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giovedì 10 luglio 2014

Berlinguer, da zarina a imperatrice: un derby con la Meloni per Roma? Cosa sta succedendo nella capitale

Roma, idea Bianca Berlinguer: sindaco dopo la cacciata di Ignazio Marino

di Barbara Romano 



#RottaMarino. È l’ultima tendenza del nuovo corso renziano. Non sono solo i romani ad essere esasperati dal loro sindaco. Anche il Pd nazionale non ne può più di Ignazio Marino. E sta architettando il cambio della guardia al Campidoglio, che avvierà subito dopo l’estate, per portarlo a compimento nel giro di pochi mesi. Non si sono mai presi il premier e il sindaco capitolino, che sono arrivati quasi agli schiaffi sul decreto Salva Roma. Con Marino che minacciava «blocco la città» e Renzi che gli intimava «abbassa i toni». Ma è l’erosione di consensi che il centrosinistra sta subendo nella base a Roma che ha indotto il Pd a scaricare Marino. Un’emorragia di voti dovuta alla cattiva amministrazione del sindaco-chirurgo, certificata da allagamenti, strade piene di buche, tangenziale chiusa per mesi, quartieri invasi dall’immondizia. È ora di cambiare volto al centrosinistra capitolino, se il Pd non vuole perderci la faccia. Questo l’imperativo nella stanza dei bottoni di Palazzo Chigi e del Nazareno.

Due i piani studiati a tavolino da Renzi. Se si va al voto in primavera, Marino sarà indotto alle dimissioni dai vertici del Pd, che prevedono un election-day a marzo in cui celebrare Politiche e Amministrative. Se il governo tiene, il sindaco di Roma verrà commissariato. A quel punto partirà il countdown per le elezioni comunali anticipate. Sono tre i papabili per il dopo-Marino. La renziana Marianna Madia, ministro della Funzione pubblica. Enrico Gasbarra, parlamentare europeo già presidente della provincia di Roma: candidatura d’apparato. E Bianca Berlinguer, direttore del Tg3: la vera novità della campagna elettorale del Pd su Roma, che di fatto sta per iniziare. In pole position ora c’è lei.

Ma gli avversari non se ne stanno certo con le mani in mano. Anche il centrodestra, che fiuta il clima da “ultimi giorni di Marino”, ricomincia ad accarezzare l’idea delle primarie, tanto invocate, ma mai celebrate nell’ex Pdl (ad eccezione di Frosinone e Como). Tra i nomi più gettonati, c’è sempre quello di Giorgia Meloni, che rinunciò a scendere in campo contro Marino, ma che stavolta potrebbe lanciarsi alla conquista di Roma. Anche se molti nel centrodestra sono convinti che la leader dei Fdi abbia ben altre ambizioni. E voglia candidarsi sì alle primarie, ma quelle per la premiership. Per questo i riflettori sono tutti puntati su Alfio Marchini, che gode del gradimento trasversale di Ncd e Fi e piace molto anche a Berlusconi, il quale preferisce puntare su un outsider, tanto più se la sfidante dovesse essere la Berlinguer. Marchini potrebbe guidare un listone appoggiato da Fi, Ncd e Fdi, sulla falsariga di quel «grande movimento civico» sostenuto con forza dal senatore Andrea Augello per «rilanciare il centrodestra».

Tira aria di cambiamento a Roma, anche nella comunità ebraica, che è una delle più antiche della Città eterna. Ad aprile si voterà per il rinnovo della presidenza e si stanno già muovendo le acque. Fervono le trattative, le riunioni e i contatti riservati anche con le istituzioni capitoline per individuare il successore di Riccardo Pacifici, che non si può ricandidare perché è già al secondo mandato. Tra i papabili c’è Roberto Coen, avvocato, grande conoscitore degli ingranaggi della comunità ebraica, essendone stato vicepresidente. Ma in questo momento in cui si punta sulla donne, circolano per la prima volta anche nomi femminili, come quello di Livia Ottolenghi, libera professionista ed ex consigliera della comunità, e di Ester Mieli, ex portavoce di Pacifici. Mamma di due figli e giornalista, oltre a conoscere bene le dinamiche del mondo ebraico romano, la Mieli ha curato la comunicazione di politici di centrodestra e di centrosinistra e, a 38 anni, è la più giovane candidata alla presidenza.

