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martedì 6 maggio 2014

Ornella Vanoni e Loredana Bertè show: lite ad Amici

Ornella Vanoni e Loredana Bertè show: lite ad Amici 



Due icone della musica italiana e due caratterine che non le mandano di certo a dire. Anzi se le dicono. Ieri, durante la sesta puntata del serale di Amici Ornella Vanoni e Loredana Bertè si sono punzecchiate davanti a Maria De Filippi. Il motivo? Questioni canore.

Il battibecco - La sfida è tra la squadra bianca e quella blu. I bianchi, del coach Miguel Bosè, si sono esibiti con la Vanoni mentre con la squadra Blu, del coach Moreno,c'era la Bertè. A conclusione dell'esibizione comparata con i giovani concorrenti la Vannoni lancia la fracciatina: "Io sono qui per i ragazzi, mentre la Bertè ha cantato sopra i ragazzi". La risposta della Bertè non si fa attendere: "Ho cantato qualche volta sopra i ragazzi, ma perchè il pezzo lo permette". Da qui uno screzio tra le due signore che sfocia in una sfida canora. Le due big iniziano a cantare a botte di pezzi musicali sfidandosi per avere l'applauso del pubblico.

L'intervento della pacera - Maria De Filippi ha cercato di intervenire in questo piccolo battibecco sottolineando che "le signore non sono in gara". "Sono sopraffatta", ha ammesso ad un certo punto la conduttrice. Tutto poi è finito con un abbraccio tra le cantanti.

lunedì 5 maggio 2014

Macché Bruxelles, il voto è sul governo

Macché Bruxelles, il voto è sul governo


di Vittorio Feltri

L'Editoriale di Vittorio Feltri

Gli italiani non guarderanno ai problemi provocati dalla dissennatezza dei timonieri Ue, ma alla politica di casa nostra


Tra 20 giorni si vota per rinnovare il Parlamento europeo, ma in Italia (e forse non solo in Italia) non si parla di questioni continentali, la cui sostanza probabilmente sfugge a tutti o quasi. Si preferisce discettare - more solito - di Matteo Renzi, Silvio Berlusconi e Beppe Grillo. Gli elettori e gli stessi politici coinvolti nella campagna elettorale trascurano Bruxelles e Strasburgo e puntano a Roma, al governo nazionale. Basta sfogliare i giornali o accendere il televisore per comprenderlo: i commenti scritti e i talk show sono dedicati alle nostre faccende interne, complesse e perfino drammatiche, ma che con l'appuntamento del 25 maggio non c'entrano nulla.

Cosicché coloro che si recheranno a breve ai seggi non guarderanno, nel dare la preferenza a questo o a quel partito, ai problemi provocati dalla dissennatezza dei timonieri Ue, ma alla politica di casa nostra. Il risultato fornito dalle urne non servirà pertanto a modificare - non diciamo migliorare - i comportamenti dei soloni europei, da cui dipendono le fortune (poche) e le sfortune (tante) delle istituzioni comunitarie. Assolutamente no. Al massimo lo spoglio delle schede sarà decisivo per misurare il gradimento dell'opinione pubblica circa l'operato del governo in carica, e indicheranno quale sarà il destino del Pd, di Forza Italia e del Movimento 5 stelle.

C'è una dicotomia tra gli elettori e i partiti che dovrebbero rappresentarli. I primi (circa il 50 per cento) non fanno mistero della propria ostilità nei confronti dell'euro e dell'Europa; i secondi non osano invece esprimere dubbi sulla propria fedeltà al progetto (semiabortito) comunitario, vergognandosi all'idea di apparire scettici o, peggio, antieuropei tout court. In pratica, le forze politiche - comprese quelle che si presentano in veste pseudorivoluzionaria - aderiscono acriticamente al piano di rafforzamento della Ue e affermano di volerlo realizzare, ma non sanno come realizzarlo e ignorano addirittura se sia auspicabile un sistema federale o non piuttosto un modello sovrannazionale da definirsi.

