La caserma è dei profughi: respinti i clochard italiani
di Andrea E. Cappelli
Quella di lunedì 12 dicembre è stata una lunga notte: a Milano, davanti alla caserma Montello, una quindicina di membri di due associazioni di volontariato (Milano Sicura e Pro Tetto) stazionavano all'ingresso della struttura, controllati dalla polizia. Hanno provato a varcare i cancelli, ma son stati respinti. Volevano offrire un riparo per la notte a 3 senzatetto italiani. «Possibile che venga offerto riparo a 300 immigrati, mentre tre nostri connazionali sono costretti a dormire per strada?» dice Sabrina Geraci, presidente di Milano Sicura: «Ne abbiamo conosciuti tanti di clochard facendo volontariato tra le strade di Cadorna, Centrale. Portiamo loro da mangiare perché in alcuni dormitori devi pagare per averlo».
Il termine "profughi" non viene utilizzato e forse questa diffidenza non è così infondata. Sono le 22.30 ma gli ospiti della caserma di via Caracciolo continueranno ad entrare alla spicciolata almeno fino alle 23. Con qualcuno è possibile parlare: «Tutto bene, cibo buono, letto caldo» testimoniano in un italiano stentato. «Where are you from?» chiediamo a un ragazzo. Risposta: «Gambia». In Gambia non ci sono guerre in atto: almeno in questo caso non si tratta di un profugo. L'ultimo a rientrare (ore 23) viene dal Pakistan, e durante il giorno «passeggio per Milano, non ho niente da fare. Sto bene». Mentre l' ispettore trattava con i rappresentanti delle associazioni per convincerli a smontare il presidio (avverrà intorno alle 23.30, assicurando ai tre italiani un giaciglio presso il centro di accoglienza di via Saponaro 40) i senzatetto raccontano le loro storie.
A guardarli, non corrispondono allo stereotipo di «clochard» al quale siamo abituati, avvoltolato nei suoi cenci in stato di ubriachezza, unico rimedio per scaldarsi nelle gelide notti invernali. Il racconto delle loro vite - del lento e graduale passaggio da una condizione di stabilità a una catabasi sentita come ineluttabile - non indugia mai in toni vittimistici. Il primo a parlare è Carlo: «Sono rientrato dalla Germania il 20 maggio scorso, dopo 7 anni di lavoro all' estero; sentivo nostalgia dell' Italia.Trovare lavoro è difficile: distribuisco curriculum tutti i giorni; ho 20 anni di esperienza ma mi fanno lavorare gratis, pagandomi con un piatto di pasta, poi dicono "mi costi al lordo 5mila euro al mese"». In Germania faceva lo chef in un ristorante a guida Michelin («Tutto documentato» assicura, come la laurea in Giurisprudenza con 110 e lode presso la Luiss di Roma). Tra i tanti lavori, sostiene di aver fatto servizio catering anche «per il sindaco di Milano».
Poi c'è Massimo: «Sono stato sfrattato di casa il 22 ottobre, vivevo con mia sorella, che è morta di tumore un anno fa. La casa è andata all'asta: avrei voluto almeno passare il Natale in casa». Gli piacerebbe «fare il commesso nelle videoteche, amo il cinema». La notte si rifugia tra i distributori self service aperti 24 ore o sotto le pensiline del tram. Deve fare un freddo cane: «A volte dormo nella stazione Domodossola, lì è un po' più caldo». Infine Antonio, lo sguardo spento: «Sono un senzatetto dal 2015, quando sono andato via da Castelleone (provincia di Cremona); l'affitto me lo pagava mio padre. Dopo 12 anni di pulizie industriali il mio papà mi ha consigliato di trasferirmi a Milano, per trovare lavoro». Invece, «da novembre 2015 distribuisco curriculum, ma la verità è che spesso assumono stranieri, pagati in nero». Antonio ha lavorato anche in Grecia: lì il cugino aveva una ditta di occhiali da sole. «Ho dormito per 8 mesi nel sottopassaggio di Porta Genova. Ora dormo in piazza Duomo».
I suoi spostamenti sono legati alle situazioni di pericolo: «Ogni tanto tirano fuori i coltelli, tagliano il sacco a pelo per rubare quel poco che hai. Io ho paura». Difficile restare impassibili di fronte a Carlo, Massimo e Antonio: tre persone normali che fino a ieri avevano casa, famiglia, lavoro. Qualcuno degli ingranaggi che regolava le loro vite si è spezzato, con un rumore sordo. Alle 23.45 circa la folla si disperde. «Io non sono mai stato razzista, credimi» assicura Fernando Barone di Pro Tetto; ma quando vedi i tuoi connazionali ridotti alla canna del gas, persone che fino a ieri erano come me e oggi dormono rintanati nei sottopassaggi, ti sale un nodo alla gola. Che razza di Stato siamo?». A intervenire sulla questione sono diversi politici, tra cui i consiglieri azzurro De Chirico («Il Comune allestisca gli alberghi sociali») e Silvia Sardone - «Questa giunta continua ad attuare un vergognoso razzismo al contrario»), mentre dalla Regione intervengono Riccardo De Corato di Fdi («in via Saponaro gli italiani han dormito per terra ammassati, quando i profughi godono di comodi letti») e l'assessore Viviana Beccalossi, che assicura la trasformazione della Montello «dal campo profughi voluto da Renzi e Sala nella Cittadella della Sicurezza auspicata da Maroni al più presto».
Il Comune ha diramato una nota: «Sono decine i posti letto per i senzatetto che chiedono ospitalità per la notte. Il Centro Aiuto Stazione Centrale di via Aporti è aperto tutti i giorni dalle 8.30 alle 24; chiunque può rivolgersi a questo servizio. Riguardo ai tre senzatetto italiani, sono stati accolti in via Saponaro ma solo uno ha accettato l' ospitalità. Non risultano casi di italiani non accolti nelle nostre strutture».
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