mercoledì 9 luglio 2014

Vasco Errani condannato a un anno: falso ideologico e gli "aiutini" al fratello Il governatore più comunista si dimette

Vasco Errani condannato a un anno



Il governatore dell'Emilia Romagna Vasco Errani è stato condannato a un anno nel processo bis Terremerse dai giudici della Corte d'Apello per falso ideologico in atti pubblici. Subito dopo la condanna ha presentato le sue dimissioni dopo 15 anni al vertice della Regione. "Non si faccia nessuna confusione: quanto subisco io personalmente non diventi fango per l’istituzione - scrive in una nota - per questo  intendo rassegnare subito le mie dimissioni, e nel farlo rivendico il mio impegno e la mia onestà lungo tutti questi anni. E la mia piena innocenza anche in questo fatto specifico. Piena innocenza".  

L'inchiesta - La vicenda per cui il Governatore risale al 2006, quando la  coop Terremerse, che era presieduta da Giovanni Errani, il fratello di Vasco, ricevette un finanziamento da un milione di euro dalla Regione per costruire una cantina vinicola a Imola. Il punto è che quella cantina non aveva i requisiti. Giovanni Errani è a processo  in primo grado per truffa, mentre il Governatore risponde di falso perché nel 2009, dopo l’uscita di un articolo de Il Giornale sul caso, fece scrivere una relazione dai due dirigenti e la mandò in Procura. In quello scritto lui sosteneva che non c'era nessuna irregolarità. Il pm sostenne, durante il processo di primo grado, che quello fu un tentativo di depistare le indagini. In primo grado sia il Governatore che i due funzionari erano stati assolti, ma la Procura ha presentato Appello ed oggi è arrivata la condanna. Un anno e due mesi anche per i due dirigenti regionali. 

Il commento dei legali - "Errani è innocente e  ricorreremo in Cassazione". questo il commento del difensore del presidente dell'Emilia Romagna , l’avvocato Alessandro Gamberini, che ha aggiunto: "Si tratta di una sentenza a mio avviso sconcertante - ha aggiunto Gamberini - ovviamente vanno lette  le motivazioni ed è giusto attenderle per capire come ha ragionato la Corte. "Io rimango del parere, come ho espresso in primo grado che Vasco Errani è innocente in questa vicenda non c’era niente che provasse alcuna forma di istigazione a fare il falso quindi sotto questo profilo ricorreremo in Cassazione e cercheremo di far sì che questa innocenza venga comunque dimostrata come era peraltro stata dimostrata in primo grado".

Prandelli dalla Turchia sparge veleno: attacco frontale a Balotelli e Rossi

Cesare Prandelli: "Balotelli non è un campione. Giuseppe Rossi? Che delusione"



Dopo la figuraccia mondiale e la fuga a Istanbul parla Cesare Prandelli. Lo avevamo lasciato, polemico e mazziato, due settimane fa, quando la sua disastrosa Italia era implosa al termine del match con l'Uruguay. Lo avevamo lasciato con le sue dimissioni, con le sue accuse. Pochi giorni dopo il quadriennale col Galatasaray, una firma che sa tanto di fuga. E rieccolo, Cesare Prandelli, che riappare nella sala stampa dell'Ali Sami Yen a parlare della sua nuova sfida in Turchia. Si parte con le ovvie dichiarazioni: "Una scelta sportiva, un protetto vincente. Qui il calcio non solo è bello ma anche redditizio. Ho visto il centro sportivo, c'è molta professionalità, ci sono i presupposti per lavorare veramente bene". Una frecciatina al nostro, di calcio? Forse. L'ex Ct degli azzurri poi mette le mani avanti: "Ma tutti la devono pensare allo stesso modo". Un riferimento, quest'ultimo che può essere letto come alle violente polemiche tra le fazioni della nazionale che si sono palesate al termine dell'umiliante spedizione azzurra. "Ci sono tanti giocatori buoni - prosegue - ma il pensiero più forte è unirli per trovare un obiettivo sportivo. Il presidente mi ha detto che lui vuole raggiungere la quarta stella, e questo è garanzia di programmazione, di serietà, di voler vincere". Prandelli prende il posto di Roberto Mancini (e lui prenderà il suo posto a Coverciano?) e spiega che l'ex allenatore del Galatasaray gli ha parlato di "una società organizzata e di una esperienza molto positiva".