Anche gli europeisti più convinti (a parole) evitano di proporre un programma per passare dalla fase comunitaria sperimentale a quella effettiva. Se ne stanno tutti zitti e coperti in attesa di capire come sia possibile avere una moneta unica senza avere uno Stato unico (America docet). Si va avanti alla carlona, a spanne, confidando in un miracolo: e cioè che i Paesi membri si amalgamino e trovino prodigiosamente la tecnica per far convivere cani e gatti. Ma le soluzioni miracolistiche sono altamente improbabili.
Frattanto regna la confusione; numerose persone - direi la totalità - identificano nella cancelliera tedesca, Angela Merkel, la responsabile delle magagne europee, quasi che la Germania non fosse uno Stato membro, un Paese uguale agli altri, ma una sorta di traino meritevole di avere la leadership dell'intero continente. Difatti, quando un antieuropeista desidera sfogarsi contro la Ue, non insulta Bruxelles, bensì Berlino; si scaglia contro la Merkel sicuro che ella sia avviata a costituire il Quarto Reich. Può darsi che miri a questo, ma chi impedisce agli altri Paesi di mandarla al diavolo e di staccarsi dalla Ue?

La verità è che siamo succubi - noi italiani e molti altri popoli - della superiorità organizzativa e culturale dei tedeschi, li invidiamo, li temiamo e, quindi, odiamo la Merkel, considerandola simbolo di un primato che non digeriamo. In assenza di un disegno alternativo a questa Europa, e in mancanza di coraggio per rifiutarla nonché della forza per studiarne un'altra più corretta, nascondiamo la testa sotto la sabbia e aspettiamo eventi. Quali? Chi s'illude che Renzi riesca a imporsi sulla cancelliera, chi auspica un ritorno di Berlusconi alla grande, chi sogna Grillo che marcia su Berlino in sella a un cavallo bianco e fa giustizia dopo aver sfasciato lo sfasciabile.

Nel frattempo c'impegniamo anima e corpo nelle nostre sempiterne beghe caserecce, gli uni addosso agli altri, tutti accecati dalla rabbia e incapaci di tutelare gli interessi nazionali. E per distrarci dibattiamo se sia più carina Mara Carfagna o Maria Elena Boschi, se vinceranno gli astensionisti o i grillini.
Non ci rendiamo neanche conto che, se siamo conciati così, è solo colpa nostra.

L'INTERVISTA A "IL MATTINO" - Genny 'a carogna: "State sbagliando, non preoccupatevi di me ma del ferito"

L'INTERVISTA A "IL MATTINO" - Genny 'a carogna: "State sbagliando, non preoccupatevi di me ma del ferito"

di Daniela De Crescenzo

Gennaro De Tommasso
soprannome: Genny la Carogna

NAPOLI - «State sbagliando: non è di me che dovete preoccuparvi, ma del ragazzo che è stato ferito»: Genny la Carogna, o meglio Gennaro De Tommaso, parla pacato. Non si difende. Attacca. Trovarlo non è difficile: tra Forcella e piazza San Gaetano, dove è nato, lo conoscono tutti. E i messaggi corrono veloci: basta chiedere di lui, qualcuno accetta di chiamarlo e l’appuntamento è fatto.

Jeans e giubbino, mani in tasca e viso affranto, la Carogna offre un immagine che non ti aspetti. A cominciare dal nome: non è suo, raccontano nei vicoli, lo ha ereditato dal padre, e non indica cattiveria, ma sfortuna. E di quel nome lui non fa mistero e non si vergogna, anzi sorride dell’imbarazzo di chi lo pronuncia. E non è vero nemmeno che a suo carico sabato ci fosse un Daspo, una diffida con obbligo di firma: il provvedimento, spiegano quelli della curva A, è scaduto da tempo.

Seduto tra gli amici su una panchina del centro storico non è facile riconoscere Genny, anche se la sua immagine impazza sul web e una pagina Facebook che lo sostiene in poche ore ha già raggiunto i seimila «mi piace». Il ragazzo pacato che difende le ragioni sue e dell’intera Curva A somiglia poco a quello che ha sbalordito milioni di italiani in diretta Tv. Lo abbiamo visto tutti con la maglietta che inneggia Speziale, l’ultrà del Catania, condannato per l’uccisione di un poliziotto Raciti, mentre con le braccia alzate e coperte di tatuaggi sembra dare il via alla partita tenendo in pugno i sui compagni. E quindi la squadra. E quindi le forze dell’ordine. E quindi una capitale assediata. Ma lui smentisce categoricamente che tutto questo sia successo. E racconta una storia completamente diversa. A volte confusa, lacunosa. Ma che esclude assolutamente ogni patto con la squadra e con le forze dell’ordine.

