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martedì 22 aprile 2014

Sbarchi: l'Italia implora, l'Europa se ne frega

Sbarchi: l'Italia implora, l'Europa se ne frega


Bruxelles ci vieta i respingimenti. Ma c'è chi non ci sta: sostieni il reportage L'Europa ribelle


I migranti arrivati dalla Libia l'Italia se li deve tenere. E tacere. Londra e Berlino possono invece studiare nuove leggi che permetteranno l'espulsione forzata dei cittadini europei rimasti senza lavoro per più di tre mesi. Leggi inflessibili che consentiranno ai "bobbies" londinesi di rispedire a casa un italiano rimasto per più di dodici settimane nel Regno Unito. E ai poliziotti italiani di far lo stesso con un disoccupato tedesco in viaggio per l'Italia da più di un trimestre. Rispedire al mittente gli immigrati extracomunitari resterà invece un inaffrontabile tabù.

La paradossale prospettiva è un'altra conseguenza delle schizofrenie europee e dal ruolo irrilevante giocato a Bruxelles dai governi italiani. Per capirlo basta leggersi l'articolo del quotidiano britannico Daily Mail dello scorso 28 marzo in cui si saluta l'intesa raggiunta da Angela Merkel e David Cameron per introdurre una nuova legislazione europea checonsenta l'espulsione, come si legge nel titolo, degli "immigranti europei disoccupati". Dietro l'intesa sollecitata da Cameron si nascondono le preoccupazioni politiche di un premier alle prese con la rabbia dei disoccupati britannici licenziati per far posto ai lavoratori a basso costo in arrivo dalle frontiere orientali dell'Unione Europea. L'intesa, pretesa da Cameron per evitare una devastante emorragia di voti alle prossime elezioni europee e gentilmente concessa da una Merkel preoccupata da un addio inglese a Bruxelles, si estenderà naturalmente a tutti i paesi dell'Unione. "Cameron lavorerà ad un piano per deportare gli immigranti illegali che non riescono a trovare un lavoro. Ma i piani tedeschi - spiega il Daily Mail - andranno oltre dando agli stati membri il diritto di buttare fuori chi non lavora. Le proposte sono la prova - ha detto Cameron - di come i principali leader europei si stiano rendendo conto della necessità d'imporre maggiori restrizioni alla libertà di movimento in Europa".

Le proposte, in palese contraddizione con le politiche assai meno severe adottate per frenare l'immigrazione illegale extra europea, sono l'ennesima dimostrazione dell'indifferenza dei nostri partner europei sordi anche alle recenti implorazioni dei ministri del governo Renzi. L'ultima è quella del ministro della difesa Roberta Pinotti che ricorda come sia sbagliato lasciare solo all’Italia l’alto costo del flusso in crescita di clandestini. "Se è un problema europeo - dichiara il ministro - non si può pensare che sia solo l’Italia a farsene carico nel Mediterraneo. Mare Nostrum dà soccorso e sicurezza, l’Europa non scarichi i costi solo sull’Italia. Frontex stanzia complessivamente 7 milioni e noi, solo in un mese, ne spendiamo 9 per Mare Nostrum". Una settimana prima il ministro dell'interno Angelino Alfano aveva ricordato alla Commissione Schengen come gli oltre 20mila migranti approdati in Italia dall'inizio dell'anno, a fronte dei 2500 dello stesso periodo di un anno fa, rappresentino un'emergenza senza precedenti, paragonabile a quella del 2011 quando primavere arabe e conflitto libico spinsero in Italia 62mila clandestini. Dopo aver snocciolato queste cifre e aver ricordato i 300mila euro al giorno (9 milioni di euro al mese) spesi dall'Italia per tener in piedi l'operazione Mare Nostrum il ministro aveva sollecitato un "indispensabile ulteriore concorso dell'Europa".

