Visualizzazioni totali

venerdì 13 giugno 2014

Alfano tira dentro Casini e "chiama" un big di Forza Italia...

Casini e Alfano: ipotesi gruppo unico parlamentare



Dopo le europee e soprattutto dopo le amministrative continuano le grandi manovre dentro il centrodestra. Ncd e Forza Italia, va detto, hanno provato ad aprire un dialogo per fermare i dissidi figli della scissione del Pdl, ma con scarsi risultati. A pesare nella trattativa è la grande agitazione dentro Forza italia guidata dall'ex lealista Raffaele Fitto. E' stato l'uomo più votato tra gli azzurri e subito dopo le europee si è messo al timone della fronda interna che chiede una nuova leadership del partito e primarie a tutti i livelli. Dal Cav è arrivato un "no" secco che ha incrinato e non poco il rapporto con l'ex ministro. Così Fitto prova a guardare verso il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano e studia un piano per creare un nuovo polo di moderati lontano dalle sponde di Forza Italia. 

Asse Ncd-Udc - Con lui, a dargli una mano, ci sarebbe Angelino Alfano. Il ministro degli Interni ha tutta l'intenzione di allargare la sua coalizione di centro, forte anche del risultato delle europee. Secondo quanto racconta Dagospia dalle parti di Ncd si prepara una rivoluzione che se andasse in porto potrebbe ribaltare tutti gli equilibri del centrodestra. Il piano prevede la fusione dei gruppi parlamentari di Ncd e Udc di Pierferdinando Casini  per dare vita ad un'alleanza in cui presto dovrebbe entrare (il condizionale in questi casi è d'obbligo) anche Raffaele Fitto. La settimana prossima nascerà infatti alla Camera dei Deputati un nuovo gruppo che si chiamerà appunto Coalizione Popolare e avrà come capogruppo D'Alia Giampiero. Stessa operazione al Senato con il ruolo di capogruppo affidato a Renato Schifani. L'obiettivo vero è quello di convincere Fitto ad entrare nel nuovo polo per portare con sè un centinaio di parlamentari in grado di allargare la maggioranza utili per mettere fuorigioco i dissidenti Pd e dunque aprire l'azione del governo verso il centro e non più verso sinistra. 

Il ruolo di Lupi - Nelle prossime ore, e durante il week end, saranno definiti i dettagli per l'accordo Ncd-Udc, ma l'accordo politico è fatto. E nella partita diventa fondamentale il ruolo di Maurizio Lupi. Il ministro alle Infrastrutture sta decidendo in queste ore il suo percorso personale. Con la proclamazione ufficiale a deputato europeo avvenuta oggi ha 30 giorni di tempo per decidere se dimettersi o restare a Strasburgo. Secondo Dagospia resterà parlamentare europeo, allontanandosi dall'aria oggettivamente velenosa del Ministero delle Infrastrutture e sarà uno dei triunviri che guiderà il nuovo raggruppamento. 

La violenza negli Stadi: Risposte normative e rimedi auspicabili

La violenza negli Stadi: Risposte normative e rimedi auspicabili

a cura di Gaetano Daniele 



La violenza negli Stadi: risposte normative e rimedi auspicabili non è casuale. Infatti, i partecipanti al convegno sono invitati ad effettuare interventi e (perché no?) prospettare un loro personale rimedio (ad es. l'introduzione e l'applicazione del c.d. Modello Inglese).
Nel corso dello stesso interverranno Giuristi Illustri come:
- la Prof.ssa Lina Musumarra (Docente di Diritto dello Sport dell'Università Luiss di Roma); 
- l'Avv. Ferdinando Venezia (Collaboratore della Procura Federale); 
- il Dott. Stefano Capuano (Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli);
- l'Avv. Eduardo Chiacchio (Esperto di Diritto dello Sport), il quale ci illuminerà anche circa la "Riforma della Giustizia Sportiva" che entrerà in vigore dalla stagione 2014-2015 di ogni Federazione, momento definito dal Presidente del CONI, Giovanni Malagò: "Epocale";
- l'Avv. Gianfranco Mallardo, Consigliere dell'Ordine degli Avvocati di Napoli, il quale rassegnerà le conclusioni dell'Incontro-Dibattito.
Al termine dello stesso seguirà un “Rinfresco”.
Inoltre, il convegno sarà accreditato presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli per il conseguimento dei “Crediti Formativi”.