Come è andata veramente sabato a Roma?
«Quelle che sono state scritte sono tutte sciocchezze. Hamsik è venuto da noi solo per rassicurarci sulle condizioni del nostro amico, per dirci che stava meglio, che poteva farcela. Lo stesso messaggio che ci hanno dato le forze dell’ordine. Noi abbiamo parlato con tutti con calma e rispetto, senza minacce o provocazioni. Non c’è stata alcuna trattativa tra la Digos e la curva partenopea sull’opportunità di giocare o meno la partita. Il resto sono invenzioni dei giornalisti».

Quindi nessuna trattativa?
«Ovviamente no. Quello che è successo sabato è inaudito, non era mai accaduto che qualcuno sparasse ai tifosi. Di tutto questo sembra non importare niente a nessuno. Ma a noi sì, a noi interessa. Ed è per questo che abbiamo deciso di rinunciare alla coreografia che avevamo organizzato e che ci era costata quindicimila euro. E la stessa cosa hanno fatto anche i supporter della Fiorentina. Come avremmo potuto srotolare gli striscioni, e cantare, e ballare quando uno di noi era in fin di vita? Ci siamo rifiutati di farlo. Ma non abbiamo minacciato nessuno e non abbiamo detto di non giocare. Né avremmo avuto il potere per farlo. Noi non possiamo decidere nulla».

Siete rimasti sugli spalti?
«No. Nessuno poteva costringerci a restare allo stadio e infatti subito dopo il primo gol molti di noi sono andati via. Più che del Napoli ci interessava di quel ragazzo in fin di vita. Perciò siamo rimasti tutta la notte in ospedale con la famiglia e con le forze dell’ordine».

Come è stato ferito il tifoso napoletano. Cosa è successo prima dell’ingresso allo stadio?
«Ci stavamo dirigendo verso la curva Nord dell’Olimpico scortati dalle forze dell’ordine. Poi è successo l’inferno, abbiano sentito i colpi e ci siamo accorti che tre di noi erano rimasti a terra. Una cosa del genere non si era mai vista, pure quando uccisero quel tifoso all’Olimpico, Paparelli: allora non spararono un colpo di pistola, ma un razzo che purtroppo gli finì in un occhio. Perciò i fatti di Roma sono gravissimi».

E quella maglietta che inneggia all’assassino di Raciti, non è un gesto di sfida?
«No, anzi. L’unica cosa importante di questa storia ormai è diventata la maglietta che io e gli altri tifosi indossiamo. ”Speziale libero” c’è scritto. Ma attenti: la maglietta è in onore di una città dove abbiamo tanti amici e nei confronti di un ragazzo che sta chiedendo attraverso i suoi legali la revisione del processo. È una richiesta di giustizia, non un’offesa contro una persona deceduta o contro i suoi familiari».

Ma le tifoserie non ricattano, non minacciano, non tengono in pugno le società?
«Tutte favole».

L’intervista è conclusa. Intorno alla panchina di Genny restano quattro o cinque giovanotti, poi ogni tanto c’è chi va, c’è chi viene. Insieme hanno visto le partite in un pub e ora restano riuniti in piazza tra le scritte che inneggiano «Mastifest».

Sono in attesa di notizie da Roma, hanno un filo diretto con la famiglia di Ciro Esposito e sono in collegamento anche con un gruppo di supporter della Lazio: «Perché la filosofia ultras - spiega uno - non è quello che voi raccontate. Ma è anche solidarietà tra tifosi». E un altro conclude: «Se ci sarà bisogno organizzeremo una colletta per permettere alla famiglia del nostro amico di restare a Roma per assisterlo». Poi tutti si raccomandano: «Scrivete la verità. Fateci il piacere: non vi inventate niente».