Per valutare l'attenzione e l'interesse riservati dagli "amici" europei ad Alfano è bastato attendere il 17 aprile quando l'Europarlamento ha votato la nuova legge che vieterà ai paesi membri qualsiasi operazione di respingimento in alto mare dei clandestini. Grazie a quella legge nessuna guardia costiera europea potrà rimandare indietro le barche usate dai trafficanti di uomini, ma potrà soltanto "avvertire il natante e ordinargli di non entrare nelle acque territoriali di uno Stato membro". Un voto scontato se si pensa alle critiche europee ad una politica dei respingimenti incapace di distinguere tra clandestini e migranti con diritto d'asilo. Un voto paradossale se si pensa a come nella stessa seduta, svoltasi 48 ore dopo l'appello di Alfano, il Parlamento europeo abbia tranquillamente ignorato quanto sta avvenendo sulle nostre coste. Del resto come dargli torto. Quando si trattò di varare l'operazione "Mare Nostrum" il governo Letta si guardò bene dal discutere con gli alleati europei un'equa ripartizione dei 19mila esseri umani salvati, ad oggi, dalle nostre navi. E così ora l'Europa non si fa problemi a lasciarci sia l'onere del salvataggio che quello del mantenimento. Tanto noi, a differenza di Cameron e degli inglesi, dall'Europa non ci muoviamo.

La Rai vuole il Cav in cella. Il dirigente di Rai 3 Loris Mazzetti: "Dovevano buttare la chiave...". Ira di Forza Italia

La Rai vuole il Cav in cella. Il dirigente di Rai 3 Loris Mazzetti: "Dovevano buttare la chiave...". Ira di Forza Italia

di Chiara Sarra

La Rai di sinistra vuole il Cavaliere in cella

"Ma quale ingiustizia contro Berlusconi se non ci fosse stata la legge Cirielli avrebbero dovuto buttare via la chiave della cella". Ad attaccare (di nuovo) Silvio Berlusconi è Loris Mazzetti, dirigente di Rai 3 che ieri su Twitter si scaglia contro la decisione dei magistrati di affidare l'ex premier ai servizi sociali. "Nella sua furia forcaiola il dirigente Rai di quella che fu Telekabul, Loris Mazzetti, prende evidentemente lucciole per lanterne", replica il deputato di Forza Italia Luca D’Alessandro, capogruppo nella commissione Vigilanza Rai, "L’unico risultato della legge Cirielli nei confronti di Silvio Berlusconi è stato quello di trasformare i magistrati della Cassazione in velocisti da cento metri degni di Usain Bolt, che hanno calpestato ogni norma di vivere civile pur di arrivare alla condanna del leader del centrodestra, evitando la prescrizione". 

Poi D'Alessandro ricorda che Berlusconi ha beneficiato di tre anni di condono, varato nel 2007, "quando la maggioranza era del centrosinistra". "Quindi, Mazzetti, se la prenda con i suoi compagni. Ma soprattutto, essendo dirigente della tv pubblica, cerchi di avere (almeno in apparenza) un comportamento più sobrio, serio e confacente al ruolo che egli indegnamente ricopre".

E il deputato annuncia battaglia in Vigilanza Rai: "Per quanto mi riguarda presenterò un’interrogazione parlamentare per chiedere al direttore generale della tv di Stato se sia consentito ad un dirigente pagato da tutti i cittadini avere un comportamento così fazioso e intollerante". 


Ma quale contro se non ci fosse stata la legge avrebbero dovuto buttare via la chiave della cella





lunedì 21 aprile 2014

Alfano bugiardo

Alfano bugiardo


di Alessandro Sallusti


Ncd smentisce la lettera dei senatori contro il leader, ma il documento esiste e lo pubblichiamo


Alfano dice di non aver ricevuto alcuna lettera di dissenso da parte dei suoi senatori. Strano, visto che nessuno degli interessati ha smentito di averla scritta e noi ne abbiamo copia che oggi pubblichiamo. Come dire: caro Alfano, il postino suona sempre due volte (e le bugie hanno le gambe corte). Da traditore a bugiardo, una carriera in ascesa. Mi chiedo quale sarà il prossimo passo dell'uomo senza quid, da ieri anche per i suoi. Leader non ci si inventa né ci si autonomina, si nasce. E lui non lo nacque, per dirla alla Totò.

Piccolezze a parte, quello che sta succedendo dentro Ncd dimostra che il centrodestra o è uno o non c'è. E che piaccia o no, a tutt'oggi o è berlusconiano - così dicono i sondaggi - o è destinato a un ruolo assolutamente marginale sulla scena politica. Se alle europee gli alfaniani supereranno o no la soglia del quattro per cento indispensabile per eleggere parlamentari è solo un problema psicologico, di orgoglio e dignità degli scissionisti. Non certo fatto politico. I moderati di questo Paese, che sono la maggioranza, non saprebbero che farsene di un partitino del cinque o anche sei per cento totalmente irrilevante, al massimo utile a quei ricatti di bassa lega che sono il cancro della politica. 

