Visualizzazioni totali

mercoledì 7 gennaio 2015

"Il salva-Cav? Si farà lo stesso", Renzi sfida il Pd

Matteo Renzi: "Prima Quirinale e legge elettorale, poi il decreto fiscale. Berlusconi sconterà tutta la sua pena"

di Claudio Brigliadori 



"Noi cambiamo il fisco per gli italiani, non per Berlusconi. Senza fare sconti a nessuno, nemmeno a Berlusconi, che sconterà la sua pena fino all'ultimo giorno". Dopo la retromarcia-figuraccia sul decreto fiscale e le polemiche sul "salva-Cav" poi ritirato, Matteo Renzi prova a fare la voce grossa. "Noi - ribadisce - non facciamo norme ad personam, né contra personam. E' una norma semplice che rispetta il principio di proporzionalità", sottolinea a proposito del famoso limite al 3% dell'importo sulle imposte sui redditi evase al di sotto del quale il reato di frode fiscale verrebbe depenalizzato. Un principio di proporzionalità, aggiunge Renzi, "che si può naturalmente eliminare, circoscrivere, cambiare. Ma per evitare polemiche - sia per il Quirinale, che per le riforme - ho pensato più opportuno togliere di mezzo ogni discussione e inserire anche questo decreto nel pacchetto riforme fiscali del 20 febbraio". Scadenza temporale entro la quale il governo spera di chiudere tutte le partite più bollenti, dall'Italicum all'elezione del nuovo presidente della Repubblica. Di fatto, dunque, significa tenere la pistola carica e ben in vista sul tavolo delle trattative con Berlusconi e Forza Italia. Una strategia muscolare molto, molto vicina al "ricatto sul Colle" di cui ha parlato l'avvocato del Cavaliere, Franco Coppi. 

L'altra lettura - Tutto questo a una prima lettura. Ma attenzione, perché le parole di Renzi possono essere lette anche in altro modo, decisamente più morbido per il Cav. Innanzitutto, il decreto fiscale si farà. Ed è una sfida alla sinistra Pd e al Movimento 5 Stelle che difficilmente non avrà ripercussioni sul dialogo per il dopo-Napolitano. E proprio per questo, al netto delle possibili modifiche nel merito, appare come un'apertura allo stesso Berlusconi dopo un paio di giorni in cui, se solo avesse voluto veramente, il premier avrebbe potuto chiudere ogni dialogo ancora in piedi con il leader di Forza Italia (e viceversa). Se i due stanno ancora parlando, significa che le intese sono profonde. E pure quella frase, "Berlusconi sconterà la sua pena fino all'ultimo giorno", suona un po' come un contentino ai più manettari e anti-Cav della sinistra. A febbraio, infatti, Berlusconi finirà "naturalmente" i suoi servizi sociali a Cesano Boscone e l'iter parlamentare del decreto fiscale di fatto coinciderà con quella scadenza. Diverso, molto diverso, il discorso dell'incandidabilità di Silvio. Di questo se ne riparlerà dopo l'approvazione del decreto. E tutto è ancora aperto.

"Preferenze più collegi" - Il premier cerca di liberarsi con una scollata di spalle dell'ultimo pasticcio del suo governo e rilancia sulle riforme in arrivo. Innanzitutto, c'è l'Italicum: "Alla fine due terzi dei parlamentari saranno eletti con le preferenze, un terzo con il sistema dei collegi. Tutti sapranno chi si vota in modo riconoscibile e chiaro. Da domani siamo al Senato, in aula. Poi passaggio finale alla Camera. Dopo anni di parole ci siamo davvero", scrive ancora Renzi. "Cento collegi in cui ogni partito presenta un nome sul modello dei collegi uninominali, ma viene introdotta anche la possibilità di votare il proprio candidato con la preferenza". La nuova legge elettorale sarà, parola del premier, "semplice, chiara, immediata": "Chi vince, vince. E governa, per cinque anni. Maggioranza chiara. Basta col ricatto dei partitini: il partito più forte governa da solo, sempre che ne sia capace".

"Fine del bicameralismo perfetto" - Legato a questa riforma c'è il nuovo Senato. Il ddl Riforme è mercoledì alla Camera, "con tempi contingentati per finire entro gennaio la seconda lettura". "Un passaggio storico", lo definisce il presidente del Consiglio: "Il Presidente Napolitano ha detto che il bicameralismo paritario è stato il più grande errore dell'Assemblea Costituente. La pensiamo come lui". Per questo, "dopo 70 anni di tentativi andati a vuoto, questo Parlamento, in questa Legislatura, sta portando a casa una riforma seria e organica. Sta nascendo il Senato delle autonomie, si definiscono le funzioni delle Regioni riducendone costi e pretese ma chiarendone meglio le funzioni, si aboliscono gli enti inutili, si semplifica il procedimento legislativo". 

Nessun commento:

Posta un commento