Calcio, Serie A, la Roma perde a Catania, Juventus campione d'Italia

Calcio, Serie A, la Roma perde a Catania, Juventus campione d'Italia



La Roma consegna lo scudetto alla Juventus. Con una sonora sconfitta in casa del Catania per 4-1 i giallorossi anticipano di 24 ore la festa bianconera. Una Roma molle e poco grintosa è stata asfaltata dal Catania in lotta per la salvezza sotto i colpi di Izco (doppietta per lui), Berghessio e Barrientos. L'ultimo ad arrendersi è stato il capitano Francesco Totti che ha segnato l'unico gol sul tabellino per i giallorossi. Rudy Garcia ieri aveva annunciato la resa: "Complimenti alla Juve lo scudetto è suo". Adesso è arrivata l'ufficialità. Per la Juventus di Antonio Conte è il 30° scudetto della sua storia (ma a Torino festeggiano il 32° includendo anche i due revocati dopo Calciopoli). Il terzo consecutivo dell'era Conte. La Roma per tutto il campionato ha provato a tenere testa alla Juventus, ma l'organizzazione dei bianconeri e la panchina corta dei giallorossi hanno portato il titolo verso Torino. "Un’impresa ai limiti della perfezione, che rimarrà scolpita nella storia di questo club!", ha affermato Conte. La Juventus non vinceva tre campionati consecutivi dagli anni Trenta. Il titolo, comunque, è stato festeggiato con un brindisi veloce nel giardino dell'hotel per giocatori e allenatore, con un gruppo di tifosi che esultava all'esterno. "Oggi è speciale, è il mio primo scudetto con la Juve facendo la storia. E' incredibile - è la reazione a caldo di Carlos Tevez, raggiunto da Sky Sport - È una gioia incredibile per me e i miei compagni, ma mi aspettavo di vincere domani sul campo".

Scintille di fuoco tra la famiglia di Renzi e Piero Pelù

Tiziano Renzi attacca Pelù: "Spari m... sulla mia famiglia"




Scintille di fuoco tra la famiglia Renzi e Piero Pelù. Dopo le polemiche per l'attacco a Matteo da parte del cantante durante il concerto del primo maggio arriva la risposta al veleno del padre del premier, Matteo Renzi che su facebook scrive: "Sono onorato - questo il post sul suo profilo - di non aver avuto mai rapporti di conoscenza con quel personaggio che spara merda sulla mia famiglia.Sono orgoglioso di essere agli antipodi morali , sociali, economici e spirituali di chi , per vendere un disco in più da aria alla bocca in occasione di una manifestazione credo pagata dalle organizzazioni sindacali, emettendo rantoli indecifrabili , totalmente privi di attinenza alla realta. Io uso la bocca per nutrirmi, buon pranzo a tutti .augh”.

Le accuse - Pelù in un'intervista a La Stampa aveva puntato il dito proprio contro il "signor Tiziano": "Sappiamo altrettanto bene quanto il padre di Renzi sia uno dei grandi capi della massoneria toscana". Idee confermate anche al Fatto Quotidiano: "ll padre del premier è un noto massone, inserito bene nel tessuto toscano, ha in mano molta informazione". Insomma la polemica tra Renzi e Pelù sfocia in rissa. E con l'intervento del padre di Matteo lo scontro è totale. 

La rottamazione di Marina Berlusconi. Promossi e bocciati in Forza Italia: Ecco chi rischia con lei in campo

Forza Italia, cosa cambia se arriva Marina Berlusconi


Marina Berlusconi

"E' preparata, ha intuito e ha carattere". Silvio Berlusconi nella sua lunga intervista con Lucia Annunziata a In Mezz'Ora, non abbandona del tutto l'idea di lanciare in politica sua figlia Marina. La discesa in campo della Cavaliera potrebbe ribaltare gli scenari, dare linfa nuova a Forza Italia (col Cav nel ruolo di padre nobile) e mettere in allarme Renzi. Nonostante il debutto di Marina Berlusconi in politica sia ancora tutto da decidere, dentro il partito di Silvio c'è chi ha già preso posizione su un suo impegno in prima persona.