Alfano e amici ci hanno provato per capire se fosse maturo il tempo del post berlusconismo. I fatti dicono di no. Hanno perso comunque, anche nel caso in cui riescano a sopravvivere. I milioni di italiani non di sinistra non sanno che farsene della loro inutile sopravvivenza. Noi abbiamo diritto a lottare per battere il Pd di Renzi nelle urne, non a fargli eventualmente da stampella accontentandoci di briciole, tipo quelle che si buttano ai cani randagi per pietà.

Io non so se siamo ancora in tempo a fermare questa follia autodistruttiva. Riunire le forze è ancora possibile. Non dico per le europee (ormai è andata così), ma nella prospettiva non lontana di tornare a contarsi per il governo del Paese. E Cicchitto, che non è uomo stupido, la smetta col ritornello di «Forza Italia in mano agli estremisti». In Forza Italia non si muove foglia che Berlusconi non voglia. Di estremo, in questa storia, c'è solo il bluff del bugiardo Alfano.

Lite in casa M5S, Pizzarotti si ribella a Casaleggio: "Non governi, non puoi capire"

Lite in casa M5S, Pizzarotti si ribella a Casaleggio: "Non governi, non puoi capire"


M5S sempre più bellicoso e litigioso. Dopo le espulsioni in parlamento, la crociata contro Pizzarotti. Casaleggio lo vuole fuori, ma lui punta i piedi. Il fiore all'occhiello di Grillo si trasforma in uno dei tanti flop targati Cinque Stelle. C'è troppa litigiosità nel Movimento 5 Stelle. Volano insulti via web, saltano i nervi e qualcuno rischia di lasciarci le penne. Dietro al violentissimo battibecco tra Gianroberto Casaleggio e Federico Pizzarotti c'è molto di più del flop amministrativo del sindaco di Parma. I grillini spediti alle Camere, infatti, non stanno certo facendo di meglio. Eppure il guru sellato sembra prendersela solo col primo cittadino. Lo fa in un'intervista fiume al Fatto Quotidiano, e lo fa minacciando di sbatterlo fuori dal movimento. Ma Pizzarotti, il "Capitan Pizza" portato in palmo di mano da Beppe Grillo e ora caduto in disgrazia, non se ne sta zitto. E alza la testa: "Non vincere alcune battaglie non vuol dire tradire un ideale".

Al centro del braccio di ferro c'è la mancata chiusura dell'inceneritore. Un errore che a Casaleggio basta e avanza per motivare la cacciata di Pizzarotti dal Movimento 5 Stelle. "Se uno entra nel movimento sottoscrive dei patti, e li deve mantenere - spiega - nessuno, dopo essere stato eletto, può pensare di entrare dentro un recinto privilegiato, dentro un’area protetta". Un discorso che vale per i senatori "ribelli", rei di "un comportamento continuativo contro il movimento", ma che è diretto in particolar modo al sindaco di Parma che nelle settimane scorse ha avuto l'ardire di salire a Milano per vedersi col sindaco Giuliano Pisapia e il piddì Pippo Civati senza fare nemmeno una telefonata a Casaleggio. Da qui la scomunica del guru stellato: "Se io prendo l’impegno di chiudere un inceneritore, o lo chiudo o vado a casa".

Pizzarotti incassa. E risponde. "Amministrare è affrontare problemi reali, a volte, vuol dire anche non vincere alcune battaglie - spiega in un post su Facebook - ma questo non vuol dire tradire un ideale". Secondo il sindaco di Parma, infatti, "non conta solo il risultato ottenuto per i cittadini, ma anche l’idea di politica che si vuole lasciare per la propria città". E assicura: "Tutto questo significa amministrare in piena sintonia con i valori del Movimento". Ma è la stoccata finale, quella dedicata al ruolo di Casaleggio all'interno del movimento, l'accusa più grave. Tanto grave da suonare come una sorta di ammutinamento. "Fintanto che non si governa tutte queste cose non si possono capire, senza viverle ogni giorno sulla propria pelle non si capiranno mai". Nel frattempo Grillo tace, sorvola, pensa alla campagna elettorale per le europee. Resta il fatto che il primo cittadino targato Cinque Stelle è già in rotta con la dirigenza del partito. Quello che avrebbe dovuto essere il fiore all'occhiello dell'amministrazione grillina è solo un altro flop del M5S.

