sicurezza al Papa. Ad esempio e in particolare, ciò vale per due affermazioni che hanno attirato molta attenzione e che invece non sono attribuibili al Papa. Cioè che fra i pedofili vi siano dei “cardinali”, e che il Papa abbia affermato con sicurezza, a proposito del celibato, “le soluzioni le troverò”.  Nell’articolo pubblicato su Repubblica queste due affermazioni vengono chiaramente attribuite al Papa, ma – curiosamente - le virgolette vengono aperte prima, ma poi non vengono chiuse. Semplicemente mancano le virgolette di chiusura…Dimenticanza o esplicito riconoscimento che si sta facendo una manipolazione per i lettori ingenui?"