Afragola (Na) - Sindaci ed associazioni forense: L’ufficio del Giudice di pace di Afragola non si tocca

Sindaci ed associazioni forense: L’ufficio del Giudice di pace di Afragola non si tocca

di Enza Massaro 


Giudice di Pace di Afragola: tavola rotonda tra sindaci ed associazione forense per “salvare la sede”. E’ previsto per questa settimana un secondo e forse definitivo incontro tra i sindaci di Afragola, Caivano e Cardito per definire, con la preziosa collaborazione dell’Associazione Forense di Afragola presieduta dall’avvocato Francesco Castaldo e che conta più di 300 iscritti tra avvocati a praticanti. Nel primo incontro, quello della scorsa settimana, si è finalmente registrata la volontà univoca, di tutte e tre le fasce tricolore dei comuni interessati, a salvare la sede e continuare ad ospitare il presidio di legalità sul territorio. Un piccolo successo ed un’importante assunzione di responsabilità da parte di tutti. Qualche piccolo problema legato solo alla logistica ed alle quote che ogni ente dovrebbe garantire annualmente per il funzionamento della struttura. “E’ solo su questi piccoli dettagli da limare che si dovrà lavorare al prossimo incontro. Siamo estremamente fiduciosi e la locale classe forense accoglie con favore questo barlume di speranza concreta, dopo tante, tantissime delusioni. Tra le quali la scellerata o quantomeno affrettata nuova geografia giudiziaria” ha detto l’avvocato Castaldo. “Sono fiducioso – ha aggiunto l’avvocato Mario Setola, tesoriere dell’Associazione forense afragolese – nell’impegno degli avvocati che rivestono le cariche di consiglieri comunali dei comuni interessati. Hanno dimostrato, per ora negli intenti, responsabilità ed attaccamento ad una professione che vive uno dei momenti più bui negli ultimi anni”. 

L'appello di Francesca Pascale sulle unioni civili e i gay E indica a Forza Italia la strada

Francesca Pascale: "Il centrodestra deve battersi per le unioni civili"



Per la prima volta la Francesca Pascale dice la sua su unioni civili e gay. Una posizione chiara, netta, che farà certamente discutere. "Lo dico da cristiana, da cattolica, da donna che vive nella condizione di coppia di fatto: sì alle unioni civili, sì al rispetto per la libertà individuale". E' la nuova "crociata" di Francesca Pascale, fidanzata di Silvio Berlusconi che, in un'intervista al Corriere del Mezzogiorno, spiega: "Cristo ha detto: ama il prossimo tuo come te stesso. Non ha insegnato a fare differenza tra gay ed etero. Ecco, mi piacerebbe se il centrodestra aprisse i suoi orizzonti e affermasse: siamo liberali fino in fondo e non soltanto quando ci interessa o quando ci fa comodo. Va bene rispettare ciò che dice la Chiesa, ma la Chiesa deve rispettare anche la libertà di uno stato laico e non confessionale, altrimenti si sconfina nella discriminazione di chi non è cattolico". 

Ha deciso di dichiarare guerra all'area cattolica?, le chiede il giornalista. "No, al bigottismo ipocrita. Forza Italia è formata da tante anime: anche quella liberale, rappresentata dallo stesso presidente Berlusconi. E per la paura di spaventare la Chiesa si fa finta di non vedere e non sentire. Si parla tanto di Europa per i problemi economici. E' giusto e capisco, data la situazione di crisi. Ma sui diritti sociali, quando pensiamo di avvicinarci al resto delle nazioni europee? La libertà, per il nostro partito, è il valore principale. Ma questo principio deve essere rispettato fino in fondo".