Attacchi a Balo e Rossi - Ma il cuore dell'intervento di Prandelli è quello relativo all'esperienza in Brasile. L'ex Ct passa all'attacco, e dopo aver detto in conferenza stampa, dopo l'Uruguay, che la responsabilità del fallimento del progetto tecnico era sua e sua soltanto, passa all'attacco contro i suoi giocatori. Per primo Mario Balotelli, che "ha grandi colpi ma non è un campione". Nel mirino ci finisce anche Giuseppe Rossi, lasciato a casa dall'ex Ct, definito come "la più grande delusione dal punto di vista umano. Dopo l'eliminazione dal Mondiale ho ricevuto lettere di minacce". Quindi Prandelli ribadisce che "il progetto tecnico è fallito ed era giusto farsi da parte". Sulla scelta di allenare il Galatasaray aggiunge: "Fino a dieci giorni fa ero ad un Mondiale, non ho mai pensato di poter programmare un mio futuro. Dopo il Mondiale ho ricevuto una telefonata, ho detto che non ero pronto mentalmente per pensare a una squadra, poi ho incontrato il presidente ed ho capito che è uno che vuole raggiungere i risultati". Il mister punterà forte su Sneijder, stella dell'Olanda arrivata alle semifinali mondiali ed ex idolo nerazzurro: "Abbiamo seguito le sue partite al Mondiale con interesse visto che è un giocatore che sta rispondendo bene a tutte le situazioni di personalità, corsa, resistenza. E' uno dei più importanti giocatori dell'Olanda e sarà uno dei più importanti del Galatasaray", ha concluso.

Daniela Prepara lo scherzetto ai cuginetti di Gramsci: vuole comprarsi L'Unità per farne...

La deputata di Forza Italia avrebbe chiesto di vedere i conti del quotidiano in crisi. Redazione già sulle barricate



I "sinistri" sono già in ambasce: "Le spire della Pitonessa provano ad avvolgere il quotidiano fondato da Antonio Gramsci" scrive il liberal Huffingtonpost.it, diretto da Lucia Annunziata. Accade infatti che la deputata di Forza Italia Daniela Santanchè abbia manifestato interesse per le sorti de "L'Unità", l'ex giornale del Partito comunista. Possibile? Proprio la Santanchè per la quale i comunisti sono peggio del vaiolo? L'indiscrezione è riportata dal sito dagospia.com, secondo il quale la "Santa" avrebbe chiesto di andare a visionare i conti de L'Unità. Con l'idea di presentare un'offerta d'acquisto. Il contatto sarebbe scattato stamattina, ma al momento i conti non le sono stati mostrati. Mentre è stato chiesto all’editore Fago di allegare alla sua proposta, ritenuta insufficiente dal liquidatore, un progetto industriale completo. La Santanchè, da parte sua, non è nuova allo shopping nel mondo dell'editoria, avendo acquistato giusto all'inizio dell'anno dal gruppo Mondadori due note testate periodiche come "Ciak" e "Pc comunicazione". 

Naturalmente, l'indiscrezione è bastata  a far salire sulle barricate una redazione già fiaccata da mesi di battaglie senza stipendio. “L’ipotesi di avere come editore la Santanché è per noi un’ipotesi senza futuro” fa sapere il Cdr. La manovra non sarebbe quella di spostare il quotidiano a destra. Ma di tenerlo a sinistra, facendone l’house organ di Renzi. O meglio, del Patto del Nazareno. Non a caso dell’operazione, scrive l'Huffingtonpost.it, sarebbe al corrente Denis Verdini, il grande negoziatore del patto su mandato di Berlusconi. Proprio oggi i giornalisti dell’Unità avevano inviato un accorato e appassionato video-appello al premier: “Matteo non abbandonarci”. 

