Regeni, la furia della madre contro l'Egitto. Le foto horror: "L'enciclopedia della tortura"
Sarà impossibile scoprire la verità sull'omicidio di Giulio Regeni se l'azione diplomatica sull'Egitto da parte dell'Italia rimane ferma allo scorso 8 aprile. In quella data l'ambasciatore italiano al Cairo è stato richiamato, dopo "il vuoto" hanno ribadito ancora una volta, con la stessa forza di sempre, i genitori del ricercatore italiano rapito il 25 gennaio e ritrovato morto il 3 febbraio dopo essere stato torturato a morte. Da chi? E perché? Le risposte sembrano ancora lontanissime dall'essere raggiunte, se si ignorano i tentativi imbarazzanti degli egiziani di chiudere il caso con soluzioni di comodo.
Il sospetto che da Roma si cerchi di tutelare i rapporti commerciali con il Cairo è forte: "Non ho capito - ha detto la madre del ricercatore italiano - se l'Italia è ancora amica o no dell'Egitto. Non so se gli amici uccidono il figlio degli amici, anche perché è evidente che era italiano. Probabilmente, visto che parlava l'arabo egiziano, ha capito che cosa stava per succedergli". La richiesta al governo è chiara: "Siano più espliciti, ci facciano capire che cosa fanno. Come tutti, mi chiedono per la strada o al cimitero dove viene moltissima gente e lasciano fiori: mi chiedono cosa fa il governo, cosa fa l'Europa?".
E se di pressione c'è bisogno, i Regeni si dicono pronti a usare i mezzi a disposizione. Come quel dossier sul corpo di Giulio e sull'alta quantità di informazioni che già racconta tragicamente l'autopsia: "Basta commemorazioni - hanno aggiunto ospiti al Parlamento europeo - ora azioni. Abbiamo una documentazione di 266 foto di cosa è successo a Giulio, una vera enciclopedia delle torture in Egitto che non vorremmo mostrare mai, vorrebbe dire che abbiamo toccato il fondo".
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