Alex Schwazer risponde al telefono. "Alcol, microdosi e...": drastico sfogo
Ormai è tristemente arcinoto: otto anni di squalifica, carriera finita, figurarsi le Olimpiadi. I signori dell'antidoping hanno silurato, calpestato, umiliato Alex Schwazer. Lui ha reagito in silenzio, sfuggendo alla conferenza stampa e rifugiandosi in un bar, da solo, silenzioso. Poi una battutaccia contro i giornalisti e la fuga in macchina lungo le strade di Rio de Janeiro, la città in cui doveva risorgere e dove invece è stato ucciso. Ha fatto passare lunghe ore, Schwazer, prima di parlare. Poi ha risposto al telefono. Lo ha fatto con l'agenzia di stampa Agi, con la quale si è sfogato.
"Se avessi preso microdosi di testosterone non avrei potuto festeggiare, sarei dovuto andare a dormire alle nove di sera e soprattutto non avrei dovuto bere alcolici. I fatti, documentati con testimoni, dimostrano il contrario perché sono ritornato a casa alle 4". Esordisce così il campione, entrando subito nel merito della difesa presentata al Tas di Losanna. "Sono stato io ad insistere a venire qui in Brasile per l’udienza di fronte al Tas. Volevo metterci la faccia per non lasciare nulla di intentato. Sandro (il suo allenatore Sandro Donati, ndr) e anche l’avvocato Brandstaetter mi avevano sconsigliato", ha aggiunto.
Ma tant'è, il Tas ha di fatto distrutto la carriera sportiva dell’altoatesino basandosi sulla presenza di testosterone nelle sue urine e non ha preso in considerazione tutto l’esame dove i legali e i periti di parte avevano dimostrato "l’assoluto profilo antidoping". In occasione della conferenza stampa tenutasi sulla terrazza dell’hotel, alla quale non era presente Schwazer, l’allenatore Sandro Donati ha affermato: "È stata tutta una beffa per umiliare Alex che resterà per sempre il miglior marciatore del mondo anche perché nelle due gare che ha fatto non ha ricevuto alcuna proposta di squalifica. Lo hanno voluto eliminare e ci sono riusciti. Questo è un comportamento persecutorio nei suoi confronti".
L’operazione di redenzione di Schwazer, iniziata il primo aprile del 2015, è complessivamente costata all’atleta circa 50mila euro, spesa che non è stata supportata da alcun sponsor ("Alex si è pagato tutto di tasca sua"). "Apprezziamo che il Tas abbia ordinato la compensazione delle spese processuali perché la Iaaf (federazione mondiale di atletica, ndr) aveva beffardamente chiesto che pagassimo noi tutto il procedimento - ha concluso Donati -. Percorreremo la strada giudiziaria fino in fondo. La Procura di Bolzano si focalizzerà sui controlli antidoping, quella di Roma su altri aspetti altrettanto molto gravi".
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