Renzi si fa il suo "esercito", le truppe gliele paghiamo noi

Il "servizietto civile" di Renzi ci costerà 600 milioni l'anno


di Tommaso Montesano 


Il governo prepara la riforma del volontariato: centomila giovani saranno pagati 433 euro al mese


Arriva l’"esercito" di Matteo Renzi: 100mila giovani tra i 18 e i 28 anni di età, immigrati compresi. Da destinare, per 433 euro al mese ciascuno, a protezione civile, assistenza, ambiente, patrimonio artistico e culturale, servizio civile (anche all’estero).  È pronta la riforma del Terzo settore annunciata dal presidente del Consiglio a metà maggio. "Adesso un mese di discussione e poi parte l’iter", aveva promesso Renzi. Pazienza se la tabella di marcia ha subìto un rallentamento: il bando per reclutare i primi 37mila ragazzi è già stato emanato. A ottobre inizierà il reclutamento. E nel Consiglio dei ministri di giovedì potrebbe essere esaminata la legge delega in forza della quale Palazzo Chigi rivoluzionerà il servizio civile.

"Una possibilità per tutti" - L’idea, come da indicazioni dello stesso Renzi, è di allargare il più possibile la platea degli "arruolabili". Nessun titolo di studio richiesto, tanto per cominciare. Basterà rientrare nella fascia di età prevista. E a fare domanda per i primi 37mila posti del nuovo servizio civile potranno essere anche gli immigrati. "Una cosa che vogliamo fare è aprirlo agli stranieri regolarmente soggiornanti nel nostro Paese", confida Luigi Bobba, sottosegretario al Lavoro. Nello specifico, questo significa aprire le porte del nuovo "esercito" di volontari, oltre che ai cittadini dell’Unione europea, anche agli immigrati, tra i quali anche i profughi che hanno richiesto asilo politico. "L’obiettivo è offrire una possibilità a tutti i giovani, soprattutto quelli che non studiano e non lavorano", ha spiegato Bobba in un’intervista all’Unità.

L’obiettivo è arrivare a 100mila adesioni in tre anni, raggiungendo così l’Esercito, che oggi conta 105mila unità. I giovani accreditati al servizio civile attualmente sono circa 15mila; mentre quelli avviati dal 2001 al 2013 sono stati in tutto poco meno di 300mila. I tempi del servizio, ha spiegato Renzi, dovranno essere "in linea con la velocità delle trasformazioni". I ragazzi, infatti, dovranno essere in grado di fare "un’esperienza significativa" senza essere "bloccati per troppo tempo". Da qui il compromesso: "Otto mesi eventualmente prorogabili di 4 mesi". Per un totale massimo, dunque, di un anno.

Facile ipotizzare che gli aderenti sfruttino tutto il tempo a disposizione. I "volontari", del resto, saranno pagati, seppur sotto forma di rimborso spese: 433 euro al mese per 30 ore di lavoro settimanali. Ognuno di loro, è stato calcolato, costerà alle casse dello Stato circa 6mila euro all’anno. A regime, con 100mila "arruolati", l’esborso sarà di 600 milioni di euro all’anno. A cui bisognerà aggiungere la fiscalità di vantaggio - si pensa all’esenzione dall’Irap - per le società che operano nel settore.

"Le priorità sono altre" - Le mosse del governo insospettiscono Forza Italia. "Nessun pregiudizio a discutere di servizio civile", premette Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato, "ma non vorrei che dietro questa connotazione terzomondista si nascondesse l’ennesima sanatoria per i richiedenti asilo. E con tanto di assegnino...".  L’esponente forzista vuole vederci chiaro: "Punteremo i riflettori sul progetto del governo. Di certo le priorità sono altre: sul fronte della sicurezza, tanto per cominciare, sono bloccati i contratti delle Forze di polizia. Ci fossero solo quattro euro disponibili, è lì che dovrebbero andare". Il timore, visto il riferimento del governo agli immigrati, è che il nuovo servizio civile si traduca in un’ulteriore agevolazione "per l’importazione dei clandestini".

