Effetto Renzi sui sondaggi: torna lui e il governo va a picco
di Salvatore Dama
Torna Matteo Renzi e il governo va giù nei sondaggi. Si interrompe il trend positivo di fiducia verso l'esecutivo di Paolo Gentiloni. Dal suo insediamento è la prima volta che la curva è discendente. Gli analisti attribuiscono questo fattore non tanto all'azione di Palazzo Chigi, quanto al ritorno sulla scena di Renzi. Che, rieletto segretario del Partito democratico, ha alimentato nuove tensioni nella coalizione che sostiene il governo.
«Per la prima volta dall'insediamento», è l'analisi fatta dall'istituto Lorien Consulting, «si registra un'inversione di tendenza nel trend del giudizio positivo sul governo Gentiloni, probabilmente motivata dal prepotente ritorno di Renzi sulla scena politica in seguito alla riconferma ottenuta dalle primarie». La scissione nel Pd dei bersaniani. La lite con i centristi sulla nuova legge elettorale. In poche settimane l'ex premier ha terremotato la maggioranza. Trovando un accordo (poi naufragato) con Forza Italia e Cinquestelle per arrivare al voto anticipato all'autunno e alla conseguente chiusura precoce dell'esperienza di Gentiloni a Palazzo Chigi. Tutto ciò agli occhi di una parte dell'elettorato è sembrato eccessivo. Secondo Lorien il 37 per cento degli italiani è contrario al voto anticipato ritenendo che anche il solo parlarne indebolisca l'azione di governo. La stessa percentuale del campione ritiene giusto arrivare fino alla scadenza naturale della legislatura.
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Anche nel suo partito, in questa fase, Renzi è percepito come un elemento di rottura. Non a caso nessuno dei candidati sindaci della sinistra approdati al ballottaggio sta insistendo per avere il segretario dem a sostegno della propria campagna elettorale. «Meglio Minniti», dicono.
Domenica prossima servirà il supporto di tutta la sinistra unita. Ma Renzi è molto pessimista sul tema delle alleanze: «Niente di nuovo su quel fronte», spiega. Sulla manovrina, per esempio, «ci sono tre posizioni diverse». Il testo è stato approvato con i voti del Pd e il no di Sinistra italiana, mentre Mdp non ha partecipato al voto. «Prima ci mettiamo d' accordo su cosa fare. E poi ragioniamo di alleanze», dichiara Renzi durante la sua rassegna stampa mattitina. «Non si può stare settimane a ragionare di alleanze in astratto per riempire i giornali».
Confrontiamoci su temi concreti, dice. «Siamo d'accordo sul ridurre le tasse? Sul fare una battaglia in Europa? Sui diritti? Sul lavoro? O pensiamo si debba stare qualche mese a discutere di alleanze a livello teorico?
Poi non ci meravigliamo se non si parla di alleanze o vocazione maggioritaria se non c'è contenuto». Altrimenti, prevede il leader democratico, «si finisce sulla mappa ragionata dei fallimenti della sinistra in Europa».
Sullo ius soli, Renzi attacca i grillini e chi li sostiene: «Mi piacerebbe sapere cosa hanno da dire quegli esponenti del mondo cattolico che qualche giorno fa esaltavano la scelta francescana di Beppe Grillo. O ancora: le grandi cantanti e artisti, filosofi e pensatori della sinistra che si dicevano delusi del Pd e che sostenevano che il M5S era la prosecuzione della sinistra con altri mezzi. Cosa hanno da dire adesso? Il loro silenzio si fa assordante». Infine Renzi mette nel mirino di nuovo i cespugli: «Lungi da me voler fare polemica con la presidente Boldrini, ma trovo che sia giusto rispettare le regole della Camera dei deputati. Se fai gruppi con meno di 20 deputati alimenti non solo le spese ma anche la frammentazione politica», attacca Renzi commentando le risorse date da Montecitorio a tre gruppi parlamentari sotto la soglia dei 20 deputati.
Rapida la risposta della presidente della Camera. «Sarei ben felice che i gruppi manifestassero l'esigenza di riprendere la proposta di riforma già elaborata, affinché possa essere portata in aula. Il segretario Renzi», conclude Boldrini, «che è alla testa della forza politica di gran lunga più rappresentata alla Camera, può dare un contributo rilevante per risolvere la questione. Basta un sì».
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