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domenica 22 maggio 2016

Rc auto, il "trucco" delle compagnie Gli automobilisti tassati e fregati

Rc auto, il "trucchetto" delle compagnie per risparmiare sui risarcimenti: Occhio


di Francesco Borgonovo 



Per avere un' idea di quale sia il peso delle assicurazioni sulla vita del Paese basta guardare ai numeri. In particolare, ai 380 miliardi circa di debito pubblico italiano nelle mani delle grandi compagnie. Da qualche tempo, però, la pressione che esercitano si sta facendo particolarmente soffocante, e a farne le spese sono - al solito - i comuni cittadini. Il primo allarme è arrivato avvolto nelle pieghe felpate del linguaggio giuridico. La forma, tuttavia, non alleggerisce la sostanza, perché la denuncia è precisa: le assicurazioni influenzano troppo l' operato dei medici legali, a danno delle vittime degli incidenti in attesa di risarcimento. 

Ma vediamo di spiegare. Da poco l' editore Giuffrè, marchio storico del settore, ha pubblicato le nuove "Linee guida per la valutazione medico legale del danno alla persona in ambito civilistico". Nell' introduzione, il presidente emerito della Società italiana di medicina legale e delle assicurazioni, il professor Luigi Palmieri, scrive: «Purtroppo negli ultimi anni il comparto della Rc Auto ha denotato preoccupanti segnali di scollamento dal generale contesto dei presupposti concettuali e della metodologia operativa ormai consolidatisi in ambito medico legale». Che cosa significa? Per capirci qualcosa abbiamo chiesto una mano a Giovanni Polato, presidente dell' Aneis, l' Associazione nazionale degli esperti di infortunistica stradale.

La risposta è chiara: «Quello del professor Palmieri è un vero e proprio grido di dolore per la situazione creatasi negli ultimi anni, che ha visto la dottrina e la pratica medico-legale troppo spesso piegata ad assecondare interessi particolari». E quali sono questi interessi? Quelli delle compagnie assicurative. In pratica, le assicurazioni «cercano di influenzare a loro vantaggio l' attività medico-legale, per dare meno risarcimenti. Come fanno? Ad esempio, pretendono che un medico legale lavori solo per loro, anche se per ragioni deontologiche non potrebbe farlo. Poi c' è un altro aspetto. Oggi i medici legali non redigono più perizie, ma utilizzano dei format precompilati attraverso piattaforme online gestite dalle assicurazioni. Una volta inseriti i dati, questi format non prevedono nemmeno la firma digitale, e quindi possono pure venire modificati». Spiega ancora Polato che alle compagnie di assicurazioni «una perizia del medico legale costa tra i 50 e i 70 euro. A un privato tra i 250 e i 350 euro. Ma le compagnie permettono ai medici di lavorare molto di più».

In che modo le compagnie di assicurazione fanno sentire il proprio fiato sul collo ai medici legali? Inviando lettere che contengono precise indicazioni. Massimo Quezel, imprenditore padovano, ha spiegato come funziona questa pratica in un libro intitolato "Assicurazione a delinquere" (Chiarelettere). Per Quezel c' è un problema a monte, ovvero la legge 27 del 2012, approvata in piena "Era dei Tecnici". Questa legge riguarda il risarcimento per le "lesioni di lieve entità", ad esempio il classico "colpo di frusta". All' articolo 3 la norma è ambigua se non contradditoria quando impone l'«accertamento clinico strumentale obiettivo». Spiega Quezel: «Le compagnie assicurative danno una lettura restrittiva di queste legge al fine di risparmiare sui risarcimenti (il danneggiato non produce un accertamento strumentale come una tac, una risonanza magnetica eccetera, ma solo l' esito della visita specialistica? Allora niente risarcimento).

Mentre i giudici preferiscono osservare una maggiore attenzione per la parte più debole ammettendo anche il solo accertamento medico clinico per accertare l' esistenza della menomazione fisica a seguito del danno subìto». Ed ecco il problema: «All' indomani dell' approvazione della legge, le compagnie si sono affrettate ad inviare delle "note di indirizzo" ai propri fiduciari medici legali, con le quali obbligavano (pena l' accantonamento del professionista) ad applicare la nuova normativa nell' esercizio delle proprie attività peritali negando loro, di fatto, di applicare la stessa scienza medica». E dunque, grazie alla legge 27 del 2012, le assicurazioni sono riuscite a risparmiare circa un miliardo di euro ogni anno. «Giocano sui grandi numeri» dice Quezel. «Solo un 20% dei danneggiati fa ricorso al giudice. Normalmente non se la sente di affrontare un tortuoso iter giudiziale per ottenere un risarcimento, specie se si tratta di danni lievi. Il più delle volte lascia perdere. Anche quando il danno esiste e andrebbe risarcito». Ufficialmente, lo scopo della legge del 2012 era di combattere le truffe assicurative, ma secondo Quezel si tratta di un paravento. «Secondo gli ultimi dati disponibili, i sinistri denunciati nel 2014 ammonta a poco più di 2 milioni e 500 mila. Di questi, circa 4600 sono stati oggetto di denuncia o querela per sospetta truffa, lo 0,2% del totale». Ora, con il nuovo ddl concorrenza in discussione al Senato, la situazione rischia di peggiorare. «Già la legge 57 del 2001 ha rivisto al ribasso i parametri delle invalidità più leggere.

Prima, per ogni punto di invalidità venivano attribuiti due milioni e mezzo di lire, a crescere a seconda della gravità del danno. Ora la cifra è scesa a 750 euro a punto», spiega ancora Polato dell' Aneis.  E fa capire che i parametri saranno rivisti al ribasso anche per le invalidità gravi. Il quadro è complicato, ma la direzione è chiara: grazie a una serie di norme approvate da governi diversi, le assicurazioni risparmiano, e le vittime di incidenti ne fanno le spese.  Legale sì, giusto un po' meno.

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