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mercoledì 17 maggio 2017

"Tagli a pensioni e sanità uccidono lo stato sociale"

"Tagli a pensioni e sanità uccidono lo stato sociale"


di Martina Bossi


“Basta, così non va. I tagli alle pensioni, alla sanità uccidono lo stato sociale. Attraversiamo un periodo di trasformazione epocale, un cambiamento che non è solo frutto della crisi ormai decennale ma che investe tutte le componenti della nostra vita quotidiana dalla politica al welfare, dal fisco all’etica ed alla religione. Sicuramente nulla sarà più come prima, tutti dobbiamo prenderne atto e misurarci con questa nuova situazione”. Lo ha detto il presidente professor Michele Poerio nel corso dei lavori del 54° congresso delle FEDER.S.P.eV., la federazione che riunisce medici, farmacisti, veterinari pensionati e loro superstiti. Il nostro è un sistema pensionistico a ripartizione, in base al quale le pensioni in essere sono pagate da chi oggi lavora: i lavoratori attivi, pertanto, versano i contributi per pagare le pensioni dei padri. Se, quindi, si riduce il numero dei lavoratori occupati, l’equilibrio salta e non ci saranno i soldi per pagare le pensioni. Pertanto i nostri giovani, il cui flusso migratorio in continuo aumento va contrastato efficacemente, devono rappresentare la forza del nostro presente e del nostro futuro, un futuro che è condizionato dalle scelte presenti e dipenderà dalla costruzione di pari opportunità per tutto il Paese: dobbiamo offrire loro opportunità e trasmettere motivi concreti per sperare; questa speranza si chiama lavoro, lotta alla disoccupazione, si chiama sviluppo e crescita. Solo così potremo rafforzare il legame che unisce giovani e anziani: meno tasse per i giovani e più tasse per i pensionati.

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La risposta alla mancanza di politiche in grado di rilanciare l’occupazione non può essere una nuova gabella sulle pensioni cosiddette ‘d’oro’ che sono già state penalizzate, negli ultimi 9 anni, da reiterati blocchi della perequazione e svariati ‘contributi di solidarietà’ che hanno determinato l’abbattimento del 20-25 per cento del loro potere di acquisto. È sbagliato pensare che crescita e sviluppo possano nascere penalizzando chi per anni ha versato contributi adeguati sia alla funzione svolta che allo stipendio percepito. Per la FEDER.S.P.eV. introdurre in Italia un ‘contributo solidaristico da parte di chi gode delle pensioni più generose’ alimenterebbe soltanto una ‘cultura assistenziale’ del welfare che nulla ha a che vedere con l’etica. Senza considerare che nonni e padri pensionati rappresentano attualmente uno dei più importanti ammortizzatori sociali, se non il più importante, per figli e nipoti disoccupati o sottoccupati, stimato dal Censis in oltre 6 miliardi annui. Si dimentica, infatti, che il bilancio strettamente previdenziale dell’INPS è in pareggio (in attivo se si escludono le integrazioni al minimo) e che se le condizioni economiche del Paese richiedono ancora ‘tasse straordinarie’ esse devono essere applicate, a parità di reddito, a tutti gli italiani, pensionati e lavoratori attivi, come, peraltro, stabilito da una sentenza della Consulta.

Non considerano, infine, che i pensionati italiani pagano le tasse come i lavoratori attivi, diversamente da quanto succede nei più importanti paesi europei come Francia, Gran Bretagna, Germania e Spagna (Una pensione di 20 mila euro lordi annui – certamente non d’oro – versa in Italia 4 mila euro di imposta, 2 mila in Spagna, mille in Gran Bretagna, 500 in Francia e 39 in Germania). È necessario aprire una stagione in cui le riforme economiche e sociali siano veramente volte a sostegno dei soggetti che hanno più difficoltà e non ricorrere a ‘pannicelli caldi’. La povertà cresce, è difficile curarsi (11 milioni di italiani hanno dichiarato di avere dovuto rinunciare o rinviare alcune prestazioni sanitarie), crollano le nascite, ad eccezione di Bolzano ed Alto Adige dove si registra un aumento del 3,4 per cento. Indispensabile – ha detto Poerio – incentivare:

- lo sviluppo di una cultura gerontologica e geriatrica per realizzare servizi per gli anziani;

- la realizzazione compiuta dei LEAS (Livelli Essenziali di Assistenza Sociale) che consentono il riconoscimento e l’esigibilità di veri e propri diritti sociali;

- l’eccellenza e la qualità come risposta alla limitatezza delle risorse. C’è da rilevare che, nel pubblico impiego, la previdenza complementare non è ancora completamente decollata per la mancata applicazione, da parte dei vari governi, della delega prevista dalla riforma Maroni nella parte riguardante il pubblico impiego che ha determinato un doppio regime fiscale e normativo fra lavoratori pubblici e privati.

Infatti, la delega alla riforma della previdenza complementare della legge Maroni (243/2004) è stata attuata solo per i lavoratori privati (D.Lsg. 252/2005) mentre il Governo si è ‘dimenticato’ di emanarla per i dipendenti pubblici, anche se vi era un preciso obbligo legislativo in tal senso. La conseguenza sul piano giuridico è che al dipendente pubblico non si applica la normativa fiscale di vantaggio prevista per i privati, per cui in Italia, nel mondo del lavoro, sono incredibilmente vigenti due regimi fiscali in tema di previdenza complementare. Dopo aver considerato il capitolo ‘vitalizi’, Poerio ha sottolineato lo ‘scandaloso’ livello della evasione fiscale ed ha messo in guardia contro il pericolo di decurtamento che corre il trattamento di reversibilità. Al sicuro, invece i sopravvissuti ad un parlamentare: i figli dei cittadini normali ricevono l’assegno solo se studiano e comunque al massimo fino a 26 anni. I figli dei deputati anche se non studiano. Il figlio del parlamentare ha maturato il diritto all’ignoranza pagata! Anche i genitori dei parlamentari sono più uguali dei normali cittadini (parafrasando una citazione di George Orwell): la reversibilità normalmente spetta a padri e madri a carico con più di 65 anni e senza pensione. Per i genitori dell’onorevole basta che siano a carico. FEDER.S.P.eV. e CONFEDIR stanno conducendo lotta a tutela delle pensioni con migliaia di ricorsi in tutta Italia contro la legge 109/2015. 

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