L'appello al partito Quando il giornalista le fa notare che la sua affermazione sembra "di parte", lei risponde: "Io parlo della mia condizione, ma non soffro se lo Stato non  vuole riconoscermela. Ho scelto io, liberamente, di convivere con un uomo divorziato e mi sta bene così". E poi lancia un appello a Forza Italia:  "Approfittiamone ora che c'è un Papa liberale, che ha mostrato significative aperture verso divorziati e omosessuali"

Caso Mineo, una voce dal Pd: "Scissione e voto anticipato"

Caso Mineo, una voce dal Pd: "Scissione e voto anticipato"


I dissidenti del Pd hanno in mano una pistola. La cartuccia è una sola: il voto anticipato. Se decidessero di "sparare" il premier Matteo Renzi e il Pd di fatto tornerebbero immediatamente alle urne delapidando di fatto il successo delle europee. Già, perchè il Pd che si presenterebbe al voto non sarebbe un partito compatto e unito, ma sarebbe in preda ad un terremoto interno che può lasciare dietro di sè solo macerie. In Transatalantico dopo l'epurazione di Corradino Mineo dalla Commissione Affari Costituzionali arriva una voce interna al Nazareno che parla chiaramente di "scissione e di voto anticipato". 

La fronda e il voto - Di fatto i dissidenti Pd, i 14 senatori autosospesi e tutta la fronda civatiana sarebbero pronti ad andare al voto sciogliendo di fatto il loro le game col Pd. In Senato si rincorrono voci che indicano nuove adesioni da parte di Luigi Manconi, Luigi Cucca e Rosaria Capacchione. A quanto pare la minaccia del voto anticipato ha già attecchito a Palazzo Madama, dove si è diffuso il timore che gli autosospesi formino un gruppo autonomo, fuori dal Pd. Così anche nella maggioranza e soprattutto a palazzo Chigi è scattato il panico, tanto che qualcuno ha anche ipotizzato strambe vie d’uscita, come per esempio lo scioglimento solo del Senato con elezioni anticipate solo per quel ramo del Parlamento, per salvare la Camera e non mandare al macero tutto il 40,8 per cento conquistato alle europee. 

La minaccia - Pippo Civati lascia aperto ogni possibile esito: “Se non riesce più a tenere una situazione così, può anche essere che qualcuno lasci il gruppo del Pd non dico per sempre, ma per un tempo più lungo di questa autosospensione che ovviamente è una richiesta di chiarimento al gruppo nel suo complesso". Mineo invece dice che il gruppo autonomo è “fuori discussione” anche se “si è rotto un rapporto di fiducia: ora vogliamo chiarimenti”, a cominciare dall’incontro con il capogruppo Luigi Zanda previsto per lunedì e poi l’assemblea dei senatori martedì. Civati riflette sugli ultimi giorni e sui viaggi istituzionali del premier: “Renzi ha rivendicato la decisione dalla Cina, a volte queste cose venivano dalla Bulgaria ma evidentemente siamo ancora più esotici...". Lo scontro ormai è aperto. E l'esito di un voto anticipato con un Pd diviso è del tutto imprevedibile...

Martino contro il Cerchio Magico: "Silvio sequestrato ad Arcore, non mi fanno parlare con lui"

Forza Italia, Martino: "Basta puntare tutto su Silvio, il partito si apra alle facce nuove"

Intervista a cura di Tommaso Montesano 



Antonio Martino, tessera numero due di Forza Italia nel 1994, dopo la sconfitta alle Europee è arrivata quella delle Amministrative: perché?

«Domanda importante e quanto mai opportuna. Il voto di domenica scorsa ha confermato quanto accaduto in elezioni precedenti».

L’arretramento di Forza Italia?

«Soprattutto il fatto che il più importante partito italiano sia quello degli astenuti. Un partito che anche due giorni fa ha ottenuto la maggioranza assoluta». 

E questo che incidenza ha avuto sul risultato di FI?

«La mia ipotesi è che un gran numero, se non la maggioranza, degli astenuti, sia composto da persone che avrebbero votato per noi se non li avessimo delusi. Avevamo promesso agli italiani che avremmo cambiato questo Paese cercando di allargare gli spazi di decisione di persone, famiglie e imprese e di restringere quelli affidati a meccanismi politici. Quando hanno visto che questo non avveniva, pur in presenza di qualche attenuante da parte nostra, se la sono presa e ci hanno puniti».

