La Russia all’Expo con i tarocchi dei formaggi italiani
di Attilio Barbieri
Quando si dice Zar: il padiglione della Russia all'Expo e pensato su misura per le ambizioni imperiali di Vladimir Putin. Imponente. Faraonico. Capace, sicuramente, di colpire il visitatore con un ingresso frutto dell'incontro tra due superfici concave, la fronte del palazzo e una pensilina a specchio aggettante che copre una quindicina di metri. Il risultato è di grande effetto, anche se non è difficile scorgervi una vena di megalomania che attraversa come un filo rosso l'intero installazione. Quale sia l'aria che si respira da queste parti lo chiarisce da subito un cartello posto appena dopo la gigantesca parete a vetri da cui si entra: «La Russia è il Paese più grande del mondo, ha opportunità uniche e un enorme potenziale per garantire la sicurezza alimentare del genere umano». Niente di più, niente di meno. Bisogna riconoscere che agli ex compagni la chiarezza non manca. Sono pronti a farsi carico di risolvere la sfida su cui si incentra l’esposizione universale. Quella di sfamare il pianeta.
L’itinerario nel padiglione si snoda su due livelli. Al netto del bar dove si servono a ora fissa gli assaggi (a me sono toccate delle improbabili aranciate russe) il piano terra è occupato da monitor giganteschi che magnificano il ruolo decisivo del paese eurasiatico nelle scoperte: dalla tavola periodica degli elementi alla selezione delle sementi e di importanti varietà vegetali. Insomma: si deve agli scienziati e ai ricercatori russi buona parte dei progressi compiuti dall’umanità negli ultimi duecento anni. E chissà, forse anche prima.
Al secondo piano vengono i pezzi forti del padiglione. Il percorso si apre con una serie di cartelli che spiegano come e perché bonificare i terreni inquinati dai pesticidi. Un messaggio rivolto, in particolar modo, ai Paesi in via di sviluppo, africani in testa che hanno usato a mani basse molecole altamente pericolose. Gli immancabili ricercatori ex sovietici hanno messo a punto dei microorganismi in grado di rendere nuovamente coltivabili le terre trattate con sostanze tossiche. Che finiscono nella frutta e nella verdura ivi coltivata. Le mele sono al primo posto nella top 10 fra i frutti «che presentano la maggior quantità di pesticidi». Ma non serve disperarsi. «Un giovane gruppo di ricercatori russi», si legge in un cartello posto alla fine del percorso, «ha sviluppato e brevettato due preparati biologici, Terrabakterin e Akvabakterin, per la pulizia dell’acqua e del suolo da pesticidi persistenti». I due prodotti si basano su ceppi di batteri capaci di digerire le sostanze tossiche. Rendendo nuovamente potabile l’acqua e coltivabili le terre.
Ma è verso la fine dell’itinerario che arriva la vera perla della presenza russa. Nella sala dedicata al Tatarstan, la terra dei tartari, una repubblica autonoma della federazione russa la cui capitale, Kazan, dista 300 chilometri da Mosca. In una teca di cristallo posta quasi al centro della sala, ci sono le eccellenze lattiero casearie della regione. Panna acida ma soprattutto formaggi. Tanti. Freschi e stagionati. Con la crosta e in vaschetta. «È una regione rinomata proprio per questi prodotti», spiega una hostess, «che sono famosi in tutta la Russia». Ma qui arriva la vera scoperta: quasi tutti i formaggi sono dei tarocchi del made in Italy. Il più grande, che ricorda vagamente nella forma un Asiago, si chiama Prego. «Italian style», recita una scritta. «Original italian recipe», ricetta originale italiana, una seconda. Non può mancare il tricolore: un gagliardetto bianco, rosso e verde sovrasta il loro. Altro giro, altro regalo. La giostra dei falsi è ben fornita. Al ripiano superiore fanno bella mostra alcune vaschette con un brand che è tutto un programma: «Solo Formaggio». In questo caso, oltre al nome, evocativo di una specialità fatta in Italia, la bandierina italiana compare addirittura nel logo.
In realtà la Russia è letteralmente invasa dai tarocchi del Belpaese. Formaggi, prosciutti, vini: secondo i dati che circolavano fino a un paio d’anni fa negli ambienti diplomatici e del nostro Ice, sarebbero più di 1500 questi falsi marchi italiani. Ma ci vuole un bel coraggio a portare dei tarocchi tartari all'Expo, in Italia. E spacciarli per eccellenze russe.
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