Nuova ondata di sbarchi in Sicilia: strutture di accoglienza in difficoltà

Nuova ondata di sbarchi in Sicilia: strutture di accoglienza in difficoltà

di Sergio Rame

Oltre 800 immigrati al centro di Pozzallo. Regione e Comuni chiedono l'intervento del governo: sale la tensione


Non si arresta l'ondata di sbarchi sulle coste italiane. Questa mattina a Pozzallo, nel Ragusano, sono arrivati altri 800 immigrati soccorsi nelle ultime ore dalla fregata Espero e dal pattugliatore Cassiopea della Marina Militare coadiuvate dal mercantile Red Sea nello Stretto di Sicilia, a sud di Lampedusa. Da metà ottobre, da quando cioè ha avuto inizio l'operazione Mare nostrum, il totale degli extracomunitari soccorsi è vorticosamente salito oltre i 20mila.

Nave Espero è intervenuta in soccorso ad un natante con 433 persone a bordo, tra cui 75 donne e tre minori, in seguito alla richiesta di aiuto da parte dei immigrati. Due donne sono in stato di gravidanza. Nave Cassiopea ha, invece, soccorso un barcone con a bordo 385 migranti, in cooperazione con la nave mercantile Red Sea, recuperandone 219, tra cui 40 donne e 10 minori. Un immigrato in precarie condizioni di salute è stato trasferito con l'elicottero della fregata Aliseo, intervenuta in assistenza, verso l'ospedale civile di Lampedusa. Le altre 166 persone sono state trasbordate sulla nave mercantile.

Da settimane i sindaci chiedono al governo e, in particolar modo, al Viminale un intervento tempestivo. "La situazione rischia di diventare esplosiva. Nei primi tre mesi del 2014 abbiamo ricevuto 15 volte richieste di asilo rispetto allo stesso periodo del 2013", ha detto il sindaco di Catania, Enzo Bianco, secondo il quale "il governo potrebbe eventualmente ricorrere ad un decreto legge". Regioni e i Comuni chiedono con forza all'esecutivo di affrontare il tema "in un contesto di leale collaborazione fra i livelli istituzionali, in quanto la gestione dell'accoglienza diffusa, tramite le Prefetture e senza il coinvolgimento dei territori, sta creando disagi e tensioni".

venerdì 18 aprile 2014

Toghe rosse KO alle primarie del CSM

Toghe rosse KO alle primarie del CSM 


"Md" perde quattro punti e rischia di passare da tre a due consiglieri. Avanzano i grillini, spunta Rodotà come vicepresidente Sarà anche colpa, come scrivono i leader di Magistratura democratica nel loro primo commento non tanto autocritico, di «una fase politica che sembra premiare scelte corporative e ottiche di breve periodo». Sta di fatto che dalle primarie con cui i magistrati hanno scelto i loro candidati per il prossimo Csm, la corrente storica delle toghe di sinistra è uscita malconcia. Nonostante la grande visibilità che la presenza in posti chiave dà ai suoi leader, Md ha perso quattro punti percentuali, ha visto trombare il suo esponente di punta e rischia di ridurre da tre a due i suoi posti dentro il prossimo Consiglio superiore della magistratura. Dinamiche che sembrano riguardare solo gli addetti ai lavori, e che invece mandano più di un segnale sull'umore della «toga» media, e sul ruolo che i giudici si preparano a svolgere nel prossimo futuro: sapendo che insieme al declino di Md si staglia una novità potenzialmente dirompente: lo sbarco dentro il Csm dei grillini, che - secondo un'ipotesi che circola con insistenza - punterebbero a conquistare la vicepresidenza dell'organismo di autogoverno dei giudici con Stefano Rodotà, già candidato dei 5 Stelle alla presidenza della Repubblica.

