Forza Italia, Martino: "Basta puntare tutto su Silvio, il partito si apra alle facce nuove"
Intervista a cura di Tommaso Montesano
Antonio Martino, tessera numero due di Forza Italia nel 1994, dopo la sconfitta alle Europee è arrivata quella delle Amministrative: perché?
«Domanda importante e quanto mai opportuna. Il voto di domenica scorsa ha confermato quanto accaduto in elezioni precedenti».
L’arretramento di Forza Italia?
«Soprattutto il fatto che il più importante partito italiano sia quello degli astenuti. Un partito che anche due giorni fa ha ottenuto la maggioranza assoluta».
E questo che incidenza ha avuto sul risultato di FI?
«La mia ipotesi è che un gran numero, se non la maggioranza, degli astenuti, sia composto da persone che avrebbero votato per noi se non li avessimo delusi. Avevamo promesso agli italiani che avremmo cambiato questo Paese cercando di allargare gli spazi di decisione di persone, famiglie e imprese e di restringere quelli affidati a meccanismi politici. Quando hanno visto che questo non avveniva, pur in presenza di qualche attenuante da parte nostra, se la sono presa e ci hanno puniti».
Adesso come si riparte?
«I problemi sono gli stessi del 1994, anche un po’ peggiorati: l’incidenza della spesa pubblica totale sul reddito nazionale è maggiore rispetto ad allora; il Pil continua a diminuire e la disoccupazione è ai massimi storici».
Dove vuole arrivare?
«Forza Italia dovrebbe recuperare la saggezza di alcune intuizioni del '94. Non basta dire che gli altri sono cattivi statalisti, comunisti e tassatori: non funziona più. Dobbiamo dire che cosa faremmo noi se avessimo la maggioranza: ad esempio una riforma radicale della sanità pubblica e delle Regioni, un focolaio di malaffare inutile. E comunque non mi riferisco solo alla ricetta economica».
E a che altro?
«Nel '94 c’erano i club e quel poco di partito che c’era, era determinato da scelte che provenivano dal basso. I coordinatori locali non venivano scelti a Roma per tutta Italia, ma con la partecipazione degli iscritti in elezioni periferiche. Questo permetteva di coinvolgere molte persone nella vita del movimento. Gli elettori partecipavano, potevano dire la loro. Questo lo abbiamo abbandonato: dobbiamo riprenderlo».
Cosa non le piace della Forza Italia attuale?
«Oggi le facce nuove, giovani, intenzionate a partecipare, vengono fatte scappare perché abbiamo un movimento che è ancora gestito con criteri che non sono compatibili con l’ingresso di una nuova generazione di attivisti».
Una parte di Forza Italia, capeggiata da Raffaele Fitto, invoca le primarie.
«La questione delle primarie è mal posta. Le primarie sono un ottimo strumento in un particolare sistema politico, quello americano. Trasportate in Italia, creano solo confusione: l’esempio del Pd è da evitare».
La ricetta giusta per coinvolgere gli elettori qual è?
«All’ultimo comitato di presidenza ho ascoltato quanto ha detto Fitto e su una cosa ha ragione: bisogna tornare a scegliere i dirigenti locali dal basso, con una partecipazione diretta degli iscritti».
E come?
«Meglio avere un congresso che non averlo. Altrimenti chi dovrebbe fare le scelte?».
Finora le ha fatte per lo più Silvio Berlusconi.
«E infatti, poiché lui non poteva fare tutto, ha finito con il delegare una parte delle scelte ad altri. Persone stimabili, per carità, ma al centro nessuno possiede la quantità di informazioni necessarie per sapire chi ci debba rappresentare a Scurcola Marsicana».
In tutto questo che peso assume il tema della leadership di Berlusconi?
«Berlusconi ha basato Forza Italia sulla sua leadership personale. Questo è andato benissimo per vent’anni, ma continuare a puntare tutto su Berlusconi è rischioso. Se non altro perché Berlusconi non potrà essere un capo partito al meglio delle sue possibilità a causa delle decisioni della magistratura».
E chi dopo Berlusconi?
«Un altro Berlusconi non esiste, non dobbiamo cercarlo. Dobbiamo assumere l’iniziativa, invece, affinché Berlusconi sia affiancato da un movimento vitale, in grado di esprimere, con il tempo, i leader che, prima o poi, si formeranno. Ma perché questo accada, Forza Italia deve spalancare porte e finestre».
Non pensa che nel calo di Forza Italia giochi un ruolo anche l’atteggiamento ambiguo nei confronti di Matteo Renzi?
«È possibile, ma non è la ragione principale: la disaffezione del nostro elettorato è precedente. Ciò premesso, se riuscissi a parlargli, cosa che non mi riesce più da diversi mesi perché non me lo passano quando telefono, a Berlusconi consiglierei di stare attento al rapporto con il premier: va bene se porta a casa riforme utili all’Italia, non va bene se questo non accade».