Pier Silvio e Confalonieri assolti: prova che Silvio è innocente

Pier Silvio e Confalonieri assolti: la prova che Silvio Berlusconi era innocente



Due processi. Quasi due processi uguali. Nel mirino sempre Mediaset, o meglio la famiglia Berlusconi. Nel processo principale, Silvio Berlusconi è stato condannato a 4 anni di detenzione per frode fiscale: ci si riferisce alla celeberrima sentenza del 1° agosto 2013 della sezione feriale della Corte di Cassazione, presieduta da Antonio Esposito, la toga che anticipò le motivazioni della condanna in una contestatissima intervista a Il Mattino. Nel secondo processo, Mediatrade, nato come una costola del primo - e la notizia è freschissima, di pochi minuti fa - l'imputato Pier Silvio Berlusconi è stato assolto dall'accusa di frode fiscale, così come è stato in parte assolto - ed in parte prescirtto - Fedele Confalonieri. La giustizia, dunque, dà ragione al vicepresidente del Biscione, Pier Silvio, e al presidente, Fedele. L'unico condannato resta il padre, Silvio Berlusconi, che per la giustizia, dunque, è l'unico ad avere evaso.

I due casi - Pier Silvio e Fedele sono stati assolti perché "il fatto non costituisce reato". Come detto, le toghe si sono pronunciate su una presunta frode fiscale relativa al consolidato del gruppo, una vicenda che aveva al centro Frank Agrama, il produttore cinematografico statunitense. Secondo l'accusa le aziende di Silvio Berlusconi avrebbero operato irregolarmente nella compravendita di diritti televisivi e cinematografici, acquistandoli a prezzi più alti rispetto a quelli del valore di mercato per ottenere risparmi fiscali e per la creazione di fondi neri. E' curioso notare come nel processo Mediaset costato la condanna al Cavaliere, nato dal caso All Ibernian, l'accusa era proprio quella di aver fatto "la cresta" sulla compravendita dei diritti dei film made in Usa. Secondo l'accusa, in soldoni, Mediaset non li comprava direttamente, ma da società offshore, che a loro volta li cedevano ad altre società gemelle, facendo così lievitare il prezzo ad ogni passaggio: la differenza tra il valore reale e quello finale, per l'accusa, consentiva così di mettere da parte dei fondi neri. Per le toghe l'ex premier avrebbe questi fondi, senza pagare le tasse e frodando gli azionisti del Biscione.

Contesti simili - Insomma, due quadri accusatori molto simili, quasi gemelli, quelli del processo Mediaset e di quello Mediatrade. Un processo però si è concluso con una condanna e l'altro, oggi, è arrivato ad una assoluzione. A rendere ancor più sospetto il quadro c'è il fatto che Silvio Berlusconi, già nel 1993, aveva lasciato tutte le cariche sociali in Mediaset. Il passo indietro fu uno dei punti su cui più la difesa aveva insistito per ottenere l'assoluzione del Cav: come poteva architettare e gestire la frode fiscale - questa la linea - se impegnato in politica e lontano dal gruppo? Per i giudici, però, non c'è mai stato alcun dubbio: l'oggi leader di Forza Italia avrebbe continuato ad occuparsi delle società tramite prestanome. In un contesto molto simile, però, non arrivano le condanne per Pier Silvio e Confalonieri, che invece - vice e presidente - in Mediaset ricoprono incarichi apicali. Non a caso, dopo la pronuncia odierna del tribunale di Milano, Niccolò Ghedini, legale del figlio del Cav, ha commentato: "Siamo soddisfatti, è una sentenza importante che riconosce la linea da noi sempre sostenuta. Ma, anche se si tratta di due processi diversi, anche Silvio Berlusconi andava assolto nel processo Mediaset. Per questo - ha ribadito - abbiamo presentato ricorso alla Corte di Giustizia europea".