Chi rischia - Così qualcuno comincia già a delineare la "grande rottamazione" che potrebbe partire con l'arrivo di Marina in Forza Italia. Nel mirino della Cavaliera potrebbero entrare Renato Brunetta "contrario alle dinastie", Bondi che in un'intervista al Corriere è stato paragonato dalla stessa Marina ad "Alfano e Bonaiuti". Discorso a parte per Denis Verdini. Lui è l'uomo forte della vecchia guardia del partito e dopo un'iniziale critica alle "dinastie" si è riposizionato su un più morbido "Marina va benissimo avrei visto bene anche Pier Silvio". Critico su Marina è sempre stato Raffaele Fitto: "La scelta migliore non sarebbe per eredità", ha affermato il big di Forza Italia al sud. 

I "fan" di Marina - Tra gli sponsor principali di Marina invece ci sono le donne azzurre. Francesca Pascale e Maria Rosaria Rossi da tempo chiedono la sua discesa in campo. Con loro anche Michaela Biancofiore e Daniela Santanchè. La Pitonessa è stata molto chiara: "La storia continua ed è una grande storia". A tifare Marina c'è anche l'eurodeputata Licia Ronzulli e con le pure Giovanni Toti, pure lui uomo d'azienda prestato alla politica. Insomma se Marina decidesse di fare il grande passo sicuramente dentro Forza Italia cambierebbero gli equilibri e qualcuno potrebbe anche lasciare, dopo anni, il partito...

Berlusconi: "Supereremo il 25%"

Berlusconi: "Supereremo il 25%"

Poi avverte Renzi sulla riforma del Senato: "Se non cambia il testo, lo bocciamo"

di Franco Grilli


"FI alle europee avrà un buon risultato, sicuramente superiore al 25%, che con altri partiti del centrodestra dovrebbe portarci a prevalere, in una futura tornata delle elezioni nazionali, sul centrosinistra". Ne è certo Silvio Berlusconi ospite a "In mezz’ora". Il Cavaliere poi afferma: "Io non sono depresso, sono invenzioni dei giornali. Anche se sono in un momento molto difficile. Non pensavo di dover ritornare a occuparmi in prima fila della politica e del mio paese, ci sono dovuto ritornare perché quando dovetti dare forzatamente dimissioni, decisi di lasciare Pdl nelle mani di Alfano e di altri e mi occupai di quello di cui mi piacerebbe occuparmi in futuro, del mio Milan, dell’universià della Libertà, di costruire ospedali nei paesi poveri del mondo per i bambini. Ma sono stato di forza richiamato".

In merito alla condanna ai servizi sociali: "Di ciò che è avvenuto a seguito della sentenza di condanna, dovermi recare in ospedale e stare con persone che soffrono è cosa che non mi da assolutamente fastidio, di natura sono per dare conforto a chi sta male. Lascio alla storia di chiarire gli eventi: la storia chiarirà molto presto e io ne uscirò assolutamente mondato da tutte le accuse che mi hanno fatto e diventerò il padre della Patria".

Tornando al passato da presidente del Consiglio, Berlusconi rivela: "Fu l’attuale presidente della Repubblica a consigliare autorevolmente a Berlusconi a dimettersi nell’autunno 2011. Nel 2011 si è scatenata contro di me una tempesta perfetta che è stata creata attraverso le vicende di Milano (cioè la vicenda Ruby ndr) nonché attraverso la vendita di Titoli di Stato italiani da parte delle banche tedesche che ha fatto salire lo Spread a 550". Renzi? "Non dura al di là di un anno, un anno e mezzo, la situazione generale dell’economia imporrà un cambiamento nella classe dirigente e di governo con una nuova che sappia anche affrontare i rapporti con l’Ue. Voglio vedere quale sarà il tragitto futuro di Renzi, avevo speranze su di lui ma sono rimasto deluso, ha messo in campo i vizi della sinistra, va al governo senza passare da elezioni. Si è parlato tanto di riforme ma ora si parla solo della riforma del Senato. Renzi in Consiglio dei ministri, senza consultarci, ha presentato un’ipotesi del Senato inaccettabile. È tutta da ridiscutere. Io non credo che arriveranno a presentarla perché sanno che sarà bocciata".