Le «primarie» dei giudici si sono tenute alla fine di marzo: una novità voluta da tutte le correnti per ripristinare un po' di democrazia interna, visto che l'attuale sistema elettorale per il Csm produceva di fatto liste bloccate, dieci candidati per dieci posti. Ma con le primarie sono arrivati i dolori per Md: che alle elezioni si presenta nel raggruppamento di «Area», insieme ai colleghi dei Movimenti riuniti, ma da sempre - e legittimamente - punta a portare avanti i propri militanti. Invece se l'esito delle primarie verrà rispettato, per la Cassazione il candidato di «Area» sarà il movimentista Ercole Aprile, che ha sconfitto Giovanni Diotallevi di Md; tra i pubblici ministeri, Antonio Ardituro e Fabio Napoleone, entrambi dei «Movimenti» hanno sconfitto a sorpresa Giuseppe Cascini, segretario dell'Associazione nazionale magistrati. A questo punto, gli unici esponenti di Md nel prossimo consiglio saranno il palermitano Piergiorgio Morosini, gip del processo Stato-mafia, e un moderato come Lucio Aschettino. Fine. Mentre invece si consolidano i «centristi» di Unicost e avanzano i conservatori di Magistratura Indipendente, su cui convergono i voti delle toghe vicine a Comunione e liberazione: il giudice più votato d'Italia è il milanese Claudio Galoppi, ciellino doc.

Ma la vera svolta rischia di arrivare soprattutto dall'irruzione del ciclone Grillo nella vita interna della giustizia italiana. Anche tra i giudici, il mito a 5 stelle della democrazia diretta ha i suoi fan: come Milena Balsamo, magistrato a Prato e leader della cosiddetta «Proposta B», che in vista delle elezioni ha scelto i candidati per sorteggio tra tutte le toghe italiane, in segno di rivolta contro «un sistema di potere bloccato e antidemocratico». E, quel che più conta, adesso il 5 Stelle è in Parlamento, dove voterà per eleggere gli otto componenti «laici», ovvero politici, del Csm, tra i quali viene poi scelto il vicepresidente dell'organismo.

Ovviamente, i grillini vorranno piazzare anche alcuni dei loro. E voci insistenti dicono che il primo nome che faranno è quello di Stefano Rodotà, giurista, ex garante della privacy ed ex parlamentare Pds, con l'obiettivo di portarlo alla vicepresidenza. A meno che non venga impallinato dai franchi tiratori, come quando Grillo lo candidò al Quirinale.


Caivano (Na): L'Mpa da lezioni di "ballo del grillo": un passo avanti e due indietro

Caivano (Na): L'Mpa da lezioni di "ballo del grillo": un passo avanti e due indietro

di Pietro Mugione


Giusto per farvi capire come, con sapienza occulta, i grandi politici operano all'interno dei partiti in modo profano per stabilizzare un equilibrio di potere che impone la supremazia "di pochi" attraverso l'asservimento di molti. La piramide, dall'alto verso il basso, finalizzata alla diffusione di un modello sociale feudale e neo-schiavistico, a grandi linee. Prima sto con te, poi contro di te. Non posso sconfiggerti? per disperazione mi alleo nuovamente. Mi accorgo che sono inutile? mi dissocio. Insomma, un vero e proprio ballo del Grillo: un passo avanti e due indietro. L'Mpa del segretario Alessio Vanacore, da lezioni di ballo del Grillo. Adesso, sulla carta il primo cittadino, Antonio Falco, amico delle eco-balle, ha 17 voti a favore, un brutto numero considerando le superstizioni, il minimo sindacale, e per restare in ambienti di danza, c'è ancora da sciogliere il nodo "Mario Della Rossa", sulla carta è in maggioranza, quest'ultimo, uscito poche settimane fa proprio dall'Mpa, partito da cui prese le distanza nel 2013. A far prendere una decisione cosi drastica all'Mpa, ma comunque più o meno scontata, le numerose polemiche sull'arrivo a Caivano di 21000 tonnellate di rifiuti che, secondo l'Mpa, il Sindaco Falco non avrebbe preso in tempo misure per contrastare la decisione della Provincia di Napoli ed in più i partiti di maggioranza dal Pd all'Udc dicono di non sapere nulla. Insomma, a Caivano l'immondizia arriva autonomamente, provate ad immaginare 21000 sacchetti di spazzatura in fila indiana che con le loro gambette raggiungono lo Stir di Caivano.