Una storia italiana - La storia del "ricorso continentale" presentato dall'ex premier che si è sempre detto innocente è ancora tutta da scrivere. La storia che invece è già stata scritta è quella di Berlusconi stesso, una storia personale che dopo la condanna di un anno fa ha conosciuto i corsi più difficili. Dopo la condanna, il 4 ottobre 2014 l'ok della commissione alla decadenza del Cav da senatore in base alla legge Severino: la "cacciata" da Palazzo Madama verrà poi ratificata dal Senato il 27 novembre. Poi, il 4 ottobre, la condanna della Corte d'Appello di Milano alla pena accessoria di interdizione dai pubblici uffici per due anni, decisione confermata a marzo 2014 dalla Cassazione. Quindi le pagine più recenti della vicenda, con l'affidamento ai servizi sociali. Il sospetto, dunque, è che a pagare sia soltanto il Cavaliere: non perché stia pagando "per tutti", il dubbio è che stia pagando soltanto perché qualcuno voleva che pagasse. Soltanto perché qualcuno voleva ridimensionare il suo potere politico per via giudiziaria, poiché con il voto l'impresa non era mai riuscita. Un sospetto che viene indirettamente confermato anche da quanto affermato dall'accusa nella requisitoria finale del processo Medaiset, in cui proprio il Cavaliere veniva indicato come "organizzatore" del "grande disegno di frode" fiscale. Putacaso, le stesse motivazioni con cui Berlusconi è stato condannato da mister Esposito. Le stesse motivazioni con cui sono riusciti - forse - a farlo fuori.

Incredibile a Belo Horizonte: Germania-Brasile 7 a 1

Incredibile a Belo Horizonte: Germania-Brasile 7 a 1



Una muraglia umana gialla. Undici altre maglie giallo-oro in campo. E poi quegli undici in rosso-nero- Come mosche nel latte. E' cominciata con questa scenografia a Belo Horizonte, la prima delle due semifinali del Mondiale: Brasile Germania. Una sfida che in Giappone era stata la finale del Mondiale 2002. In avvio squadre molto attente, ma coi tedeschi più ficcanti che al 7' del primo tempo creavano il panico nell'area sudamericana. Ma il tiro violento di Kroos sbatteva contro un difensore. Germania ancora in avanti al 10': calcio d'angolo di Kroos e in mezzo all'area girata al volo di un quasi incredulo Mueller completamente libero: 1-0 per la Germania e stadio di Belo Horizonte gelato nel silenzio.

La reazione del Brasile sta tutta in Marcelo che al17' scende sulla fascia sinistra e finisce a terra in piena area: il brasiliano si alza  convinto che sia rigore, ma l'arbitro Rodriguez Moreno dice no. Da lì in poi, solo Germania. E tragedia, vera per i brasiliani. Che al 23' prendono il secondo gol da Klose, al suo sedicesimo centro in un Mondiale (record ognitempo per un singolo giocatore), al 25' e 26' incassano la doppietta di Kroos e al  29' vengono umiliati da Khedira. Poi i tedeschi paiono placarsi, anche per rispetto di avversari e pubblico. Ma tengono comunque il pallino del gioco a fronte di un Brasile che ormai non c'è più e forse sul campo di belo Horizonte, a quel punto, avrebbe preferito non aver mai nemmeno messo piede.

Dopo 45 minuti la Germania è già in finale, dove giocherà contro la vincente dell'altra semifinale che si giocherà domani sempre alle 22 ora italiana a San Paolo. L'impressione è che senza Thiago Silva in difesa, i tedeschi abbiano fatto quello che volevano. E davanti, senza Neymar, sono spariti tutti. Al fischio di Moreno che sancisce la fine del primo tempo, le telecamere inquadrano sugli spalti tifosi con lo sguardo perso nel vuoto, molti in lacrime. 

nella ripresa, il migliore in campo per i brasiliani è il portiere Julio Cesar, che prima vola all'incrocio dei pali per deviare appena sopra la traversa un missile di Mueller (16') e poi (20') esce sui piedi di kroos lanciato da solo verso la sua porta. Ma nulla può, l'ex portiere dell'Inter, al 24': ancio in area sulla destra per Lahm che centra basso per l'accorrente Schurrle che anticipa anche Muller e d'interno destro rasoterra fa 6-0. Punteggio tennistico. O "cappotto". Ma non basta ancora: perchè la peggior sconfitta subita dai verdeoro nella loro storia (dall'Uruguay nel 1930) viene superata quando Schurrle al 34' segna il settimo gol dei tedeschi. Il pubblico, che aveva sperato in una reazione d'orgoglio dei suoi (ex) beniamini, inizia a rumoreggiare e a fischiare. Bersaglio preferito l'evanescente Fred. nel finale, poco conta, se non per un briciolo d'onore, la rete di Oscar che fissa il punteggio finale sul 7-1 per la Germania.