Adesso come si riparte?

«I problemi sono gli stessi del 1994, anche un po’ peggiorati: l’incidenza della spesa pubblica totale sul reddito nazionale è maggiore rispetto ad allora; il Pil continua a diminuire e la disoccupazione è ai massimi storici».

Dove vuole arrivare?

«Forza Italia dovrebbe recuperare la saggezza di alcune intuizioni del '94. Non basta dire che gli altri sono cattivi statalisti, comunisti e tassatori: non funziona più. Dobbiamo dire che cosa faremmo noi se avessimo la maggioranza: ad esempio una riforma radicale della sanità pubblica e delle Regioni, un focolaio di malaffare inutile. E comunque non mi riferisco solo alla ricetta economica». 

E a che altro?

«Nel '94 c’erano i club e quel poco di partito che c’era, era determinato da scelte che provenivano dal basso. I coordinatori locali non venivano scelti a Roma per tutta Italia, ma con la partecipazione degli iscritti in elezioni periferiche. Questo permetteva di coinvolgere molte persone nella vita del movimento. Gli elettori partecipavano, potevano dire la loro. Questo lo abbiamo abbandonato: dobbiamo riprenderlo».

Cosa non le piace della Forza Italia attuale?

«Oggi le facce nuove, giovani, intenzionate a partecipare, vengono fatte scappare perché abbiamo un movimento che è ancora gestito con criteri che non sono compatibili con l’ingresso di una nuova generazione di attivisti».

Una parte di Forza Italia, capeggiata da Raffaele Fitto, invoca le primarie. 

«La questione delle primarie è mal posta. Le primarie sono un ottimo strumento in un particolare sistema politico, quello americano. Trasportate in Italia, creano solo confusione: l’esempio del Pd è da evitare». 

La ricetta giusta per coinvolgere gli elettori qual è?
«All’ultimo comitato di presidenza ho ascoltato quanto ha detto Fitto e su una cosa ha ragione: bisogna tornare a scegliere i dirigenti locali dal basso, con una partecipazione diretta degli iscritti».

E come?

«Meglio avere un congresso che non averlo. Altrimenti chi dovrebbe fare le scelte?».

Finora le ha fatte per lo più Silvio Berlusconi. 

«E infatti, poiché lui non poteva fare tutto, ha finito con il delegare una parte delle scelte ad altri. Persone stimabili, per carità, ma al centro nessuno possiede la quantità di informazioni necessarie per sapire chi ci debba rappresentare a Scurcola Marsicana».

In tutto questo che peso assume il tema della leadership di Berlusconi?

«Berlusconi ha basato Forza Italia sulla sua leadership personale. Questo è andato benissimo per vent’anni, ma continuare a puntare tutto su Berlusconi è rischioso. Se non altro perché Berlusconi non potrà essere un capo partito al meglio delle sue possibilità a causa delle decisioni della magistratura».

E chi dopo Berlusconi?

«Un altro Berlusconi non esiste, non dobbiamo cercarlo. Dobbiamo assumere l’iniziativa, invece, affinché Berlusconi sia affiancato da un movimento vitale, in grado di esprimere, con il tempo, i leader che, prima o poi, si formeranno. Ma perché questo accada, Forza Italia deve spalancare porte e finestre». 

Non pensa che nel calo di Forza Italia giochi un ruolo anche l’atteggiamento ambiguo nei confronti di Matteo Renzi?

«È possibile, ma non è la ragione principale: la disaffezione del nostro elettorato è precedente. Ciò premesso, se riuscissi a parlargli, cosa che non mi riesce più da diversi mesi perché non me lo passano quando telefono, a Berlusconi consiglierei di stare attento al rapporto con il premier: va bene se porta a casa riforme utili all’Italia, non va bene se questo non accade».

Il Condono fiscale del Pd: Renzi prepara la sanatoria per chi ha soldi in nero

Renzi prepara il condono fiscale


di Francesco De Dominicis




Edilizi o fiscali, l’Italia è il Paese dei condoni. Roba da centrodestra, si dice. Per la verità, quasi tutti i governi (e di qualsiasi colore) un colpo di spugna sulle tasse o sugli abusi immobiliari lo hanno sempre servito in tavola ai contribuenti. Dal 1973 se ne contano una decina: gli archivi rivelano che, nell’arco di 40 anni, ben 28 anni sono stati «coperti» da scappatoie per sanare irregolarità con i tributi o col mattone. Per le casse dello Stato le sanatorie sono state spesso una boccata d’ossigeno: complessivamente, il gettito incassato dall’erario è pari a 65,3 miliardi di euro che, attualizzati ai giorni nostri, vuol dire la bellezza di circa 123 miliardi. Ecco perché pure il governo di Matteo Renzi - espressione di quel Partito democratico che ha sempre criminalizzato le «regolarizzazioni» fiscali, puntando il dito contro Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi - adesso cede alla tentazione. Camuffato e tenuto sotto silenzio, sta dunque prendendo forma il condono targato Pd: paghi grosso modo il 30% e chi s’è visto, s’è visto; e occhi chiusi anche per gli aspetti penali. Certo, molto di più del 5% previsto dallo scudo fiscale di Tremonti, ma assai meno di quanto raschiato di norma dal fisco, almeno il 50% (stima prudente) dei redditi, nel caso di un’impresa, tra Ires, Irap e balzelli vari.


In ogni caso, un affare per i contribuenti e pure per lo Stato, sempre a caccia di nuove risorse. Vale anche per Renzi. Vuoi per assicurare copertura alle misure promesse nei primi mesi al governo, vuoi per tenere a bada i conti, col debito pubblico che zavorra la ripresa economica, l’ex sindaco di Firenze ha bisogno di soldi. Di qui il condono mascherato da rimpatrio dei fondi: una serie di sconti e benefici fiscali sulle somme tenute nascoste al fisco in Italia è stata inserita, infatti, nel disegno di legge all’esame della Camera sul rientro dei capitali dall’estero. Con la scusa del rimpatrio di quattrini illegalmente detenuti Oltreconfine o esportati violando le norme tributarie e antiriciclaggio, l’esecutivo punta a fare cassa con chi i soldi li ha nascosti in tasca, sotto il materasso o in una cassetta di sicurezza in banca. E in Italia, mica in Svizzera o alle isole Cayman. L’accordo segreto è stato siglato pochi giorni fa in Parlamento: gli esponenti di palazzo Chigi e i membri della commissione Finanze di Montecitorio hanno deciso di estendere alle evasioni di imposta «senza costituzione di provviste all’estero» le agevolazioni della cosiddetta voluntary disclosure, vale a dire la «collaborazione volontaria» dei furbetti delle tasse. Si pagherà un’aliquota pari al 27% della somma da regolarizzare più un ottavo delle sanzioni: alla fine della giostra il prelievo non dovrebbe andare oltre il 30%. Ma non è tutto: lo sconto fiscale è accompagnato dal dimezzamento delle sanzioni penali in caso di frode. Una sorta di pacca sulla spalla degli evasori «professionisti».


Attenzione: la parola condono non compare mai nei documenti ufficiali del governo che, c’è da scommetterlo, si difenderà brandendo le raccomandazioni dell’Ocse, secondo cui le regolarizzazioni di capitali non devono contenere «discriminazioni territoriali». Per mischiare ulteriormente le carte, la procedura verrà battezzata con la dicitura «emersione domestica» nell’ambito del «ravvedimento speciale per l’integrazione degli imponibili»: il linguaggio degli addetti ai lavori, burocratese stretto. Fatto sta che non sarà un colpo di spugna per tutti: le nuove norme, che riguardano i periodi d’imposta fino al 31 dicembre 2012, prevedono restrizioni. Non potrà fare pace col fisco chi ha ricevuto contestazioni dell’agenzia delle Entrate né chi ha già procedimenti penali. E la misura è >>.